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counseling

7 punti per trovare il tuo talento.

Come ti ho già detto molte volte, il mio counseling non é mai fatto di

consigli, ma solo di domande. É come se io mi limitassi a darti delle
scatole, che poi sei tu a riempire.

Uno dei temi fondamentali della vita di tutti noi, uno dei problemi
che mi vengono portati più spesso a studio, é quello di riuscire a
trovare il proprio «vero talento», quello per cui ognuno di noi é
stato in qualche modo chiamato.

Sette domande per trovare la tua chiamata più autentica.

  1. Cosa ti è davvero sempre piaciuto fare da bambino? Cos’era che
    facevi nella quale sembravi avere un talento naturale?
  2. Cosa sei disposto a fare gratuitamente solo perché ti porta
    soddisfazione e realizzazione? Non deve essere un hobby o
    un’occupazione che ti sei dato per convenienza, conformismo, con lo
    scopo di evitare altre persone, come purtroppo a volte accade con
    alcune forme di volontariato: deve essere qualcosa che ti porta
    soddisfazione autentica, interrogati su questo senza giudizio, anche
    se si trattasse di un’attività illegale, illecita, immorale intanto
    devi ascoltare le tue emozioni a riguardo, cosa farne si valuterà in
    un secondo tempo.
  3. Che tipo di cose assorbono la tua attenzione e ti fanno perdere
    ogni senso del tempo? Quali sono le attività facendo le quali
    dimentichi te stesso, ti abbandoni al piacere di vivere e non ti
    accorgi che le ore passano?
  4. Preferisci lavorare con gli altri o da solo? Sembra banale, ma é un
    aspetto fondamentale per capire alcune il tipo di attività cui sei
    chiamato. Ti lascio un piccolo indizio: di solito, gli uomini
    preferiscono lavorare da soli, le donne in gruppi, dove però non ci
    siano solo altre donne, ma anche uomini.
  5. Preferisci l’ordine e la struttura, o preferisci la libertà e la
    possibilità di essere spontaneo? Ti piace lavorare in un contesto
    strutturato o sei più per gli ambienti da costruire che stimolano la
    creatività?
  6. Cosa faresti e dove saresti se qualcuno ti dicesse che
    finanzierebbe il tuo sogno? Costruiresti un’attività? Faresti un
    viaggio? Spendereati tutto per te stesso? Investiresti nel fare
    qualcosa di significativo per gli altri? Pensa per un attimo di avere
    il denaro per fare quello che preferisci: che cosa faresti? Sii
    autentico, anche qui.
  7. Se ti fosse chiesto di immaginare la vita ideale, come sarebbe?
    Quali sarebbero tutti i diversi aspetti e componenti? Immaginala più
    nel dettaglio possibile: cosa faresti dal mattino alla sera dal lunedì
    alla domenica?

Conclusioni

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diritto

Laureati Giurisprudenza su Google ne abbiamo?

sono in fase di attesa di udienza camerale per una denuncia da me presentata purtroppo infondatamente archiviata dal PM. Per la proposizione di opposizione mi ero rivolta ad un legale al quale ho concesso nomina e procura
speciale.
Vorrei ora, per motivi di mancata fiducia, revocare il mio legale: ho sentito parlare di ultraattivita’ della procura per cui mi chiedo se in questa fase (ancora di indagini preliminari) devo necessariamente procedere a nuova nomina per ”liberarmi” del
attuale legale. Preciso inoltre che, nell’atto di procura, è scritto che egli puo’
avvalersi di sostituti processuali per la costituzione di parte civile: chiedo se questa potrebbe essere causa di irrevocabilita’ in quanto considerato mandato conferito
a piu’ persone e mi obbligherebbe al pagamento di una penale?

«Ho sentito parlare di ultrattività della procura» è una delle battute più belle che io abbia sentito negli ultimi cinque anni.

Queste sono le cose che succedono quando si prende la laurea in Giurisprudenza su google.

Purtroppo, si tratta di un problema reale: le persone non hanno più consapevolezza dei confini della propria competenza o, detto in altri termini, credono che «democrazia» significhi, automaticamente, poter acquistare la qualifica di esperto in ogni campo, un po’ come quelle persone di cui ogni tanto si dice che sono degli eclettici, senza però purtroppo esserlo veramente.

