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Dividere la casa con ex coniuge: come fare?

sono in fase di divorzio,ho due bambini di 15 e 10 anni,ho una casa in comproprietà con il mio ex marito al 50percento. Il problema grosso è proprio questa casa, è stata affidata a me con i bambini,ora ho provato a fare trattative per acquistare il suo 50 percento,ma non c’è cifra che lo soddisfi ( vuole esattamente la metà della casa) io oltretutto sono disoccupata,e non posso comprarmi la sua parte per la cifra che dice lui ( oltretutto abbiamo un mutuo che lui non sta pagando per rispetto) ora mi ha detto che se non accetto di comprare la sua parte mi porta in tribunale mettendo un CTU e così la casa andrà all’asta! Rimanendo io sicuramente dentro fino a che i miei figli sono autosufficienti! La mia domanda è: un giudice può obbligarmi a vendere la mia metà di casa ( oltretutto pago regolarmente anche mutuo) senza il mio consenso? mettendola all’asta perché lui vuole la sua parte?

È un problema classico di separazione e divorzio, di cui abbiamo parlato ormai centinaia di volte nel blog, per cui non esiste una soluzione «magica» e pronta, nemmeno se uno fosse disposto a pagarla milioni di euro.

La casa è in comproprietà, nessuno può essere «costretto» a vendere la sua parte all’altro, di conseguenza ognuno può fare il prezzo che vuole della sua quota, tranne l’ipotesi di divisione giudiziale che, naturalmente, sarebbe solo uno spreco di tempo e di denaro, anche perché sul mercato difficilmente troverebbe un acquirente una casa vincolata a due figli per un tempo indefinito, quello necessario al raggiungimento dell’autosufficiente economica.

Probabilmente tuo marito ha un legale che non lo sta consigliando bene o, pur avendo un legale che tenta di indirizzarlo nel modo più corretto, è arroccato su posizioni poco sostenibili per motivi che non sono difficili da immaginare né rari da rinvenire in situazioni di questo genere.

Il principale approccio possibile per trattare un problema di questo genere resta comunque la negoziazione e la trattativa: come è stata condotta fino adesso? In modo efficace e funzionale o in modo inefficiente, come ad esempio col classico «balletto» di lettere tra i legali?

Questo sarebbe un aspetto importante da capire.

Se vuoi un preventivo per un’assistenza da parte del nostro studio nella tua situazione puoi chiedercelo compilando il modulo nel menu principale del blog.

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Comunione con mio fratello di una casa: come uscirne

Ho il 33% di immobile mentre mio fratello il 66% (ho fatto rinuncia all’eredita Di mio padre per debiti) . Mio fratello ha residenza ma non il domicilio, mentre io no (abito in un altro indirizzo). Lui non paga niente. Ha la posta intasata di atti giudiziari e multe. Non paga le immondizie ecc. dice che paga e lavora in nero, il suo denaro è gestito da una banca su internet e manda tutto all’estero, voglio togliermi da quell’immobile come fare? Ho pagato un avvocato che dopo lettere su lettere e firme, mio fratello straccia le lettere dell’avvocato.

È un problema comunque, di cui abbiamo parlato davvero tante volte, per cui, al di là di quello che diremo qui, ti invito anche a fare una ricerca tra i vecchi post, in modo da avere magari la possibilità di leggere altre considerazioni e avere altri angoli visuali.

Molto semplicemente, si tratta di una situazione di comunione ereditaria che determina, con il suo permanere, diversi problemi connessi al fatto che uno dei comproprietari, non avendo probabilmente nulla da perdere, non si interessa in alcun modo della gestione e anzi determina con il suo comportamento difficoltà in coloro che pure se ne vorrebbero occupare.

In astratto hai due possibilità di azione.

La prima sarebbe svendere la tua quota del 33% ad una persona disposta ad acquistarla sul mercato. Ovviamente, questa persona dovrà essere poi disponibile a promuovere tutte le pratiche che saranno necessarie per risolvere, in qualsiasi modo, la situazione con tuo fratello. Ovviamente, è difficile trovare un soggetto del genere, anche se non impossibile.

La seconda possibilità è coltivare tu personalmente questa posizione per arrivare ad una soluzione, che può essere delle più diverse:
– tu acquisti la quota di tuo fratello e lo liquidi, dopodiché tieni o vendi la casa;
– tuo fratello acquista la tua quota;
– regali a tuo fratello anche la tua quota
– ecc. ecc..

