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Quando passa in giudicato la sentenza di divorzio congiunto?

Sono separato da quasi 3 anni (a settembre scadono i 3 anni necessari dall’omologa per poter chiedere il divorzio). Il mio legale che è anche legale della mia ex moglie (la separazione è stata consensuale anche se non facile) ha accennato che ci vorranno circa 18 mesi dal momento in cui firmiamo il divorzio congiunto davanti al giudice per poter avere nuovamente lo stato civile libero. Di cui 1 anno e 45 giorni per poter impugnare la sentenza e/o fare il ricorso e il tempo restante per le varie trascrizioni nei comuni di residenza, nascita e matrimonio. Facendo un pò le ricerche su Internet ho trovato che ci sono due soluzioni per poter abbreviare questi tempi, di cui una è firmare l’atto di acquiescenza totale (la cosa che la mia ex moglie sicuramente non farà, in quanto ha cercato sempre di ostacolare la separazione, causa la mia compagna, solo per il gusto di farlo, visto che ha anche lei un uomo), la seconda soluzione invece è notifica della sentenza. E qui non ho capito tanto. C’è chi dice che l’avvocato notifica la sentenza a se stesso, chi dice no, si notifica alle parti e quando scade il termine breve di impugnazione di 30 gg ci vuole solo il tempo per la trascrizione di stato libero. Mi potrebbe chiarire gentilmente questo punto, è cioè se è vero che la notifica della sentenza effettivamente abbrevia i tempi e in che modo avviene nel caso del patrocinio dello stesso avvocato tra gli ex coniugi. Se Lei mi da la conferma di questa possibilità mi chiedo perchè il nostro avvocato non ha detto niente di tutto ciò.

È una questione interessante e ancora controversia sia in teoria che in pratica. Dalla stessa, naturalmente dipende il riacquisto dello stato libero e la possibilità di celebrare un nuovo matrimonio.

Fortunatamente, da novembre 2014 si può divorziare tramite un accordo in house, cosa che consente di superare nella pratica questi problemi, dal momento che per la trascrizione dell’accordo è prevista una procedura precisa.

I termini del problema sono descritti come meglio non si potrebbe probabilmente fare in questo brano dell’articolo di Francesco P. Luiso, Questioni varie in tema di impugnazione dei provvedimenti di separazione e divorzio, in www.judicium.it. Il testo è tecnico e sicuramente non comprensibile interamente per gli utenti, intanto proviamo a leggerlo insieme, al termine qualche nota illustrativa con linguaggio più divulgativo.

L’altro problema che intendo affrontare riguarda la legittimazione ad impugnare le sentenze pronunciate nel procedimento di divorzio, con speciale riguardo a quelle pronunciate su domanda congiunta (art. 4, comma 16, della L. 898/1970).

Per chiarire bene i termini della questione, è opportuno premettere che, secondo opinione concorde, la sentenza di divorzio è efficace dal momento in cui passa in giudicato, e che tale efficacia non è retroattiva: sicché il momento in cui avviene il passaggio in giudicato assume un significato particolare, in quanto ogni ostacolo alla pronuncia di divorzio, che si dovesse verificare fra la pronuncia della sentenza ed il passaggio in giudicato della stessa, ne impedisce la produzione degli effetti. Così, se la morte di uno dei coniugi ha luogo dopo la pubblicazione della sentenza, ma prima del passaggio in giudicato, la sentenza di divorzio non produrrà mai i suoi effetti; il contrario accade, se uno dei coniugi decede dopo che la sentenza di divorzio è passata in giudicato. Con la conseguenza che, ad esempio, nel primo caso il coniuge sopravvissuto acquista la qualità di erede, mentre nel secondo caso no.

Ora, si può certamente convenire sulla soluzione; ma sembra riduttivo, per verificare se la sentenza è o meno passata in giudicato, far riferimento esclusivamente al decorso dei termini, come è accaduto allorché la fattispecie appena ipotizzata è stata portata all’attenzione della Corte di cassazione, e questa si è limitata a verificare se la morte di uno dei coniugi era sopravvenuta o meno durante la decorrenza del termine per impugnare[13].