Il problema ha delle conseguenze negative non trascurabili per chi si trova ad avere a che fare con un problema legale, che ti voglio illustrare per bene.

Al momento, ad esempio, io lavoro a 100 euro all’ora, a livello di consulenza, come tariffa di base.

Orbene, data questa tariffa di base, e rapportandola al tempo cui si riferisce, ultimamente purtroppo molti clienti tra quelli che assisto sprecano almeno 60/70€ di «tempo», che hanno pagato, per farmi dire perché quello che hanno letto su google non c’entra un cazzo con il problema che mi hanno portato.

Oltre allo spreco di tempo, c’è anche un potenziale danno concreto sulla qualità del lavoro. Se io posso dedicarmi al tuo problema solo negli ultimi venti minuti rimanenti, non solo hai buttato via parte del tuo investimento, ma hai anche meno possibilità che io possa occuparmi in maniera efficace del tuo problema, perché il lavoro, specialmente quello legale, è fatto di cura e attenzione.

Un avvocato, in altri termini, ti vende la sua attenzione – che è oggi uno dei beni più preziosi, tanto è vero che tutti la vogliono – e lo fa per un periodo di tempo circoscritto e limitato perché questa sua attenzione la deve dare anche ad altri clienti e al resto delle persone della sua vita – figli, genitori, coniuge, amici, ecc. ecc..

Torniamo, dunque, ad un mondo in cui le cose di cui abbiamo «sentito parlare» sono l’Inter, la Juve, il Milan o i colori che andranno per le unghie la prossima stagione, cioè gli argomenti riversabili in una conversazione che potremmo sostenere al bar, davanti ad un cappuccino fumante…

Io capisco anche che questa voglia di approfondire nasca non da un desiderio di comprensione e di evoluzione, ma più semplicemente e banalmente dal fatto che non ci si fidi degli esperti. Questo lo capisco perfettamente, se c’è un periodo della storia che ha dimostrato che gli esperti prendono grandi cantonate è sicuramente stato questo dell’epidemia del coronavirus.

Ma dalla necessità di un esperto competente e onesto non possiamo uscire con una ricerca su google: l’unica possibilità di uscita è trovare un esperto che non sia un deficiente, altrimenti noi come società civile finiamo per fare peggio ancora, anche al netto del fatto che gli esperti veramente validi siano pochi dobbiamo, possiamo solo, cercare uno di quei pochi…

Chiusa, ora, questa doverosa parentesi, sulla tua situazione, di cui, persa nelle disquisizioni tecniche, esattamente come faceva Renzo con Azzeccagarbugli (poi dicono che Manzoni non è più importante da leggere), non dici assolutamente nulla nella sostanza, l’unica cosa che mi sento di dirti è questa: se si tratta di una situazione che ti sta a cuore, allora l’unica cosa che puoi fare è cercare un legale di fiducia con cui sostituire quello verso cui non ritieni più di avere fiducia; viceversa in caso contrario, ma a quel punto non avresti dovuto nemmeno iniziare: in tal caso, cerca di venirne fuori prima e nel modo più indolore possibile.

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«Qui fodit foveam incidet in eam» (Ecclesias …

«Qui fodit foveam incidet in eam»

(Ecclesiaste, 10-8)

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counseling

Parla con tuo figlio: digli che lo ascolterai.

Prendi tuo figlio e, con parole tue ovviamente, digli:

  • «Quando c’è qualcosa, qualsiasi cosa, anche una cosa che potrebbe sembrare poco importante, che però ti angustia, vieni a parlarne con me. Ti ascolterò volentieri e ti sorprenderà vedere come io non sia interessato a giudicarti, ma solo a stare insieme a te in quello che provi

Se senti molta resistenza al pensiero di pronunciare parole come queste, probabilmente c’è qualcosa di cui acquisire consapevolezza nel modo in cui ti relazioni con tuo figlio.

Se riuscirai a dirgli questo, e poi lui verrà a parlare con te, ricordati che lo devi ascoltare davvero.