Per fare tutte queste cose, relative alla seconda possibilità, devi tuttavia riuscire ad instaurare un dialogo costruttivo con tuo fratello, cosa per la quale è più adatto, ad esempio, un mediatore familiare che un avvocato a mio giudizio.

Quindi il consiglio sarebbe per me quello di incaricare un mediatore familiare di provare ad intervenire nella situazione. Se vuoi ovviamente un preventivo da noi, siamo a disposizione, è sufficiente compilare il modulo che trovi in alto nel blog.

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Divisione giudiziale: devo accettare beni in natura?

Dopo aver lanciato causa per vendita giudiziale tutto asse ereditario,sono in attesa risultati stime CTU e CTP.

Villa Noemi € 3.000.000,- mia quota 16,6%
Villa Fioravante € 850,000,- mia quota 25%
Immobilare Brina € 300,000,- mia quota 25%
Cascina € 90.000,- mia quota 25%

La proposta di divsione bonaria delle sorelle, da me rifiutata,prevedeva liquidazione mie quote di Villa Noemi(16,6%)tramite assegnazione a me di Immobiliare Brina e Cascina.

Ovviamente ho rigettato la proposta bonaria,che ho ritenuto non omogenea e ho iniziato causa contro le sorelle.Desidero essere liquidata in contanti e non con immobili di scarso valore immobiliare.

Articolo 720 CC,prevede, nel caso di immobili non divisibili,assegnazione ai coeredi che hanno maggioranza,con conguaglio in danaro.Ma le sorelle non hanno fondi per pagare conguaglio.

Sarò costretta ad accettare conguaglio in immobili di scarso valore?

Dovrò accettare assegnazione immobili di scarso valore?

Come procedo?

L’art. 720 del codice civile prevede quanto segue: «Se nell’eredità vi sono immobili non comodamente divisibili, o il cui frazionamento recherebbe pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene, e la divisione dell’intera sostanza non può effettuarsi senza il loro frazionamento, essi devono preferibilmente essere compresi per intero, con addebito dell’eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedono congiuntamente l’attribuzione. Se nessuno dei coeredi è a ciò disposto, si fa luogo alla vendita all’incanto.»

Si tratta di una disposizione che attribuisce al giudice un potere discrezionale, evidente nell’uso dell’avverbio «preferibilmente», che non indica certo un obbligo di procedere in tal senso. Può essere importante o significativo al riguardo, vedere cosa opina in materia il CTU incaricato dal giudice.

In ogni caso, la disposizione stessa specifica che è necessario il consenso dei coeredi, per cui, se nessuno di essi chiede l’assegnazione per l’intero di uno o più beni, facendo poi un adeguato conguaglio agli altri, si procede comunque alla vendita con incanto, quindi alla collocazione sul mercato, tramite il procedimento previsto per le aste giudiziarie, dei beni stessi, con successiva divisione del ricavato monetario che, come tale, è sempre agevolmente divisibile.

In ogni caso, si tratta di eventi che potrebbero compromettere il tuo patrimonio, per cui, al di là di tutto, ti consiglio sempre di mantenere un approccio negoziale, cercando di raggiungere un accordo tra di voi.

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CTU causa di divisione: può non andare in loco?

Ho ereditato con 3 sorelle,immobili per valore € 4.000.000,-

Si tratta di proprietà indivisibili e non omogenee come valore.

Ho rifiutato proposta bonaria di divisione delle 3 sorelle perchè l’ho ritenuta non omogenea e ho lanciato causa per divisione giudiziaria.

L’unico immobile che vale in questo a è Villa in Sardegna,le sorelle non vorrebbero vendere ma non hanno liquidità per comprare la mia quota di circa € 300.000,-

La proposta bonaria delle sorelle consisteva nel liquidare la mia quota di Villa in Sardegna con immobili di scarso valore,inabitabili e di difficile realizzazione.

Per questa ragione ho iniziato causa per vendita giudiziale.

CTU e CTP hanno visitato tutte le proprietà in Veneto da pochi giorni.

Ma la CTU per “per paura di non rientrare con le spese”ha optato per NON andare in Sardegna.

il valore della villa è € 2.500.000,-/3.000.000,- mia quota 16,6%.

può CTU rifiutarsi di andare in Sardegna a valutare l’oggetto che più vale in questo asse ereditario?

È una valutazione discrezionale che può fare il CTU, ovviamente sotto il controllo del magistrato cui è assegnato il procedimento.