Come ognun sa, infatti, il giudicato formale dipende dalla impossibilità di proporre le impugnazioni c.d. ordinarie (art. 324 c.p.c.[14]) e dunque dalla perdita del potere di impugnare non solo per decorso dei termini, ma anche per acquiescenza: ma, ancor prima, per perdere il potere di impugnare è necessario che esso sia sorto, e dunque sia l’acquiescenza sia la mancata proposizione dell’impugnazione ordinaria nei termini assegnati debbono riguardare un soggetto, rispetto al quale quel potere è venuto ad esistenza[15]. Dunque, la corretta impostazione è la seguente: individuare se ed in capo a chi è sorto il potere di impugnare; verificare se tale potere è stato perso (per acquiescenza o per l’inutile decorso dei termini prescritti) prima o dopo che sia verificato l’evento ostativo alla produzione degli effetti da parte della pronuncia di divorzio[16].

Secondo i principi generali, il potere di impugnare sorge a favore della parte soccombente: chi, invece,  ha avuto dalla sentenza quello che aveva richiesto, non è legittimato ad impugnare. Tant’è vero che l’impugnazione da lui eventualmente proposta è inammissibile e comunque inidonea ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza, se manca la tempestiva impugnazione di una parte legittimata, oppure quest’ultima fa acquiescenza[17].

Si deve dunque concludere che, a favore del coniuge che aveva chiesto la pronuncia di divorzio, non sorge il potere di impugnare, sicché l’eventuale acquiescenza, prestata dalla controparte prima che uno dei coniugi deceda, non impedisce al divorzio di operare. E soprattutto si deve concludere che, se il divorzio è chiesto da ambedue i coniugi, il potere di impugnare non sorge a favore di alcuno e dunque la sentenza di divorzio nasce già passata in giudicato formale[18].

Questa conclusione, in linea con i principi generali delle impugnazioni, è invece disattesa dalla giurisprudenza sopra indicata[19], la quale è giunta a ritenere inefficace il divorzio a causa  della morte di uno dei coniugi, verificatasi in pendenza del termine per impugnare, anche in presenza di domanda congiunta[20], oppure in un caso, nel quale il coniuge convenuto aveva concluso per l’accoglimento della domanda di divorzio[21]. Anche la dottrina maggioritaria giunge alla stessa conclusione. Ma francamente la soluzione non convince.

In primo luogo, l’espressione utilizzata dall’art. 5, comma 5, della L. 898/1970 (secondo la quale “la sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti”) non è sufficiente ad espellere dal sistema un requisito fondamentale[22] e – a quanto risulta – immune da eccezioni, quale quello della soccombenza[23]: requisito che, oltretutto, realizza il principio di buona fede e correttezza processuale[24]. Sarebbe contrario ad ogni canone di lealtà e probità consentire ad una parte, che ha ottenuto quello che aveva richiesto[25], di venire contra factum proprium[26], e proporre impugnazione “pentendosi” di quanto aveva voluto.

In secondo luogo, la eventuale natura indisponibile del diritto, oggetto del processo, è irrilevante in questa direzione[27], poiché le conclusioni prese da una parte – e sulle quali si misura la soccombenza – non costituiscono un atto di disposizione del diritto. Altrimenti il giudice dovrebbe pronunciare anche quando, in materia di diritti indisponibili, l’attore rinuncia agli atti del processo o l’impugnante rinuncia all’impugnazione: ciò che non è mai stato sostenuto da alcuno.

Ancora: è vero che “il passaggio in giudicato della sentenza civile dipende necessariamente dall’estinzione del potere di impugnarla con i mezzi ordinari” e che non è configurabile  “un’estinzione del potere di impugnazione anteriore a quello della nascita della sentenza”[28]: però è anche vero che il potere di impugnazione, oltre che estinguersi, può anche non nascere, e che a tal fine è rilevante proprio “il concreto contenuto delle domande e delle difese proposte nel corso di un determinato giudizio”[29], poiché a favore della parte non soccombente il potere di impugnare non nasce proprio, e dunque rispetto alla parte vittoriosa acquiescenza e decorso del termine sono istituti senza significato, in quanto la sua acquiescenza non rileva, e la sua impugnazione non ha alcun effetto.

Dunque, tirando le fila: la sentenza di divorzio pronunciata su domanda congiunta, o a seguito di concordi conclusioni dei coniugi, nasce passata in giudicato perché non esiste alcun soggetto a cui favore sorga il potere di impugnare: non il P.M., come abbiamo visto; non i coniugi, perché nessuno dei due è soccombente. Né si può opporre che – quantomeno con riferimento alla sentenza di primo grado – resta esperibile il regolamento di competenza[30], e ciò per una duplice ragione: in primo luogo, perché il regolamento di competenza (ovviamente facoltativo) è esperibile solo se la sentenza di divorzio decide anche di una questione di competenza; e, dunque, se nessuna questione di competenza è decisa, la sentenza non è impugnabile con il regolamento. In secondo luogo perché, quando insieme al merito è decisa una questione di competenza, ciò significa che il tribunale  si è ritenuto competente (altrimenti non avrebbe pronunciato nel merito), e dunque – secondo i principi – la parte vittoriosa nel merito non ha mai il potere di impugnare in rito, per carenza di interesse.

