un condomino, con sua iniziativa personale non concordata, ha fatto una richiesta di “verifica di conformità tecnica” all’ufficio Igiene del comune in relazione ad una porzione di corte antistante il condominio. Premesso che: – l’edificio è un palazzo storico (si pensa sia stato costruito nel 1400), situato nel centro della mia città; – la zona in questione è ancora soggetta ad accertamento della proprietà (tra il nostro condominio e quello di fronte), l’ufficio al di là della specifica richiesta del condomino, ha rilevato delle non conformità alla normativa vigente degli scarichi su tutta la facciata antistante questa corte, obbligando quindi il condominio ad una spesa ingente per la messa in regola.
Il fatto che questa sua azione non sia stata concordata con il resto dell’assemblea che adesso si trova suo malgrado a dover pagare una grossa somma proprio in virtù dell’autodenuncia può essere oggetto di richiesta danni da parte dei restanti condomini?
Se fai effettivamente un furto e una persona ti denuncia, il giudice poi accerta che l’hai commesso e ti condanna, secondo te puoi chiedere un risarcimento danni a chi ti ha denunciato?
Cioè: la colpa del danno che hai subito è di quello che ti ha denunciato o non invece tua che hai fatto il furto?
Sembra incredibile, ma mi è capitato di seguire in giudizio una vicenda del genere, segno che concetti assolutamente fondamentali come questi non sono chiari nemmeno a tutti gli avvocati.
Un’insegnante «A» aveva denunciato un illecito da parte di un’altra insegnante «B» che, ammettendo gli addebiti, si era presa una sanzione disciplinare, dopodiché aveva fatto causa alla prima per essere risarcita.
Mi sono costituito per difendere l’insegnante «A», la denunciante, chiedendo che l’altra insegnante «B», quella sanzionata e che aveva fatto causa per essere risarcita, fosse condannata per abuso del processo o lite temeraria, tanto era assurda una causa del genere, che va contro qualsiasi concetto di base non solo del diritto ma della organizzazione sociale.
Il giudice ha poi accolto la mia domanda, respingendo quella dell’insegnante «B» e condannandola per lite temeraria o abuso del processo, anche se per una somma piuttosto contenuta – ma era importante anche il principio.
La morale è che non tutti i danni che una persona subisce sono risarcibili. Nel vostro caso, il problema non è stato causato dal condomino che ha fatto la denuncia ma dal fatto che non eravate in regola.
3 risposte su “Posso chiedere i danni ad una persona che ha denunciato alcune mie irregolarità se a seguito della denuncia mi hanno applicato una multa?”
[…] nel blog dell’amico Tiziano Solignani, scopro che talvolta le cose vanno come dovrebbero andare. E questa è già di per sé una gran […]
Al di là del merito, è il fenomeno che mi preoccupa.. Provo a cercare una spiegazione perché, sebbene non sempre così evidente, capita sempre più spesso di vedere persone che vanno in tribunale senza motivo. E troppo pochi sono i giudici che condannano…
Le persone, in fondo le capisco (non le approvo né condividio il loro comportamento, solo li comprendo) molto spesso c’è un problema conflittuale-relazionale, tanto è vero che in entrambi i casi (condomino e scuola) si ha a che fare con una relazione che evidentemente non funziona (sula lavoro o nel luogo di residenza).
A questo punto il diritto viene strumentalizzato (magari inconsapevolmente) dalle persone, ma non dovrebbe esserlo dagli avvocati. A noi spetta l’ingrato e delicato compito di far capire al cliente quando “non ha ragione”.
Due i principali problemi a mio avviso:
1) paura di perdere il cliente: a nessuno piace sentirsi dire che si ha torto; e poi se glielo dico io, andrà da qualcun’altro.(avvocato..) che alla fine gli dirà quel che vuole sentirsi dire.. Allora tanto vale che me ne stia zitto, tenendomi il cliente e la parcella. Oltre alla mala fede c’è anche il problema della miopia strategica: sul lungo periodo il cliente si accorgerà che gli ho raccontato una mezza frottola.. Ma nel frattempo, io avrò indubbimanete maturato gli onorari..
2) insufficiente distacco anche emotivo dell’avvocato: gli studi di giurisprudenza, non insegnano a gestire le persone e le situazioni difficili. Quindi alla fine faccio quel che vuole il clinete… (cornuto e mazziato..)
3) mancanza di maturità: chi deve gestire il dubbio sulla giustiziabilità dell’asserito diritto? Il giudice o l’avvocato? Insomma all’avvocato è sempre consentito “provarci”? Oppure talvolta deve prendersi il rischio, “stoppando” il cliente? Parafrasando Totò: siamo avvocati o caporali? Spero solo che il collega – nel suo interesse – abbia fatto firmare un’apposita ed idonea informativa in cui evidenziava espressamente l’estremo rischio dell’azione legale (?!). Esistono i clienti testardi, cocciuti ed ostinati: in questi casi una bella informativa in cui si sconsiglia vivamente di procedere è sufficiente a dissuadere, quando illustra chiaramente i rischi della faccenda.
Come dici, paura perdere il cliente? No, se sai gestire la relazione con il cliente (comunicazione e negoziazione, please……..)
Grazie Andrea delle tue riflessioni che ho letto con estremo interesse e piacere insieme, come al solito.
Ho visto che poi hai ripreso il tema anche sul tuo blog, che seguo via feed, e ho letto anche il post relativo.
Alla fine, il problema è molto semplice: l’avvocato deve avere le palle di dire al cliente le cose come (lui, avvocato) pensa che stiano.
Poi si può anche dissentire sull’opportunità di un’azione giudiziaria e l’avvocato può farla ugualmente se il cliente lo desidera, ma non quando l’iniziativa è totalmente scriteriata come quella di chi vuol far causa al fornaio perché il pane dopo 3 giorni è diventato vecchio…
In fondo, quasi tutte le azioni giudiziarie sono incerte. Si tratta solo di eliminare quelle palesemente infondate. C’è una differenza ben precisa, almeno concettualmente.