due coniugi sono in separazione giudiziale (matrimonio in separazione dei beni), la casa coniugale acquistata prima della separazione e sulla quale grava un mutuo trentennale è intestata ad entrambi come intestato ad entrambi è anche il mutuo. L’anticipo per l’acquisto della casa (100 mila euro) è stato passato al marito dai suoi genitori come anticipo di eredità sotto forma di donazione (tutto tracciabile dai movimenti bancari) il mutuo poi, nonostante fosse intestato ad entrambi, è stato sempre pagato dal marito, dal suo conto corrente personale ed intestato solo a lui anche questo tramite bonifici tracciabili. La domanda dunque è: dato che il marito si è pentito ovviamente di aver intestato la casa anche alla moglie è possibile per lui tornare in possesso della metà intestata alla moglie facendo leva sul fatto che lei non ha partecipato neanche con una lira all’acquisto della stessa (cioè il marito potrebbe richiedere in Tribunale che lei restituisca a lui la parte di mutuo che avrebbe dovuto pagare lei in questi anni e qualora lei non possa farlo dato che è nullafacente (per sua scelta, si è licenziata per farsi mantenere) proporle di rinunciare alla sua metà senza che abbia nulla a pretendere? Il giudice nella presidenziale ha stabilito che il mutuo deve essere pagato dal marito. Questa cosa potrebbe rendere inconsistente il fatto che il mutuo è intestato a metà? Il giudice della separazione può entrare nel merito di un contratto di mutuo?
Per inquadrare correttamente il caso e fare valutazioni legali sullo stesso bisognerebbe partire dall’esame dei provvedimenti presidenziali che, a quanto capisco e immagino, sono il titolo che regola attualmente la famiglia in crisi.
Non potendo leggerlo, si possono fare solo alcune considerazioni generali, che magari possono però essere ugualmente utili.
Il mutuo, e il relativo pagamento, sono aspetti patrimoniali legati alla dissoluzione di una famiglia, non sono aspetti personali come l’affido dei figli, la conservazione della casa familiare, il mantenimento stesso, sia del coniuge debole che dei figli. Questa è una distinzione importante.
A mio giudizio, il presidente in via d’urgenza non può intervenire su aspetti patrimoniali come il pagamento del mutuo, la divisione dei mobili di casa, la gestione degli eventuali investimenti comuni della coppia, i conti correnti, salva solo probabilmente l’eventualità che tali aspetti, che nascono come patrimoniali, acquisiscano, o si possano dire aver acquisito, una funzione personale in relazione al mantenimento di uno o più membri della famiglia – ed anche questa comunque è una ipotesi tutta da verificare.
Il giudizio di separazione, infatti, per costante giurisprudenza non può avere ad oggetto altri aspetti che quelli legati al mantenimento dei figli, del coniuge debole, della casa e, più in generale, quelli personali. Si tratta di un connotato caratteristico di questo tipo di giudizi, richiamato costantemente in giurisprudenza:
- “Il giudizio di separazione personale e quello di divorzio hanno per oggetto, rispettivamente, unicamente la verifica della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 151 c.c., ed alla legge n. 898/1970 e le pronunce strettamente collegate a quella sullo stato in materia di mantenimento e di diritto di visita e non può estendersi ad altri aspetti della vicenda coniugale, che devono essere acclarati e definiti in separata sede. In applicazione di tale principio è stata dichiarata l’inammissibilità della domanda di scioglimento della comunione” (Trib. Bari, Sez. I, 22/09/2006);
- “Le uniche domande di contenuto patrimoniale ammissibili nelle cause di separazione e di divorzio sono quelle aventi ad oggetto il mantenimento del coniuge e dei figli, da considerarsi strettamente attinenti all’oggetto del giudizio, in quanto conseguenziali alle statuizioni ivi emanande in tema di rapporti personali tra le parti e di rapporti tra queste e la prole. Ne consegue che deve considerarsi esclusa la possibilità del simultaneus processus nell’ambito della procedura di separazione o di divorzio, soggetta al rito della camera di consiglio, con quella di scioglimento della comunione di beni immobili, di restituzione di beni mobili, di restituzione e pagamento di somme, che sono soggette al rito ordinario, trattandosi di domande non legate dal vincolo di connessione, ma in tutto autonome e distinte ” (Trib. Monza, Sez. IV, 01/12/2005);