La conferma a contrario della insostenibilità della tesi maggioritaria si può ricavare proprio dagli assurdi e barocchi escamotages pensati dai suoi sostenitori, per ottenere il passaggio in giudicato senza attendere lo spirare del termine lungo: si va dalla dichiarazione di acquiescenza che ambedue i coniugi effettuano dinanzi al cancelliere, all’autonotificazione della sentenza o alla notificazione della sentenza  a se stesso, nell’ipotesi in cui ambedue i coniugi siano difesi da un unico avvocato, alla proposizione di un appello inammissibile al solo fine di farlo dichiarare tale [31]. Bizantinismi che mostrano quanto sia errato il punto di partenza.

NOTE

[13] Cass. 19 giugno 1996 n. 5664, in Giust. civ. 1996, I, 2544; Foro it. 1996, I, 2729; Giur. it. 1997, I, 1, 634; Dir. famiglia 1997, 543; Cass. 18 agosto 1992 n. 9592, in Foro it. 1993, I, 1171; Dir. famiglia 1993, 102.

[14] La cui centralità, nell’argomento che ci interessa, è giustamente sottolineata da CIPRIANI, Il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio congiunto,in Riv. dir. civ. 1996, I, 612.

[15] CIPRIANI, Nuove norme sullo scioglimento del matrimonio, in Nuove leggi civili commentate 1987, 891, il quale fa esattamente notare che i termini per impugnare non sono concessi a chiunque, na al solo soccombente; ID., Il passaggio in giudicato, cit., 613 ss.

[16] Contra FINOCCHIARO, La domanda congiunta di divorzio, in Riv. dir. civ. 1987, I, 513-514, secondo il quale “nel nostro ordinamento costituisce principio generale quello per il quale, ove sia previsto un certo termine per proporre impugnazione avverso un provvedimento, quest’ultimo non acquista efficacia se non dal momento in cui il termine è decorso”. Si noti che l’A. afferma che non vi sono soccombenti a fronte di una sentenza pronunciata a seguito di domanda congiunta, sicché non sono possibili né l’acquiescenza né la notificazione della sentenza per rendere operante il termine breve. E dunque, sempre secondo l’A., la sentenza di divorzio pronunciata su domanda congiunta passa in giudicato solo dopo che sia decorso il termine annuale: essa dunque rimane inefficace in attesa di un evento (l’acquiescenza o l’impugnazione) che lo stesso FINOCCHIARO afferma non potersi verificare! Sorge spontanea la domanda: ma allora che si attende a fare? Considerazioni analoghe in CIPRIANI, Il passaggio in giudicato, cit., 614.

[17] CIPRIANI, in Nuove leggi civili, cit., 892.

[18] Così PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, 5^, Napoli 2006, 761: “La sentenza pronunciata a termine del processo svoltosi nelle forme abbreviate del rito camerale è appellabile, con la sola ovvia [corsivo nostro] limitazione derivante dal difetto di soccombenza ove la domanda congiunta sia stata accolta senza che sia sopravvenuto, nel corso del processo, alcun disaccordo delle parti”. Nello stesso senso GRAZIOSI, La sentenza di divorzio, Milano 1997, 255, il quale correttamente afferma che la sentenza “non < > in giudicato, ma < > in giudicato”. Conf. CARPI – GRAZIOSI, Procedimenti in tema di famiglia, in Dig. Disc. Priv., XIV, Torino 1996, 545; BARBIERA, Il divorzio dopo la seconda riforma, Bologna 1988, 88; e, si vis, LUISO, Diritto processuale civile, 3^, IV, Milano 2000, 257 ss.

[19] Ma v., nel senso del testo, App. Roma 15 aprile 1991, in Foro it. 1992, I, 474; Trib. Bari 9 luglio 1987, in Foro it. 1987, I, 2494.

[20] Cass. 19 giugno 1996 n. 5664, cit.

