Una coppia di amici con lui sterile mi hanno chiesto di fecondare artificialmente la moglie avendo io 2 bellissimi figli, essendo laureato ed in ottima salute. Come posso tutelarmi per la rivendicazione della paternità di un figlio essendo il mio un atto di pura donazione altruista?
Non esiste nessun modo in cui tu possa farlo.
La fecondazione di tipo eterologo, come quella che si vorrebbe praticare nel caso in questione, in Italia è vietata, tant’è vero che chi la pratica si reca presso strutture che si trovano all’estero.
Dal punto di vista legale, tale circostanza, insieme ai principi di base della materia, comporta che se fecondi questa donna con il tuo seme, sia tramite accoppiamento che senza, trasferisci il tuo patrimonio genetico al figlio che verrà generatoe ne sei biologicamente padre. Il figlio una volta nato, con l’assistenza di un curatore speciale, oppure la madre, potranno sempre esercitare nei tuoi confronti azione per la dichiarazione giudiziale di paternità che, sulla base degli accertamenti ematogenetici (ovvero anche semplicemente, come spesso accade, del tuo rifiuto di sottoportici), condurrebbe ad una pronuncia di riconoscimento, dal momento che tu saresti l’effettivo padre biologico, con la conseguenza che questo figlio diventerebbe un tuo altro figlio a tutti gli effetti di legge (ereditari, di parentela, anche con gli altri fratelli consanguinei, e così via).
Ovviamente, qualsiasi atto scritto tra di voi in senso contrario non avrebbe nel modo più assoluto alcuna validità, trattandosi di materia del tutto indisponibile.
8 risposte su “posso fecondare la moglie di un mio amico senza che poi il figlio possa chiedermi il riconoscimento come padre?”
ho più di 3500 gravidanze confermate all’attivo, e una clinica svizzera si occupa di tutti gli atti.
in pratica nessuna responsabilità nessuna conseguenza, dono il seme per via naturale e loro si fanno carico di evitare noie.
Gentilissimo AVVOCATO, La ringrazio sia della disponibilità che della professionalità chiarificatrice esposta nella risposta da Lei data.
Sapevo del concetto di tutela del minore ad ogni costo per cui comunque la paternità biologica veniva riconosciuta per la tutela del figlio, in particolar modo se minore. Resta il dubbio se il figlio viene concepito e/o nasce in un paese a legislazione anglosassone:potrei io in tal caso essere svincolato dagli oneri della paternita biologica. So che in vari paesei anglosassoni lal legislazione è più libera della nostra, nel caso in cui il figlio sia concepito e/o nasca all’estero deve poi essere comunque attuata la legislazione italiana ? la ringrazio Luigi
Il discorso così è molto, ma molto più complesso e tecnico, provo a spiegarmi ma credo che sarò non molto chiaro per te che non sei un tecnico del diritto. Bisognerebbe approfondire il diritto del paese in questione, che non è affatto scontato, tramite un collega iscritto all’albo di uno di quegli Stati. In ogni caso, tuttavia, il figlio in base al diritto italiano avrebbe la cittadinanza italiana; questo comporta, secondo le norme di conflitto domestiche, l’applicazione della legge nazionale più favorevole, che sicuramente sarebbe quella italiana, per non dire del fatto che le norme relative potrebbero essere considerate di applicazione necessaria o addirittura di ordine pubblico. Si potrebbe fare una ricerca più approfondita per capire se una cosa del genere possa diventare possibile tramite il ricorso all’estero, ma le possibilità sono a mio giudizio davvero molto scarse, il collegamento con l’Italia e con il suo diritto penso rimarrebbe sempre. In conclusione, non vedo grandi possibilità per questa vostra iniziativa, nel senso di farla con tutela del tuo anonimato, si potrebbe come dico studiare e approfondire, sia sotto questo che sotto altri profili, e me ne occuperei anche volentieri visto che il tema è interessantissimo, ma onestamente penso che sia difficile che possa valer la pena investire tempo e soldi su questo.