- “Va dichiarata l’improponibilità nel giudizio di separazione coniugale delle domande di restituzione di somme di denaro e di mobili proposte da entrambe le parti nei reciproci confronti. Nel giudizio di separazione oggetto tipico di tale giudizio (ossia quelle relative ai provvedimenti previsti dagli artt. 155 e 156 c.c.) in quanto la specialità del rito non consente il “simultaneus processus” con domande soggette a rito ordinario, al di fuori dell’ipotesi prevista dal terzo comma dell’art. 40 c.p.c.. (come in quello per divorzio) non è infatti possibile proporre domande estranee all'” (Trib. Padova, Sez. I, 07/05/2004, in Mass. Giur. Civ. Patavina, 2006)
- “Le uniche domande di contenuto patrimoniale consentite nel giudizio di separazione personale tra coniugi sono quelle di cui all’art. 155 ss. c.c., domande, non a caso, strettamente attinenti all’oggetto del giudizio, in quanto conseguenziali alle statuizioni ivi emanande in materia di rapporti personali tra coniugi e di rapporti tra questi e la prole, ed aventi lo scopo di consentire al consorzio familiare, pur nel momento della crisi, di porre le basi per il futuro sviluppo psico-socio-affettivo della persona umana e per il duraturo soddisfacimento dei suoi bisogni esistenziali più elementari, sia morali, che materiali, in conformità ai pertinenti principi costituzionali (nella specie, la moglie aveva inoltrato nel giudizio ricorso possessorio interinale per il recupero di alcuni oggetti)” (Trib. Bari, 21/04/2000 in Dir. Famiglia, 2001, 207)
- “è improponibile, nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la domanda di divisione dei beni costituenti oggetto di comunione legale, tra i coniugi stessi (lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi infatti si verifica ex nunc solo con il passaggio in giudizio della sentenza di separazione, o con l’omologazione degli accordi di separazione consensuale” (Trib. Vercelli, 27/05/1992, in Giur. di Merito, 1992, 1082).
10 risposte su “è giusto chiedere indietro alla moglie cointestataria della casa familiare e del mutuo le rate pagate per lei?”
Salve, riprendo l’articolo per sottoporre un mio quesito simile a questo post, ma con una differenza ben precisa, e non ho trovato nulla in rete di specifico.
Spero di essere chiaro 😀
Ho convissuto per anni con la mia compagna, come sposati ma senza esserlo e quindi condividevamo le spese e quant’altro.
Non abbiamo figli…ma… abbiamo comprato la casa insieme (60% io e 40% lei, differenza di quota dovuta al maggior anticipo per l’acquisto che ho versato io), cointestando il mutuo al 50%.
Il mutuo è ancora lungo ahimè….
Ora ci siamo separati e “stiamo facendo i conti” (in tutti i sensi!!).
Sulla casa: vorrei acquistarla io completamente e quindi rilevare la quota della mia ex compagna, accollandomi interamente il mutuo.
Lei è d’accordo e mi chiede in cambio: sia quanto pagato da lei come anticipo, sia il rimborso delle rate di mutuo finora pagate da lei.
E’ corretto questo ragionamento?
Posso chiedere alla mia ex un contributo monetario per gli anni che ha vissuto in questa casa, tipo una quota per il godimento della casa, affinchè possa decurtarlo dai soldi da darle per la sua quota? Una specie di affitto insomma, dopotutto in questi anni lei ha abitato e goduto della casa.
Oppure (ma mi pare più farraginoso) dovrebbe esser fatta una valutazione della casa attualizzata, a prescindere dal valore di acquisto e dal valore del mutuo, ed io dovrei darle il valore attuale della sua quota (magari più bassa di quanto non valesse al momento dell’acquisto), decurtato ovviamente dalla parte rimanente del mutuo?
Ovviamente, stiamo dividendo anche i mobili, nel senso che tutti i mobili o quasi sono stati interamente pagati da lei: ora vuole che io le paghi i mobili per intero, meno una piccola percentuale poichè ora sono mobili “usati”. E’ corretto, oppure posso ribattere in qualche modo?
Grazie mille per la risposta!
Antonio
Sono aspetti da vedere con spirito negoziale e da un identico punto di vista le norme giuridiche non sono necessariamente un buon punto di partenza, anzi.