[21] Cass. 30 ottobre 1984 n. 5538, in Giust. civ. 1985, I, 345. Nella controversia decisa da Cass. 18 agosto 1992 n. 9592, cit., invece, uno dei coniugi era rimasto contumace, pur avendo dichiarato, in sede di udienza presidenziale, di non opporsi dalla domanda dell’altro.

[22] Sul quale v. ora le limpide parole di VACCARELLA, Lezioni sul processo civile di cognizione, Bologna 2006, 241 ss.

[23] Conf. BASILICO, Qualche osservazione, cit., 257 ss.; NICOTINA, Problemi processuali della nuova disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio,in Giust. civ. 1989, II, 15 (il quale, peraltro, dopo aver sostenuto che la principale caratteristica del divorzio su domanda congiunta “è costituita dalla sottrazione, pressoché totale, della sentenza all’impugnazione delle parti perché essa deve essere esclusa quando manca la soccombenza”, afferma poi (op. cit., 16) che, “con l’intento di determinare un sollecito passaggio in giudicato della decisione”, un coniuge può notificare all’altro la sentenza. Contra SALVANESCHI, L’interesse ad impugnare, Milano 1990, 237 ss.; MONTESANO, Le impugnazioni dei coniugi contro la sentenza di divorzio su domanda congiunta, in Riv. dir. proc. 1999, 15-16, il quale ritiene che la possibilità di impugnare, anche in mancanza di una soccombenza, si fonda “sull’interesse a conseguire col gravame un margine di vantaggio giuridicamente qualificabile in riguardo a beni che la legge garantisce ai soggetti e che si identificano qui con quelli che l’uno e l’altro coniuge perderebbero col venir meno dei diritti indisponibili nascenti dal matrimonio”.

[24] CIPRIANI, in Nuove leggi civili, cit., 892.

[25] E che magari ha anche notificato la sentenza alla controparte, come è accaduto nella fattispecie decisa da Cass. 19 giugno 1996 n. 5664 (CIPRIANI, Il passaggio in giudicato, cit., 603).

[26] Nel significato che questa espressione assume in materia processuale, come espressione di uno stringente dovere di coerenza: v. sul punto FESTI, Il divieto di “venire contro il fatto proprio”, Milano 2007, 228 ss.

[27] Così, invece, Cass. 30 ottobre 1984 n. 5538, cit.; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, III, 19^, Torino 2007, 128 e, con riferimento alla domanda congiunta, 133; SALVANESCHI, L’interesse ad impugnare, cit., 254.

[28] Così TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, cit., 680.

[29] Le quali, secondo TOMMASEO, op. loc. cit., non avrebbero rilievo per determinare il passaggio in giudicato della sentenza.

[30] TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, cit., 681.

[31] V. in arg. TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio, cit., 959-950; CIPRIANI, in Foro it. 1996, I, 2731; NICOTINA, Problemi processuali, cit., 16; FINOCCHIARO, La domanda congiunta, cit., 514.

In sostanza, secondo questo giurista, la sentenza di divorzio congiunto passa in giudicato direttamente, senza che si possa parlare nemmeno di decorrenza dei termini, dal momento che affinchè nasca il potere di impugnare è necessario che una parte vi abbia interesse perchè una sua richiesta non è stata accolta: se il ricorso è stato congiunto, tutte le richieste delle parti sono state accolte e quindi non c’è interesse ad impugnare. Quindi la sentenza resa al termine di un procedimento di divorzio congiunto diventerebbe definitiva automaticamente ed immediatamente. Sempre secondo questo autore, le soluzioni come quella da te vagheggiata dell’autonotifica e simili sarebbero «assurdi e barocchi escamotages» ed in effetti è difficile, sul punto, dargli torto dal momento che un difensore che notifica una copia autentica di una sentenza a sè stesso è un non-sense. La notifica alla parte personalmente, poi, a mio giudizio non sarebbe idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, dal momento che la legge prescrive espressamente che sia valida a tale scopo solo ed esclusivamente la notifica fatta al procuratore, che conosce il diritto e sa che cosa comporta la notifica, cosa che invece non si può dire per la parte.

