Riprendo, sempre dal mare magnum dei commenti lasciati dagli utenti nel blog, una considerazione che a mio giudizio merita un approfondimento, relativamente al tema dell’opportunità o meno di munirsi di un legale quando si va a fare la mediazione. Scrive infatti una nostra utente:
Da parte mia pur nella convinzione di conoscere perfettamente l’oggetto del mio contendere e pur ritenendomi “mediatrice” per natura ritengo che affrontare una mediazione senza l’ausilio di un legale sia avventato. Ciò però che mi preoccupa al momento è proprio il fatto che questi MEDIATORI ci capiscano così poco di diritto da rendere inutile il ricorso ad un supporto legale.
La nostra lettrice dunque si chiede, sostanzialmente: se il mediatore ad esempio è, come è possibile per legge, un medico, uno psicologo o un laureato in lettere, a cosa può servirmi un avvocato?
Credo che sia un ragionamento che in molti saranno portati a fare e che, per questo, merita una riflessione. Al riguardo, senza pretesa di completezza, si possono fare le seguenti osservazioni.
Se anche il mediatore non è un giurista, la materia che deve essere regolamentata, sia pure in via negoziale, in mediazione, è sicuramente di natura giuridica. La mediazione auspicabilmente deve concludersi con un accordo transattivo tra le parti che deve avere tutti i requisiti di forma e di sostanza per essere valido e durare nel tempo, altrimenti le parti avranno solo sciupato risorse e magari ricevuto anche un danno. Si noti che le parti e il mediatore possono molto giulivamente sottoscrivere un accordo che poi, una volta portato davanti al Presidente del Tribunale per renderlo esecutivo, viene giudicato, ad esempio, contrario a norme imperative di legge o a principi di ordine pubblico (concetti che non sono semplici da maneggiare, spesso, per gli stessi giuristi), e di cui quindi viene negata l’esecutorietà, mandando a monte tutto il lavoro svolto fino a quel momento. Il mediatore, poi, può compiere l’errore di far raggiungere alle parti un accordo su una materia indisponibile, cosa che è vietata dalla legge, con lo stesso risultato deleterio finale.
Quindi la conclusione è che proprio quando il mediatore non è un giurista può essere più che mai utile l’assistenza di un legale, tutto al contrario di quanto magari si potrebbe essere portati a pensare in un primo momento.
Naturalmente, in questi contesti, l’avvocato non deve andare con atteggiamento di superiorità dato dal fatto di conoscere il diritto mentre gli altri non lo conoscono. La mediazione rimane sempre un contesto in cui le vertenze possono essere risolte anche con criteri extra-giuridici – e, da questo punto di vista, ben vengano i mediatori medici e psicologi, ad esempio. Il legale deve intervenire vigorosamente solo quando strettamente necessario, quando intravede una possibile causa di invalidità. In questi casi, può anche inviare, per conto del suo assistito, a tutte le parti del procedimento di mediazione una formale comunicazione, via raccomandata a/r o via pec, in cui fa presente i motivi per cui l’accordo che si è prospettato potrebbe divenire invalido, diffidando dal continuare a perseguire questa strada. In tutti gli altri casi, può naturalmente intervenire nella discussione, ma senza pretendere che le regole di diritto applicabili al caso siano gli unici criteri per risolvere la questione.
Ciò anche se le norme di diritto possono benissimo, se accettate dalle parti, costituire un criterio di partenza o un argomento, l’importante è che non lo si voglia considerare superiore necessariamente agli altri. Parlando del diritto applicabile al caso in questione, l’avvocato insomma non dovrà limitarsi a richiamare il contenuto delle regole, ma dovrà far abbondante riferimento alle ragioni ispiratrici delle stesse e ai loro scopi, che nel diritto civile non sono di così immediata percezione, anzi, per chi non ha preparazione giuridica, dimostrando, se lo ritiene, che proprio l’applicazione delle norme di diritto rappresentano, in quel particolare caso che sta seguendo, la soluzione più equa. Nella mediazione, insomma, il diritto non si applica in sè e per sè come spesso avviene in Tribunale, ma solo se viene sentito come una soluzione acconcia ed equa da tutte le parti: il compito di traghettare le norme giuridiche da criteri astratti scritti nella legge alla coscienza delle parti può essere un ruolo fondamentale per l’avvocato che va in mediazione, anche se naturalmente non l’unico perchè il legale potrà, e a mio giudizio dovrà, essere ancora più creativo, anche oltre i confini della sua impostazione culturale classica.
