Convivo da 8 anni con il mio compagno (pur mantenendo la residenza in due città distinte) dal quale nell’aprile 2010 ho avuto un figlio. La madre di lui non mi ha mai potuto vedere, ripicche, inganni umiliazioni, imbarazzi (confermato anche dal mio compagno). Finalmente, con la complicità e l’inganno della cognata del mio compagno, dopo avermi fatto litigare con lui per 2 giorni consecutivi rischiando il fallimento del nostro rapporto, mi è ora stato impedito di accedere alla loro casa e hanno deciso di interrompere definitivamente i rapporti con me. L’accesso alla casa resta aperto al mio compagno e a mio figlio. Nostro figlio è sotto il mio stato di famiglia, è residente a casa mia, percepisco per lui gli assegni famigliari, ho la detrazione fiscale al 100% , è stato riconosciuto dal padre. So benissimo di non poter vietare ai nonni di vedere il bimbo e al bambino di non vedere i nonni, cosa che non metto in discussione, ma visto e considerato che per la legge italiana, ad oggi, i bambini non legittimi non hanno gli stessi diritti degli altri (nonni, zii, cugini ecc…) posso “imporre” ai genitori del mio compagno di vedere il bambino solo in mia presenza ed in un luogo neutro, quale potrebbe essere la casa del padre? Ho proposto questa soluzione al mio compagno, ma secondo il suo punto di vista non è corretto, anche se è al corrente della reale situazione con sua madre e mi dà ragione.
Il problema è quello, solito, della configurabilità di una parentela «naturale» o meno. Secondo la maggior parte degli interpreti, non sussisterebbe un vero e proprio rapporto di parentela, ai sensi di legge, tra persone che sono legate da vincoli solo naturali, come nel tuo caso dove tuo figlio è un figlio naturale, dal momento che il codice civile (artt. 74 ss.) definisce come parentela solo quella in cui gli anelli di congiunzione sono basati su un matrimonio avente effetto legale. Questo approccio presenta molti limiti e soprattutto diversi inconvenienti pratici, per cui ci sono già state in passato diverse aperture al riguardo e probabilmente in futuro verrà superato, c’è già un importante progetto di legge al riguardo.
Allo stato, tuttavia, non è possibile dare una risposta definitiva. Il tuo punto di riferimento, però, può essere l’interesse del minore, cioè di tuo figlio. Se credi davvero che la frequentazione dei nonni paterni sia di danno per tuo figlio, allora puoi agire, sia stragiudizialmente che giudizialmente, per impedire che ciò avvenga o affinchè avvenga solo con le modalità idonee a proteggerlo. Se, invece, una cosa del genere non è sostenibile, io credo che a parte la configurabilità di iniziative del genere probabilmente non ce ne sarebbe nemmeno la opportunità.
Una buona idea, non da avvocato, diciamo «extragiuridica», potrebbe essere quella di iniziare un percorso di mediazione con tua «suocera». Considera che l’armonia della famiglia, sia all’interno del nucleo in senso stretto, dove le tensioni rischiano di diventare anche tali con il tuo compagno per forza di cose, sia con il nucleo allargato, rappresenta un valore per tuo figlio e quindi varrebbe sicuramente la pena impegnarsi in questo senso. Naturalmente, per iniziare un percorso di questo genere è necessaria anche la partecipazione di tua suocera, ma puoi sentire il consiglio di un mediatore su quali possano essere le modalità migliori per invitarla a partecipare alle sedute.