Durante un fallimento di una società composta da 3 persone, padre, figlio e figlia, si intromette un quarto attore che compra l’appartamento della madre (la quale madre, non compresa nella società è proprietaria dell’appartamento in cui tutti e 4 vivono) che in letto di morte acquista la proprietà suddetta (l’appartamento) che andrebbe in eredità ai figli ed al marito, intestatari della società fallita, sottraendola di fatto al curatore fallimentare. Vi chiedevo in qualità di creditore insodisfatto, se quanto sopracitato è avvenuto nel pieno rispetto delle norme che regolano i fallimenti.
Purtroppo non è possibile far nulla. E’ chiaro che l’alienazione è avvenuta con lo scopo di evitare che l’appartamento venisse a cadere nella massa attiva fallimentare, però se si tratta di un contratto di compravendita in piena regola, con anche la determinazione di un prezzo e la dimostrazione dell’avvenuto pagamento dello stesso, il negozio è assai difficilmente attaccabile.
Naturalmente, il curatore avrebbe in teoria a disposizione le varie azioni revocatorie, ma in questo caso non credo proprio sarebbero applicabili dal momento che si tratta di atti compiuti da un soggetto che è terzo rispetto al fallimento. Ovviamente, sarebbe possibile ma solo in linea di principio anche fare una questione con gli eredi, i falliti, circa la destinazione che ha avuto il denaro ricevuto come corrispettivo dalla “madre”, che poi sarebbe dovuto cadere in successione, ma non ci sono particolari obblighi al riguardo e sarà sufficiente per gli eredi dire che non hanno trovato sostanze nell’eredità e che il corrispettivo è stato dilapidato dalla de cuius, senza che si possa giuridicamente andare a fare valutazioni sulla cosa.