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diritto

l’appartamento più piccolo di quello pubblicizzato

Buonasera. Ho formalizzato in data 08/10/2007 una proposta irrevocabile di acquisto di un appartamento sito in Genova (corrispondendo a titolo di caparra euro 2500), di cui avevo letto la pubblicità in un sito internet specializzato per la vendita delle case. Qui veniva indicata una metratura di 68 mq per un corrispettivo di 141,500 €. Dopo aver visionato l’appartamento, sottoscrivevo la proposta (comprensiva inoltre della piantina in scala dell’appartamento). Successivamente, dopo aver fatto controllare la pianta da un geometra, mi avvedevo che la stessa non presenta la metratura promessa, ma più o meno 7 metri quadrati in difetto. Premesso che nella proposta è presente la clausola “così come visto e piaciuto”, è legale vendere un bene pubblicizzato in internet (di cui ho salvato la pagina web) e anche nella stampa specialistica, promettendo una metratura e poi in realtà vendere l’immobile ad una inferiore, facendo leva sulla buona fede dell’acquirente che al momento della visione non ha la possibilità di poter realmente riscontrare la metratura reale dell’immobile? Non è una clausola vessatoria? Non si tratta di pubblicità ingannevole? Grazie della disponibilità. SANDRO (mail)

In merito al primo quesito, si definiscono vessatorie le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, oppure sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, proroghe o rinnovazioni tacite del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria. Nel caso in cui ci si riferisca ad un contratto stipulato tra professionista e consumatore (art. 1469-bis e ss. c.c.) che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Pertanto, è da escludere il richiamo a tale disciplina, non essendo possibile considerare l’accaduto riconducibile alle condizioni che integrano le clausole vessatorie.

Per quanto riguarda il secondo dei due quesiti, la pubblicità ingannevole è un atto contrario alla correttezza professionale, in quanto induce in errore il consumatore, influenzandone le decisioni mediante informazioni false o il mancato apporto di informazioni rilevanti. In caso di pubblicità ingannevole è necessario decidere se essa abbia causato un danno al consumatore. La pubblicità ingannevole, disciplinata nell’ordinamento italiano dal d.lgs. 145/2007 (disciplina relativa alla tutela del professionista) e 146/2007 (che aggiorna il Codice di Consumo negli artt. da 18 a 27) è quella che, “in qualunque modo, compresa la sua presentazione, sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente”. L’art. 21 del medesimo codice stabilisce che “per determinare se la pubblicità sia ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi”, tra cui, in particolare, il prezzo o il modo in cui questo viene calcolato. La competenza è dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) che, oltre a definire quali sono i casi di pubblicità ingannevole, deve intervenire per la cessazione di questa.

In concreto, in qualità di consumatore, potresti richiedere la risoluzione del contratto, dal momento che il bene che ti è stato consegnato non è conforme a quello indicato nel contratto di vendita. La sanzione amministrativa che potrà essere emessa a carico dell’operatore che ha pubblicizzato in maniera errata l’appartamento potrà andare da 10.000€ a 50.000€. Potresti, poi, presentare un’istanza all’Antitrust, indicando il sito e la pagina (che hai prudentemente conservato) contenente la pubblicità dell’appartamento; l’Autorità, accogliendo il ricorso, ordinerà la cessazione della pubblicità ingannevole, eventualmente disponendo anche la pubblicazione della pronuncia.

Al di là di questo aspetto, in ogni caso, il nostro codice civile tutela le tue ragioni, stabilendo che se il promittente venditore offre un bene la cui consistenza materiale e giuridica non corrisponde a quanto pattuito, il promissario acquirente può esercitare l’azione di riduzione del prezzo, richiedendo al giudice di fissare un prezzo inferiore a quello pattuito con il preliminare. L’azione di riduzione del prezzo configura un legittimo intervento riequilibrativo delle contrapposte prestazioni, uno strumento per riequilibrare i termini dello scambio e per far sì che la volontà espressa dai contraenti nel preliminare sia fedelmente riprodotta, negli stessi termini qualitativi e quantitativi, al momento della stipula del definitivo.

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