Il discorso del CTU probabilmente è stato quello di cercare di fare un accertamento tecnico senza far esplodere i costi, per riguardo nei vostri confronti.

Come parti, infatti, le maggiori spese sarebbero a vostro carico.

Per contro, il valore di un immobile si può valutare, anche se sicuramente con una maggior approssimazione, senza bisogno di recarsi in loco a visitarlo, ma consultando le informazioni documentali ed acquisendo informazioni sullo stato del mercato in loco ovvero, ulteriormente, appoggiandosi ad un tecnico della zona.

Non so quale procedimento abbia seguito il CTU incaricato dal giudice, è certo che la sua valutazione dovrà comunque essere accurata.

Qualora pensaste che un accesso in loco da parte del CTU fosse indispensabile o altamente opportuno, potreste fare una istanza al CTU stesso e soprattutto al giudice di prevedere questo accesso, dando contemporaneamente la disponibilità a sostenere i maggiori oneri economici che ne deriverebbero.

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Casa familiare assegnata all’ex: come ottenere la divisione

Separato da 3 anni (separazione giudiziale) con assegnazione della casa mio figlio e alla mia ex. Matrimonio in separazione dei beni con casa e mutuo a mio nome. Da 2 anni non pago il mutuo, la casa non é stata ancora ne’ pignorata ne’ messa all’Asta. Ho cercato di convincere la mia ex a firmare per vendere la casa e dividere la somma ricavata, ma non ne vuole sapere nulla. Esiste un modo per poter vendere la mia casa? Se si, come?

Ne abbiamo parlato dozzine di volte nel blog, per cui ti invito a fare una ricerca nei vecchi post, che, ad oggi, sono oltre quattromila, un discreto deposito di domande / risposte giuridiche dove ormai è facile trovare risposta a molti dubbi, dal momento che tante domande sono ricorrenti.

In sintesi, le possibilità che hai sono le seguenti.

Innanzitutto, puoi vendere la tua quota di proprietà, che non ho capito se è intera o in comunione con tua moglie, però chi acquista dovrà rispettare il vincolo di destinazione impresso sull’immobile costituito in casa familiare a favore di tuo figlio, quindi non sa quando potrà prenderne possesso perché dipende da quando tuo figlio uscirà di casa. Molto difficilmente puoi collocare sul mercato un bene del genere, specialmente in un momento come questo.

Se la casa è in comunione, puoi chiedere la divisione giudiziale per tentare di «realizzare» la tua quota, ma anche in questo caso, anzi qui a maggior ragione, è evidente che è difficile che vi possano essere terzi interessati, per di più in seno ad una procedura forzosa, ad acquistare una quota di un bene su cui c’è comunque un vincolo di destinazione.

Il punto è che comunque la casa familiare finché tuo figlio non è diventato autosufficiente è destinata a restare al suo servizio, partendo da questo concetto puoi capire come i margini di manovra per poter realizzare qualcosa da quel bene siano molto limitati.

L’unico metodo per trattare situazioni di questo genere, e anche questo ormai l’avrò detto centinaia di volte, è quello della trattativa: devi negoziare, con l’aiuto di un bravo avvocato o mediatore familiare (non puoi affatto negoziare da solo…), con la tua ex per trovare una soluzione concordata. Se l’immobile è in comunione, potete venderlo e dividere il ricavato, la sua porzione di ricavato però deve essere sufficiente, magari con una piccola aggiunta, per consentirle di ottenere la disponibilità di una nuova casa in cui andare ad abitare.

Qui starà poi a te valutare quanto sei disposto ad allentare i cordoni della borsa per uscire almeno da questa situazione, facendo non quello che è giusto, ma quello che ti conviene, un’altra cosa che predico spesso…

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Per sciogliere una comunione scegliete un avvocato negoziatore.

in comunione con due sorelle, ho ereditato una casa con terreno. Premetto che saremmo intenzionate a vendere, ma il contrasto è sul prezzo. A questo punto chiedo: se le altre due sorelle sono disposte a vendere per una cifra che io ritengo insoddisfacente, per la medesima potrei acquistare io.
La cosa non è semplice perchè una in particolare, guidata dal marito sadico e arrogante, sarebbe portata ad opporsi per dispetto, fino a giungere alla vendita all’asta.
Leggendo il suo articolo si evince che colui il quale possiede maggiori quote, facendo richiesta di assegnazione, ha più possibilità? In previsione di come si andrà a determinare la vicenda, mi conviene acquistare la quota di una sorella che magari è più disposta a cedere?
In sintesi chiedo la migliore strategia per far si che la casa non vada in mano a persona sgradevole e possa acquistarla io.

