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il diritto dello straniero di sposarsi

Un cittadino iracheno, con status di protezione sussidiaria, promuove ricorso al Tribunale contro l’Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza anagrafica, che si rifiuta di procedere alla pubblicazione del matrimonio, per mancanza della dichiarazione delle Autorità irakene di nulla osta al matrimonio.

La procedura normativa, prevede che la celebrazione del matrimonio sia preceduta dalle cc.dd. ‘’pubblicazioni’’, da richiedere presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza anagrafica. Le condizioni per contrarre matrimonio, in tale fase, sono disciplinate, mediante rinvio, dalla Legge del Paese di appartenenza. Quest’ultimo, mediante l’Autorità competente (consolare in Italia o Autorità nel proprio Paese), è tenuto a rilasciare il Nulla-Osta, fondamentale per la celebrazione del matrimonio dello straniero in Italia, il quale attesta che ‘’non sussistono impedimenti al matrimonio secondo le leggi del Paese di appartenenza’’.

Il Tribunale di Modena, con decreto del 2 febbraio 2011, ha tuttavia deciso il ricorso in senso favorevole al cittadino iracheno, affermando che: ‘’il perdurare della situazione determinatasi pone, in concreto, un illegittimo ostacolo al diritto inviolabile di costituire una famiglia attraverso matrimonio liberamente contratto (artt. 29, 30, 31 Cost., art. 16 disp. sulla legge in generale). Alla stregua delle esposte dichiarazioni, deve poter essere consentito il matrimonio ‘’anche’’ ove lo straniero residente in Italia non presenti una dichiarazione dell’Autorità straniera di Nulla-Osta, quando la mancanza di impedimenti risulti da altri documenti. Il richiedente, cittadino iracheno, si trova nelle condizioni per contrarre matrimonio e può autorizzarsi la pubblicazione pur in carenza del Nulla-Osta di cui all’art. 116 c.c., risultando in tal caso ‘’il divieto immotivato’’ come contrario all’ordine pubblico italiano.

In relazione al nuovo art. 116 c.c., potrebbero sorgere dubbi di legittimità costituzionale poichè le disposizioni in esso contenute appaiono suscettibili di determinare un’ingerenza sul diritto a formare una famiglia, annoverato a sua volta tra i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle convenzioni internazionali, artt. 8 e 12 della CEDU, e come tale spettante a tutte le persone presenti nel territorio italiano, indipendentemente dalla nazionalità. Tali disposizioni porterebbero, quindi, ‘’offesa’’ al principio costituzionale della libertà di matrimonio. Inoltre, la protezione sussidiaria, di cui gode l’interessato nel caso di specie, interverrebbe a suo favore: essendo lo strumento che si attiva quando sussiste un concreto pericolo per l’incolumità dell’individuo al rientro nel Paese di origine. Dal che discende la necessità di non segnalare la propria presenza alle Autorità diplomatiche e consolari nel territorio di residenza. Lo strumento della protezione sussidiaria intende inserirsi in un contesto caratterizzato dal riconoscimento in favore dello straniero, privo di un valido titolo di soggiorno, di un nucleo irriducibile di tutela di diritti, protetti dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana (con la collaborazione della dott.ssa Giovanna Cuccui).

articolo originariamente pubblicato su | LeggiOggi

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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