Carissimo AVVOCATO, in certe nazioni il nascere in quello stato da la cittadinanza dello stato stesso in cui si è nati e quindi in teoriaildestinolegale del nascituro dovrebbe essere assimilato alla cittadinanza del bimbo.
Ho controllato quanto è avvenuto in inghilterra dove un donatore di sperma ad una coppia lesbica è stato chiamato in giudizio dalla coppia stessa per il mantenimento del figlio biologico: il donatore era amico della coppia . Siamo interessati anche se ciò comporta una certa spesa, purtroppo io sto partendo con la mia famiglia per una breve ferie fino a meta della prossima settimana e La ricontatterò per un appuntamento a pagamento per spiegarLe le più recondite motivazioni di questo mio gesto . La ringrazio infinitamente Luigi
Ogni Stato però è sovrano e l’Italia non è affatto tenuta a rispettare il diritto inglese e tu vivi in Italia… Comunque ci sentiamo al tuo rientro, a presto e buone ferie.
Voglio aggiungere anche che la ingiustizia di questa situazione è, per certi versi, evidente. Alla fine della fiera, la tua amica non potendo fare questa cosa con il tuo seme andrà in Spagna e si farà fecondare col seme di un donatore anonimo, raggiungendo lo stesso risultato ma privandosi della possibilità di scegliere il patrimonio genetico che preferisce. Quindi la legislazione italiana, che vieta la eterologa, sarà violata (viene violata tutti i giorni, come è noto), ma nemmeno in quel modo la persona potrà realizzare quello che desidera.
Per altri versi, però, siamo sicuri che consentire una cosa del genere sia positivo? Va bene, una donna potrebbe scegliersi un patrimonio genetico, però parliamo di una coppia di tuoi amici, persone che continuerai a frequentare dopo la nascita del «loro» figlio, che però sarebbe anche figlio tuo. Questa situazione è desiderabile? Siamo sicuri che tu non proveresti mai nulla per quel bambino/a che sai essere tuo figlio? E che lui non riconoscerebbe, una volta cresciuto, qualcosa di familiare in te? Anche su questo ci sarebbe da riflettere. Forse l’anonimato completo nella donazione eterologa ha una sua funzione, dopo tutto.
Secondo me, se il donatore non vuole riconoscere il figlio, non dovrebbe esserci problema. Non lo porta in grembo per 9 mesi. A meno che non abbia egli stesso l’intenzione di essere padre.
Forse un elemento su cui lavorare potrebbe essere l’art. 9 della legge 40/2004, di cui parlo anche nella mia Guida alla separazione e al divorzio. Questa disposizione riguarda i casi in cui si violi il divieto della fecondazione eterologa, però non so se possa applicarsi ad un caso come il vostro, sembra più diretta a tutelare i donatori anonimi che hanno donato il seme alle strutture, per lo più all’estero. Riporto qui un passo del mio libro:
«Un caso particolare è quello della coppia di coniugi che decide di ricorrere alla fecondazione assistita. Questa può essere di tipo omologo, cioè fatta utilizzando il seme del padre e l’ovulo della madre per dare vita a un figlio biologicamente legato a entrambi i genitori, oppure di tipo eterologo. In questo secondo caso, il seme non proviene dal marito, che spesso è sterile, ma da un ignoto donatore: quindi il rapporto biologico si ha solo con la madre. Il bambino che nasce, venendo alla luce all’interno di un matrimonio, tuttavia acquista lo stato di figlio legittimo anche del marito. Ma se quest’ultimo cambia idea, può disconoscere il figlio?
In proposito, va detto anzitutto che la fecondazione eterologa è fuori legge in Italia da quando la legge 19/02/2004 n.40 (all’art.4 comma 3°) l’ha vietata. Questa legge prevede però anche espressamente il caso in cui due coniugi violino il divieto di ricorrere all’inseminazione eterologa (per esempio recandosi all’estero o in una struttura clandestina) e generino un figlio (art.9). In tal caso «il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità» e «la madre […] non può dichiarare la volontà di non essere nominata». Quanto al padre naturale del bambino, «il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi»».