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Alienazione genitoriale o PAS: ma esiste davvero?

L’avvocato che mi sta seguendo la causa per la separazione giudiziale, che dura ormai da anni, purtroppo, mi ha proposto di agire nei confronti della mia ex moglie perché dice che potremmo chiedere un risarcimento, addirittura, per via del fatto che i miei bambini rifiutano di incontrarmi, molte volte. Davvero ciò sarebbe possibile? (Marco, Roma)

Caro Marco, il tema che mi dai l’occasione, attraverso la Tua domanda, di affrontare (peraltro senza pretesa alcuna di esaustività) è senz’altro delicato e, decisamente, molto denso di sfumature e, peraltro, personalmente, per me madre separata, carico anche di significato personale.

La verità e l’esperienza comune è che, spesso, i bambini si trovano “avvolti”, coinvolti ….direi, avvinghiati e, forse… la parola giusta è PRIGIONIERI tra i “paletti” della crisi della propria famiglia.

Tra una madre ed un padre che essi sperano di accontentare, di rendere felici, le cui tendenze cercano di assecondare e, a modo loro, di comprendere.

Quando si parla di “alienazione genitoriale” ci si vuole riferire proprio a quella teoria, in quest’ultimo anno –galeotte alcune decisioni della Suprema Corte sul tema, latamente inteso- molto trendy, per cui (per dirla semplicisticamente) uno dei due genitori (molto più spesso, la madre) in genere il genitore collocatario, quello con il quale vivono i bambini, per intenderci, INDOTTRINA i figli, FA LORO una sorta di LAVAGGIO DEL CERVELLO, al fine di fare odiare e RIFIUTARE l’altro genitore, ciò con pesanti conseguenze che influiscono sul corretto regime delle visite e, a lungo andare, com’è facilmente intuibile, sull’intera RELAZIONE FIGLIO-GENITORE e sull’ esistenza del bambino, anzi, del futuro adulto, poi quasi sempre  problematico.

Preliminarmente, va specificato che, almeno in Italia, non vi è FONDAMENTO SCIENTIFICO, ovvero una RICOSTRUZIONE NOSOGRAFICA di questa “malattia”: cioè non vi è un trattato, un manuale diagnostico ove essa (come sopra descritta) appare classificata e ove siano previsti per essa rimedi, cure, terapie.

Non sono un’esperta in psicologia, il mio è un altro settore, ma, volendo conoscere la questione più a fondo, ho notato qualcosa di abbastanza interessante, utile per comprendere meglio la questione: il “creatore” di questa teoria della cd. “P.A.S.” (Parental Alienation Syndrome = Sindrome da Alienazione Genitoriale) è riconosciuto nella persona di Robert Gardner e la nascita di questa idea è legata all’esigenza della difesa giudiziaria di padri che abusavano dei propri figli e che, di conseguenza, si rifiutavano di incontrare poi il genitore maltrattante, rifugiandosi nell’ambito del genitore che, d’altro canto, manifestava eccesso di protezione.

Da ciò, l’affermazione della volontà di ALIENAZIONE, allontanamento, estraniazione da parte del genitore iperprotettivo da quello “rifiutato”, appunto, alienato dal figlio.

Sicuramente, esiste e spesso si configura l’allontanamento dei figli rispetto al genitore non collocatario, cioè quel genitore col quale NON vivono, e mi viene da dire che, in un contesto di crisi familiare, un ruolo fondamentale è giocato proprio dal BUON SENSO delle parti in causa, nel cercare di comprendere che spesso per il bambino “la colpa è di chi NON c’è”… Non dimentichiamo mai che i bambini sono ESTREMISTI e CONSERVATORI quando si tratta della propria famiglia: sono più legati alla tradizione del “Mulino Bianco”! Insistere nell’intento di voler legare per forza un bambino al padre o alla madre non sempre è positivo. La regola della  “valutazione caso per caso” è assolutamente d’obbligo in questo settore.

D’altronde, I.M.H.O., la “lente” della P.A.S. non è poi così convincente, se si guarda alla sua origine, ai suoi sviluppi ed al fatto che ancora non ve n’è riconoscimento scientifico fondato, almeno nel nostro Paese; è di certo “comoda” è facilmente strumentalizzabile, sembrerebbe spiegare alcune anomalie nei rapporti di cogenitorialità che l’ormai normativamente imposto affido condiviso vuole funzionare, ma che spesso non funziona affatto.

Voler fondare sull’apparente sussistenza di una Sindrome simile persino una domanda volta al risarcimento del danno mi pare un pò una forzatura. Quantomeno, non credo sia la “strada giusta” se come obiettivo si ha quello del BENESSERE DEI PROPRI FIGLI.

Vero è che vi sono alcune pronunce, in tal senso, anche dalla Suprema Corte, questo per dire che A PRIORI nulla può essere escluso, ivi compresa la possibilità di risarcimento qualora venga effettivamente e compiutamente diagnosticato un caso di alienazione genitoriale.

In casi analoghi, però, si badi bene, è stata necessaria la dimostrazione PUNTUALE della CAMPAGNA DENIGRATORIA posta in essere da uno dei genitori contro l’altro, nei confronti del figlio; spesso, si rendono necessarie anche l’AUDIZIONE DEL MINORE, nonchè idonea Consulenza Tecnica d’Ufficio che vada a confermare simile diagnosi all’organo giudicante.

Il tema è di una tale vastità e delicatezza, da aver potuto qui, com’è ovvio, fornire solo alcuni spunti, passibili, in futuro, di opportuno approfondimento.

Personalmente, Marco, al posto tuo, spenderei le mie energie più per un’accurata psicoterapia e per la mediazione familiare, al fine di comprendere le reali cause della vostra situazione di disagio, tua e dei tuoi bambini, e cercare di porvi rimedio, con i giusti tempi e le migliori speranze per il futuro della vostra famiglia, auspicando la collaborazione della madre, che, per quanto, per ora, tua “controparte” è e resterà sempre la madre dei Tuoi figli.

 

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Di Giorgia Miriello

Perenne inquietudine ... Tutto il fascino di una professione la cui reale cifra è cambiare le domande, appena pronte le risposte! Un po' come nella vita di ogni giorno. Avvocato civilista, con predisposizione verso ogni faccenda relativa alla famiglia. In Formia, foro di Cassino.

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