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Un anziano si fa male in RSA: di chi è la responsabilità?

DOMANDA – mio papà è un ospite di una rsa, in modo perenne da 7 anni, usa la carrozzina per muoversi e gira per il piano, si spinge da solo, un giorno ha pensato bene e di aprire la porta arrivare alle scale e lanciarsi giu, portato in ospedale, fatto le lastre non risultano fratture ma solo ammaccamenti. La responsabile mi ha detto che la responsabilità non è di nessuno in quanto quel nucleo non è sbarrato e le porte si aprono quindi chiunque puo entrare ed uscire. Io mi chiedo di chi sia e se c’è una responsabilità nel caso ci fossero danni alla sua persona

— RISPOSTA – La responsabilità, tutto al contrario, esiste ed è macroscopica in capo alla struttura e, in aggiunta, agli eventuali sorveglianti e funzionari.

Nel momento in cui un incapace viene affidato alla custodia di una struttura, al responsabilità passa alla struttura stessa, del tutto analogamente a quando si affida un figlio alla baby sitter o alla scuola o ad altro.

Mi è capitato, in passato, di seguire casi analoghi, tra i quali ricordo quello di una paziente che era stata ricoverata perché aveva tentato il suicidio per depressione ed era riuscita, da dentro alla struttura, a lanciarsi dalla finestra, tentando di nuovo di procurarsi al morte. La struttura, agli esiti del giudizio di valutazione del danno riportato dalla signora, che per fortuna era sopravvissuta, ha risarcito regolarmente il danno.

Checché ne dica la persona con cui hai parlato, mi sembra davvero innegabile che in situazioni del genere, salvo circostanze molto particolari, non vi sia la responsabilità della struttura.

Se vuoi approfondire ulteriormente la questione, o incaricarmi di inviare una diffida alla struttura con la quale richiamare i gestori alle proprie responsabilità, chiama ora lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente.

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diritto

Spese per la consulenza medico legale: sono rimborsate?

il costo della perizia medico legale effettuata a seguito di sinistro stradale in regime di indennizzo ordinario è rimborsabile dall’assicurazione?

Innanzitutto vediamo qual è di solito il prezzo per una perizia medico-legale o una consulenza tecnica di parte.

Il costo di una perizia medico-legale o una consulenza tecnica di parte non è fisso, ma viene determinato in base alla complessità e qualità delle prestazioni richieste, alla difficoltà del caso, all’impegno dedicato e alle spese sostenute, considerando anche le competenze e le risorse impiegate.

Al momento di affidare l’incarico professionale, una volta esaminato il caso, il medico legale deve comunicare in anticipo al cliente il costo dell’onorario, affinché questi possa prendere una decisione consapevole e informata riguardo all’accettazione dello stesso, tenendo conto dei benefici previsti, almeno in modo approssimativo.

Alcuni medici legali seguono, ad esempio, le tabelle degli “onorari per prestazioni medico-legali in ambito civilistico”, redatte a titolo indicativo dal Sindacato Italiano Specialisti di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SISMLA) e adottate dall’Ordine dei Medici di Roma mediante Delibera n. 162/2008 del 10 giugno 2008.

Queste tabelle non sono vincolanti, ma le parti possono scegliere di farvi riferimento.

Per quanto riguarda la rimborsabilità delle spese per la consulenza medico legale, si può vedere la questione in modo diverso per l’indennizzo diretto e per quello ordinario, valevole solo per i risarcimenti di danni superiori, ad esempio, al 9% di danno biologico.

Per l’indennizzo diretto, gli articoli 6 e 9 del DPR 254/06 così si esprimono a riguardo: – “art. 6 … Nell’ipotesi di danni al veicolo e alle cose, la richiesta di risarcimento contiene i seguenti elementi… e) l’eventuale consulenza medico legale di parte, corredata dall’indicazione del compenso spettante al professionista (…omissis…); -”art. 9…sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona”.