Non so se poter concordare con questo autore, probabilmente la sua tesi è corretta nella quasi totalità dei casi ma può anche darsi che ci siano delle ipotesi in cui c’è un interesse ad impugnare delle parti. In materia familiare il giudice ha poteri d’ufficio che prescindono dalle richieste delle parti, specialmente se ci sono figli il cui affidamento e la cui gestione possono essere da regolamentare. Può darsi che il Tribunale, preso atto della volontà dei coniugi di divorziarsi e quindi di acquistare nuovamente lo stato libero, accolga solo in parte le condizioni di divorzio proposte dai coniugi stessi, modificandole, anche solo in piccola parte, magari per quanto riguarda i figli, non ritenendole coerenti con gli interessi dei minori, in luogo di diverse disposizioni. L’ipotesi è sicuramente più di scuola che di pratica, ma nulla esclude che possa verificarsi. In questi casi, la parte potrebbe aver interesse ad impugnare, per dimostrare, ad esempio, che le condizioni di affido che aveva proposto erano, al contrario di quanto ha ritenuto il giudice di primo grado, effettivamente più favorevoli all’interesse dei figli.

Quindi non so se si possa dire che questo genere di sentenze passa sempre e comunque in giudicato.

Il problema, dal lato pratico, è che l’avvenuto passaggio in giudicato, e la conseguente definitività o meno, della sentenza deve essere valutato da operatori cui comunque non spetta il potere e la competenza per andare a valutare se vi può essere soccombenza o meno, come i funzionari dell’ufficio anagrafe, i quali avrebbero bisogno semplicemente di un documento attestante l’irrevocabilità della sentenza. Per questo, nella pratica, si «scade» nel ricorso a quegli escamotages di cui sopra, la auto-notifica o la dichiarazione di acquiescenza, per poter formare qualcosa che sia in grado di convincere un funzionario che bene o male non può andare a valutare nel merito la sentenza. Nel tuo caso, quindi, tutto può far brodo per convincere l’ufficiale di stato civile del riacquisto da parte tua dello stato libero, conviene tuttavia prima parlarne direttamente con lui stesso e poi mettere in pratica il sistema che consiglia.

Noi, in studio, da anni facciamo mettere alle parti la rinuncia all’impugnazione nel testo del ricorso congiunto, per quel che può valere, e il Tribunale di Modena in questi casi subito dopo l’emissione della sentenza la rilascia con la dichiarazione di irrevocabilità. In questo modo i nostri assistiti non hanno mai avuto problemi particolari, anche se in un caso un ufficio anagrafe ha voluto anche una dichiarazione di acquiescenza per scrittura privata, probabilmente un episodio di mera burocrazia privo di particolare significato.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

57 risposte su “Quando passa in giudicato la sentenza di divorzio congiunto?”

Salve vorrei sapere da quando è valido la sentenza di divorzio.dal giorno che si ha firmato davanti al giudice o dal giorno della omologazione?grazie mille

Buongiorno, i miei genitori si sono separati. Il tribunale ha pronunciato la cessazione il 20/07/2011 depositata in cancelleria il 6/09/2011, mia madre è morta il 17/08/2012.
Dall’articolo sono giunto a, la sentenza ha effetto immediato, é valida quando passa in giudicato, dopo 6 mesi, dopo 1 anno, dopo 18 mesi.
Essendo in causa con mio padre per gli alimenti, lui dichiara che la sentenza non ha alcun effetto perchè non è passata in giudicato e quindi è erede dei beni lasciatimi da mia madre.
Esiste un tempo giuridico certo?
Grazie

per una sentenza di separazione con un coniuge in contumacia, quanto tempo deve passare per il passato in giudicato? grazie mille

Buongiorno avvocato, una domanda forse banale, ma per chi non è del mestiere la legge è tutta un mistero. Se la sentenza di divorzio (giudiziale) passa in giudicato domani perchè saranno scaduti i termini per l’appello (termine lungo) posso già domani farmi rilasciare (insieme alla copia conforme della sentenza) l’attestazione dal cancelleriere che non è stato proposta impugnazione, in modo da farla annotare io stesso all’ufficiale dello stato civile? O in teoria la controparte avrebbe anche domani come giorno per poter fare appello? Spero di aver scritto in modo comprensibile. Grazie.

Come vedi, la questione è assai controversa nei suoi elementi fondamentali, inutile mettersi a disquisire di finezze come questa, per giunta in astratto, cosa che non ha mai molto senso, perché la pratica giuridica vive rigorosamente di problemi concreti, dal cui esame non si può mai assolutamente prescindere.

buonasera,
avrei un quesito in riferimento ad un divorzio consensuale. oltre i 30 giorni di rito che devono trascorrere dall’avvenuta notifica alle parti, prima che il tutto passi all’ufficio di stato civile, ne devono trascorrere altri per l’acquiescenza?