Buonasera…avrei il seguente quesito:
Sono in trattativa per l’acquisto di una casa…ma visionando i documenti risulta che la casa e’ stata acquistata e cointesta in comunione dei beni nel 1991, poi nel 2003 il marito ha donato la sua meta’ alla moglie, entrando poi in separazione dei beni…Se aquisto,potrei avere problemi? Visto che dalla donazione non sono passati i 20 anni che prescrivono ogni azione di altri eredi sulla proprieta’ oggetto di donazione…oppure trattandosi di donazione fra cointestatari, non c’e’ problema?Grazie Luigi
La comunione dei beni tra coniugi è una comunione senza quote per cui prima di disporre della propria quota è stato comunque necessario fare il passaggio a regime patrimoniale della separazione dei beni, cosa che non è sicuramente avvenuta dopo come sostiene invece tu. Può essere che questa situazione non sia generatrice di nessun problema, però visti i valori in ballo, che sono sempre importanti quando si tratta di immobili, ti suggerirei di acquistare una consulenza da un avvocato, che potrà esaminare meglio la documentazione e la situazione.
grazie mille per la risposta. QUalche chiarimento se permette, lei scrive:"ma ciò è sbagliato, perchè tutto quello che è stato dato e ricevuto finchè si è «fatto famiglia» non deve essere retrocesso, sia che si trattasse di una donazione sia che si trattasse di compensazione per il contributo che l’altro partner dava al menage. " Questa è una cosa che stabilisce la legge chiaramente oppure è una sua considerazione, diciamo, etica?
Il caso specifico non ha i profili che penso lei si sia immaginato. Il marito non intendeva fare una donazione alla moglie (altrimenti le avrebbe intestato solo metà casa e non anche il mutuo) ma si erano accordati che lei finalmente, dopo lustri di insistenza del marito a proposito, si trovasse un lavoro che non ha mai voluto trovare non perchè dovesse seguire casa e figli (poteva richiedere degli aiuti purchè lavorasse il marito non glieli avrebbe, come non li ha in effetti quando necessario, negati), ma perchè non aveva voglia di lavorare. Mi rendo conto però che questo non è facile da dimostrare però non è facile da dimostrare neanche quello che lei ha evidenziato qui: "l pagamento delle rate di mutuo per l’intero da parte del marito potrebbe anche essere apprezzato come una donazione indiretta nei confronti della moglie, resa plausibile dal rapporto di coniugio, ed è appunto una eccezione che la moglie, richiesta del regresso, potrebbe sviluppare". Ci vogliono delle prove per dimostrare una di queste cose o l'altra? Il rapporto di coniugio nello specifico era morto e sepolto da tempo, i coniugi vivevano da separati in casa, come due coinquilini con figli in comune (tutto ciò è attualmente in corso di esame nell'istruttoria della separazione). Se il marito ha deciso di coinvolgere la moglie in quell'acquisto non era quindi per i motivi da lei supposti (gratitudine, affetto ecc). Il giudice nel provvedimento presidenziale ha imposto al marito di pagare interamente il mutuo perchè la moglie si era nei mesi precedenti licenziata, dal part time che faceva da sei anni, e non aveva quindi reddito e la casa coniugale l'aveva assegnata a lei ed ai figli. POi lei ha deciso autonomamente di cambiare città e la casa è tornata in uso al marito che attualmente la occupa continuando a pagare interamente il mutuo. Insomma, da quel che ho capito per provare a farsi restituire quanto da lei non versato, bisogna instaurare una causa civile del tutto nuova ed autonoma dal processo di separazione. Che tempi possono avere queste cause? E nel caso si decidesse di dividere la casa giudizialmente, il fatto che l'anticipo sia frutto dell'eredità dei genitori del marito e comunque di una donazione fatta al marito dai genitori dà la garanzia che il marito rientri totalmente in possesso di quella cifra nella divisione (penso al caso in cui sid ecidesse di vendere e si dovesse spartire il ricavato al netto della chiusura del mutuo).
