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riflessioni

Risposte legali da google.

Le persone che cercano risposte ai loro problemi legali con google per lo più sbagliano.

Gli avvocati possono anche irritarsi quando questo succede, tuttavia devono anche chiedersi come mai google abbia acquisito più
autorevolezza di loro.

Il «torto» degli utenti dove sta?

In un paio di cose.

Innanzitutto nel credere che sia possibile leggere e comprendere adeguatamente un articolo giuridico su di un determinato argomento senza disporre di una preparazione sistematica sul sistema giuridico, senza conoscere, di tale sistema, i principi fondamentali.

Questo é un errore che non fa solo Giggino con la quinta elementare, ma in esso cadono anche fior di professionisti. Un caso emblematico é quello degli ingegneri che si occupano di privacy e sicurezza informatica, che sugli aspetti giuridici finiscono sempre per mancare punti di vista importanti, proprio perché la loro preparazione non é giuridica.

Il secondo errore tipico é in realtà un corollario del primo e consiste nel trovare una sentenza di Cassazione, o di un altro giudice, e pensare di «avere la vittoria in tasca», sconsiderando che il nostro non é un sistema a precedente vincolante, anzi ne é ben lontano, dal momento che sono sempre di più i giudici che godono nel fare il contrario di quello che dice la Cassazione, per non dire di quello che riesce a fare la Cassazione stessa sulle medesime questioni.

Non c’è niente di male nel consultare google per farsi un’idea, anzi può essere molto utile e, se c’è un avvocato che incoraggia le persone a farlo, quello sono proprio io, anche considerando che da anni ormai oltre il 70% del mio fatturato viene dal blog, cioè da gente che trova i miei articoli con google, li trova interessanti e ben fatti e così decide di prendermi come avvocato.

L’importante è avere la consapevolezza dei propri limiti e cioè di sapere sempre che quello che ti é parso di capire leggendo un articolo giuridico potrebbe non essere da interpretare esattamente come lo hai capito tu.

Quello che puoi fare é farti una prima idea, poi subito dopo confrontarti con un avvocato e allineare quello che hai acquisito con la sua conoscenza completa del sistema giuridico e la sua esperienza di pratica giudiziaria.

Detto questo, ti voglio parlare adesso degli avvocati.

É umano irritarsi col cliente che pretende di saperne più di te, ma é anche doveroso per te, se sei un avvocato, chiederti come mai hai perso così tanto di autorevolezza.

É comodo dare la colpa a google e alla presunta stupidità della gente, ma la realtà é che questi due elementi non esauriscono affatto le cause del fenomeno.

La realtà è che gli avvocati hanno perso autorevolezza in generale, anche a prescindere da google.

Se google ci fosse stato cinquanta anni fa, nessuno si sarebbe sognato di portarne i risultati da un avvocato.

Non è neanche questione di rispetto, il punto é che le persone non hanno più fiducia negli avvocati.

Perché è successo questo?

La spiegazione per me è semplicissima: perché una fetta troppo grossa di avvocati é composta da legalesi che non hanno alcuna idea di come si faccia in modo efficace e tutelante per il cliente questa professione.

Un avvocato esce dall’Università preparato in una sola materia (e quando va bene!), il diritto, che rappresenta circa il 2% di quello che è necessario sapere per svolgere in modo decente questa
professione, dopodiché non investe in niente, non per pigrizia, ma perché non ha nemmeno alcuna idea di quello che dovrebbe fare a riguardo.

Continua per anni sempre alla stessa maniera, a fare una formazione continua completamente inutile proposta dalle autorità forensi, completamente imbelle e sostanzialmente incapace anche solo di accogliere e ascoltare in modo adeguato un cliente.

A qualcuno forse questa ricostruzione potrebbe sembrare esagerata, ma ti assicuro che è la pura realtà, per quanto assurda, tragica, paradossale e te lo posso dimostrare e comprovare in dozzine di modi, se già non ne hai fatto esperienza da solo.

Forse è il momento di tornare ad avere, sia come utenti che come avvocati, la consapevolezza dei rispettivi limiti.

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counseling

È nella sofferenza che Dio ci fa visita.