Buongiorno. La notifica a mezzo PEC inoltrata al tribunale e all’avvocato della controparte è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione?

Salve a tutti, vorrei sapere se fare appello avverso alla sentenza di divorzio per quanto riguarda le condizioni economiche, blocca anche il passaggio in giudicato dello scioglimento del matrimonio (vorrei risposarmi subito) ho sentito due avvocati: uno mi dice di no, l’altro sostiene di si (la sentenza è unica e comprensiva di tutto) chi ha ragione?

Grazie della risposta, mi è stato spiegato che facendo appello parziale, i motivi specifici di impugnazione individuano le parti della sentenza impugnata rispetto alle quali la parte praticamente soccombente vuole provocare un riesame.
Per le restanti parti (o capi) non impugnati, si determina il passaggio in giudicato alla stregua del fenomeno della cosiddetta acquiescenza tacita qualificata.

Gentile avvocato, volevo aggiornarla sulla situazione, magari a qualcuno queste info possono essere utili. Ho avuto la conferma di quello che lei ha scritto dal cancelliere e dall’ufficiale di stato civile! Se ci sarà un appello in corso, nessuno potrà certificarmi il passaggio in giudicato della sentenza! E’ davvero assurdo. Dovrò quindi rinunciare all’appello per risposarmi, giacchè la corte competente alla quale dovrei appellarmi sta fissando le udienze nel 2020. Mi converrà poi chiedere una mera modifica delle condizioni economiche di divorzio, dopo che questa sentenza sarà passata in giudicato. Mi cadono le braccia! Grazie per la sua competenza e per il suo blog, molto interessate e che fornisce utili argomenti di discussione. La saluto calorosamente!

Salve, io e il mio ex marito ci siamo presentati davanti al giudice per la separazione consensuale 2 anni fa. vorrei sapere cosa devo fare ora per rendere la separazione divorzio definitivo visto l’approvazione della nuova legge divorzio breve. grazie

Devi fare la pratica di divorzio, che si può fare adesso molto più comodamente con un accordo in house. Leggi la scheda relativa, poi se vuoi un preventivo puoi chiederlo compilando il modulo apposito, comunque abbiamo una tariffa di riferimento nel nostro listino.

Ma sulla sola pronuncia di divorzio non si forma un giudicato sostanziale? Il tribunale ha stabilito che hai maturato un diritto (divorziare), e pronuncia lo scioglimento del matrimonio, su questo capo cosa ci sarebbe da impugnare? Al limite se il diritto non è maturato bisognerebbe verificarlo prima, o il coniuge dovrebbe opporsi se ha dei motivi fondati, altrimenti un ex coniuge incarognito potrebbe impugnare la sentenza definitiva al solo scopo di procrastinare il passaggio in giudicato della stessa, invece il matrimonio si scioglie lo stesso anche se vengono impugnate in appello le condizioni che regolano il divorzio.

Buongiorno, ho letto con molto interesse, e la mia domanda nasce da una curiosità: giacchè quando il tribunale pronuncia il divorzio ha già accertato che la separazione si è protratta ininterrottamente per tre anni (prima della nuova legge) e che i coniugi non si sono riconciliati, perchè per annotare la sentenza gli ufficiali di stato civile richiedono la data del passaggio in giudicato della sentenza, che nella pratica serve solo ad impugnare parte della sentenza (condizioni economiche, affido) e non il mero scioglimento del matrimonio? Perchè l’acquisizione di status libero non ha efficacia immediata?

Allora mi viene spontanea una domanda: se si impugnano le condizioni economiche stabilite dal giudice, si pregiudica anche lo scioglimento del matrimonio? Pensavo che in Italia non ci si potesse opporre al divorzio, una volta maturate le condizioni per poterlo chiedere (il caso più comune, la separazione legale durata 3 anni senza riconciliazione)

E se la sentenza parziale non viene emessa? Lo scioglimento/cessazione effetti civili passa comunque in giudicato nei termini di legge anche se la sentenza viene impugnata?

Cioè se nella peggiore delle ipotesi si fa ricorso fino in Cassazione, non si risulta divorziati fino alla conclusione dell’ultimo grado di giudizio? Agghiacciante!

