Egr. Avvocato, Dopo una convivenza di 20anni la mia signora ha deciso di separarsi, abbiamo un figlio di 17anni, sara’ maggiorenne a Ottobre e momentaneamente la situazione è questa: Lei era uscita di casa da sola affittandosi un appartamento da meta’ di febbraio e io a casa con mio figlio, premetto che la casa è al 50%, poi visto che lei non stava bene da un paio di settimane le ho detto di rientrare in casa che sarei uscito io, adesso io vivo con mia madre in un piccolo appartamento e siamo un po sacrificati; lei col figlio in una villetta a schiera di 190 mq. Lei vorrebbe acquistare il mio 50% e sarebbe costretta per fare ciò a stipulare un mutuo per 30anni perchè non vuole vendere un altro appartamento di sua proprieta’ che ha dato in affito e percepisce un canone di € 600 e ha uno stipendio da lavoro dipendente di circa € 1000. Io le ho chiesto una cifra superiore a quello che è il valore del mio 50% perchè ci sono stato per 20 anni e ho dato del mio, inoltre per finire di pagare quell’appartamento che lei ha dato in affitto ha utilizzato soldi di un c/c comune. Ovviamente lei vista la mia richiesta fa orecchie da mercante e io avrei intenzione di tornare a casa e fare i separati in casa fino a che la situazione non si sblocca. Oppure potrebbe pagarmi un canone di affitto relativo al mio 50%; per quanto riguarda il figlio ormai maggiorenne, sarei tenuto a dargli gli alimenti fino a che nn diventa economicamente autonomo anche se ho un reddito nettamente inferiore a quello della mia convivente? Secondo lei quale sarebbe la soluzione piu conveniente per tutti? grazie. saluti (Tommaso, via posta elettronica)
In realtà in questo genere di questioni non c’è una soluzione migliore delle altre: sono prospettabili varie soluzioni tutte ugualmente valide.
Tanot per iniziare, non avete obblighi reciproci non essendo sposati ma ‘solo’ conviventi: quindi la casa non sarà assegnata a nessuno di voi e non ci saranno mantenimento a carico di uno/a e favore dell’altro/a.
L’unico obbligo riguarda Vostro figlio che dovete mantenere entrambi: quindi, il fatto che il Tuo stipendio è minore non giustifica il fatto che il mantenimento di vostro figlio sia interamente a carico della Tua convivente. Entrambi dovrete contribuire fino alla sua indipendenza economica.
Per quanto concerne la casa le soluzioni sono molteplici: la vendete a terzi e dividete il ricavato, uno di voi l’acquista e liquida l’altro, la date in locazione e ne dividete il canone, la donate al figlio, stabilite un canone di locazione per chi di voi l’abiterà, …
Per ogni ulteriore informazione Ti rimando alla nostra scheda pratica.
4 risposte su “fine di una convivenza…”
La ringrazio tantissimo, sapevo che le sentenze della Cassazione non sono vincolanti nè impugnabili ma in questo caso mi era sembrato che ci fosse un orientamento costante, come si suol dire, dunque in parte un minimo vincolante anche perchè immagino che sennò il rischio sarebbe di finire ogni volta fino al terzo grado per poi sentirsi ripetere qualcosa che secondo la Suprema Corte è oramai pacifico e assodato perchè ripetuto in più sentenze. ma non sono avvocato quindi magari la mia è un'ipotesi arbitraria Mi scuso di averle rubato del tempo, grazie ancora
Nessun disturbo. Siamo qui apposta!!
Anche se c'è un orientamento costante ciò con vincola i Giudici ad aderirvi.
In genere si tende a seguire, anche se non è vincolante, l'orientamente della Suprema Corte a Sezioni Unite.
Troverai sempre sentenze in contrasto tra di loro perchè nel nostro ordinamento non esiste il 'precedente vincolante' come, ad esempio, in America.
Ciò comporta che ogni Giudice possa adeguarsi all'orientamente che ritiene più giusto o 'crearne' uno nuovo.
Gentile avvocato
leggendo le varie sentenze della Cassazione sulla separazione ho notato quella che mi pare una enorme contraddizione e vorrei chiedervi lumi.
Dato che la legge recita che il coniuge più debole ha diritto a mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, nel caso la moglie non abbia mai lavorato durante il matrimonio (al di là che sia stata una decisione concordata o imposta da chi non voleva andare a lavorare)
sulla scia dell' assunto di legge citato, il giudice non impone alla inoccupata di andare a lavorare proprio perchè durante il matrimonio ne era esentata e dunque deve mantenere lo stesso tenore. Però i giudici non seguono la stessa logica ( e cioè cercare di garantire le stesse condizioni godute durante il matrimonio) quando invece l'accordo tra i coniugi prevedeva di seguire un tenore di vita inferiore a quello che potevano consentire le entrate familiari (per risparmiare o per altri motivi). Vale a dire in questo caso i giudici per determinare l'assegno alla moglie (faccio sempre l'esempio coniuge più debole =moglie perchè così è nel 95% dei casi) non tengono conto del tenore di vita effettivamente goduto e dunque accettato dalla moglie anche se più basso rispetto alle potenzialià, ma lo calcolano in base al tenore potenziale dato dai redditi dell'obbligato.
Non c'è una leggera incoerenza in tutto ciò? Il marito che ha accettato (o subito perchè non si fa distinzione) che la moglie non lavorasse deve continuare ad accettarlo durante la separazione, una moglie che ha accettato un tenore più basso invece non è costretta a continuare ad accettarlo durante la separazione.
Grazie mille come sempre