Stamattina, alle otto meno dieci, forte della titolarità di una partita IVA e dell’assenza di un datore di lavoro cui far capo, sfornito di green pass, ho tuttavia varcato la soglia del mio studio professionale di Vignola, via Caselline 339, con lo stesso cipiglio di Cesare al momento di attraversare il Rubicone.
Una volta dentro, e preso possesso del luogo e di tutte le sue pertinenze, alle otto meno cinque – ex comma 1, art 3, dl 127/2021 – ho controllato tramite il mio fido dispositivo mobile il greenpass della mia impiegata, sincerandomi che potesse avere accesso ai locali dello studio per ammannirvi le sue prestazioni lavorative secondo il CCNL attualmente in vigore.
Lei stessa poi, verso le 10, scendendo di un comma, al 2 della stessa disposizione, ha controllato il green pass all’uomo della caldaia, proveniente dal capoluogo, che ha così potuto avere accesso ai vani antistanti il locale bagno dell’ufficio, in modo da poter ulteriormente manutenere in tutta sicurezza l’impianto termico di pertinenza dello stabile.
Grazie a questo complicato gioco di pesi e contrappesi, a questa danza digitale di adempimenti e «beeep» di consenso elettronico, io, la mia impiegata e l’uomo della caldaia questa sera siamo sani come pesci, anziché trovarci in terapia intensiva, dove almeno io dovrei per giunta pagarmi il soggiorno, sotto ad un casco respiratorio.
Non so di loro, ma a me, tutta questa salute non impedisce comunque di sentirmi un po’ stronzo.
Sed alea jacta est, cabrones!
Conclusioni
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