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Matrimonio per procura: occorre la residenza all’estero?

Il matrimonio per procura è possibile solo nel caso in cui uno dei due coniugi viva all’estero?

Il matrimonio per procura è regolato dall’art. 111 del codice civile, secondo cui:

«I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per procura. La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno degli sposi risiede all’estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l’altro sposo. L’autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. La procura deve contenere l’indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre.La procura deve essere fatta per atto pubblico; i militari e le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata. La coabitazione, anche temporanea dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall’altro coniuge al momento della celebrazione
».

Il caso previsto dal codice civile, dunque, a parte quello dei militari in tempo di guerra, è quello in cui uno dei due coniugi risiede all’estero. In tale ipotesi, l’altro coniuge deve munirsi di una specifica autorizzazione del tribunale, che il tribunale concederà solo in presenza di gravi motivi.

Non basta, dunque, la specifica circostanza che uno dei due coniugi risieda all’estero, ma occorre che il tribunale giudichi il caso meritevole della concessione, per l’esistenza di specifici motivi, che devono essere gravi. Ad esempio, specialmente oggigiorno, è noto che anche chi dimora all’estero può tornare abbastanza agevolmente sul territorio nazionale, compiendo viaggi anche intercontinentali in un giorno o due, non essendo più ai tempi in cui chi si stabiliva in un altro continente poteva ritornare in Italia solo dopo settimane di viaggio per nave. Pertanto, occorre qualcosa di più della mera dimora estera, come ad esempio l’impossibilità o estrema difficoltà di viaggiare, dovuta ad una patologia medica.

È chiaro che uno che sta a Lugano e si trova in buone condizioni di salute non può chiedere al tribunale di essere autorizzato a sposarsi per procura con una che sta, ad esempio, a Como…

Quindi, il tribunale valuta caso per caso e può benissimo non concedere l’autorizzazione prevista. E il relativo decreto è non impugnabile, quindi in caso di diniego non si può fare niente.

Nei casi in cui l’autorizzazione venisse concessa, occorre formare una procura per atto pubblico. Significa che il futuro sposo che risiede all’estero deve recarsi dalle autorità consolari italiane più vicine – spesso, in realtà, molto lontane – e formare, davanti alle stesse, che all’estero svolgono le funzioni notarili, una procura, che dovrà poi essere trasmessa in originale in Italia, dove avverrà la celebrazione.

La realtà è che la legge considerava, già ai tempi del varo dell’art. 111 del codice civile, con profondo sfavore il matrimonio per procura perchè, essendo il matrimonio un atto con importantissime conseguenze giuridiche e personali per i coniugi, si vuole che gli stessi siano presenti alla celebrazione, sia per ragioni di principio sia per escludere qualsiasi possibile futura contestazione sulla validità e l’esistenza del matrimonio stesso.

Questo sfavore, oggigiorno, è da valutare, se possibile, con ancora maggior rigore, perché il progresso della tecnica nel campo dei trasporti ha in molti casi annullato la necessità di ricorrere al matrimonio per procura, considerato che come cennato gli spostamenti anche intercontinentali sono molto più facili di un tempo, tanto che le uniche ipotesi in cui il matrimonio per procura potrebbe avere ancora davvero un senso sono proprio i militari in zone di guerra, e quindi in pericolo di vita, impossibilitati, sempre per ragioni di servizio, a tornare anche brevemente in Italia; in questi casi, proprio il pericolo di vita a volte induce a consentire il matrimonio per procura, in modo che il coniuge superstite possa beneficiare delle conseguenze in campo successorio che, in mancanza, non avrebbe.

Non credo proprio, in conclusione, che la disposizione di cui all’art. 111 cod. civ. possa essere suscettibile di interpretazione estensiva, analogica o in qualche altro volta a ricomprendere ipotesi espressamente non previste dalla stessa.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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