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Decreto ingiuntivo: si applica la prescrizione presuntiva?

DECRETO ING. FINE LUGLIO 2018 SU FATTURA DEL 2008 EMESSO DA UN’AZIENDA VERSO UN CONSUMATORE FINALE. SI APPLICA LA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA DI CUI ALL’ART. 2956 C.C.?

Purtroppo è una domanda che ha poco senso.

Come dico da vent’anni ormai, nel porre un quesito giuridico non bisogna fare astrazioni, ma limitarsi a raccontare il fatto puro e semplice, lasciando che sia poi il giurista a decidere quali sono le regole generali che eventualmente si applicano.

Per sapere se all’obbligazione dedotta in decreto ingiuntivo si applichi o meno la prescrizione presuntiva, bisogna infatti vedere la natura dell’obbligazione stessa, di cui non si fa alcuna menzione nella formulazione della domanda.

Potrebbe inoltre applicarsi il termine ordinario di prescrizione decennale, ovviamente solo nel caso in cui oltre al decorso del termine non vi siano stati atti di interruzione.

Per quanto riguarda il tema del consumatore, è un aspetto che può avere numerose conseguenze sia in tema processuale, mi riferisco ad esempio alla competenza territoriale, sia in tema di diritto sostanziale, dal momento che ai consumatori si applica una disciplina di tutela, ma anche qui bisognerebbe approfondire molto di più.

Ti consiglio di andarne a parlare di persona con un avvocato o comunque di acquistare una consulenza in cui approfondire adeguatamente la situazione. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 16 marzo 2010, n. 6306

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Ordinanza 16 marzo 2010, n. 6306

Svolgimento del processo

    • B.L. ha proposto alla corte d’appello di Perugia una domanda di equa riparazione.

Ciò per la non ragionevole durata del processo di merito a suo tempo iniziato davanti al pretore di La Spezia, proseguito in appello e pendente, alla data della domanda, davanti a questa Corte.

La corte d’appello di Perugia ha dichiarato il proprio difetto di competenza per territorio.

Ha indicato come giudice competente la corte d’appello di Torino, che a sua volta ha chiesto il regolamento di ufficio della competenza.

    • La prima sezione – in seguito alla discussione dell’istanza in camera di consiglio – ha rimesso il procedimento al primo presidente, che lo ha assegnato alle sezioni unite.

Motivi della decisione

    • La questione su cui le sezioni unite si debbono pronunciare riguarda l’interpretazione della norma sulla competenza dettata dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 1.

La disposizione è così formulata:

  • “La domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell’art. 11 c.p.p., a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata”. 2. – La disposizione ha conosciuto sin qui un’interpretazione che ne ha progressivamente ristretto l’ambito di applicazione ai soli casi di giudizio presupposto svoltosi davanti ai giudici ordinar, per il resto dando spazio alle regole processuali di diritto comune (così, tra le altre, Cass. 5317 del 2008, 4480 del 2006, 11300 del 2004).

Un’ulteriore contrazione del possibile spazio applicativo la disposizione l’ha conosciuta a proposito delle domande di equa riparazione a fondamento delle quali è stato dedotto il ritardo occorso davanti alla Corte di cassazione, in quanto giudice non localizzato in un distretto (Cass. 20271 e 15842 del 2005).

La competenza ne è risultata attratta alla disciplina comune.

2.1. – La sezione semplice, appunto in un caso di questo tipo, nel chiedere che sulle questioni sorte in sede di interpretazione della disposizione prima richiamata intervenissero le sezioni unite, ha svolto le considerazioni che seguono.

L’applicabilità delle norme ordinarie di competenza ordinaria va considerata alla luce del principio, secondo il quale la L. n. 89 del 2001, art. 2, delinea in modo unitario il diritto all’equa riparazione, e correlativamente l’azione con cui il diritto è fatto valere, senza autorizzare frazionamenti o scissioni con riferimento a vicende o fasi del processo.