Dunque l’art. 6 impone di allegare la spesa per la consulenza medico legale, mentre l’art. 9, nell’escludere le spese di assistenza legale, non esclude quelle per la consulenza medico legale, che, pertanto, sono risarcibili.

Per quanto concerne, invece, l’indennizzo ordinario, valgono le seguenti considerazioni.

I giudici hanno più volte ribadito la rimborsabilità delle spese per il consulente medico legale, sia in ambito stragiudiziale; ad esempio puoi vedere la sentenza di Cassazione , sez. III civile, n. 31.05.2005 n. 11606 secondo cui «L’intervento di un professionista, sia esso un legale o un perito di fiducia, così come previsto dall’art. 5 ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato nel regime precedente dalla Corte di cassazione (Cass. civ. 12.10.98 n. 11090, in Giust. civ., 1999, I, 422) è necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire già in questa prima fase, là ove si osservi che l’istituto assicuratore non solo è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia. Va, quindi, affermato il principio che nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle relative spese legali».

Nella mia esperienza, le spese per la perizia medico legale mi sono sempre state rimborsate.

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Quando il danneggiato temporeggia.

Mio figlio 24 anni l amico 27 scherzando tra ragazzi involontariamente gli ha spezzato mezzo dente . Da subito mio figlio gli ha detto te lo faccio sistemare .ora premetto che il ragazzo essendo figlio del xxx .ha iniziato: vado con mio padre .il dente me lo hanno sistemato però devo fare vari lavori in più può esse fra dieci anni devo rifarlo. Ci senbra che voglia un po’ ” tenerci sulle corde ” anche perché avevamo proposto di andare subito dal nostro dentista. Comunque assolutamente è stato un incidente e come dobbiamo comportarci?

In questo caso, la cosa migliore è parlare con il figlio dell’amico e spiegare loro che l’incidente è stato assolutamente involontario e che si vuole essere pronti a prendersi tutte le responsabilità del caso.

Si dovrebbe poi offrire di pagare le spese mediche dell’amico per curare il dente e risarcirlo per qualsiasi altro danno arrecato.

Se l’amico insiste sull’idea di attendere dieci anni prima di rifare il dente, si dovrebbe essere pronti ad accettare le sue condizioni, ma anche essere aperti al dialogo e a cercare una soluzione più rapida e soddisfacente per entrambe le parti.

Suggerirei di fare seguire la trattativa ad un avvocato.

Se vuoi procedere chiama lo studio al numero 059 761926 e prenota il tuo primo appuntamento, concordando giorno ed ora con la mia assistente; altrimenti, puoi acquistare direttamente da qui: in questo secondo caso, sarà lei a chiamarti per concordare giorno ed ora della riunione.

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Cicatrice e bocca che non si apre bene: danno lieve?

Ho avuto un incidente con la bici e adesso è rimasta una cicatrice tra il mento e la guancia di 6 cm. L’ assicurazione mi ha detto che si tratta di un danno estetico lieve, ma che significa ? la cicatrice si vede bene e inoltre non posso aprire la bocca ma solo 1. 5 cm , comunque devo ancora fare gli accertamenti per l’ apertura della bocca. Ma che significa danno lieve , io ho interpretato che non mi è successo nulla e così ?

Non mi sembra affatto lieve, né dal punto di vista estetico, né da quello funzionale, se come riferisci puoi aprire la bocca solo così leggermente.

Ad ogni modo, quello che devi fare è nominare un tuo medico legale di fiducia, è assolutamente inammissibile fare riferimento solamente a quello nominato dalla compagnia di assicurazione, che è in palese conflitto con il tuo interesse ad un risarcimento maggiore – e qui potrei raccontarti dozzine di storie dell’orrore prese dalla mia pratica reale.

Il tuo medico legale di fiducia, da te pagato, potrà farti una valutazione oggettiva e appunto più degna di fiducia di quella che potresti mai ricavare dalla compagnia di assicurazione.

