Cassazione e appello sono due impugnazioni molto differenti tra loro, non solo per il fatto che, di solito, in cassazione si può andare solo dopo l’appello, ma proprio per le caratteristiche strutturali di ognuno di essi.
In appello, si chiede al giudice di riesaminare genericamente l’intero caso, quindi l’appello investe il giudice di secondo grado dell’intera materia contenuta nel caso stesso. La cassazione, invece, non ha effetto devolutivo: la cassazione non riesamina tutta la materia, ma verifica se il giudice della sentenza impugnata ha seguito un corretto percorso logico giuridico.
Il giudice d’appello, infatti, di solito fa una sentenza che sostituisce quella precedente, mentre la cassazione, sempre solitamente (fanno eccezione, da qualche tempo, le sentenze di merito ex art. 348 cod. proc. civ.), si limita a cassare appunto, cioè cancellare le sentenze che vengono ritenute viziate, con la conseguenza che poi un altro giudice, di rinvio, deve fare un altro processo per giungere alla sentenza che definisce il caso.
Un’altra importante differenza è che mentre con l’appello le critiche che si possono muovere al provvedimento impugnato sono libere, la cassazione è un mezzo di impugnazione a critica vincolata cioè le sentenza si possono impugnare solo per i motivi previsti dalla legge, che nel caso della cassazione sono dettati dall’art. 360 cod. proc. civ., più volte riformato nel corso del tempo.
Una risposta su “Cassazione e appello: che differenze ci sono?”
[…] Cassazione e appello: che differenze ci sono? — Tiziano Solignani […]