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Ripudio islamico: può essere riconosciuto e validato in Italia?

Nella società multiculturale, l’immigrazione ha introdotto o proposto modelli e relazioni familiari sconosciuti o stranieri come la poligamia, il ripudio, la kafalah, ma anche e soprattutto il ritorno a relazioni coniugali, incentrati sulla potestà maritale, che caratterizzavano anche la società italiana prima del 1975.

Ciò costringe il nostro Paese a dover porre attenzione all’arcipelago famiglia indotto dall’immigrazione.
Tra le varie famiglie che compongono questo arcipelago, che sembra espandersi sempre di più, il numero più rilevante di conflitti coinvolge generalmente quelle musulmane sia perché costituiscono la maggior parte degli immigrati, sia perché gli istituti del diritto di famiglia islamico sono quelli più discordanti con la cultura dei diritti europei.

Si deve però precisare che parlare di diritto islamico è troppo generico e onnicomprensivo, posto che i singoli Stati disciplinano anche in modo differente molti istituti di diritto di famiglia, tra cui la poligamia e il ripudio, espressioni della mancata parità coniugale, che si manifesta anche nei rapporti con i figli, in materia di successione e in altre fondamentali libertà di coscienza (es. possibilità di contrarre matrimonio con un non mussulmano o professare una religione diversa).

L’immigrazione di religione islamica pone una serie di problematiche in merito alla compatibilità della Shari’a con il nostro ordinamento interno. Numerosi paesi islamici affidano alla legge religiosa la disciplina del diritto di famiglia ed è dunque la legge religiosa che il giudice italiano viene chiamato ad applicare, ma solo dopo aver verificato che non vi sia un contrasto con i principi di ordine pubblico di cui all’art. 16 della L. 218/1995, secondo cui «la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico».

La shari’a configura il matrimonio come un contratto integrabile con condizioni e termini particolari, purché compatibili con i tratti essenziali dell’istituto. Tra le clausole ammesse rientra quella che riconosce alla moglie la facoltà di auto-ripudiarsi, determinando in autonomia la dissoluzione del vincolo coniugale. La moglie cui non sia concessa la facoltà di auto-ripudiarsi può comunque ottenere lo scioglimento giudiziale del matrimonio quando ricorra una delle condizioni previste a questo fine, quale la prolungata assenza del marito.
Il ripudio è una forma unilaterale (ad iniziativa solo maschile) di scioglimento del matrimonio, totalmente estraneo sia alla cultura nazionale che in quella degli altri paesi occidentali.

È un istituto che contrasta con i principi di parità ed uguaglianza tra uomo e donna sanciti dagli artt. 2 e 3 Cost., di non discriminazione per sesso derivabili dall’art. 14 della Cedu, con i principi di solidarietà familiare ex art. 29 Cost. e con le disposizioni in materia di doveri verso la prole ex art. 30 della Cost. Si differenzia inoltre dal ripudio ebraico poiché caratterizzato da un accentuato, se non esclusivo, aspetto unilaterale.

La nostra giurisprudenza afferma che il ripudio «è contrario all’ordine pubblico poiché discrimina i coniugi, essendo consentito solo al marito, il che viola palesemente i principi di parità e solidarietà coniugale; perché lede gravemente il diritto di difesa della moglie; perché astrae da ogni accertamento sul reale venir meno dell’affectio e sulla possibilità di una riconciliazione; perché non contiene alcuna statuizione, né patrimoniale né personale a favore dei figli, così come non regola in alcun modo i rapporti patrimoniali tra i coniugi successivi al divorzio.

Un ripudio – divorzio siffatto, infine non può essere trascritto nei registri anagrafici italiani e, se trascrizione vi è stata, essa deve essere cancellata a cura dell’Ufficio di stato civile».
L’immigrazione è la vera sfida del diritto e dei diritti a tutti i livelli, soprattutto nel diritto di famiglia, dove aspetti sociologici, antropologici e giuridici si fondono.
Il rischio di scontri tra tradizioni e culture giuridiche differenti appare inevitabile.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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