Questo, nelle sue basi, significa che lo devi lasciar finire di parlare senza interromperlo mai, nemmeno quando ti sembra che ci sia qualcosa da dire, che prima di iniziare gli chiedi scusa, prendi in mano il cellulare per spegnerlo o silenziarlo e metterlo via e ti assicuri che mentre parla con te non intervengano altre interruzioni. Mentre lo ascolti non fai niente altro, non lavori, non ascolti la radio, non lavi i piatti, non lasci in sottofondo la televisione, ma ti concentri sull’ascolto e lo guardi.

Ricordati, soprattutto, che non sei lì per fornire soluzioni di nessun tipo, ma solo per ascoltare, e sei lì per ascoltare solo per stabilire una connessione, tutto il resto si vedrà in seguito.

Fagli questo discorso appena puoi e, con dolcezza, senza insistenza, ripetiglielo periodicamente, ogni tanto, con un sorriso.

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pillole

«Chi è fedele in cose di poco conto è fedele …

«Chi è fedele in cose di poco conto è fedele anche nelle cose importanti. Al contrario, chi è disonesto nelle piccole cose è disonesto anche nelle cose importanti.»

(Luca 16:10)

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counseling

La vera ribellione? Le qualità dell’essere.

La vera ribellione oggi è:

  • l’ottimismo
  • un cuore sempre lieto
  • dare tenerezza
  • concedersi il lusso di mantenersi dolci
  • vedere e guardare ostinatamente la bellezza
  • credere e dare fiducia
  • toccare mani
  • abbracciare
  • stringere forte chi amiamo
  • sorridere credendoci davvero.

Un abbraccio!

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counseling

Fai lo switch dal «pensare» al «sentire»!

«Il pensiero deve essere vuoto», permeabile all’esterno, in ascolto.

É l’esatto contrario di quello che fa l’uomo contemporaneo, che appena vede da lontano una puntina di noia si occupa e pre-occupa, come se la sua mente fosse affetta dallo stesso horror vacui che domina il mondo della fisica, e, per precauzione, prende in mano il cellulare e inizia a scorrere il nulla.

E pensare che la noia é così importante e creativa.

Ricordati: passa dal «pensare» al «sentire»

«L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto.
Il pensiero deve essere vuoto, in attesa, non deve cercare alcunché, ma essere pronto ad accogliere nella sua nuda verità l’oggetto che sta per penetrarvi.
Venti minuti di attenzione intensa e senza fatica valgono
infinitamente più di tre ore d’applicazione con la fronte corrugata, che fanno dire, con la sensazione di aver fatto il proprio dovere: Ho lavorato sodo.
Ogni volta che si presta veramente attenzione si distrugge un po’ di male in se stessi.
Un quarto d’ora di attenzione così orientata ha lo stesso valore di molte opere buone.»
(Simone Weil)

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counseling

Qualità dell’essere: al centro di tutto.

Post speciale con i miei auguri per il 2020…

Il mio sogno era di diventare insegnante, ma non di una disciplina tradizionale come la lingua italiana, la matematica, la fisica, bensì delle qualità dell’essere: compassione, non giudizio, empatia, ascolto, bellezza, musica, emozioni, inconscio

Tutte quelle cose che sono assolutamente necessarie per vivere bene e in maniera appagante, da uomini liberi e non da schiavi, come invece ci hanno educato.

Sì perché le qualità dell’essere non ce le insegna nessuno.

Non la scuola, che si dedica alle materie classiche, diventando spesso purtroppo una fucina di mentalizzazione, non la famiglia, dove si fa sempre più fatica non dico a parlare di queste cose, ma spesso a parlare tour court, perché c’è sempre un «altro impegno» più importante, o, in mancanza, un messaggio, una chat, un commento o un like, veicolati da una tavoletta, cui dare prioritariamente attenzione.

Non le insegna la Chiesa e questa è la mancanza più grave e
«colpevole» perché la Chiesa, col catechismo e con tutte le altre attività pastorali, esiste proprio per prendersi cura dell’anima. Il Vangelo, che tu ci creda o no, é un insuperabile manuale di crescita personale e cura dell’anima, peccato che non ci sia rimasto quasi più nessuno, a partire proprio dalla Chiesa, a veicolarne i messaggi.