Naturalmente, per un danno del genere, che non mi sembra affatto lieve come dicevo, ti consiglierei anche di nominare un avvocato, perchè la valutazione medico legale è solo il primo aspetto, il primo passo, poi ce ne sono molti altri che è bene siano seguiti da un professionista legalmente competente.

Se vuoi un preventivo dal nostro studio, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog, ovviamente è gratuito.

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Infortunio a scuola: chi è responsabile?

Essere genitori si sa, comporta molte preoccupazioni nei confronti dei figli, soprattutto quando in tenera età, questi iniziano a frequentare la scuola dell’infanzia.

La scuola dell’infanzia rappresenta la prima fase del percorso educativo, caratterizzata da gioco e convivenza con i compagni in preparazione alla scuola primaria, ma cosa succede se nostro figlio subisce un infortunio nei locali dell’asilo? Di chi è la responsabilità? A chi spetta il risarcimento dei danni?

In questi casi non è assolutamente semplice comprendere di chi sia la responsabilità e come muoversi di conseguenza per ottenere tutela ed essere risarciti per il danno subito e spesso ci si ritrova davanti a numerosi dubbi.

A fare chiarezza sul tema, è intervenuto il Tribunale di Ravenna, che con la recente sentenza n. 213/2018, ha fornito delle risposte precise circa l’ambito di responsabilità dell’asilo nei casi di caduta di uno dei bimbi all’interno della struttura. In particolare, nel caso in esame, i genitori del minore avevano agito in giudizio per chiedere il risarcimento del danno patrimoniale e morale, in seguito all’infortunio del loro bambino nei locali dell’asilo comunale di Ravenna.

Le conseguenze del danno, accertate da apposita Consulenza tecnica d’ufficio, erano “lesioni permanenti consistenti in esiti di cicatrice asolariforme in regione periorbitaria sinistra di lunghezza, pari a 1,3 cm; un danno biologico permanente pari al 3%; invalidità temporanea parziale di 30 giorni”.

È bene precisare, prima di entrare nel merito della vicenda, che con l’accoglimento della domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell’allievo a scuola, sorge un vincolo negoziale tra le due parti, dal quale discende, accanto all’obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità e sulla sicurezza dell’alunno, per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica. Pertanto la scuola è tenuta ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi e ad adottare tutti gli accorgimenti necessari al fine di evitare che gli alunni subiscano degli infortuni all’interno della struttura scolastica.

In considerazione di tutto ciò, la consolidata giurisprudenza riconosce due tipi di responsabilità ravvisabili in capo al Ministero dell’Istruzione o all’ente gestore di una scuola privata quando gli alunni subiscono danni nel periodo in cui dovrebbero essere vigilati dal personale scolastico:

  • contrattuale: se la domanda è fondata sull’inadempimento dell’obbligo di vigilare o di tenere o non tenere una determinata condotta;
  • extracontrattuale: se la domanda è fondata sulla generale violazione di non recare danno ad altri, ex articolo 2043 c.c.

La Cassazione, ritenendo che “lo stesso comportamento può costituire fonte per il suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una responsabilità da fatto illecito, quando l’autore della condotta anziché astenersene la tenga, ovvero manchi di tenere la condotta dovuta e le conseguenze sono risentite in un bene protetto, non solo dal dovere generale di non fare danno ad altri, ma dal diritto di credito, che corrisponde ad una obbligazione specificamente assunta dalla controparte verso di lui”, riconosce la facoltà in capo al danneggiato di scegliere se chiamare al risarcimento dei danni la scuola in ragione di una sola delle due responsabilità o di entrambe contemporaneamente.

L’attore sarà tenuto solamente a dimostrare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sull’altra parte graverà l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da una causa non imputabile né all’istituto né al suo personale, nonché di aver predisposto ogni accorgimento idoneo ad impedire la realizzazione dell’evento.

Ciò premesso, nella fattispecie, i genitori del minore leso, avevano agito in giudizio nei confronti della scuola, optando per la responsabilità di tipo contrattuale e il Tribunale dopo aver accolto la domanda, si era pronunciato dichiarando la responsabilità dell’istituto scolastico.

