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la moglie separata che si è impegnata a non far entrare nuovi compagni può far venire in casa un’amica con la relativa figlia?

Una mia amica è separata con due figli, vive nella casa coniugale in comproprietà con l’ex marito. Siccome non ce la fa ad arrivare alla fine del mese mi ha chiesto se può dividere la casa con un’amica divorziata con una figlia che vive in affitto e con gli stessi problemi economici in modo da dividere le spese, io pensavo di si ma lei mi ha risposto così: “abbiamo firmato entrambi un doc. in cui ci impegnavamo a non far venire a convivere nella casa che è intestata ad entrambi nessun eventuale compagno. Quindi nè io che ci abito con i ragazzi, nè lui se eventualmente un giorno decidessi di andarmene da lì e di conseguenza potrebbe andarci ad abitare lui; sì ci potrebbe abitare da solo ma senza eventuale convivente. Il problema non è riferito però ad un convivente ( che io non porterò mai in casa ad abitare) ma di un’amica con la figlia. Forse quindi il discorso è diverso.” Non lo può fare?

Un «compagno», nella accezione corrente del termine, che si è sempre più diffusa e stabilizzata con l’aumentare delle persone che optano per le famiglie di fatto, è un partner, cioè una persona con cui si costruisce una famiglia e ci si comporta more uxorio e cioè come se fosse un coniuge: assistendolo, moralmente e materialmente, intrattenendoci rapporti sessuali, concependo tendenzialmente il rapporto con lui sulla base di un concetto di fedeltà o lealtà e così via.

Quindi, se la clausola del documento che ha firmato l’interessata, parla di compagno, direi che siano esclusi i coinquilini, che sono tutto un altro paio di maniche, almeno di solito, soprattutto, sempre di solito, quando di identico sesso.

Ci sarebbe, comunque, anche da vedere questo documento, perchè la materia è in ogni caso indisponibile, quindi una clausola di questo genere, se redatta privatamente, cioè fatta in casa dai due coniugi, sarebbe molto probabilmente invalida. Quand’anche, poi, la clausola facesse parte delle condizioni di separazione, e quindi fosse stata omologata dal Tribunale, non scommetterei ugualmente sulla sua validità, dal momento che la formazione della famiglia è un diritto fondamentale di ogni persona, riconosciuto anche dalla Costituzione.

Piuttosto, il discorso va impostato a mio giudizio diversamente. Il problema delle nuove convivenza è quello della salvaguardia della sensibilità dei figli, che potrebbero venire turbati dall’ingresso in casa di un nuovo partner che sembra «prendere il posto» del genitore. Problemi di questo tipo sono spesso esagerati, a volte anche semplicemente per motivi di gelosia dei partner, dal momento che ogni genitore adulto può trovare i modi per coltivare le proprie relazioni usando la necessaria delicatezza e rispetto sia nei confronti dei figli che nei confronti dell’ex partner.

Sotto questo profilo, però, si capisce che il punto non è quello di far entrare un nuovo compagno o meno, ma quello, più in generale, di vedere se far entrare nuove persone a vivere nella stessa unità immobiliare in cui si trova già la famiglia sia compatibile con gli interesse dei minori che già vi si trovano. Anche il nucleo di un coinquilino, infatti, se entra nella stessa casa può determinare di fatto dei danni per i minori, in termini di perdita di privacy, di modalità di gestione del menage familiare, di utilizzo più limitato delle risorse e così via. Naturalmente, se questa dovesse essere l’unica possibilità per l’interessata di poter disporre di una abitazione, non sarebbe certo la fine del mondo, ma questo andrebbe accertato in concreto e rigorosamente. In conclusione se io fossi il legale dell’interessata le consiglierei probabilmente di farsi autorizzare dal Giudice prima di compiere un’operazione di questo genere, specialmente se vi fosse alta litigiosità con l’ex marito. Se io fossi separato, ad esempio, a me non andrebbe molto a genio che la mia ex moglie facesse entrare un’amica, insieme a sua figlia, a vivere con i miei figli, quindi non vorrei che poi il marito facesso un ricorso per cambiare le modalità di affido, cosa che, a seconda delle circostanze, potrebbe poi anche comportare la decadenza dall’assegnazione della casa familiare.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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