Oggi la formazione, soprattutto dei giovani, é completamente rovesciata.

La prima cosa che dovrebbe apprendere un uomo libero sono le qualità dell’essere: per essere un bravo amico, figlio, fratello, coniuge, genitore un domani. La seconda cosa di cui si dovrebbe prendere cura un giovane uomo, una giovane donna, é il suo corpo: un dono
meraviglioso, il primo mistero, da cui tanto dipende tutto il resto. Solo da ultimo ci si dovrebbe prendere cura della mente.

Oggi invece é tutto rovesciato. Sì é schiacciati dal lavoro di formazione mentale, che spesso degenera in una mentalizzazione, che causa spessissimo piccole o grandi nevrosi – su questo sfido chiunque a dimostrare il contrario. Si fa poco per il corpo. Non si fa niente, assolutamente niente per l’anima.

Poi ci si scopre – grazie al cazzo – ad essere bravi lavoratori, ma con relazioni col coniuge, coi figli, coi genitori, cogli amici devastate, e devastanti. Cioè, come dico sempre: giganti nel lavoro, nani nella vita privata.

Ma la vita vera é quella del lavoro o la famosa vita privata?

Avevo un sogno, dunque. Quello di diventare insegnante di qualità dell’essere.

Nel 2019, grazie a Dio, l’ho realizzato. Ho potuto aiutare, nella mia pratica di counseling, tante persone ad aprire gli occhi, a prendere consapevolezza di tante cose e di come è fatto davvero il cuore dell’uomo, il nostro cuore, a tornare a viverci dentro, scendendo di un piano, dalla testa al petto, a riprendere a vivere con
soddisfazione all’interno di matrimoni e convivenze che erano pieni di dolore.

La cosa che ogni volta ancora mi stranisce é che basta così poco, non ci vuole poi molto ad acquisire le consapevolezze necessarie per vivere bene con se stessi e con gli altri…

Al 2020 chiedo solo di poter continuare così, diventare giorno per giorno una versione migliore di me stesso ed avere l’occasione di aiutare sempre più persone.

Grazie per l’affetto con cui mi segui sempre, significa molto per me

Buon anno 2020, che la mano di Dio sia sempre su di te per proteggerti. Un abbraccio.

Per il 2020, ti auguro di ottenere davvero quella vita che al momento fingi solamente di avere sui social, per poi scoprire così che in realtà non ti serve per essere felice.

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diritto

Fiducia, ascolto, fuori le cazzate: così si vince.

È bellissimo ammettere di non capirci un cazzo.

Sei coinvolto in un procedimento o in una vertenza legale e vuoi avere un grosso vantaggio competitivo sull’altra parte della lite che stai per affrontare?

C’è un primo passo molto importante da fare, che è difficile più a livello psicologico che altro, che però ti conferirà un vantaggio netto su tutti gli altri soggetti coinvolti nella vertenza.

Questo passo è: ammettere di non capirci un cazzo e fidarti del tuo avvocato.

Ne ho già parlato nel post sull’utilizzo della posta elettronica nel mondo del lavoro contemporaneo e la tematica ha molto colpito, torno quindi sul tema con un post a parte.

Il primo problema: ripulire la testa.

Un grosso problema che presentano i clienti degli avvocati nel mondo di oggi è quello di arrivare a studio regolarmente con la testa infarcita di cazzate.

Queste cazzate sono state accuratamente raccolte, di solito, con qualche ricerca su google, parlando con un cancelliere del giudice di pace di Canicattì in pensione, con un cugino che ha affrontato una causa civile che non finiva più – pensa! – 30 anni fa, con uno che una volta ha visto un avvocato entrare in tribunale e, persino, da un figlio o altro parente laureato in giurisprudenza.

L’illusione della laurea in giurisprudenza.

Tra tutte queste «fonti di cazzate» – chiamiamole così – che, peraltro, sono solo alcuni esempi, dal momento che qualsiasi elemento può essere prezioso agli occhi di una persona che comunque non si fida degli avvocati e vuole disperatamente capirci qualcosa da solo, la peggiore di tutte, perché più insidiosa, è sicuramente quella del parente laureato in giurisprudenza.

La laurea in giurisprudenza non conferisce affatto la facoltà di capire come deve essere trattato un problema legale.