I problemi alla base di queste situazioni non sono tecnici, ma squisitamente umani, riguardano cioè i contrasti e i conflitti che ci sono all’interno della famiglia e che rendono molto difficile se non impossibile sviluppare un dialogo serio e costruttivo, che è invece indispensabile per arrivare a una soluzione.

Per questo motivo, io credo che prima di pensare a soluzioni e metodi di tipo giudiziale, che rappresentano sempre un bagno di sangue per tutti, si debba tentare il più possibile con approcci di tipo negoziale.

In primo luogo, non potete condurre voi in prima persona la trattativa, ma dovete incaricare un legale, un avvocato. Questo avvocato non deve essere quello che la gente cerca comunemente quando desidera un «avvocato con le palle», che di solito è semplicemente purtroppo solo uno stronzo maleducato che non porta ad altro che alla rovina, ma tutto al contrario una persona affabile, saggia, dotata di propensione al dialogo, alla mediazione e in grado di definire e suggerire una adeguata strategia di base.

Vi serve, in altri termini, una persona intelligente e dotata di delicatezza, tatto e diplomazia, indispensabili per muoversi in situazioni come queste.

La trattativa sarà in primo luogo condotta da questo avvocato con le altre parti o i legali che le altre parti vorranno incaricare, sperando sempre che in questo secondo caso si tratti di professionisti ragionevoli.

Qualora la trattativa, poi, si dovesse arenare per un motivo o per l’altro, l’ulteriore ipotesi da valutare, sempre in ambito negoziale, sarebbe quella di promuovere la fase di mediazione, che in molti casi si è dimostrata un valido passo per sbloccare problemi già un po’ incancreniti, per la presenza di un mediatore, e che comunque rappresenta un momento necessario per legge per promuovere poi, se proprio non dovesse andar bene, la causa di divisione giudiziale.

È importante per il cliente capire che la fase di trattativa rappresenta un investimento importante, di cui tuttavia non c’è alcuna garanzia di ritorno. La trattativa, infatti, è un vero e proprio lavoro per l’avvocato, da svolgere con delicatezza, attenzione e scegliendo sempre le mosse più opportune: il cliente deve corrispondere un compenso per questo lavoro «di fino», però può darsi che la soluzione non arrivi perché il risultato dipende sempre dall’accettazione delle altre parti, per quanti sforzi si possano fare e per quanto un avvocato possa essere bravo.

Per questi motivi, il cliente deve mettere in conto l’eventualità di pagare diverse ore di lavoro per poi ritrovarsi con niente in mano, proprio perché si tratta di un tentativo. Un tentativo che secondo me tuttavia, vista l’alternativa, che è quella giudiziale, vale sempre la pena di fare, conviene. Si può procedere per passi successivi, eventualmente programmare ad esempio 5 ore di lavoro, esaurite le quali si può fare un primo punto della situazione e decidere insieme al legale se programmarne altre cinque oppure passare ad altri approcci e metodi per trattare il problema.

Come per quasi tutti i problemi legali, non c’è una soluzione pronta per situazioni del genere. Ci si può solo lavorare sopra e vedere man mano come la situazione evolve. I problemi legali si possono trattare, con lo scopo di arrivare ad una soluzione. In queste situazioni di comunione, il modo migliore di trattarle almeno all’inizio è sicuramente quello della trattativa, rigorosamente tramite legale perché le parti da sole non sono affatto in grado di negoziare in modo efficace, questo è un aspetto fondamentale da capire. Nel 90% dei casi le persone che si muovono senza una adeguata assistenza legale peggiorano la situazione.

Che un legale sia indispensabile per me è fuori discussione, piuttosto il problema è la scelta dell’avvocato, perché purtroppo i professionisti inadeguati ci sono e il rischio di incaricarne uno è reale. Ti consiglio di curare particolarmente bene la scelta del legale che andrai ad incaricare, assicurandoti che abbia una vera propensione e professionalità come negoziatore. Stai bene alla larga da tutti gli altri.

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Partecipazione societaria ereditata: come uscirne?