È questo un compito che gli avvocati avranno la umiltà e la preparazione necessarie per svolgere? Per l’umiltà, dipende, credo, dal carattere di ognuno, anche se penso che svolgere la professione sia una delle cose che come poche ti fanno davvero «rompere le corna dell’orgoglio». Noi avvocati, poi, abbiamo una esperienza oramai più che decennale di dialogo con soggetti spesso sostanzialmente privi di adeguate conoscenze di diritto sia sostanziale che processuale: parlo dei giudici di pace, soggetti reclutati inizialmente tra i laureati in giurisprudenza in pensione che durante la loro vita avevano svolto quasi sempre mestieri non attinenti all’applicazione del diritto civile ed ai quali lo Stato ha affidato alcuni anni fa una buona fetta di controversie e non solo con poteri conciliativi, ma decisionali. Non ce l’ho con i giudici di pace, un istituto che tutto sommato ha fatto bene al nostro sistema giudiziario, ma è un dato di fatto che la maggior parte di loro si è messa sulle cause senza una adeguata preparazione giuridica. Interfacciarsi con loro per noi avvocati è stata una sfida, persa da tutti quelli che hanno scelto di combatterla e colpi di orgoglio e di «superiorità» conferita da una presunta maggior preparazione in diritto, vinta o pareggiata da quelli che invece vi si sono accostati con più umiltà e apertura. Oggigiorno, ad esempio, posso riferire che da alcuni di questi giudici onorari ho imparato molte cose e non solo giuridiche. Immagino che lo spirito con cui dovremo accostarci ai mediatori non giuridici sia analogo.
8 risposte su “in mediazione che me ne faccio di un legale se il mediatore non è un giurista?”
Salve, ho un piccolo dubbio riguardante la mediazione. Chi è iscritto all'albo dei mediatori, può svolgere attività legali? Grazie
Non so se esiste un albo dei mediatori, non credo. Sicuramente chi fa il mediatore può fare anche l'avvocato, almeno al momento, visto che ci sono moltissimi colleghi che fanno anche i mediatori.
–?cordialmente,
tiziano solignani, da ? Mac
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Cosa ne pensate? http://www.ilgiornaledipachino.com/la-mediazione-…
Gentilissimo Avvocato,
come sempre le sue illustrazioni sull'argomento sono eloquenti e pacate, aspetto che apprezzo . Con l'entrata in vigore dello strumento della mediazione molti, forse troppi, prima ancora di costatarne i benefici, si pongono con atteggiamento distruttivo a sondarne i limiti, le difficoltà, enumerando astrattamente tutti i problemi che ne potrebbero nascere.
Personalmente credo che l'atteggiamento corretto sia quello di affrontare e impiegare tale strumento senza pregiudizi e riserve mentali. Non sarà uno strumento perfetto, garantista per la composizione della lite con un accordo/conciliazione, sia essa facilitativa o aggiudicativa, che necessariamente deve rispettare gli aspetti giuridici. Gli organismi di mediazione scelgono il mediatore idoneo alla lite, in sede di procedimento, secondo le difficoltà del caso, sussiste la possibilità di avere co-mediatori esperti, non è escluso neppure l’intervento di un CTU, e non da ultimo il responsabile dell’‘Organismo perlopiù è un legale o almeno un giurista o addirittura un gruppo di avvocati. Ciò per evidenziare che la mediazione non è esclusivamente in mano al mediatore professionista e per porre l’accento, che il mediatore, persona esperta nelle tecniche di mediazione, non è un professionista che messo allo sbaraglio, possa imbastire accordi che solo poi con l’omologa del Presidente del Tribunale si evidenzi di aver sottoscritto un accordo impossibile o peggio ancora contro norme imperative e/o ordine pubblico. Premesso ciò sostengo che il supporto legale a fianco delle controparti mi sembra, debba e possa ,essere la miglior soluzione al fine di ottimizzare la risoluzione extragiudiziale.