Per acquisire in modo completo questa competenza bisogna:

a) aver svolto la pratica legale per almeno dieci anni;
b) non avere la testa piena di segatura (testa con la quale invece una laurea in giurisprudenza si può prendere benissimo).

Per questo la laurea in giurisprudenza del parente è la fonte di cazzate più insidiosa, perché può apparire autorevole ma non lo è affatto.

Chi si laurea in giurisprudenza in Italia non capisce, quando esce, ancora nemmeno il diritto, cosa per la quale è necessario studiare per diversi anni di più. Se si considera che il diritto raramente serve per definire la corretta strategia di trattazione di un problema legale, si può ben capire che un laureato in giurisprudenza ha davvero poche carte in più da spendere di una persona comune. È un soggetto che si è letteralmente fermato a metà e, da quella posizione, tutto quello che può pensare o dire può solo fare enormi danni.

Chiudiamo comunque la parentesi e torniamo al tema principale.

Il tempo che si perde per la pulizia.

A volerlo ridurre ai minimi termini, il punto è che, se si inizia a trattare un problema legale con un appuntamento di un’ora, la prima mezzora di tempo – peraltro tempo di un avvocato, quindi pagato non a poco prezzo – viene buttata per svuotare la testa del cliente da tutte le cazzate che lui stesso ci ha messo dentro e che non solo non servono a niente ma possono essere infinitamente dannose per la trattazione della vertenza.

Partiamo, come sempre, dalla realtà.

La realtà l’abbiamo già accennata ed è che una persona che non ha preso una laurea in giurisprudenza, un titolo di abilitazione, non ha svolto la professione, risolvendo problemi ed affrontando casi, per almeno 10 anni non è assolutamente in grado di capire come debba o possa essere trattato un problema legale.

Non è in grado nemmeno di averne un’idea.

Ci sono troppi profili di diritto, sia sostanziale che processuale, per cui è inutile.

Non si può neanche spiegare più di tanto – questa è la cruda e per molti poco accettabile verità.

La favoletta per cui l’avvocato deve illustrare al cliente la propria strategia, il cliente la deve condividere e poi si parte funziona fino ad un certo punto perché il cliente non la può capire mai davvero e l’avvocato, per spiegare cosa conviene fare nel suo caso, non può dargli in mezzora spiegazioni equivalenti ad un corso di laurea quinquennale in legge e all’esperienza accumulata in dieci anni.

Si può parlare, evidentemente, solo per sommissimi capi.

La profonda tenerezza di quelle persone che «Ho già capito come funziona, ho parlato con un geometra che fa le CTU in tribunale che mi ha detto questo e quello…».

Che bello, mi fa ridere ogni volta ancora oggi dopo ventidue anni che la sento.

Il vero motivo di tutte queste cazzate.

Bene. Detto questo, andiamo a vedere perché la gente si punisce così, si priva della possibilità di poter condurre efficacemente la vertenza che le sta a cuore.

Magari ci sono varie spiegazioni, ma il fattore principale è uno solo – anche qui dobbiamo regalarci una verità: la gente non si fida degli avvocati.

Questo è sicuramente legittimo e, in alcuni casi, molto più circoscritti di quel che si crede comunemente, anche conveniente.

Ma un rapporto basato sulla non fiducia, dove c’è un soggetto che deve continuamente controllare l’altro in una materia in cui non ha alcuna speranza di capire un cazzo, può mai funzionare?

Facciamo un esempio.

Sei un imprenditore. Devi assumere una persona per fare un certo lavoro. Sai che non è in grado di farlo, ma pensi che facendola controllare da un’altra persona possa svolgerlo. La assumi lo stesso? Non ti conviene forse assumere un’altra persona che sembra in grado di svolgere da sola questo compito?

La realtà è che tutti i rapporti umani che si basano sulla convinzione di una delle due parti che sia opportuno cambiare l’altra sono destinati a naufragare.

Funzionano i rapporti con le persone che ti vanno già bene così come sono e devi solo pregare che non cambino più di tanto e ringraziare Dio di averli così.

Quindi la «brutta notizia» è che la fiducia del cliente nel proprio avvocato è radicalmente irrinunciabile.

