Approfondiamo il contratto che si deve fare con il consulente che, a differenza di quello relativo all’hosting, può sempre essere negoziato e visto nei suoi aspetti particolari. Il contratto di consulenza è un normale contratto d’opera, o appalto per i casi più complessi, con il quale verso un corrispettivo si richiedono prestazioni, spesso di carattere misto di servizi e fornitura di materiale. Si possono vedere gli aspetti e le clausole più importanti dello stesso, in modo che ognuno possa poi apportare le variazioni che ritiene più opportune rispetto al modulo standard.
Il primo aspetto fondamentale è naturalmente l’oggetto del contratto. Il cliente, dal suo lato, dovrà indicare con precisione per quali macchine, anche remote, o servizi richiede la consulenza del professionista, perchè tutte le esigenze non indicate resteranno poi “fuori” dal contratto e quindi saranno poi fatturate a parte. Vale la pena quindi cercare di pensare bene a quello di cui si ha bisogno e indicarlo nell’oggetto, naturalmente concordandolo con il proprio tecnico. Per le parti relative all’hardware da seguire, è preferibile indicare con precisione le macchine, sia quelle locali che quelle remote prese in hosting.
Il secondo aspetto è quello relativo alle prestazioni che deve fornire il consulente. Queste sono di solito definite genericamente facendo riferimento a tutto ciò che è necessario per gestire una determinata macchina o raggiungere determinate esigenze. La definizione generica va bene e può essere lasciata così, quello che va precisato invece con maggior cura sono i “termini del servizio” e cioè ad esempio entro quanto tempo dal verificarsi di un inconveniente il tecnico è tenuto ad intervenire o a fornire una risposta. Questi termini vanno specificati in ore e giorni entro cui il tecnico è impegnato ad intervenire dopo che il problema è stato segnalato. Nel modello da noi proposto i termini, ad esempio, sono di 2 giorni in caso di problemi hardware, con la possibilità di richiedere fino a tre interventi di emergenza all’anno, che verranno eseguiti entro 5 ore dalla segnalazione, sempre che si rientri nel normale orario di lavoro. Come si può vedere, si tratta di aspetti dettagliati che vale la pena di definire con precisione. Se, ad esempio, si rompe un hard disk ed è necessario ripristinare i dati dal backup è importante sapere entro quanto tempo il tecnico è tenuto ad intervenire, perchè se si tratta ad esempio di due giorni si è destinati a rimanere senza dati per tutto questo tempo. Quindi è fondamentale anche avere la possibilità di richiedere un intervento urgente, se i dati sono critici il suggerimento è quello di negoziare più interventi di urgenza all’anno, ad esempio cinque o magari dieci, al posto dei tre “di base”. Sempre relativamente ai termini di servizio, è bene farsi indicare dal consulente, riportandoli nel contratto, i recapiti ai quali inviare le richieste di assistenza, tra cui naturalmente la casella di posta elettronica e, quando possibile, l’utenza cellulare. Il consulente dal canto suo di solito sarà disponibile esclusivamente durante i giorni lavorativi e nella fascia oraria predefinita, anche questi aspetti tuttavia si possono modulare in base alle proprie esigenze.
Solitamente, i contratti di consulenza definiscono anche un minimo periodo, in percentuale, di accesso garantito all’insieme dei servizi oggetto del contratto, solitamente il 98-99% del periodo annuale. Questo è un aspetto molto importante che obbliga il consulente ad intervenire per garantire il tempo di uptime anche al di là del numero minimo di interventi concordati, dal momento che se il tempo effettivo scendesse al di sotto del concordato sarebbe inadempiente. Quindi prevedere un tempo minimo di uptime è una buona “valvola di sicurezza” per l’utente. Naturalmente bisogna poi capire bene a che cosa si riferisce l’uptime. Se il cliente è interessato a che il proprio sito web sia sempre attivo e raggiungibile, ma lo stesso si trova in hosting presso un fornitore estero, quasi sempre statunitense, il consulente italiano non è responsabile del downtime che si dovesse verificare per colpa del fornitore dell’hosting, dal momento che se il server diventa irraggiungibile diventa anche impossibile per lui metterci le mani. Di solito al riguardo si definiscono una serie di esclusioni, con riferimento ad ipotesi abbastanza tipiche tra cui ad esempio catastrofi naturali presso la sede dei dispositivi per i quali viene reso disponibile il servizio, attacchi informatici di tipo DDOS (distributed denial of service) o di altro tipo, guasti elettromeccanici ai dispositivi oggetti del contratto, problemi di routing tcp/ip verso i computer tramite i quali viene reso disponibile il servizio o comunque problemi di rete, problemi dovuti a interventi del cliente o comunque di altri fornitori che non hanno rispettato i termini del servizio. Relativamente a queste esclusioni, che riguardano fatti che non sono oggettivamente sotto il controllo del consulente, c’è poco da dire, solitamente si lasciano nel contratto variandole solo in relazione ad eventuali peculiarità della situazione stessa, ad esempio nel raro caso in cui il consulente fornisca anche l’hosting sarà anche responsabile del medesimo senza poter usufruire della relativa esclusione.