Buongiorno,

vorrei chiederle cortesemente un’opinione in merito a questa situazione di mia madre:
separata nel 2002 e sentenza di divorzio il 13/01/2015.
Mio padre si risposa il 26/1/2015 e decede il 9/2/2015
l’annotazione del divorzio registrata su atto di matrimonio dei miei genitori 11/02/2015.
Ha validità la sentenza di divorzio? e soprattutto il secondo matrimonio?

Grazie per la sua cortese risposta

Emma

Salve! Articolo interessantissimo. Solo non ho capito un passaggio: chi decide quando o se é passata in giudicato la sentenza, in pratica, con o senza notifica? É una decisione arbitraria? Nello specifico: il mio fidanzato ha ottenuto udienza di divorzio dal precedente matrimonio a Gennaio di quest’anno e pochi giorni fa ha ricevuto notifica di pubblicazione della sentenza. Ora, per quanto ho letto in giro, essendo avvenuta la notifica, dovrebbe passare un mese dal passaggio in un giudicato, giusto!? Anche se leggendo questo articola sembrerebbe non necessario, giusto!? Il punto é: come fa la Cancelleria del Tribunale a sapere che la notifica é stata inviata alle parti? Quando la cancelleria comunicherá all’ufficiale di Stato civile dell’avvenuto passaggio in giudicato? Subito? Dopo un mese? Dopo sei?

Aggiornamento: in cancelleria dicono che la notifica non vale perché l’avvocato doveva autonotificarsela essendo avvocato di entrambe le parti. Allora il mio fidanzato ed ex moglie hanno firmato acquiescenza. Tuttavia ancora niente. L’avvocato riferisce che dal tribunale si rifiutano di comunicare il divorzio al l’ufficiale di stato civile perché il pm può ancora impugnare la sentenza! Ma possibile? Sottolineo che i due hanno presentato domanda congiunta e che non ci sono figli. Noi ci sposiamo il 12 settembre e stiamo davvero rischiando di non riuscire ad ottenere tutta la documentazione.

Salve, sto aspettando l’appuntamento per la sentenza di divorzio da più di due mesi e poi mi dicono che dalla data del procedimento dovrà passare più di un anno. io convivo felicemente e ho avuto un bimbo di 15 mesi dal mio compagno ( ho anche un ragazzo di 15 anni dal mio precedente matrimonio), non ci sono possibilità di accelerare i tempi per il giudicato? Devo aspettare un anno e più tra tribunale e vari comuni per poi iniziare a pensare ai preparativi per il mio matrimonio? Grazie Holly

Salve, sono qui ad esporre un caso particolare e spero di ricevere una risposta.
Il mio ragazzo 4 anni fa (quando ancora non lo conoscevo nemmeno) ha ottenuto l’annullamento del matrimonio religioso.
A marzo di quest anno ha scoperto che dal punto di vista civile risultava ancora sposato perchè la nullità non è stata efficace per sciogliere anche il matrimonio civile e così il 26 settembre ha ottenuto udienza di divorzio presso il tribunale di Roma. L’avvocato gli ha detto che per la notifica doveva passare un mese (ancora non abbiamo notizie in merito e quando l abbiamo contattato ci ha detto che ci avrebbe fatto sapere lui) e che poi il tribunale deve comunicare al comune il cambio di stato civile. La mia domanda è la seguente:
Dato che noi abbiamo intenzione di sposarci a settembre dell’anno prossimo (non possiamo fare più tardi per determinati motivi), secondo lei fino ad allora il divorzio sarà passato in giudicato?
Inoltre, se fino ad allora non si fosse sbrigata la pratica dal punto di vista civile, potremmo cmq celebrare il solo matrimonio religioso???
Grazie in anticipo

Se fate un matrimonio solo religioso, dal punto di vista dell’ordinamento italiano non dovreste avere problemi, piuttosto mi pare che occorra l’autorizzazione del vescovo in base al diritto canonico. Per il resto, le problematiche rimangono quelle esposte nel post, la cosa migliore è sentire dall’ufficiale di stato civile.

Sì, infatti lunedì ci rechiamo presso il tribunale ecclesiastico per ottenere l’autorizzazione per il matrimonio religioso. Come si può contattare l’ufficiale di stato civile? Devo rivolgermi al tribunale di Roma dove si è svolta l’udienza per il divorzio congiunto?