Il giudice aveva ritenuto che non fosse possibile configurare un’ipotesi di caso fortuito – unico fattore che avrebbe potuto escludere il nesso di causalità (e pertanto la responsabilità dell’istituto scolastico) tra l‘insufficiente vigilanza dei bambini, in tenera età, da parte delle maestre ed il verificarsi dell’infortunio – in quanto è del tutto prevedibile che i bambini piccoli, durante l’attività ludica, possano porre in essere un gesto improvviso o possano compiere gesti vivaci, pertanto è onere degli insegnanti quello di non perderli di vista e di evitare qualsiasi tipologia di danno.

Esiste infatti una sorta di “contratto di protezione”, secondo il quale, tra gli interessi da realizzarsi da parte della scuola, rientra quello dell’integrità fisica dell’allievo.

Nel caso in cui si verifichino infortuni all’interno dell’istituto scolastico, è bene avere conoscenza fin da subito delle modalità più adeguate per procedere e ottenere nell’eventualità un risarcimento del danno subito.

Pertanto la strada migliore è quella di farsi seguire da un buon legale che possa consigliarti e assisterti.

Se lo ritieni o pensi ti possa interessare anche solo approfondire il tema, è possibile richiedere una consulenza al nostro studio compilando il modulo apposito.

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Diagnosi errata: posso chiedere i danni?

>Sono una lavoratrice e ho subito un infortunio sul lavoro. INAIL mi ha avvertita che il 25 gennaio 2017 mi chiude l’infortunio iniziato il 16 settembre 2016 e che riconoscerà per il danno rimasto. Io chiedo gentilmente se posso fare una diffida contro il pronto soccorso /ospedale di Reggio Emilia dove mi sono presentata all’inizio dell’infortunio perché il radiologo ed il neurochirurgo che mi hanno visitata mi hanno diagnosticato “una ferita leggera superficiale causata per schiacciamento” mentre io avevo una brutta frattura al pollice della mano destra visibile chiaramente nell’immagine che mi hanno fatto. All’interno dell’mio infortunio ho anche 2 referti medici dell’ospedale di Modena che confermano la complicazione della frattura e l’infezione dovuta al trattamento inadeguato ricevuto all’inizio del infortunio.

Una diffida si può sempre fare, anche a livello «esplorativo», ma nel tuo caso bisognerebbe verificare, meglio se anticipatamente, se esistono i presupposti per la responsabilità dei medici per quella che sembra una diagnosi sbagliata.

In prima battuta, questa valutazione può essere fatta da un medico legale, di cui ti consiglierei di acquisire una consulenza, dopo aver fatto visionare al medesimo l’intera documentazione del caso.

Dopo questi primi, importanti aspetti, bisogna poi valutare ulteriormente qual è il danno che hai effettivamente riportato, a causa del ritardo diagnostico, che indichi in una complicazione e in un’infezione, circostanze entrambe le quali devono essere considerate nella loro effettiva gravità.

Anche su questa ulteriore valutazione può essere utile la consulenza del medico legale, che, essendo una figura a metà, diciamo, tra un medico e un avvocato, può fare considerazioni ipotetiche su quello che sarebbe successo o meno in caso di diagnosi corretta e determinare quanto è il danno che hai subito e se è ingiusto o meno.

Per il resto, ti rimando alla lettura della nostra scheda sulla responsabilità medica.

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Ernia al disco e lavoro pesante: spetta un risarcimento?

10 giorni fa ho avuto un incidente sul lavoro mentre scaricavo merce pesante mi sono bloccato con la schiena in modo grave ed effettuando la risonanza magnetica mi hanno diagnosticato 4 ernie al disco ovviamente conseguenze del lavoro pesante che faccio da 5 anni. Il dottore mi ha dato per il momento 1 mese di malattia che prorogherá man mano per altri 3 – 4 mesi e mi ha sconsigliato vivamente di poter continuare con il mio lavoro attuale.Ora le chiedo se è possibile avere un risarcimento dall’azienda o dall’assicurazione di quest’ultima visto che le ernie sono una ovvia conseguenza del lavoro pesante che ho svolto e che non potrò più fare alcuni tipi di lavoro e mi troverò di qui a poco disoccupato con moglie e figli.