Per una buona gestione del sistema, è naturalmente necessario prevedere un sistema di backup periodici, per evitare che si possa arrivare a perdere dati senza la possibilità di ripristinarli. Questo è un punto abbastanza delicato perchè se la predisposizione del sistema di backup è una operazione abbastanza semplice e da compiersi una sola volta da parte del consulente, in molti casi poi però le richieste di ripristino dei dati sono molte. Ad esempio, il cliente può cambiare una pagina web e poi accorgersi che non gli piacciono le modifiche che ha introdotto e quindi volere ripristinare la versione precedente. Così può succedere per qualsiasi cosa, un documento, una immagine, o altro affidata al sistema gestito dal consulente. Naturalmente, il tecnico non può perdere tutto il suo tempo ad andare a ripescare files dagli archivi di backup, cosa che non è così immediata come si potrebbe pensare. Per cui solitamente si definiscono anche gli aspetti relativi al “monte interventi” soprattutto relativamente al recupero dei dati. Un buon esempio di clausola in materia è quella che definisce il numero massimo di interventi di recupero dai backup su base mensile, il numero di giorni per cui i backup devono essere conservati prima di essere sostituiti da copie più recenti, il tempo massimo entro cui il consulente deve mettere a disposizione i dati estratti dal backup una volta ricevuta la richiesta da parte del cliente.
Una volta definiti i contenuti fondamentali della consulenza, bisogna anche imprimere al contratto un termine di durata. Qui la cosa più consigliabile è quella solitamente di prevedere un termine più breve di quello annuale, come ad esempio tre mesi, naturalmente con la clausola di rinnovo automatico in caso di mancata disdetta inviata, poniamo, con un anticipo di 15 giorni rispetto alla scadenza trimestrale. Si tratta, infatti, di contratti basati sulla convenienza reciproca. Il cliente, da un lato, deve essere libero di rivolgersi altrove se non è soddisfatto, per qualsiasi motivo, dei servizi offerti dal consulente, che, tuttavia, deve aver valutato solitamente almeno per un periodo trimestrale prima di poter avere un adeguato metro di giudizio. Il consulente, dall’altro, difficilmente si può tenere “sotto contratto” per periodi più lunghi se il carico di lavoro necessario aumenta spropositatamente rispetto a quanto tratteggiato inizialmente. Quindi tanto vale definire un periodo breve di durata, tanto con il meccanismo di rinnovo automatico il contratto andrà poi avanti finchè vi sarà reciproca soddisfazione. Naturalmente, in caso di gravi inadempienze, sia dell’una che dell’altra parte, come in tutti i contratti, la parte adempiente potrà risolvere il contratto immediatamente, senza dover attendere la scadenza trimestrale o dare la disdetta.
In molti contratti di questo tipo, si trovano spesso clausole arbitrali, cioè clausole che prevedono che, in caso di problemi relativi al contratto, non ci si possa rivolgere alla magistratura ordinaria ma ad un arbitro o collegio di arbitri i quali avranno il compito di risolvere la controversia. Nonostante sia di gran modo, la nostra opinione al riguardo dell’arbitrato è assai negativa e quindi lo sconsigliamo, specialmente se il contratto è destinato a soddisfare le esigenze informatiche di un piccolo o medio studio professionale o azienda. E’ tutto da dimostrare, infatti, che l’arbitrato sia più veloce rispetto a quanto accade nei giudizio ordinari, inoltre esso è sicuramente molto più costoso, dal momento che, oltre al proprio avvocato, bisogna pagare anche gli arbitri, quindi in conclusione non pare adatto a questo tipo contrattuale. Per quanto riguarda la competenza del giudice ordinario in caso di controversie, è probabile che il consulente richieda l’approvazione di una clausola che prevede la competenza esclusiva del Tribunale del luogo in cui si trova la sua sede. Se questa è la stessa del cliente, non ci sono problemi, se invece è diversa e magari molto lontana, meglio cercare di eliminare questa clausola del contratto, o quantomeno togliere la qualificazione di competenza “esclusiva”, perchè in caso contrario significa dover trovarsi, in caso di problemi, a gestire una causa “fuori causa” con tutte le difficoltà e i maggiori costi del caso.
In conclusione, gli aspetti da valutare, e solitamente negoziabili, sono tantissimi. Partendo dallo schema di cui al contratto incluso nel dvd allegato alla rivista, si può pensare e definire bene le proprie esigenze, per poi proporne l’approvazione al consulente.