No fiducia, no party!

Questo è il messaggio da portare a casa.

Non pensi di poter avere fiducia nel tuo avvocato? Cerca di capire bene questo punto, valutando al netto delle cazzate di cui è magari piena la tua testa e di cui prima abbiamo fatto degli esempi.

Ma se ritieni che non sia degno di fiducia cambialo, tutto il resto è inutile. Non lo puoi controllare, aiutare, stimolare, incoraggiare, fargli fare un lavoro che non sei in grado di capire.

Ascoltare gli avvocati: il vero segreto.

Quando hai trovato un avvocato in cui hai fiducia – meglio ovviamente all’inizio del rapporto, piuttosto che cambiarlo in corso di vertenza – allora semplicemente fai quello che volta per volta ti consiglia lui.

Ascoltalo.

Questo è molto importante. Oggigiorno, la gente paga gli avvocati in media 100 euro all’ora per andare a sentire cosa ne pensano del loro caso e poi non li ascolta.

Parla per sfogarsi, poi quando è ora di aprire le orecchie per sentire e capire – non da google, non dal cugggggino, non dal carabiniere in pensione, non dal nipote laureato in giurisprudenza, non dalla televisione, ma da uno che è veramente in grado di dire cosa bisogna fare e che hanno pagato apposta – non lo fa, non ascolta!

Qui c’è il compito più interessante dell’avvocato, quello di fare da cerniera tra il mondo della pratica legale e gli utenti finali, adeguando anche lo stesso linguaggio a quello dell’utente del caso che c’è da affrontare volta per volta, per fargli capire davvero quelle linee strategiche essenziali che riguardano la sua vertenza.

Ma anche qui il cliente a volte non fa la sua parte. Rifiuta di abbandonare le cazzate cui ormai si è affezionato, non si dispone ad ascoltare, continua a suonare una lamentela.

Come se questo potesse servire a qualcosa!

Qui l’avvocato deve tirare fuori tutta la sua pazienza per disseppellire il cuore e il cervello del cliente e riuscire a parlare davvero con lui.

Ma che davero?

In tutto questo, a volte arriva qualcuno che chiede «Ma io devo pagare 100 euro solo per parlare del mio problema?»

Il mio messaggio per costoro è un semplice: andate affanculo.

Lo dico a questo genere di utenti, per fortuna pochi, che ogni tanto si affaccia.

Non sapete parlare, non sapete ascoltare, non avete idea di cosa comporta il problema che avete, ve lo siete probabilmente procurati da soli con la vostra stessa dabbenaggine e io, che sono l’unico che può davvero aiutarvi, anche se facendo il quadruplo della fatica vista la partenza, dovrei dedicarvi gratuitamente il mio tempo e la mia attenzione, sottraendolo ad altri come voi, più assennati di voi, che li hanno regolarmente acquistati e a cui li devo?

Andate affanculo, that simple.

Ecco, un primo grande aiuto. Uno che vi manda affanculo. Una funzione formativa di livello apicale. Purtroppo, non tutti gli avvocati lo fanno e così probabilmente continuerete a cuocere nel vostro brodo.

Il messaggio da portare a casa.

Ma chiudiamo anche quest’altra parentesi.

Qual è il messaggio da portare a casa per chi ha un problema legale, capisce che l’unico che può aiutare a risolverlo è un bravo avvocato e vuole avere un rapporto sano e costruttivo con il proprio avvocato?

  1. Dimenticare tutto. Fare tabula rasa. Prendersi una giornata libera dal lavoro, chiedere un favore ad un amico e farsi dare ripetutamente un mattone – usate quelli pieni, non i forattoni – in testa finché non si sarà raggiunta l’amnesia completa. Bisogna scordarsi persino che esiste google, i carabinieri, i cugini, le lauree in giurisprudenza.
  2. Scegliere un avvocato che sia una brava persona, davvero intenzionato ad aiutare i propri clienti, con un minimo di intelligenza tattica e strategica, al di là della conoscenza del diritto. Attenzione, altra grande verità: per scegliere una brava persona, per capire se un avvocato è una brava persona, una persona autentica, non serve sapere assolutamente niente di diritto.
  3. Rassegnarsi ad avere fiducia pressoché completa in quell’avvocato e seguire i consigli e le indicazioni che, con la sua saggezza derivante dall’esperienza, fornisce.
  4. Rassegnarsi al fatto che le vertenze si vincono, si perdono, si pareggiano. L’importante è cercare di curarle nel modo migliore e l’unico modo per farlo è seguire i tre punti precedenti.

