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come tutelarsi negli acquisti via carta di credito

Chi acquista on line, pagando con carta di credito, gode innanzitutto delle tutele previste dalla leggi in materia di contratti “a distanza”. Queste garanzie sono riconosciute a chi fa shopping via internet perché in questi casi il consumatore – a differenza che nel negozio tradizionale – non può vedere direttamente il bene, soppesarlo, commisurarlo, magari provarlo e vedere se corrisponde ai suoi interessi. Quindi, in primo luogo, è riconosciuto un diritto di recesso, esercitabile per qualsiasi motivo, anzi per la verità senza bisogno di alcun motivo e quindi anche per capriccio, entro termini previsti dalla legge, in modo diverso a seconda dei casi. Sono, poi, previste tutele ulteriori nel caso in cui il pagamento avvenga tramite carta di credito, visti i rischi di utilizzo improprio della medesima da parte di terzi malintenzionati.
I contratti a distanza sono comunque regolati, principalmente, dal Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 185 e dal precedente Decreto Legislativo 15 gennaio 1992, n. 50. Fino a che le due leggi non verranno “fuse” in un apposito testo unico, continueranno ad applicarsi entrambe, scegliendo volta per volta la disposizione più favorevole al consumatore.
Circa le frodi poste in essere con le carte di credito, la tutela principale è oggi posta dall’art. 8 del Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 185, secondo cui “l’istituto di emissione della carta di pagamento riaccredita al consumatore i pagamenti dei quali questi dimostri l’eccedenza rispetto al prezzo pattuito ovvero l’effettuazione mediante l’uso fraudolento della propria carta di pagamento da parte del fornitore o di un terzo”.
Quindi il consumatore ha sempre il diritto di ottenere il rimborso. Ma come si fa a dimostrare che un pagamento non era dovuto? Il problema in realtà non esiste perché negli acquisti on line non viene mai sottoscritta la “nota di spesa”, quindi il cliente può sempre richiedere il rimborso.
La “nota di spesa” è il bigliettino che, negli acquisti tradizionali, il cliente sottoscrive di suo pugno e rilascia al fornitore. Per la legge italiana l’esistenza di una nota di spesa, cioè di un documento firmato dal titolare della carta, è sempre e comunque necessario per ottenere il pagamento. Non è possibile presentare ad una banca un documento in cui è indicato il numero di carta di credito di una determinata persona ed ottenere un pagamento, senza che a tale documento sia apposta la sottoscrizione del titolare della carta.
Pertanto, nei casi in cui si verificano degli addebiti senza che nessuno abbia mai firmato una nota di spesa, c’è una sola possibilità: o gli istituti di credito pagano ordini di pagamento cui non è apposta alcuna sottoscrizione, oppure in calce a tali ordini di pagamento è stata apposta una firma falsa. In entrambi i casi, tuttavia, il consumatore è tutelato. Nel primo caso è la banca che sbaglia: in tali casi, deve non solo sospettare la provenienza illecita dei dati ma comunque rilevarne la insufficienza per dar corso ad un pagamento; deve inoltre in ogni caso quantomeno avvertire il titolare della carta. Quanto al secondo caso, non c’è ovviamente molto da dire… È un falso, una truffa, e come tale il consumatore non può esserne vincolato. Per chi utilizza indebitamente una carta di credito, è previsto un reato apposito, previsto dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, all’art. 12, secondo cui “chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire seicentomila a lire tre milioni. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o
all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.”.
In conclusione, dunque, è la banca che, se vuole mantenere fermo il pagamento, deve dimostrare che esiste una valida nota di spesa. Se non esiste, le somme devono essere riaccreditate. C’è una sola cosa che la banca può invocare a sua discolpa. Il titolare della carta ha infatti, per contratto, un preciso dovere di custodia della stessa. La banca – considerando anche che oramai la mancanza di sicurezza di Internet è un fatto notorio – potrebbe imputare al consumatore di essere stato eccessivamente imprudente, nel comunicare gli estremi della propria carta a … degli sconosciuti e sostenere pertanto che ogni conseguenza negativa di ciò debba andare, per sua colpa, a suo scapito. Ciò nella prassi non si è ancora verificato, perché gli Istituti di credito in questi casi preferiscono dar luogo ai rimborsi senza sollevare troppo “polverone”, ma non è detto che l’atteggiamento rimanga sempre questo.

Come muoversi, allora, concretamente quando si notano voci di spesa nel proprio estratto conto che non avrebbero dovuto esserci? La cosa migliore è scrivere subito una lettera raccomandata diretta alla sede legale di a) banca; b) società gestrice della carta; c) se possibile ed identificabile: fornitore. In tale comunicazione, si dovrà richiedere il rimborso della somma illegittimamente addebitata, da indicare con precisione, specificandone i motivi e cioè che non corrisponde ad alcun acquisto, che la somma era minore, che il sito che pare essere destinatario del pagamento non è mai stato frequentato e così via. Parallelamente, bisogna recarsi dai Carabinieri della più vicina stazione e sporgere formale denuncia-querela per il reato di indebito utilizzo di carta di credito o per gli altri che saranno ravvisati nella vicenda in questione, esponendola nel modo più preciso possibile ed allegando, possibilmente, i documenti del caso, tra cui senz’altro l’estratto conto della carta di credito.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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