Il Signore mi mette continuamente in contatto con persone dal cuore indurito, piene di ferite, sopravvissute ai loro errori, ai loro peccati, in ultimo a loro stesse.

Cerco di capire il perché di questi incontri, dal momento che non ho soluzioni, non ne ho proprio…

Averne, addirittura, mi sembrerebbe irrispettoso di chi quelle ferite se le porta da tanti anni e ci convive come con altrettanti vecchi amici: per cui mi chiedo cosa potrei mai dire io a riguardo, la mia sarebbe solo presunzione, magari verrebbe persino scambiata per giudizio.

È da sfacciati tentare di risolvere problemi che le persone hanno faticato a gestire per anni, decenni; sarebbe persino, in qualche strana maniera, offensivo, perché molti problemi ormai fanno parte dell’identità dei loro portatori.

Non si può entrare che in punta di piedi, con delicatezza, nel dolore degli altri.

Quello che faccio è ascoltare.

Ecco il mio unico valore, quando mi parlano della loro sofferenza: non girarmi dall’altra parte, come probabilmente hanno fatto tutti gli altri (oggi la sofferenza è sconveniente e decisamente fuori moda), ma restare lì e metterci la mano dentro.

Ed ecco la mia scuola, il corso sul campo che mi ha fatto capire cosa c’è nel vero cuore dell’uomo, cosa desidera, cosa lo spaventa, cosa lo rende felice, cosa lo commuove e lo spinge a fare, a volte,
l’impossibile.

Che, di solito, è l’esatto contrario di quello di cui si è convinto con la mente.

È anche così che si diventa, si ritorna, si cresce ancor di più cristiani, perché è nella sofferenza, con la sofferenza, che Dio ci fa più spesso visita, che lo sentiamo ancora più vicino.

Allora forse tutti questi incontri, tutte queste storie nere che mi vengono versate nelle mani, nelle mie mani ferme ed immobili, intente solo ad ascoltare, sono l’esaudirsi della mia preghiera, di avere sempre di più Lui nel cuore, perché tutte le preghiere non sono altro che un desiderio e una richiesta di connessione, di stare più vicino. Anche da Dio, infatti, non vogliamo soluzioni, vogliamo più che altro sentircelo accanto.

E tutto questo, peraltro, deve esser vero, perché quanta compassione nasce, poi, per tutta questa umanità che sgomita per essere felice, che ci prova in tutti i modi, ma non ci riesce, quando forse basterebbe rinunciare al fare, per tornare semplicemente all’essere, e mettere via tutti i giudizi e le mentalizzazioni per accettarsi vulnerabili, limitati, imperfetti, persino dappoco, ma capaci, nonostante tutta questa imperfezione, di amare bene e davvero.

Le mie domande per te oggi sono queste:

  1. si vive meglio guardando il mondo e gli altri dalle mente, giudicandolo, o dal cuore, con compassione?
  2. si ama per essere amati indietro o solo perché è bello farlo, per poter vedere, o anche solo immaginare, un sorriso?
  3. quali sono le persone più importanti della tua vita, quelle più vicine a te?
  4. ti accorgi quando queste persone sono angustiate da qualcosa? Quando te ne accorgi, ti fermi ad ascoltarle?
  5. sei diventato un adulto o sei ancora, in tutto o in parte, un bambino?

Un abbraccio.

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pillole

Che cosa succederà ora, in una situazione in …

Che cosa succederà ora, in una situazione in cui Achille non potrebbe più dire a Briseide che gli dei invidiano la loro, la nostra, immortalità, che gli dei invidiano quella loro, unica, notte?

Cerca di ascoltare e amare i tuoi cari, ogni istante é prezioso proprio perché unico e, in realtà, ognuno di noi muore continuamente per diventare qualcosa di diverso, i tuoi stessi figli sono morti a quello che erano per diventare quelli che sono adesso.

"I met you", "ti ho incontrato" il titolo del video in cui la donna interagisce con la bimba, scomparsa nel 2016. Un traguardo tecnologico ?
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diritto

Counseling dal volto umano: parla con noi.

