Il famoso dialogo é solo un metodo, esattamente come la celebre
scienza: non é una cosa che risolve tutte le situazioni.
A volte, può persino essere il metodo meno indicato, o addirittura sbagliato.
Per rendertene conto, prova a dialogare con un idiota su un problema
che ti sta particolarmente a cuore.
Anche chi, come me, crede tantissimo nell’ascolto, é costretto ad
ammettere che in diverse situazioni ed ipotesi della vita il dialogo
non solo non serve a nulla, ma può rappresentare una perdita di tempo
o addirittura un danno.
A volte, insomma, é utile lavorare in gruppo, altre volte fai
semplicemente il doppio o il triplo di fatica perché devi spiegare a
dei coglioni i motivi per cui é meglio fare come dici tu; quindi non è
il metodo del lavorare in gruppo in sé ad essere buono, ma dipende
dalla qualità delle teste di quelli che sono dentro al gruppo.
Analogamente il dialogo può essere il metodo più o meno utile a
seconda della situazione e della persona con cui lo devi instaurare.
Se in quella persona non riesci più a vedere alcun valore,
difficilmente può essere un metodo utile.
Quella nel dialogo come strumento per affrontare e risolvere tutti i
conflitti é l’ennesima fede petalosa dell’uomo contemporaneo che,
stimandosi ormai – non siamo mica più nel medioevo! – troppo
intelligente per credere in Dio, finisce per sparpagliare la sua
fiducia in migliaia di piccole improbabili e ritrite cazzatine, in cui
continua a credere nonostante che la realtà si incarichi pressoché
quotidianamente di smontarle.
Conclusioni
Iscriviti al blog per non perdere il fondamentale post del giorno
tutti i giorni, dal lunedì al venerdìProva il counseling; per info contattami su whatsapp al numero 059 761926
Se pensi che questo post possa essere utile a qualcun altro condividilo.
2 risposte su “Dialogo: é solo un metodo e non sempre quello giusto.”
Vero è che purtroppo – o per fortuna – non esistono teoremi validi per ogni situazione, come già ci insegnava il buon Marco Ferrandini con la sua canzone di qualche anno fa (Per chi è troppo giovane o non la ricorda: prendi una donna, trattala male…).
Nelle relazioni occorrono molti canali comunicativi e tanta pazienza. Io spesso devo arrivare a ragazzi molto chiusi e ostili nella relazione con il docente, soprattutto quelli che serbano un antico rancore e molta insicurezza nelle materie più teoriche.
Con i miei studenti ho imparato a usare molto anche il corpo: dallo sguardo severo alla carerzza sulla testa, a seconda delle situazioni. E antenne tese, sempre. Fino allo sfinimento. Non smetto mai di pensare ai miei studenti, anche a casa. E tutti hanno il mio numero di telefono e mi contattano anche di domenica.
Lascio aperte tutte le possibilità di comunicazione, perché per me è vitale, nel mio lavoro. Ci vuole tanta pazienza, per provare e riprovare, con strade diverse per ciascuno – e ogni anno ho circa novanta studenti.
Allo stesso modo, per quanto riguarda la scienza, il paradigma di riferimento per ragionarne deve essere quello della complessità. Ovviamente, quindi, non è la scienza il problema, ma il paradigma della semplicità che in tanti vorrebbero perseguire quando accennano alla scienza.
Io provo a vivere con poche certezze, ma con molte ipotesi.
Buona giornata a te e ai lettori.
Concordo. Complessità e umanità. Grazie Margherita, anche a te, a tutti.