Quasi 25 anni fa mio futuro marito, vedovo con due figli maggiorenni che vivevano gia’ fuori casa, ed io siamo andati a convivere nella mia casa ed abbiamo unite le nostre masserizie. Se tratta delle solite cose, tavoli, armadi, tappeti, piatti, bicchieri e quant’altro, niente di un valore grande, come un quadro di Monet! Adesso purtroppo mio marito e’ mancato ed i figli dal primo matrimonio mi chiedono di restituire le soprannominate masserizie. Sono obbligata a farlo?
Aggiungo che 21 anni fa e’ nato nostro figlio, ci siamo uniti 20 anni fa in matrimonio religioso e due anni fa in matrimonio civile, anche se questo probabilmente non influisce sulla la mia domanda.
Il coniuge superstite gode di un diritto di abitazione sulla casa familiare ai sensi dell’art. 540 cod. civ. che, per espressa previsione della disposizione in questione, si estende anche agli arredi che la compongono.
Ciò a prescindere da qualsiasi questione relativa alla loro proprietà o meno.
Recita infatti la norma in questione che il diritto di estende «sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni».
La ragione di questa disposizione è quella di consentire al coniuge che sopravvive all’altro di continuare a godere della casa familiare nello stesso modo in cui ne godeva sinché era in vita l’altro coniuge, rimandando al suo decesso ogni questione relativa alla proprietà dei beni, che, intanto, rimangono dove stanno.
Se non ci fosse questa disposizione, si arriverebbe alla situazione paradossale, nelle coppie in cui ci sono figli, per cui la madre o il padre sopravvissuti all’altro genitore dovrebbero pagare l’affitto al figlio o ai figli in quanto questi ultimi avrebbero ereditato pro quota una parte della casa coniugale.
Si tratta di una situazione che sarebbe assurda, quindi se è giusto che il figlio o i figli ereditino le sostanze del genitore scomparso, è anche sacrosanto che su ciò prevalga il diritto del coniuge superstite di continuare ad abitare nella casa coniugale senza che nulla cambi almeno finché è in vita.