Pertanto, benchè sia possibile individuare degli standard di durata media ragionevole per ogni fase del processo, si deve sempre procedere ad una valutazione complessiva, anche quando il processo si è articolato in gradi e fasi e questo può fare escludere la sussistenza del diritto, qualora il termine di ragionevole durata di una fase risulti violato, senza però che lo sia stato quello concernente l’intera durata del processo, nelle due fasi di merito e di legittimità. Nè va sottaciuto che non rientra nella disponibilità della parte riferire la propria domanda ad uno solo dei gradi di giudizio, optando per quello in cui sia stato sforato il limite interno di ragionevolezza, segmentando a propria discrezione la vicenda processuale presupposta.

A proposito poi di una tesi prospettata in dottrina, per cui nel caso in cui la violazione sia riferibile alle fasi di merito si dovrebbe applicare la norma speciale, mentre andrebbe applicata quella comune quando l’eccessiva durata si sia verificata nella fase di legittimità, la sezione ha osservato che la tesi incontra oltre all’ostacolo costituito dalla configurazione unitaria del giudizio, quello per cui, per determinare in concreto la regola di competenza applicabile, sarebbe prima necessario delibare a quale segmento processuale riferire la violazione del termine di ragionevole durata.

La sezione ha concluso osservando che il carattere unitario del giudizio e la valorizzazione del luogo di conclusione del medesimo (in relazione ad una delle sue fasi), anche ai fini della identificazione del giudice competente per territorio a conoscere della domanda, potrebbero realizzare una sostanziale alterazione del criterio stabilito nell’art. 3, comma 1, della legge, tenuto conto del numero non infrequente di processi che si svolgono in tutte le fasi.

    • Le sezioni unite ritengono che della disposizione sia da accogliere una interpretazione, che non incompatibile con il suo dato letterale, ne coglie le ragioni ed al tempo stesso assicura una uniforme applicazione della norma per tutta l’area del contenzioso originato dalla L. n. 89 del 2001.

Interpretazione, quella che si accoglie, che considera in modo unitario il giudizio presupposto nel quale si è determinato il superamento della durata ragionevole; assume a fattore rilevante della sua localizzazione la sede del giudice di merito distribuito sul territorio, sia esso ordinario o speciale, davanti al quale il giudizio è iniziato; ed al luogo così individuato attribuisce la funzione di attivare il criterio di collegamento della competenza e di individuazione del giudice competente sulla domanda di equa riparazione, che è stabilito dall’art. 11 c.p.p., ed è richiamato nell’art. 3, comma 1, della legge.

4.1. – Diversamente da quanto pure si è ritenuto in precedenza, tutto ciò non può trovare ostacolo sul piano lessicale nel fatto che la disposizione faccia uso di un termine (distretto), che è proprio della distribuzione sul territorio delle corti di appello.

Ciò che ha costituito argomento per restringerne l’ambito di applicazione ai soli casi in cui il giudizio presupposto si svolga davanti al giudice ordinario e d’altra parte ha favorito la formazione d’una giurisprudenza volta ad escludere che l’art. 3, comma 1, della legge si applichi al caso che il segmento di giudizio presupposto dedotto a fondamento della domanda si sia svolto davanti a questa Corte.

E’ agevole osservare che il termine distretto appartiene alla descrizione del criterio di collegamento, che il legislatore importa dalla disposizione processuale penale e che la sua valenza di delimitare un certo ambito territoriale può funzionare in modo identico, quale che sia l’ufficio giudiziario davanti al quale il giudizio presupposto è iniziato e l’ordine giudiziario cui appartiene, perchè dell’ufficio giudiziario viene in rilievo la sede e non l’ambito territoriale di competenza.

4.2. – E’ agevole ancora osservare che, quando si è trattato di disciplinare la legittimazione passiva rispetto alla domanda di equa riparazione, il legislatore ha previsto una serie di distinzioni, appuntando la legittimazione sulle amministrazioni governative di riferimento per gli aspetti organizzativi delle diverse giurisdizioni (art. 3, comma 3, della legge).

E non è allora giustificato ipotizzare che un legislatore il quale affida ad una legge destinata a regolare gli effetti del fenomeno della durata non ragionevole del processo, quale che sia il giudice davanti al quale si svolge, abbia espresso la volontà di statuire una diversità di disciplina della competenza mediante l’impiego della parola “distretto” anzichè con una specifica disposizione intesa a far salva l’applicazione della norma processuale civile.

