Sono separato da 4 anni, verso alla mia ex 300 euro mensili come assegno di mantenimento per lei e 450 per nostra figlia. Questo assegno è negli anni aumentato per via della rivalutazione istat; ora siamo a circa 480 euro per la bambina e 330 per la ex moglie. A novembre 2011, il 3 novembre, c’è stata la prima udienza presidenziale il presidente ha cosi statuito: “riduce A 150 euro l’assegno per la moglie” come devo interpretare questo “riduce A” nel senso che devo fare 300 euro iniziali meno 150 euro uguale a 150 più le rivalutazioni maturate in questi anni 30 euro e quindi per la moglie versare 180 euro. Oppure l’assegno per la moglie si riduce a 150 tout court, fermo restando l’assegno per la figlia originario di 450 più le rivalutazioni?
Per leggere correttamente, o interpretare, un provvedimento giudiziario è indispensabile esaminarlo nel suo insieme e considerare il contesto in cui è inserito, quindi, nonostante che nei procedimenti in materia di famiglia il giudice abbia anche poteri d’ufficio, anche le richieste originarie delle parti, il cui accoglimento appunto può rappresentare, in tutto o in parte, il contenuto del provvedimento.
Ad ogni modo, e su questa importante premessa, a me pare in generale che l’interpretazione assolutamente più probabile sia quella per cui l’assegno, dopo i provvedimenti presidenziali, sia dovuto in misura di 150 euro tout court, come si dice nella domanda, sulla quale somma, solo nelle annualità future, opererà la rivalutazione.
Infatti, l’assegno divorzile ha natura e scopi comunque diversi, anche se con molte similitudini ed analogie, rispetto a quello di separazione e il presidente del Tribunale, adottando in sede d’urgenza i provvedimenti all’inizio del procedimento di divorzio, giudica in base alle disposizioni della legge sullo scioglimento del matrimonio, opportunamente anticipando in via cautelare quelle che potrebbero essere le decisioni anche in merito, ma che appunto occorre far entrare in vigore subito senza attendere gli anni necessari a giungere alla sentenza.
È chiaro che nel momento in cui il magistrato, dunque, rivaluta l’intera materia, alla luce della situazione che si ha al momento del divorzio, che può ben essere diversa da quella della separazione, sulla base peraltro di norme parzialmente diverse, fa una valutazione nuova rispetto alla precedente e che dunque, anche nel suo contenuto, quello monetario, difficilmente si può ritenere in qualche modo vincolata o collegata a quello precedente. In altri termini, al momento della separazione è parso equo e conforme a diritto, in base alle disposizioni previste per la separazione e alla situazione allora esistente, un assegno di 300€ mensili; in sede di divorzio invece, considerando la (probabilmente – io non la conosco, ecco perchè dico che bisognerebbe conoscere anche le circostanze del caso) diversa situazione di fatto, nonchè le diverse norme applicabili, il giudice fa un nuovo giudizio agli esiti del quale stabilisce che appare equo e giuridicamente corretto definire una somma di 150 euro.
In questa dinamica logica, non entra originariamente la funzione della rivalutazione nel tempo, che si innesca solo in seguito e proprio solo al fine di conservare la validità del ragionamento originario fatto dal giudice, conservando in concreto il potere di acquisto della somma originariamente considerata giusta.
Per ulteriori dettagli, rimando come sempre alla mia Guida alla separazione e al divorzio, nonchè ad una ricerca nel blog (cerca.solignani.it).