Ma non ringraziatemi.

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diritto

Fiducia: perché è necessaria tra cliente e avvocato?

In forza della sentenza della sentenza 04-07-2014 dove vengo condannato (ingiustamente)
a pagare euro56.103,15 oltre IVA e CP +interessi Tot euro 115.853.00.
seguono pignoramenti di immobili e ipoteca su un bene strumentale.
il tutto per una truffa architettata da un tecnico a cui avevo dato l’incarico di progettare un capannone per il valore complessivo di lire 530milioni e che il suo compenso come da fattura era di lire 18milioni.con l’avv. ci siamo appellati ,pare che l’appello si svolga nel 2018.il mio timore è che l’attuale avv.to difensore,non sappia difendermi come purtroppo è avvenuto per la sentenza

Partiamo dall’ultima riga.

Alla base di un rapporto cliente – avvocato deve sempre esserci la fiducia.

Questa fiducia può essere più o meno piena, ma deve più sussistere che no, altrimenti diventa un tormento sia per il cliente che per il difensore.

Mettiamo anche il caso che tu, in diritto, abbia torto. Questo non significa che sia giusto che tu perda la causa, magari è ingiusto, ma la tua perdita è conforme al diritto, perché, come abbiamo detto centinaia di volte, le leggi spesso non sono giuste, se applicate al caso concreto, e in alcuni casi nemmeno in generale.

Mettiamo dunque che tu perda la causa, per qualsiasi motivo. In mancanza di fiducia nel tuo avvocato, per tutta la vita ti porterai il rimpianto e il pensiero «Se avessi avuto un altro avvocato, forse avrei vinto, avrei avuto giustizia».

Una cosa che non ha senso, se vuoi il mio punto di vista.

Per questo è fondamentale, che ci sia sempre fiducia nella persona che ti accompagna ed assiste in un percorso giudiziario, qualunque sia il risultato che arriva alla fine.

Chiarito che la fiducia è sempre necessaria, va però detto che c’è un altro problema e cioè che in realtà tu non hai molti strumenti che ti possano consentire di valutare se davvero il tuo avvocato ne è degno o meno.

Gli aspetti tecnici purtroppo non sono, specialmente nel diritto civile, apprezzabili e comprensibili da persone che non hanno alle spalle lunghi anni di studi giuridici e altrettanti di pratica giudiziaria. Raramente una persona priva di educazione legale è in grado di comprendere davvero una sentenza, anche dopo che un avvocato gliel’ha illustrata e tradotta in un linguaggio più semplice e alla portata di tutti.

L’unico modo in cui puoi saggiare effettivamente la qualità del lavoro svolto dal tuo attuale avvocato sarebbe acquisire un secondo parere da un altro avvocato. Questa è una opzione sempre possibile, che le persone praticano ad esempio in ambito sanitario, quando un medico consiglia un trattamento particolarmente sgradito, come ad esempio un intervento, si sente sempre anche il parere di un altro sanitario o due. Si può fare anche nel settore legale. Non è così semplice, specialmente se parliamo di procedimenti già in grado di appello, dove il «secondo» avvocato si deve studiare una certa mole di materiale (almeno la sentenza e gli atti introduttivi, ma spesso anche i verbali) e di conseguenza può richiedere anche diverse ore di lavoro.

Questo tuttavia è l’unico sistema in cui puoi avere conferma della bontà dell’operato o meno del legale attualmente incaricato. Può anche essere che da questo lavoro venga confermata la qualità del lavoro già svolto, ma magari vengano ulteriormente enucleate alcune idee o strategie che, in aggiunta a quello già fatto, possono essere utili.

Altre strade non ne vedo, valuta dunque se chiedere un secondo parere, richiedendo sempre prima un preventivo, perché il lavoro potrebbe avere una sua importanza in termini di impegno anche orario.