Sarebbe importante evidenziare che la mediazione, così com’è stata disegnata del D.Lgs. 28/2010, permette alle parti di salvaguardare benefici e interessi, che non sempre sono considerati in sede di giudizio, permette loro di ristabilire una comunicazione con prospettive future, e non dibattiti sul passato come avviene in giudizio, che la torta negoziale , proprio in nome dei rispettivi interessi e benefici, può essere allargata con creatività, contemplando diritti disponibili, cosa che in sede di contenzioso probabilmente non potrebbe avvenire. Mi riferisco ad allargare la torta negoziale considerando altri argomenti a favore della conciliazione. L’impostazione concettuale e culturale sconvolge l’approccio dell’esito giudiziale del vincitore e del perdente, con la conciliazione le parti si pongono per una soluzione win to win.
Credo che sarebbe molto interessante prodigarsi per porre l’accento sulle valenze positive che l’applicazione della mediazione può generare, considerando anche che non è un procedimento, di cui l’Italia per prima sta accingendosi a fare esperienza, ma resta uno strumento applicato in altri paesi con successo, quindi attingiamo e studiamo le opportunità positive che ha prodotto oltr’alpe e cerchiamo di minimizzare quelle che potrebbero essere le problematiche, poiché resta indiscusso che l’apporto legale alle parti possa dirsi sostanzialmente indispensabile, come lei dice molto bene, con legali che giochino il loro ruolo in mediazione, con umiltà e quali affiancatori dei propri clienti e non come facilitatori della mediazione.
Ecco mi auguro che la novità per debellare la paura che insorge di fronte a ciò che è nuovo, non sia strumentalizzata e proposta sottolineandone i limiti, bensì illustrando gli scopi , i vantaggi e collocando tale procedimento con il corretto peso che avrà nel facilitare la risoluzione delle controversie, con indiscussi vantaggi di costi- fiscali e di imposte- e di tempi -contrariamente a quanto succede in giudizio. Poi la creatività dell’avvocato e dei legali sarà l’ingrediente principe per mettere a segno soluzioni eccellenti a confezionare accortamente la conciliazione.
Cordialmente
Dott.ssa Francesca Sanson
Grazie Francesca dei tuoi interventi sempre interessanti e approfonditi.
Mi raccomando, però, diamoci del tu.
Con l'occasione vorrei invitarti anche alla nostra Legalit, gruppo di discussione in cui in questi giorni stiamo parlando molto di mediazione, naturalmente con favorevoli e contrari come al solito http://a.solignani.it/invito-legalit
Buon fine settimana.
–?cordialmente,
tiziano solignani, da ? Mac
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Tiziano,
allora grazie e passiamo al "tu"! Ho cercato invano di entrare in "legalit",ma ahimè………non sono riuscita , giungo ad un sito che non mi pare affatto parli di MEDIAZIONE! Riproverò 🙂
A presto e buon week end
Ora gli avvocati si preoccupano del fatto che qualcuno al posto loro possa mettersi daccordo col mediatore dell'avversario e intascare 1000€ per fare l'esatto contrario di quello che sono gli interessi del proprio cliente!
Gli avvocati dal volto umano non esistono!!
Ho l'impressione che tu non abbia capito bene come funziona la mediazione, non esiste la figura del «mediatore dell'avversario», ma c'è un solo mediatore per tutte le parti.
Quanto al resto, sicuramente tutti gli avvocati si alzano al mattino per guadagnare il loro pane e non per fare beneficenza, quindi se pretendi che un avvocato sia corrispondente, come figura, a madre Teresa di Calcutta, ti dò sicuramente ragione.
Ma molti avvocati, tra cui anche il sottoscritto, guadagnano facendo questo mestiere volentieri solo a condizione che quello che fanno sia oggettivamente utile a qualcuno, che abbia un senso il loro intervento e la loro presenza. Io ad esempio se sapessi che il mio mestiere è fatto solo di giri di carte che non sono utili a nessuno, anche solo a livello informativo, preferirei cancellarmi dall'albo e vivere con il sussidio, lo dico seriamente.
In ogni caso, a tutti gli avvocati, anche quelli meno altruisti, interessa come funziona il sistema giudiziario, di cui fa parte oramai anche la mediazione, semplicemente perchè è il loro strumento di lavoro, quello con cui devono confrontarsi tutti i giorni. A nessun avvocato piace perdere, sicuramente piace meno al cliente (questo lo sanno bene anche gli avvocati perchè spesso anche a loro capita di essere clienti: le categorie non sono più compartimenti stagni), ma nemmeno al legale piace rimanere incastrato tra i meccanismi del sistema giudiziario.
–?cordialmente,
tiziano solignani, da ? Mac
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