Ultimamente, mi piace molto scrivere post in cui ho assolutamente ragione, ma si tratta di una di quelle ragioni che per molti è meglio ignorare, non dire, far finta che non esista. Così il mio blog diventa ogni giorno di più unico e io mi diverto sempre di più a riempirlo di contenuti.
Oggi ti voglio parlare di formazione forense, quella cosa per cui ogni avvocato iscritto all’albo, a certe condizioni, è obbligato a frequentare corsi e altre iniziative di «aggiornamento», con lo scopo finale di garantirne la miglior preparazione e idoneità ad assistere le persone che si rivolgono al suo studio.
Siccome non c’è un altro modo per esprimere questo concetto, dirò subito che la formazione permanente degli avvocati è, dal punto di vista funzionale (non invece, come ti spiegherà meglio dopo, da quello commerciale), una colossale idiozia perché nella pratica non funziona, non può funzionare e, il giorno in cui funzionasse, sarebbe probabilmente molto più dannosa che utile.
Non funziona e non può funzionare perché propone approfondimenti ad una platea di operatori che per larga parte manca di una formazione adeguata, delle famose «basi», della capacità di inquadrare correttamente un problema in diritto, di capire il diritto stesso.
Non ci credi?
Fai come vuoi.
Io, che ci vivo in mezzo da oltre vent’anni, ti dico che una non trascurabile fetta di avvocati non è in grado di capire il diritto e nemmeno di «leggere» il codice civile, cioè di sapere cosa significhino davvero le disposizioni del codice o come debbano essere interpretate individualmente ed in relazione al sistema in cui sono inserite.
Per fortuna, il diritto serve a poco per la risoluzione dei problemi legali…
Li avete visti anche voi, quegli avvocati alla perenne ricerca di una sentenza di Cassazione, come se fosse un feticcio o una panacea in grado di risolvere tutto (quando magari si versa in una materia o caso o aspetto in cui e su cui una sentenza non ci può essere), o che agitano massime giurisprudenziali trovate facendo una sciatta ricerchina nelle banche dati, di cui non hanno capito granché e che ha scarsa, per non dire nulla, attinenza col caso concreto.
Li avete visti perdersi nel dettaglio senza avere una buona idea di base circa l’impostazione del procedimento, soprattutto dal punto di vista della strategia.
Queste lacune, che sono enormi voragini, non potranno mai essere colmate da convegni, seminari, riunioni dove chi partecipa può fissare lo sguardo sull’oratore di turno ma pensare ai casi suoi per tutto il tempo, senza che ci sia una verifica di quanto appreso – verifica che, sia detto per inciso, non si auspica affatto, perché significherebbe solamente aggiungere una buffonata ad un’altra buffonata – chi farebbe le verifiche, altri somari?
Il punto, alla fine, è proprio che con la formazione forense si propongono approfondimenti ad una platea che, spesso, non dispone delle basi.
Non ne dispone perché la formazione universitaria è completamente insufficiente a tale scopo, mentre per quella post universitaria il giovane professionista è lasciato per lo più al caso (che è per lo più sfavorevole): se ha la fortuna di avere un buon maestro che gli apre davvero lo studio (gli fa vedere fascicoli, appuntamenti, udienze, ecc.) allora impara e assorbe (e questo maestro andrebbe pagato, non certo essere lui a pagare il praticante – altra colossale idiozia di cui magari parleremo), viceversa nel caso contrario.
Vi sembra normale che durante l’intero corso di studi universitari di cinque anni si sostenga un solo esame di diritto privato o civile, che è in realtà il «diritto comune» che si applica quando non vigono legislazioni speciali, peraltro al primo anno, quando uno studente è troppo acerbo e giovane per assimilarlo davvero, finendo per dimenticare quel poco che ha imparato nei due o tre anni successivi, ancor prima di laurearsi?
Un avvocato, in sostanza, quella materia che poi dovrà maneggiare per tutto il resto della sua vita professionale la studia per tre, quattro mesi circa al primo anno e poi la mette via per tutti gli altri cinque anni cui corrispondente la durata del suo corso di studi.
Come può possedere adeguate basi giuridiche?
Per rendersi conto delle proporzioni del disastro, basta essere un giudice o un avvocato e leggere tutti i giorni atti processuali scritti da altri avvocati.
That simple!
Quando si aprono certi atti, per niente rari, che non sono scritti nemmeno in Italiano, si capisce che l’autore dovrebbe ripartire da capo con la sua formazione giuridico legale, ma anche linguistico grammaticale e logica, perché manca il famoso «ABC», non solo del diritto ma della logica comune.