Ho un attività di autorimessa ereditata insieme mio fratellastro. Una S.A.S. suddivisa per un terzo ciascuno , a cui si aggiunge la mamma del fratellastro. L’attività va bene, solo che sono estromesso dai guadagni, utili, visione bilanci ecc. Ho provato a recuperare un rapporto che non vogliono. L’unica soluzione sarebbe dividere i locali (molto ampi, con 2 ingressi ) faccio riferimento al suo art. C.C. art.720. Sono in mano ad un avv. naturalmente ma non ho ottenuto e nn mi dilungo. La domanda è rivolgermi ad un giudice x divisione è un procedimento lungo e costoso . Voi cosa consigliereste?

Innanzitutto, bisognerebbe capire nella posizione di quale socio sei subentrato come erede, se cioè in quella di socio accomandante, che è solo un investitore senza alcun potere di ingerenza nella società, o in quella di socio accomandatario, che è appunto quello che gestisce concretamente l’attività. La tua società appunto è una società in accomandita semplice, una società di persone che prevede necessariamente la presenza di queste due categorie di soci.

Qualora tu fossi socio accomandatario, la tua esclusione dall’amministrazione sarebbe illegittima, specialmente dal punto di vista quantomeno informativa, cioè del diritto a consultare e ricevere copia dei documenti societari. Inoltre, sarebbe anche pericolosa, perché tu, pur senza sapere nulla di come viene amministrata la società, risponderesti delle obbligazioni sociali col tuo patrimonio, a differenza del socio accomandante.

Pertanto è sicuramente una situazione dalla quale deve cercare di uscire subito, iniziando dal fare la dovuta chiarezza.

Il primo passo è sicuramente quello dell’invio di una diffida tramite avvocato; se questo non fosse sufficiente, puoi tentare con la fase di mediazione che spesso offre buoni risultati e che comunque è obbligatoria per poter poi in seguire instaurare un giudizio di divisione giudiziale.

La divisione giudiziale, riguardando quote societarie, peraltro sarebbe abbastanza più agevole di quella che si ha quando si devono dividere immobili.

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Divisione di un immobile con ipoteche a Equitalia: come si fa?

Essendo vedovo, ho ereditato la porzione di proprietà di 1/4 divisa fra me e mia figlia di una vecchia casetta che era dei genitori di mia moglie. Una mia cognata ha dei debiti con il fisco e quindi con Equitalia (una volta Uniriscossioni) la quale aveva posto due ipoteche su quella casetta che ha un valore attuale commerciale di 40mila euro (non vale di più). Ora un altra mia cognata sarebbe disposta ad acquistare le porzioni degli altri ma Equitalia pretende il pagamento di circa 23mila euro che è dato da una loro valutazione dell’immobile (rendita catastale moltiplicata per un loro coeff) che gli da 94mila€. Una nostra perizia giurata non viene presa in considerazione. Equitalia sostiene che se gli paghiamo circa 93mila diviso 4 ( 4 erano le figlie) toglie l’ipoteca. Altrimenti non se ne fa niente. Equitalia non vende perchè non ci riuscirebbe. La cognata che ha debiti non ha altri beni e non ha soldi per saldare Equitalia. La casa è vuota. Cosa possiamo fare ?

La casa, ovviamente, può essere venduta senza nessun bisogno di cancellare prima le ipoteche, solo che, ovviamente, chi acquista, le dovrà rispettare e subire in caso di mancato pagamento dei crediti che garantiscono.

Una prima idea, che però non credo possa godere di molto fascino presso tuo cognata, potrebbe essere quella di vendere a lei con le ipoteche, lasciando che sia poi lei a sistemare il problema, ovviamente in questo caso accettando – negozialmente – di vendere ad una cifra piuttosto scontata rispetto a quello cui si potrebbe pensare in una situazione «normale».

Se, invece, non si trovasse un accordo, né in questo né in altri termini, l’unico sistema per uscire da questa situazione sarebbe chiedere la divisione, in via dapprima stragiudiziale, quindi tramite la prevista fase di mediazione e, infine, giudiziale.

Una buona idea potrebbe essere instaurare la fase di mediazione, che, nella mia esperienza, in molti casi è stata utile per sbloccare molte situazioni di questo genere.

Un altro consiglio che forse si può dare è quello di nominare, a spese comuni magari, un avvocato che vada a negoziare per conto di tutta la famiglia con Equitalia, in modo da spuntare condizioni più vantaggiose e magari alla fine praticabili.

Non esiste, insomma, come sempre una soluzione «pronta», ma il problema va trattato, con molta pazienza, cura ed abilità, meglio se con l’assistenza di un bravo professionista.