Egregio avvocato, proprio oggi il legale del mio ragazzo gli ha mandato copia della sentenza dove c è scritto che è passata in giudicato!! 🙂 Dato che sono ignorante in materia, ciò significa che al comune è stata già data comunicazione? Mi consiglia in ogni caso di rivolgermi al municipio per avere questa informazione? In caso negativo, per accelerare i tempi, conviene andare al comune con copia della sentenza così la modifica dello stato la fanno subito? Grazie in anticipo

Salve le volevo domandare io sono separata con il mio ex marito e da due anni sto con il mio convivente vorremmo sposarci si può in chiesa visto che sono sposata solo in comune? Oppure si può fare una carta anche davanti a un notaio con testimoni che attestiamo che siamo sposati o che conviviamo??? La ringrazio per la sua risposta

Per la Chiesa, bisogna fare un matrimonio non concordatario cioè privo di effetti civili, cosa per la quale mi pare occorra l’autorizzazione del vescovo. Parlane comunque con il tuo parroco. Chiaramente è un matrimonio privo di effetti legali per lo Stato italiano, cioè non ti serve a niente se non per scopi «simbolici». La carta dal notaio invece è puro fantadiritto. L’unica speranza è il divorzio breve, che forse verrà inserito nelle ultime riforme, vedremo.

Salve, vedo che sono passati quasi 3 anni da questo post, spero che le cose nel frattempo siano cambiate 😛 sto per divorziare nel comune di Ferrara e risposarmi, il mio avvocato non mi ha fatto firmare aquiescenza alla sentenza di divorzio avvenuta il primo luglio e perciò causa ferie dell’impiegata, andremo a firmarla il 23 luglio. Chiedo solo una cosa: la mia sentenza (essendoci figli minori ma divorzio consensuale senza nessuna richiesta diversa dall’omologa di separazione) passerà dalla procura (ho capito bene?), poi dovrà essere integrata dalla aquiescenza e poi spedita allo Stato Civile. Questa procedura più o meno, quanto tempo ci mette a svolgersi? Grazie mille per la risposta!

Non è cambiato nulla purtroppo e non ho idea di quali idee abbiano al riguardo a Ferrara, né soprattutto di quali siano le tue esigenze, di cui non parli per nulla… Per me è davvero impossibile aiutarti, forse puoi andare a parlare con l’ufficiale di stato civile.

Mi riferisco al commento del Sig. Corrado per esporre il mio quesito. Mio padre deceduto a ottobre ’12. Sentenza di divorzio da seconda moglie, a cui non voleva lasciare niente, di tre settimane prima. A quel che leggo se a Milano e` ‘consuetudine “obbligatoria” di far firmare ai coniugi la rinuncia all’appello’ devo partire dal presupposto che la sentenza era effettiva anche se non passata in giudicato? Il tribunale era di Milano. A chi devo rivolgermi per avere chiarezza sulla questione ed essere certa che anche la seconda moglie e` esclusa dall’eredita`?

ti sembrerà strano, ma quando si ha un problema legale la persona cui rivolgersi é proprio … un avvocato 😉 So che non ci accosta mai volentieri a personaggi del genere, ma purtroppo non ci sono altre strade 😉

Risposta alquanto esauriente. Purtroppo, a detta del mio avvocato, qua siamo una decina di anni indietro rispetto alle grandi città e questo "automatismo" non esiste proprio. Volevo solo richiedere una precisazione per quanto riguarda decadenza dall'impugnazione art. 327 c.c. Se non erro è stato modificato con artt. 46 e 58 legge 69 del 18.06.2009, che hanno fatto abbreviare i tempi d'impugnazione da 1 anno a 6 mesi. Questa modifica vale anche per le sentenze di divorzio? Se è così, il termine di ulteriori 45 gg per la chiusura estiva dei tribunali non dovrebbero applicarsi più (es. sentenze omologate fine anno)?

P.S. Complimenti per il blog. Mi è piacuto molto così ho ordinato il Suo libro nella libreria.

Grazie per l'acquisto. Mi farà piacere, quando lo avrai visto, leggere eventualmente la tua opinione.

Sì il termine è adesso di sei mesi, quindi se non si accavalla con la sospensione sono sei mesi «secchi».

Per il resto, ogni tribunale e ufficio in Italia fa storia a sè, il federalismo ce l'abbiamo già, da sempre… Quindi conviene che senti come la pensano i funzionari che devono decidere nel tuo caso e poi li accontenti, fosse anche con un escamotage barocco come dice Luiso, l'importante è che risolvi il problema dal lato pratico.

–?cordialmente,

tiziano solignani, da ? Mac http://ts.solignani.it (splash) http://goo.gl/p6Sb0 (libri)

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