La gente comune pensa che il problema degli avvocati siano il cinismo, la scaltrezza, la cialtroneria, la corruttibilità, il menefreghismo, gli intrallazzi, ma in realtà questi sono fenomeni di fatto relativamente molto rari.
La maggior parte degli avvocati è onesta ed è seriamente intenzionata a far del meglio per il proprio cliente, solo che un po’ troppo spesso non è in grado di farsi venire l’idea giusta.
Per fortuna, il diritto serve, come cennato, davvero a poco per la risoluzione dei problemi legali, mentre quella che importa di solito è la capacità di definire una strategia e una tattica vincenti.
Sempre per fortuna, una buona parte delle vertenze viene definita con accordi amichevoli, che sono un vero dono di Dio sia per i protagonisti delle vertenze stesse, che magari non se ne rendono nemmeno bene conto, sia per la salute del sistema giudiziario in generale, che meno viene oberato e meglio è.
Dicevo prima che la formazione forense non è una idiozia dal punto di vista commerciale. In effetti, l’unico valore che ha rivestito questa riforma, che non ha certamente accresciuto la preparazione degli avvocati – che, per quanto mi riguarda, non può che poggiare al 90% sullo studio e l’impegno individuali – è stato quello di determinare l’incremento degli affari degli enti di formazione vari che sono spuntati sul mercato e che costantemente spammano le caselle mail degli iscritti agli albi con i loro eventi.
Con questo non voglio fare il complottaro e dirti che la formazione forense è stata introdotta solo per ragioni lobbistiche e di business. Probabilmente è stato invece un onesto, ma maldestro, tentativo di risolvere il problema della preparazione in alcuni casi scarsa degli avvocati, che però non ha risolto il problema ed è stato benefico più che altro per gli affari di chi è finito ad occuparsene professionalmente.
Quale può essere allora la soluzione?
Non spetta a me proporlo, quello che mi premeva dirti con questo post è che la formazione forense andrebbe intanto completamente smantellata, perché determina una mera perdita di tempo per i professionisti che vi sono sottoposti, tempo che gli stessi devono sottrarre alla cura delle pratiche che sono state a loro affidate (quanti colleghi che si portano il computer per lavorare ai convegni), ed è quindi alla fine, se si vuol dire la verità fino in fondo, un danno per la produttività degli avvocati, quella poca che, pur con tutti i loro limiti, possono dare ai loro clienti.
Per garantire una preparazione adeguata dei professionisti temo che si debba partire da molto più lontano e cioè da un serio percorso universitario e post universitario, soprattutto da una pratica e post pratica fatte come si deve.
È tutto per oggi…
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4 risposte su “Formazione forense: come la corazzata Kotiomkin.”
Un altra cosa che mi è piaciuta tantissima, è la forma gentile e cortese con la quale si epresso, a differnza degli altri articoli, dove qualche parolina sconveniete veniva fuora dalla rabbia con la quale si raccontano episodi veramente snervanti. Grazie anche per questo, a dimostrazione del grande e valente avvocato che E’
Grazie di cuore.
Carissimo Avvocato Solignani, questa volta l’abbraccerei virtualmente. Ha centrato in pieno tutto quello che ho constatato nelle mia lunghissima esperienza con avvocati, se così li vogliamo definire . Deve sapere che nell’ultima causa un VALENTE avvocato, ha riempito la sua memoria di sentenze di cassazione, non essendo in grado di formulare la sua arringa. Tra l’altro vi sono avvocati che continuano a leggere i vari codici, come se volessero scoprire nei testi la soluzione al problema del cliente. E’ inutile leggere le sentenza , poichè ognuna ha un rapporto ed un quisito a sè.L”ESPERIENZA GIURIDICA SI FORMA AFFRONTANDO CASO PER CASO, non leggendo i libri di testo degli ultimi 5 anni di giurisprudenza. La formazione forense, i vari seminari, servono fino ad un certo punto, non certo alla formazione che si può ricevere nelle aule di tribunale, quando un bravo avvocato è perfettamente in grado di relazionarsi. Nella mia ignoranza in materia, penso che una laurea presa in una università estera abbia molto più valore di quella italiana. Diciamo che anche i giudici si trovano in difficoltà ad emettere le sentenze, specialmente se prendono consigli dai valenti avvocati che insinuano dubbi, come serpenti nella testa del magistrato. Ecco perchè si perdono le cause: Non vi è professionalità. La ringrazio per tutti i Suoi bellissimi articoli, che aprono la mente a tutti quelli che amano la giurisprudenza, anche se la trovano ingiusta, sia nelle leggi , che nelle sentenze.
Grazie. Sulla prima parte sono abbastanza d’accordo.