Gentile avvocato, avrei un dubbio sulla regolare compravendita di un appartamento proveniente dalla ristrutturazione (regolarmente concessa con D.I.A.) di un fabbricato di diversi appartamenti, donato dal padre ai venditori con atto pubblico nel 2005 . Preciso che il padre ottantenne è vedovo da oltre 20 anni, che a suo tempo sono state eseguite le regolari successioni, e che 2 figli (in totale 3) hanno ricevuto in parti uguali il fabbricato, parte del quale oggetto della compravendita, mentre il 3° ha ricevuto una somma di equivalente valore con piena accettazione. E’ vero che per 20 anni la donazione non è chiusa? Il compratore come fa a garantirsi? Spero di essere stato abbastanza chiaro nell’esposizione del quesito, ringrazio e distintamente saluto. (Pierluigi, mail)
La nuova normativa introdotta con la legge 80/2005 ha modificato gli artt. 561 e 563 del codice civile, rispettivamente disciplinanti la restituzione degli immobili oggetto dell’azione di riduzione e l’azione contro gli aventi causa dei donatari soggetti a riduzione.
Il novellato articolo 563 c.c. consente al legittimario (cioè all’erede che vanta un diritto su una quota dell’asse ereditaria, detta appunto “quota di legittima”), che risulti vittorioso (dell’azione di riduzione), di esperire l’azione di restituzione contro i terzi aventi causa dai donatari solo ed esclusivamente nel termine di 20 anni dalla donazione. Resta fermo il preliminare obbligo di proporre l’azione di riduzione entro dieci anni dall’apertura della successione. L’introduzione del suindicato “termine certo” è finalizzata ad “agevolare la circolazione dei beni immobili già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito”.
In pratica cosa succede? Se un legittimario viene privato, in tutto od in parte, della sua quota di legittima, per effetto di una disposizione testamentaria o di donazione e/o donazioni poste in essere in vita dal defunto, lo stesso può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima mediante l’esperimento di un’apposita azione giudiziaria (la cd. “azione di riduzione”); tale azione peraltro è soggetta al termine di prescrizione di 10 anni dal momento dell’apertura della successione: con tale adempimento esso si precostituisce la sospensione dei termini di cui all’art. 563, 1° comma c.c. e 561, 1° comma c.c.
In questo caso l’azione di restituzione potrà essere esercitata solo dopo la morte del donante medesimo, ed entro i successivi 10 anni da tale evento, al verificarsi peraltro di tutte le seguenti condizioni:
1) che il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a “coprire” la quota di legittima spettante a tutti i legittimari o non abbia comunque disposto con altre donazioni a favore degli altri legittimari, sicché vi siano dei legittimari pretermessi o lesi nella quota di legittima
2) che verificandosi il caso di cui sub 1) i legittimari lesi intendano far valere le proprie ragioni mediante l’esperimento dell’azione di riduzione (l’azione non è “automatica” ma richiede l’iniziativa di parte e non è escluso che il soggetto interessato possa comunque rinunciare all’esperimento dell’azione, per i più disparati motivi, compreso ad esempio il raggiungimento di un accordo transattivo con gli altri eredi)
3) il donatario, proprio dante causa, nel momento in cui verrà esercitata la azione di riduzione, non abbia nel proprio patrimonio beni sufficienti a soddisfare le ragioni dei legittimari pretermessi o lesi (infatti l’azione di restituzione verso terzi è subordinata alla previa “escussione dei beni del donatario” art. 563 primo comma)
4) non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte del coniuge o di parenti in linea retta (legge 80/2005)
Resta fermo il disposto di cui all’art. 2652 n. 8 c.c., il quale prevede che, in caso di trascrizione della domanda di riduzione oltre i dieci anni dalla morte del de cuius, restano salvi i diritti dei terzi che abbiano acquistato a titolo oneroso in base ad atto trascritto od iscritto in data precedente.
Si può quindi affermare che astrattamente un rischio per l’acquirente esiste, ma è anche un rischio “potenziale” in quanto non è detto che la presenza di una donazione determini di per sé una rivendica del bene da parte di terzi. Tant’è vero la Cassazione (sent. 17.3.1994 n. 2541) ha ritenuto inapplicabile nel caso di specie l’art. 1481 c.c. in quanto tale norma presuppone che “il pericolo di evizione sia effettivo e cioè non meramente presuntivo o putativo, ove esso non può risolversi in un mero timore soggettivo che l’evizione possa verificarsi ….” con la conseguenza che “il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione e possa essere teoricamente oggetto di una futura azione di riduzione per lesione di legittima, esclude di per sé che esista un pericolo effettivo di rivendica e che il compratore possa sospendere il pagamento o pretendere la prestazione di una garanzia”.
Nel suo caso, tuttavia, tale rischio è praticamente nullo, dal momento che le donazioni, fatte a favore di tutti e tre i figli, sono state eque; inoltre, come ha precisato, c’è stata piena accettazione da parte di tutti della donazione.
3 risposte su “la vendita dell’appartamento ereditato”
La disposizione si applica anche nel caso di testamento (in luogo della donazione)?
grazie
E se il donante si risposa e altresì sucecssivamente ha altri figli?
La nuova moglie e i figli del secondo matrimonio sono leggitimari della donazione precedente?
I figli dei figli sono eventualmente esclusi dalla leggitimità alla riduzione?
La garanzia d
della fidjussione risolve il rischio al 100%?
grazie
Riccardo