4.3. – Il dilatarsi del contenzioso innescato dalla L. n. 89 del 2001, che fa ricadere sul bilancio dello Stato un onere sempre più gravoso a causa del perdurare del fenomeno della eccessiva durata del processo, in diverso modo comune alle varie giurisdizioni, rende a questo punto ragionevole l’interpretazione qui accolta, che i giudici ordinari che debbono deciderne non sia prossimi a quelli speciali davanti ai quali il ritardo si manifesta e consente di ritenere superate le considerazione svolte nella sentenza 17 luglio 2007 n. 287, dove la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le preoccupazioni, che invece danno ragione del perchè la norma speciale debba applicarsi al posto di quelle ordinarie.

4.4. – L’interpretazione accolta favorisce poi la diffusione del contenzioso sull’intero sistema delle corti di appello, anzichè una sua elevata concentrazione su quella di Roma, resa possibile dal fatto di avervi sede gli organi di vertice dei diversi ordini giudiziari, ordinario e speciale.

    • La decisione sul regolamento di ufficio chiesto dalla Corte di appello di Torino è che la competenza a decidere sulla domanda le spetti.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza della Corte di appello di Torino ed assegna per la riassunzione davanti alla stessa il termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2010.

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Equa riparazione: qual è la corte d’appello competente?

Aggiornamento del 19 gennaio 2016: questo post non è più attuale per effetto del nuovo primo comma dell’art. 3 della legge Pinto, introdotto dal comma 777 della legge di stabilità 2016, con effetto dal 1° gennaio 2016; il post viene ugualmente lasciato per interesse storico, ricostruttivo, ecc. (ts).


 

Ho subito un processo durato oltre 10 anni presso il Tribunale di Avellino, vorrei sapere qual’è la Corte d’Appello territorialmente competente perchè sto valutando di presentare un ricorso per equa riparazione, ai sensi della legge Pinto, ma vorrei prima valutare bene gli aspetti logistici e capire se devo effettivamente rivolgermi a due avvocati.

La Corte d’Appello competente per Avellino, ricompreso nel distretto di Napoli, è Roma. Per vedere qual’è il giudice competente per l’equa riparazione bisogna consultare la tabella A, allegata alle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, cui fa riferimento appunto l’art. 1 di tale disposizioni di attuale, a sua volta attuativo dell’art. 11 del codice, richiamato dall’art. 3 della legge 89/2001.

Chi vuole, praticamente, vedere chi è il giudice competente per l’equa riparazione di un procedimento svoltosi presso un determinato tribunale, deve innanzitutto vedere a quale distretto di corte d’appello farebbe capo, in via ordinaria, questo tribunale e per fare ciò può usare il database messo a disposizione dallo stesso Ministero della Giustizia, dove, seguendo il nostro esempio, inserendo Avellino si vede che la Corte d’Appello che sarebbe competente sarebbe Napoli. La tabella, poi, collega i procedimenti che andrebbero a Napoli a Roma.

Va tenuta presente poi l’ordinanza emessa dalla Cassazione a sezioni unite per i procedimenti conclusisi presso le giurisdizioni superiori, secondo cui occorre far riferimento al giudice presso cui il procedimento era originariamente iniziato.

Riportiamo di seguito per comodità di lettura la tabella, nel testo attuale, indicando a sinistra il distretto di partenza e a destra quello “competente”:

Roma.................| Perugia
Perugia..............| Firenze
Firenze..............| Genova
Genova...............| Torino
Torino...............| Milano
Milano...............| Brescia
Brescia..............| Venezia
Venezia..............| Trento
Trento...............| Trieste
Trieste..............| Bologna
Bologna..............| Ancona
Ancona...............| L'Aquila
L'Aquila.............| Campobasso
Campobasso...........| Bari
Bari.................| Lecce
Lecce................| Potenza
Potenza..............| Catanzaro
Cagliari.............| Roma
Palermo..............| Caltanissetta
Caltanissetta........| Catania
Catania..............| Messina
Messina..............| Reggio Calabria
Reggio Calabria......| Catanzaro
Catanzaro............| Salerno
Salerno..............| Napoli
Napoli...............| Roma`