Bisogna vedere se c’è il nesso causale tra la patologia che interessa la tua schiena e le mansioni che hai svolto per questo tempo, nonché l’incidente o episodio che ti ha visto protagonista ultimamente.

Questa relazione di causalità tra i tuoi problemi e il lavoro svolto non può essere ritenuta «ovvia» sulla base di una semplice lettura di una risonanza magnetica che, come tale, può solo mostrare le problematiche che ci sono, mentre il collegamento con le mansioni svolte, sia pure probabile, al momento è stato da te solamente presunto, quando invece va comprovato in modo molto più puntuale.

La dimostrazione che le tue problematiche sono correlate alle mansioni svolte la può fare, come sempre accade nel caso di danno a persona, solo un medico legale.

Prima di rivolgerti ad un avvocato, quindi, o – meglio – parallalemente ad esso, devi acquisire una consulenza medico legale per accertare con la massima precisione possibile l’origine delle tue lesioni.

Il prossimo passo che devi fare dunque è scegliere un bravo avvocato e un bravo medico legale, dove per bravo si intende che devi scegliere persone degne di fiducia, effettivamente intenzionate ad aiutare i propri assistiti, come spiego in altri post sulla scelta dei professionisti che puoi trovare facendo una ricerca nell’archivio del blog.

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Diagnosi tardiva: il medico è responsabile per danni?

malpractice

Ritieni che un tuo parente o amico sia rimasto vittima di negligenza o incompetenza da parte di un medico? Pensi di aver ricevuto una diagnosi errata o tardiva di una patologia?

Il ritardo nella diagnosi non è accettabile, neanche se la malattia è incurabile e il medico si troverà, a quanto sembra, a dover rispondere per il reato di omicidio colposo.

Questo è ciò che stabilisce una recente decisione della Corte di Cassazione dell’8 novembre 2017, la quale sancisce che il medico è ritenuto responsabile, per l’omissione o la tardiva diagnosi di una patologia, in quanto tale comportamento cagiona al paziente un danno, al di là dell’esito inevitabile della malattia.

Quindi anche se il male che affligge il paziente è incurabile e l’esito della patologia sarebbe comunque infausto, non è dato sapere se una diagnosi tempestiva possa ritardare o meno l’esito, pertanto non possiamo fare a meno di prendere in considerazione il fatto che una corretta e tempestiva diagnosi da parte del medico possa allungare la vita del paziente di settimane o addirittura anni e la vita è un bene rilevante dal punto di vista giuridico che deve essere tutelato.

È proprio sulla base di questo orientamento, che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50975, ha annullato, una sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva assolto dal reato di omicidio colposo un medico che non aveva diagnosticato per tempo una gravissima forma tumorale, giungendo alla corretta diagnosi quando ormai ogni intervento sul paziente era inutile. È vero che un paziente con una patologia così aggressiva come il carcinoma al pancreas, sarebbe forse deceduto ugualmente, ma se quest’ultimo fosse stato almeno consapevole della malattia, avrebbe potuto ricorrere a terapie o interventi chirurgici in grado, se non di farlo guarire, almeno di incrementare le sue speranze, di dargli una chance o comunque di allungare significativamente la sua aspettativa di vita.

La Corte ha chiarito che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

Vediamo così affermarsi un principio: l’errore diagnostico del medico che consiste nella mancanza di una tempestiva diagnosi è causa dell’evento dannoso in quanto “la stessa scienza medica (…) sostiene la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali e rileva come la prognosi della malattia varia a seconda della tempestività dell’accertamento” e sussiste responsabilità penale anche quando l’omissione del sanitario contribuisca alla progressione del male.