Dammi pure del tu, non mi piacciono i salamelecchi. Il senso del mio intervento era, sostanzialmente, quello di dire che difficilmente si può dare una risposta legale certa in una situazione del genere, anche approfondendo. Per cui è difficile, se non impossibile (e lo è sicuramente in questa sede, senza aver visto le carte del caso e conosciuto lo stesso in tutti i suoi dettagli) dare una risposta a tutte le tue domande successive. Il mio consiglio di base, ripeto, è quello di negoziare, cercando di tenere come criterio discretivo la separazione tra il pregresso e il futuro. Se proprio invece vuoi tentare il tutto per tutto, ti conviene acquistare un'ora di tempo da un tuo legale di fiducia per potergli spiegare con calma come stanno in concreto, e non solo in astratto, le cose e vedere se e che cosa ti consiglia come possibile strategia, diffidando – a mio giudizio – da tutti coloro che dovessero indicarti soluzioni espresse in termini di certezza. La prima cosa da guardare, comunque, sono i provvedimenti presidenziali, perchè l'ordine di «accollo» del mutuo mi sembra proprio illegittimo, ma i termini per il reclamo sono molto brevi. In bocca al lupo!
–?cordialmente,
tiziano solignani, da ? Mac http://ts.solignani.it https://blog.solignani.it
PS per i tempi delle cause, ci sono molti articoli nel blog, usa il motore di ricerca dedicato per recuperarli http://cerca.solignani.it
Bene avvocato, allora ti darò del tu e grazie tanto di averci provato allora!
Io invece ingenuamente pensavo che essendo la questione chiara (matrimonio in separazione dei beni, contratto di mutuo intestato ad entrambi ma pagato solo da uno dal conto personale, zero conti in comune, movimenti bancari chiarissimi in merito alla donazione dei genitori di lui) anche la risposta, in base alla legge dovrebbe essere chiara. Carta canta e non vedo a cosa un giudice civile, e non di famiglia, si potrebbe appigliare per giustificare l'ennesima truffa a danno di un coniuge da parte dell'altro. Se io ho pagato al posto tuo un debito contratto da te, perchè mai non dovrei essere certo di ricevere indietro quanto ho pagato al posto tuo o un qualcosa del valore equivalente? Anche perchè nel caso specifico la debitrice non può dire che il marito lo abbia fatto per farle un regalo, dato che se così fosse stato le avrebbe intestato solo la casa e non anche il mutuo o sbaglio? Non so, più conosco e mi addentro nel diritto di famiglia, più trovo che sia una dottrina infarcita di ipocrisia pregiudizi e falso buon senso al solo scopo di punire il coniuge di sesso maschile. Non posso non comprendere quegli uomini che si sottraggono dal rispettare provvedimenti iniqui e punitivi, fanno solo che bene, visto che è in gioco la loro sopravvivenza.
Comunque grazie ancora a tutti voi
La legge fornisce solo alcuni principi generali di base, non è mai a maglie così strette come pensano gli utenti comuni, perchè sarebbe impossibile prevedere le singole ipotesi e perchè, poi, sarebbe anche dannoso tagliare fuori l'opera e il contributo degli interpreti. Per questo, può anche darsi che, interpellando un altro avvocato, trovi una persona che ti dà ragione in tutto e la vede esattamente come te, naturalmente poi il tutto viene valutato da un'altra persona che è il giudice. Per questo, come interprete, mi sforzo di essere sempre oggettivo e di avere un punto di vista neutrale, dando conto di tutti gli elementi, sia a favore dell'una che dell'altra tesi. Generalmente, le persone guardano al mondo del diritto come ad un mondo fatto di certezze, in realtà è un mondo fatto di attenzione, sensibilità, cultura, valutazioni precise, spesso molto più calibrato sulle caratteristiche peculiari del caso concreto che su regole generali ed astratte, ed io sono convinto che sia un bene che sia così, anche se naturalmente ne soffre la certezza del diritto, sotto certi aspetti. Il consiglio, nei casi che possono apparire chiari, ma che in realtà ad un attento esame poi non lo sono così tanto, è sempre quello di negoziare, a viso aperto, in buona fede, dichiarando le proprie esigenze ma cercando di capire anche quelle dell'altro, anche quando si pensa che sia solo un disonesto, come purtroppo capita. In bocca al lupo.
–?cordialmente,
tiziano solignani, da ? Mac http://ts.solignani.it https://blog.solignani.it
diffidando-a mio giudizio-da tutti coloro dovessero indicarti soluzioni espresse in termini di certezza. Complimenti per queste parole ……
Grazie 🙂