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Il precariato non è colpa della legge Biagi.

Leggo un post di Beppe Grillo in cui si parla del fenomeno del lavoro precario e senza tutele, iniziando con la dichiarazione per cui “La legge Biagi ha introdotto in Italia il precariato“.

Le osservazioni di Beppe sul fenomeno sono tutte condivisibili, ma va precisato che non è vero che è stata la legge Biagi a introdurre il precariato nel nostro Paese. La legge Biagi ha solo tentato di regolarlo, ma lo stesso era già presente nella forma, ancora più anarchica e selvaggia, del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, meglio conosciuto come co.co.co.

La verità, peraltro, è molto interessante perchè il co.co.co. è stato introdotto con un provvedimento del ministro del lavoro Tiziano Treu dell’allora governo Dini, un governo considerato “tecnico” che, in realtà, ha di fatto realizzato una delle rivoluzioni politiche più importanti del dopoguerra, privando larga parte della popolazione di garanzie che erano così fondamentali da essere state concesse durante lo stesso periodo fascista, come ad esempio le pensioni, ma anche i trattamenti di fine rapporto, le indennità di malattia ed infortunio e così via.

La legge Biagi il fenomeno del precariato, generato dal dilagare dei contratti del tipo co.co.co., lo ha solo trovato e ha cercato di regolamentarlo, prevedendo la necessità che questo tipo di rapporti prevedessero almeno un “progetto” e appunto fossero confinati nei ristretti ambiti per cui sono previsti, fornendo uno strumento alla magistratura per scoprire gli altarini su tutti quei rapporti chiamati formalmente co.co.pro ma che in realtà nascondono forme di lavoro subordinato puro e semplice.

Che poi il lavoratore sfruttato non riesca quasi mai a denunciare le situazioni che viene a subire, dipende dal fatto che le organizzazioni sindacali sono poco attive su questo versante, per usare un eufemismo, tollerando cose per le quali anche solo vent’anni fa sarebbe scoppiata una rivoluzione ed anche dalla situazione economica e dal buco che si è venuto a creare nel nostro ordinamento con l’introduzione del co.co.co che ha determinato un forte squilibrio di potere a favore dei datori di lavoro, che possono oggi come oggi rifiutarsi di assumere se non con questo tipo di contratto, ragione per cui al lavoratore restano poche alternative.

Che, poi, questa cosa sia stata introdotta da un governo considerato di “tecnici” che si sarebbe dovuto limitare all’ordinaria amministrazione e alla gestione dell’emergenza, mentre invece ha avuto la forza politica di buttare nel cesso più di un secolo di conquiste sindacali e di civilità la dice lunga sul funzionamento del nostro sistema politico, che è una vera e propria finta democrazia dove contano veramente solo i poteri forti attraverso il lobbismo e chissà quali altri meccanismi.

 

 

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

4 risposte su “Il precariato non è colpa della legge Biagi.”

Grazie. Per il resto, oramai non è più questione di figure giuridiche, l'introduzione dei co.co.co ha radicalmente mutato l'equilibrio politico tra i datori di lavoro e la forza lavoro, per cui oramai questa situazione è destinata a durare indefinitamente, qualsiasi sia la veste giuridica che i governanti vorranno dare.

Sono quasi pronto a scommettere che la soluzione al problema (per modo di dire, s'intende) che verrà data dal prossimo governo di turno sarà quella di aumentare i contributi previdenziali e sociali previsti per i co.co.pro – o come saranno nel frattempo stati ribattezzati – in modo da coprire almeno questa parte del buco che si è creata, legittimando in questo modo tuttavia ancora di più il ricorso a questa forma di lavoro.

Come al solito in Italia non esiste via di mezzo, prima di naviga tutto a sinistra e poi tutto a destra, una buona e ragionevole soluzione di compromesso non c'è mai.

Complimenti per questo Tuo ottimo contributo!
Devo ammettere che non avevo mai pensato al fatto che il governo che approvò il Co.Co.Co. fosse un governo "tecnico". Grazie per aver fatto questa precisazione.

Per il resto non voglio dilungarmi troppo, essendomi già espresso sul mio blog e su BlogGoverno a più riprese; ti linko direttamente il mio ultimo post:
Treu-Biagi: oggi vince la riforma del 2003. Le modifiche future? Probabilmente solo ideologiche e nessuna centrarà il vero bersaglio.

Un po' drastico forse, ma questo è quanto porto nel mio breve bagaglio culturale e professionale. Almeno oggi la penso così.
Rimango comunque dell'idea che il Co.Co.Co. fosse più adatto del Co.Pro. per determinate figure professionali cui non può applicarsi alcun progetto per il tipo di mansioni svolte, ma rimango convinto che sia lodevole aver tentato di assestare il mercato cercando di applicare un contratto "precario" (comunemente considerato) laddove via sia un progetto piuttosto che a chiunque senza distinzione.
Il problema rimane l'abuso, adesso come prima.
Ecco perché credo che il bersaglio sia un altro (vedi post linkato).

Ah, tutto ciò ferma restando l'assurdità giuridica del Job sharing e l'inadeguatezza del Job on call… Ma questo è un altro paio di maniche 😉

Saluti,
LL

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