Per tutelare se stessi, i propri familiari o amici in situazioni come questa è fondamentale affidarsi ad un legale che possa seguirti e consigliarti. Se ti è capitato di incombere in errori medici, essere rimasto vittima di malasanità o pensi che la tua situazione possa essere analoga e vorresti un approfondimento in merito, se vuoi puoi contattarci senza impegno compilando il modulo apposito.

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Vittima di un reato violento? Lo Stato ti paga un indennizzo.

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Purtroppo, capita molto spesso che l’autore di un reato, peraltro particolarmente odioso o grave, venga identificato e condannato, ma poi si riveli nullatenente, con la conseguenza che la vittima del reato non riesce a conseguire il risarcimento che le spetta.

Per fortuna, l’Unione Europea ha adottato una direttiva che prevede che in tali casi ci sia l’intervento dello Stato al quale la vittima si può rivolgere per vedersi riconosciuto e pagato il proprio risarcimento danni, o almeno un indennizzo.

La direttiva è la 2004/80/CE.

Essa ha istituito per tutti gli Stati il seguente obbligo: «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime» (art. 12, paragrafo 2).

Come previsto dall’art. 18 della direttiva stessa, il legislatore italiano avrebbe dovuto attuare detto sistema d’indennizzo entro il 1° luglio 2005.

Lo Stato italiano – ovviamente – non ha rispettato tale termine e per questo è stato poi anche condannato dalla Corte di Giustizia (sentenza 29 novembre 2007, causa C 112/07).

Ma la cosa che più importa è che alcuni giudici hanno emesso sentenze in cui hanno comunque condannato lo Stato a corrispondere l’indennizzo previsto dalla direttiva, ritenendo appunto questa direttiva già applicabile, nonostante la mancata attuazione con legge dello Stato.

La prima sentenza è quella del Tribunale di Torino n. 3145/10 del 6 maggio 2010, resa dalla Dott.ssa Roberta Dotta. Il caso riguardava la terribile esperienza vissuta da una giovane ragazza, che era stata sequestrata, percossa e violentata per un’intera notte da due ragazzi. I fatti erano stati accertati penalmente, solo che i due responsabili si erano resi latitanti nel corso del processo e comunque non avevano niente di aggredibile per risarcire i danni.

Il Tribunale, applicando i consolidati principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE e dalla Cassazione italiana in materia di responsabilità per mancata attuazione di direttiva comunitaria, ha condannato la Presidenza del Consiglio a risarcire le “conseguenze morali e psicologiche” subite dalla ragazza, liquidando in via equitativa la somma di €90.000 e ritenendo che i pregiudizi, per essere risarciti, non abbisognassero nemmeno di un’apposita istruttoria, considerate le modalità con cui erano stati commessi i fatti.

Altre sentenze poi hanno confermato questo indirizzo, come questa di Bologna. 

Ma quali sono i reati violenti che danno diritto a conseguire un indennizzo da parte dello Stato?

La direttiva non contiene una definizione precisa, ma solo una formula generica in modo da poter ricomprendere tutti quei casi in cui può sembrare giusto che ci sia l’intervento dello Stato a risarcire chi è rimasto vittima di un reato particolarmente odioso. Sicuramente rientrano nel novero l’omicidio, la violenza sessuale e molto probabilmente anche le lesioni personali; per altre figure di reato invece conviene valutare caso per caso, tenendo presente che l’ultima parola ovviamente spetta sempre al giudice.

Per quanto riguarda, invece, l’ammontare del risarcimento, la direttiva parla di un indennizzo. L’utilizzo di questo termine può far pensare che non si tratti di un vero e proprio risarcimento cioè di una somma effettivamente parametrata al danno subito ma ha una somma che pur non essendo corrispondente al danno costituisca un fattore di ristoro per la vittima del reato come ad esempio è avvenuto nel caso giudicato a Torino. L’indennizzo, quindi, è sempre monetariamente più basso del risarcimento danni, ma è comunque già qualcosa per tutte quelle vittime che se non potessero richiedere questo indennizzo rimarrebbero completamente a mani vuote.