Come probabilmente sapete già, mi sono iscritto ad un master di counseling, per diventare appunto counselor.

Ma che cos’è il counseling?

In termini molto elementari, ma a mio giudizio abbastanza efficaci, il counseling consiste nel farsi ascoltare da un «esperto», esperto in niente di molto più specifico che non sia l’ascolto stesso, per ricevere un aiuto nella definizione di una o più strategie o tattiche per poter affrontare uno o più problemi della vita, di qualsiasi genere, dal lavoro, alle relazioni, alla spiritualità, alla personalità e così via.

Entrare in questo mondo per me è stato davvero molto spontaneo.

Sono avvocato da 22 anni, per tutto questo tempo ho cercato di aiutare le persone definendo strategie efficaci per i loro problemi legali – che, come tali, non sono mai problemi giuridici, ma presentano sempre profonde radici emotive.

Da alcuni anni, sono mediatore familiare e aiuto le coppie, cercando anche in questo caso di definire delle strategie per poter raggiungere i loro obiettivi, auspicabilmente di composizione delle crisi o, nei casi meno fausti, di separazione – è noto che io sono molto favorevole alle riconciliazioni o al lavoro sulla coppia, specialmente quando ci sono i figli, mettendo la soluzione della separazione sempre all’ultimo posto.

Come counselor, potrò aiutare le persone, gli individui, andando per certi versi anche alla radice dei primi due problemi, quelli legali, che coinvolgono due individui non necessariamente legati da relazioni specifiche, e quelli di coppia, che spesso originano da problemi singoli di uno o dei due componenti della stessa.

Mi sento molto portato per questo tipo di lavoro, per via delle mie doti di empatia e della mia preparazione tendenzialmente eclettica, a cavallo delle scienze umane e della tecnica, con la quale sorprendo sempre le persone che hanno a che fare con me quando vedono che mi destreggio abbastanza bene sia con la letteratura, la filosofia e la fede, sia con le tecniche più moderne – nel colloquio che ho avuto ieri ad esempio ho consigliato ad una mia cliente di creare una campagna utilizzando facebook ads, un sistema di marketing che ho approfondito per interesse personale e che ho trovato molto efficace.

La mia fortuna, appunto, è stata probabilmente quella di essere sempre stato molto curioso, senza porre confini, e interessato da tutto quello che avrebbe potuto essermi utile o anche solo divertente.

Credo che aiutare gli altri sia anche molto cristiano e so che, ad ogni modo, aiutare davvero gli altri mi piace e mi dà profonda soddisfazione (purtroppo, molte persone non vogliono essere aiutate).

Nel campo dei problemi legali, purtroppo tutto quello che puoi fare per aiutare gli altri incontra mille ostacoli che sfuggono dalla tua sfera di controllo: puoi impostare bene un ricorso o una strategia, ma poi c’è un giudice che decide e magari vede le cose in modo diverso da te. Nel campo del lavoro individuale, il rapporto è tra il consulente e l’individuo – e questo è francamente e finalmente meraviglioso.

Le persone oggigiorno non sono felici.

Potete tentare di venirmela a raccontare in qualsiasi modo, ma io sono 22 anni che tengo le mani dentro alle ferite più brucianti della gente e so che cosa c’è nella pancia di più o meno tutti.

Facendo l’avvocato, ho raccolto più confessioni di un frate, quindi so perfettamente cosa dico.

Parlo di persone che avrebbero tutto per essere felici, ma non lo sono.

Anzi, stanno male, proprio male e continuano a girare in tondo senza riuscire ad uscirne.

Per metterci anche la ciliegina sopra, finiscono per giudicarsi molto aspramente per la situazione in cui si trovano…

Io sono andato verso il counseling per la tensione verso il dolore e la sofferenza di queste persone, dopo un percorso di crescita individuale che mi è capitato di fare e che mi ha reso molto più forte, felice, resiliente.

Ovviamente, non tutto può essere risolto con il counseling, che è un tipo di intervento che si basa sulla parola, che è uno strumento potentissimo, ma non sempre sufficiente.

