A volte ci si imbatte in persone che invocano la reciprocità nelle relazioni e nei rapporti interpersonali – a suon di «non dedicare il tuo tempo a chi non se lo merita», «regala la tua assenza a chi ti ha saputo dare solo silenzio», «tieni sempre un vaffanculo in tasca per chi te lo chiede» e altre meravigliose formule di successo per la decrescita personale.
Curioso come queste persone siano poi spesso nella vita soggetti che, se si applicasse loro la stessa regola di reciprocità, non avrebbero diritto a niente e magari dovrebbero anzi un risarcimento danni agli altri per averli disturbati, offesi, delusi o anche semplicemente, come avviene spesso, non ascoltati – di solito, dopo aver impartito il meraviglioso consiglio «non pensarci!».
O per la loro pesantezza, di cui naturalmente non hanno la minima consapevolezza.
Invocare la reciprocità, e i propri diritti ad un trattamento di riguardo da parte degli altri, significa peraltro porsi implicitamente su un piano di superiorità, ritenere automaticamente di essere quelli che hanno sempre dato agli altri, quando il valore di queste eventualità è sempre tutto da valutare.
C’è gente che ad esempio si considera titolare di un diritto a speciali riguardi per aver condiviso più foto di cani da adottare di te – attività che non è certo un male in sé, anzi, ma che prendo solo ad esempio ai fini del discorso di oggi.
Non sarebbe più funzionale partire dal presupposto esattamente inverso, e cioè considerare che siamo tutti persone limitate, finite, nel senso di confinate, piene di difetti, di peccati, che magari pure evolvono ma poi si dimenticano, oppure semplicemente hanno dormito male, mangiato peggio e a volte, spesso, finiscono per comportarsi non bene, anche per motivi appunto molto banali?
E che, in tutto questo sfacelo, l’unica cosa che ci può nobilitare un minimo è riuscire ad amare, nonostante il fango di cui siamo e rimaniamo impastati, nonostante la catena che ci lega alla terra contro la quale periodicamente veniamo risbattuti tornando egoici?
I diritti non esistono neanche nel mondo delle leggi, a maggior ragione non hanno alcun diritto di cittadinanza nel cuore.
L’unica cosa che puoi fare, l’unica che può darti un minimo di lustro e nobiltà, è cominciare ad amare e farlo solo per vedere, o anche solo pensare, un sorriso, sorriso che sarà in sé la tua unica e sola «paga».
Se, viceversa, lo devi fare perché vuoi ricevere indietro, allora lascia perdere perché non è il tuo mestiere.
Però allora due domande fattele.
Il fatto è che nessuno di noi si merita davvero l’amore.
L’unica cosa che ci meritiamo, e di cui dobbiamo essere grati, è avere la possibilità di darlo. Non è male, anche perché, come ha detto uno che di anima se ne intendeva moltissimo, in fondo «c’è più gioia nel dare che nel ricevere»
Ti lascio con un’ultima considerazione.
Tutto ciò ha anche molto a che fare con il passaggio bambino / adulto.
A te indovinare qual è la concezione immatura e quella matura dei rapporti interpersonali, un piccolo suggerimento: il bambino è per definizione quell’essere che ha bisogno degli altri, l’adulto al contrario colui che si è reso più indipendente possibile…