Una prospettiva interessante in casi come questi è che la vittima del reato può proporre al suo avvocato di seguire la pratica di risarcimento danni o comunque di conseguimento dell’indennizzo con un sistema tariffario basato su un compenso a percentuale considerata la solvibilità dello Stato italiano che è destinato a pagare al termine della vertenza, anche se la sicurezza assoluta non si può mai essere e quindi anche per questi aspetti bisognerà che cliente avvocato valutino caso per caso stabilendo un accordo articolato sui compensi destinato a prevedere le varie ipotesi in cui può concludersi la vertenza.

Se sei rimasto vittima di un reato violento e vuoi chiedere indennizzo allo Stato in base alla direttiva europea puoi chiederci un preventivo compilando il modulo apposito.

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Sinistro stradale con lesioni: come è meglio gestirlo?

4 mesi fa ho avuto incidente ,4 fratture scomposte e sono stata operata, ho 70 anni, la controparte viaggiava con passeggero , e nonostante le foto evidenzino come io ero sulla mia corsia, visto che l auto mezza distrutta era tutta dentro la mia corsia ,addirittura sbattuta sul marciapiede, la controparte ha cercato di usare l amico passeggero come testimone,dicendo che sono stata io ad invadere la sua corsia poi rimbalzando indietro, io ho tre testimoni ,uno che ha visto l auto che ha invaso mia corsia, e due arrivati qualche secondo dopo che han visto la mia auto tutta all ineterno della mia corsia, come da foto, loro avevano anche spostato l auto da luogo impatto.
abbiamo fatto richiesta verbale carabinieri per vedere cosa han rilevato, ma dobbiamo aspettare, perche il verbale necessita del nullaosta procura, visto che è saltato fuori che la controparte guidava in stato di ebrezza. cosa comporta questo??? poi volevo sapere per legge ogni punto di invalidita quanto sarebbe.

Visto che è un danno di una certa entità, ti conviene incaricare un legale di seguire la pratica, perché il rischio, in mancanza di un avvocato, di conseguire un risarcimento molto più basso di quello che ti spetterebbe, o addirittura di non conseguirlo o conseguirlo solo in parte, a seguito del riconoscimento di un concorso di responsabilità, è davvero molto alto.

Ci sono, specialmente nei sinistri con lesioni importanti come il tuo, aspetti tecnici e pratici che può disbrigare in modo corretto solo un avvocato esperto della materia, mentre confidare sulla correttezza e buona fede della compagnia di assicurazione che deve liquidare è davvero assurdo: le compagnie sono società commerciali interessate a liquidare il meno possibile e che fanno regolarmente tutto quello che possono per raggiungere questo obiettivo.

Ovviamente, prima di affidare l’incarico chiedi un preventivo, anche se la prassi invalsa nel settore è quella del compenso a percentuale in ragione del 10% del ricavato, che scatta peraltro solo se le spese legali non sono rimborsate dalla compagnia, cosa che secondo una recente sentenza di Cassazione sarebbe peraltro dovuta.

Ciò premesso, è normale che l’estrazione di copia del rapporto di incidente stradale richieda l’autorizzazione della procura, essendoci stato un possibile reato è stato aperto un fascicolo e c’è il segreto delle indagini preliminari, comunque basta fare un’apposita istanza, cui provvederà il tuo legale una volta che l’avrai incaricato.

Per quanto riguarda invece il danno biologico, intanto devi procedere alla determinazione del suo ammontare, cosa che puoi fare solo rivolgendoti ad un tuo medico legale – anche qui ti rinnovo l’esortazione a non fidarti delle conclusioni di quello della compagnia di assicurazione, ma a commissionare prima un accertamento ad un professionista di tua fiducia.

Una volta che avrai avuto la consulenza medico legale, che consiste appunto in una relazione scritta, alle conclusioni della stessa si possono applicare le tabelle attualmente previste. Per fare il calcolo in concreto, puoi usare una delle utilities che si trovano comunemente su internet.