Peraltro, il counseling si può utilizzare per persone che sono «sanissime», non presentano alcun disagio, ma posso semplicemente giovare dell’aiuto di un punto di vista diversothink different») per affrontare le cose della loro vita o semplicemente per fare crescita personale, una cosa importantissima che ognuno di voi deve fare da quando nasce a quando muore (e, probabilmente, anche oltre…).

Il counselor si colloca, a mio modo di vedere, su un primo, ma vastissimo, gradino di lavoro di cura e relazione con la persona, quello dei «sani» che possono giovarsi di un aiuto esterno o delle persone con disagi contenuti.

Se i disagi sono più grandi, ma si possono curare ancora con la parola, si può tentare con uno psicoterapeuta, magari insieme ad un counselor.

Se sono più grandi ancora, c’è lo psichiatra o, ulteriormente, il ricovero sanitario.

Sempre come avvocato, mi è capitato, ad esempio, di ricevere tre persone, in altrettante occasioni diverse, che erano vittime di veri e propri deliri – di persecuzione, di distorsione della realtà – con le quali ogni terapia basata sulla parola sarebbe stata inutile.

Ognuna delle figure che si occupano della persona (counselor, psicoterapeuta, consulente filosofico, psichiatra, ecc.) deve avere l’onestà di inviare la persona alla figura più appropriata per lui, sia in alto che in basso, a seconda della situazione e della gravità del problema e questa è e sarà sempre la mia «proposizione etica» come counselor.

Da oggi, il blog cambia anche il suo payoff, che diventa, da «avvocati da volto umano» qual era, «avvocati, mediatori e counselor dal volto umano».

Con questo ultimo tassello, si compie finalmente una prima grande fase della mia evoluzione come persona e come professionista.

Sono arrivato ad un punto che, in precedenza, non avevo nemmeno bene identificato come quello mio di arrivo, come sempre avviene nella vita, che è come un puzzle da ricostruire, in cui ricevi un pezzo alla volta da sistemare, senza però poter vedere l’immagine d’insieme.

Ma sento che era questo il punto cui dovevo arrivare.

Il lavoro di qualsiasi professionista, artigiano, imprenditore, lavoratore, familiare ha senso solo se è davvero utile agli altri.

Ho sempre intuito che al centro del mio lavoro avrebbe dovuto esserci l’uomo, con le sue esigenze, da trattare in modo umano – da qui lo slogan, fortunatissimo, degli «avvocati dal volto umano». Ho preso una professione tradizionalmente burocratica, fatta di tanta incomunicabilità con il pubblico degli assistiti, e ho cercato di renderla umana e mettere al centro il cuore e il lavoro sul cuore, da me ultimamente sempre più spesso proposto in alternativa a quello giudiziario classico.

Da là a prendere in mano la persona in modo completo il passo è stato davvero breve, ogni avvocato tocca con mano più volte al giorno la radice emotiva e individuale di tutti i problemi legali.

Dopo tanti anni passati non dico a girarci intorno, ma a vedere i problemi più da lontano, senza poter intervenir più nel profondo, finalmente avrò la possibilità di fare sempre di più quel lavoro sul cuore di cui oggi c’è assoluto bisogno.

Adesso concludo, ci sarebbero tante altre cose da dire, ma magari va ne parlerò in altri post successivi, come facciamo sempre sul blog.

Io posso solo ringraziarvi perché se sono qui a poter scrivere e fare queste cose è quasi solo merito vostro che mi avete dato fiducia e scelto per la trattazione dei vostri problemi, a volte delicatissimi, e mi avete fatto crescere, in tutti questi anni, sia come professionista che come uomo.

Il minimo che possa fare è continuare ad esserci, sempre, a disposizione per ascoltarvi.

Sapete che, quando c’è qualcosa che vi fa male, quando vi fa male da qualche parte, potete venirne a parlare con me.

Evviva noi e che Dio vi benedica e volga sempre il suo volto verso di voi.

PS vi lascio questo breve, ma eccezionale, video di un grande maestro, Mauro Scardovelli, che spiega ancora più approfonditamente cosa sia il counseling, parlando delle fondamentali intuzioni di Carl Rogers.