Si può chiedere l’equa riparazione anche quando una parte è rimasta soccombente, cioè ha perso il processo durato troppo a lungo? Sapevo che si poteva fare prima del decreto Crescitalia, ma che dopo l’entrata in vigore del decreto non si può più.
L’equa riparazione si può sempre chiedere, anche se hai perso la causa. L’indennizzo che ti paga il procedimento di equa riparazione è il danno morale che una persona subisce per il fatto di essere stata parte di un procedimento – civile, penale, amministrativo, in qualche caso anche tributario e di altro tipo – per un numero eccessivo di anni.
Se tu perdi la causa, non è che hai avuto meno disagio nell’esser parte di un processo per anni o decenni.
Anche chi ha torto, anzi per certi profili soprattutto chi ha torto, ha diritto di venirne a conoscenza in un tempo ragionevole.
Peraltro, il concetto di torto o di ragione, specialmente nelle liti civili, basate sul riferimento ad un sistema giuridico le cui regole sono ispirate spesso a tecnicismi lontani dal senso comune, è talmente vago da impedire di poter parlare, onestamente, di buona o mala fede, in molti casi, tanto che una persona può intentare un procedimento convinto di avere ragione, per poi ritrovarsi invece sconfitto, magari semplicemente per un problema istruttorio, cioè di prove.
Al di là di questi concetti, che sono fondamentali, che sia possibile chiedere l’equa riparazione, anche dopo il decreto Crescitalia (d.l. n. 83 del 2012) che ha riformulato la legge Pinto in diverse parti, lo ha stabilito espressamente Corte Costituzionale, con l’ordinanza 09/05/2014, n. 124
Con questo provvedimento, la Corte con cui ha previsto che la nuova disposizione, così come riformulata dal decreto Crescitalia, nella parte in cui, riferendosi all’importo dell’indennizzo e stabilendo che esso «non può in ogni caso essere superiore […] al valore del diritto accertato dal giudice», debba essere intesa come riferita al caso in cui il giudice accerta l’esistenza del diritto fatto valere in giudizio, non anche a quello in cui ne accerti l’inesistenza con conseguente soccombenza della parte.
2 risposte su “Equa riparazione: si può chiedere anche se perdi la causa?”
Gentile Avvocato,
sarei lieta di ricevere la sua opinione su una questione delicata e purtroppo urgente, riguardando un bando di gara pubblico con scadenza quindicinale.
Le riassumo brevemente la situazione: dopo 3 anni continuativi di collaborazione educativa con un Itis svolta sempre in ottimi rapporti e con eccellenti valutazioni da parte di tutti i consigli di classe con cui ho lavorato (documentate da apposite relazioni), mi ritrovo quest’anno nella condizione di veder messo a repentaglio il mio lavoro.
Il bando, che per anni è rimasto invariato ed aperto anche alle aziende individuali (come mi configuro appunto io, titolare di partita iva) e da me per 3 consecutivi regolarmente vinto per punteggio di merito (e non di misura) rispetto agli altri concorrenti (tutti educatori appartenenti a cooperative), è stato improvvisamente ed arbitrariamente modificato quest’anno, IN ASSENZA DI VARIAZIONI NELLA NORMATIVA VIGENTE, come segue:
– apertura alle sole coop e non alle ditte individuali;
– eliminazione di punteggio per titoli e prestazioni specialistiche nell’ambito d’interesse;
– inserimento di punteggio per offerte economiche al ribasso;
– eliminazione di punteggio per la continuità scolastica presso lo stesso Istituto.
Ora, tralasciando commenti su ciò che appare chiaro ed evidente ma che trovandoci nel Bel Paese non è ovviamente denunciabile (andrebbe da sé che arrecare un danno ad un lavoratore irreprensibile e a degli studenti disabili non dovrebbe essere ammissibile, ma qui in Italia le cose stanno diversamente), sto tentando comunque di partecipare a suddetto bando con una associazione con cui intrattengo da tempo ottimi rapporti professionali, pur non avendo alcuna certezza di vittoria, vista la svalutazione di titoli e competenze, e venendo in ogni caso costretta, in caso di vincita, a svolgere lo stesso lavoro ad una cifra inferiore a quella -già di per sé appena dignitosa- stabilita come equa dalla Provincia erogante e finora spettatami per intero, tolti gli oneri fiscali di legge (va da sé che lo faccio più per principio e senso del dovere verso i “miei” ragazzi, che per convenienza economica).
Tra le clausole del bando, ve n’è però una che parrebbe favorire (pur inasprendone le condizioni economiche) la possibilità di continuare il mio lavoro.
L’art. 23 del bando recita infatti:
Articolo 23 – Tutela del personale.
In virtù delle esigenze di continuità e qualità del servizio l’impresa partecipante si impegna, con la sottoscrizione della domanda di partecipazione: 1. 2. 3 4. a garantire la continuità educativa e organizzativa del servizio di educativa di sostegno all’interno dell’istituto scolastico assumendo prioritariamente il personale espletante analoga prestazione a qualunque titolo nel precedente anno scolastico, con precedenza per l’anzianità di servizio nell’Istituto.
Ora, essendo io lo scorso anno e i due precedenti LA SOLA EDUCATRICE IN SERVIZIO ALL’ISTITUTO SU QUESTO PROGETTO (il monte ore era allora esiguo), avrei DIRITTO LEGALE, secondo Lei, sulla base di questo articolo, ad essere assunta (a tempo det. per la durata del bando) da QUALSIASI COOP risultasse vincitrice, limitatamente al monte ore destinato ai due ragazzi che già seguivo (poco meno della metà dell’intero monte ore messo a bando)?
In caso affermativo, ciò varrebbe anche nel caso in cui io avessi partecipato al bando con altra coop non vincente (premesso che io non ho a priori vincoli di subordinazione con suddetta coop, ma che li avrei eventualmente solo in caso di vincita)? E come dovrei procedere, secondo lei, per fare valere tale diritto (avviene automaticamente, o deve essere la coop, o la scuola, o io a richiederlo…?)?
In caso negativo, poiché a livello puramente linguistico non parrebbero esserci dubbi di sorta (ma trovo strano questo “vincere facile”), potrebbe gentilmente dirmi quali sono le obiezioni di legge a quanto il buon senso desumerebbe?
La ringrazio immensamente ed attendo una sua cortese risposta.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Anna Gallo Selva
No, secondo me no, non è un vero e proprio diritto, almeno a naso e con una lettura veloce ho questa impressione. La situazione andrebbe però studiata meglio e approfondita molto di più, anche se non so se ne potrebbe valere davvero la pena, specialmente in questa fase.