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Casa familiare: posso obbligare il mio ex a venderla?

sono separata da 3 anni (giudiziaria). Ho l’affido esclusivo dei miei tre figli , di cui 2 minorenni.
Il mio ex non passa assegni di mantenimento. E’ residente all’estero . Mi è stata assegnata la casa coniugale . la casa è di sua proprietà , ma il mutuo è cointestato. Da anni non pago il mutuo e la casa è stata pignorata e probabilmente messa all’asta. Ho cercato di convincere il mio ex a firmare per vendere casa( avevo anche gli acquirenti) ma non ne vuole sapere. E’ possibile obbligare il mio ex marito , visto le condizioni di notevole difficoltà in cui io e i miei figli ci troviamo, a vender la casa ? e se si come?

Non è né possibile né, ormai, probabilmente sarebbe conveniente.

L’unica cosa che avresti potuto fare prima del pignoramento era chiedere la divisione dell’immobile, dapprima in via stragiudiziale, poi tramite la obbligatoria fase di mediazione e quindi mediante la divisione, appunto, giudiziale.

Un’altra cosa che avresti potuto fare era pignorare tu stessa la sua quota di immobile per il credito degli alimenti, ma non credo che questa cosa ti avrebbe potuto giovare perché probabilmente c’era già un’ipoteca di primo grado con, di conseguenza, precedenza sul tuo pignoramento.

Peraltro, la divisione giudiziale si sarebbe potuta anche attuare tramite vendita all’asta dell’immobile, con successiva divisione del ricavato, a discrezione del CTU e del giudice, con la conseguenza che ora non vale nemmeno la pena di rammaricarsi più di tanto.

Se fossimo in una fase in cui il problema è più acerbo, ti consiglierei di cercare di andare a recuperare un po’ di dialogo con tuo marito tramite alcune sedute di mediazione familiare, ma ormai il problema è in fase un po’ troppo avanzata, anche se sicuramente la mediazione ti farebbe bene per altri aspetti.

L’assistenza di un avvocato nella fase dell’esecuzione immobiliare comunque potrebbe esserti molto utile per evitare di subire danni superiori a quelli che già purtroppo sei destinata a subire per varie ragioni, tra cui l’andamento del mercato degli immobile e la presumibile bassa somma di realizzo tramite la vendita all’asta, per cui valuta di munirti di un bravo legale.

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Comunione ereditaria: come scioglierla se un coerede vanta diritti?

Sono erede dalla parte di mia madre deceduta, la cui madre era intestataria di terreni e di una casa; uno zio, fratello di mia madre, erede anch’egli, rivendica il diritto di avere quest’immobile perché, dice, è stato costruito con i suoi denari,ma non era intestato a lui. Ora, benchésia in successione, quindi andrebbe diviso equamente tra tutti gli eredi, questo zio non cambia la sua posizione; quand’anche io, insieme con gli altri eredi, riconoscessi questo diritto, ma vorrei ricevere una parte del valore dell’immobile, se riconosco che appartenga a lui. Niente, invece lui è irremovibile. E’ strano che io voglia la giusta parte dell’immobile, come erede di un bene in successione, anche se questo bene, la casa, è stato realizzato con le spese dell’erede che lo pretende?

È una situazione di comunione ereditaria da sciogliere, che, come tale, è sempre complicata e va affrontata in modo intelligente e strategico, complicata rispetto a quanto avviene di solito da questa rivendicazione aggiuntiva di uno dei coeredi che, in teoria, avrebbe investito in uno dei cespiti.

La prima cosa da chiarire è che tuo zio non ha al momento nessun diritto in più rispetto a quanto previsto dalle norme sulla divisione delle eredità, lui ha solo, al massimo, degli elementi per comprovare un suo diritto di credito nei confronti dell’asse che però, finché non sarà stato accertato da un giudice o riconosciuto con un atto di autonomia privata, è come se fosse inesistente.

Quindi, in teoria, tu potresti chiedere la divisione, anche giudiziale, dell’eredità ignorando completamente le pretese di tuo zio e il giudice che se ne occuperebbe, seguo zio non riuscisse a dimostrare nulla del suo credito, ugualmente le ignorerebbe.

Però la divisione giudiziale è sempre un bagno di sangue, per cui ti consiglio di continuare a negoziare per vedere se c’è modo di trovare, nonostante tutto, un accordo per la divisione.

Se le trattative arrivano ad uno stallo, incarica un avvocato e promuovi un tentativo di mediazione civile presso un organismo accreditato, questo offre sempre molte più chances di raggiungere un accordo.