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Credito di oltre 200.000 euro e niente di aggredibile: che fare?

abbiamo un credito da esigere di 220.000 euri. il ns avvocato ha fatto tutto secondo le regole, ma nessuno si è presentato (il debito è diviso per tre persone di famiglia). Pare che sui conti ci sia poco o niente. adesso ha presentato il pignoramento immobiliare sulla casa dove vivono queste tre persone…sono sfiduciata perchè le vendite all’asta sono lunghe (abbiamo 67 anni) e poi, come lei ha scritto, bisogna pagare tanti soldi per la pubblicità, Cosa fare? lasciar perdere tutto? Ma possiamo anche noi detrarre questi mancati pagamenti dalle tasse? Alla fine noi onesti dobbiamo soccombere…grazie alla giustizia che non funziona

La giustizia civile, nel nostro paese, è considerata un affare tra privati. Lo Stato ti mette a disposizione gli strumenti, poi spetta a te valutare innanzitutto se del caso utilizzarli, dal momento che comportano sempre un investimento, e in quale forma; resta poi a tuo carico il rischio che questi strumenti non conducano ad alcun risultato. L’incasso di un credito da parte tua non è considerato un interesse dello Stato, che si limita ad offrirti strumenti limitati, che devi poi valutare tu se usare e come. Il discorso è diverso per la giustizia penale, che è considerata un interesse anche dello Stato, considerato che c’è un interesse pubblico a che, ad esempio, i responsabili di gravi reati siano detenuti e non possano circolare liberamente mettendo in pericolo le persone e le cose.

In realtà, anche la giustizia civile rappresenta un interesse pubblico perché, se anche su questo versante le cose non funzionano, si determina un danno per tante cose di interesse pubblico, come ad esempio, prima tra tutte, l’economia. Però questo non è sentito né dal popolo né dalla classe politica. Ognuno di ricorda della giustizia civile solo quando ne viene coinvolto direttamente e rimane scandalizzato dallo stato in cui si trova questa funzione dello Stato. Fino ad allora, nessuno ne parla. Se fai caso ai programmi dei partiti politici, si parla sempre solo di giustizia penale e mai di giustizia civile.

Se leggi, come ti consiglio, la mia scheda sul recupero crediti, vedrai che da anni suggerisco a tutti coloro che si accingono a recuperare un credito di valutare prima di fare qualsiasi cosa la convenienza di un’azione di recupero, perché in molti casi conviene davvero lasciar perdere e non perdere altri soldi.

Non è certo quello che è giusto, ma è sicuramente quello che conviene, secondo il concetto alla base del mio indirizzo strategico per la trattazione dei problemi legali.

Ma chiudiamo questa sia pur fondamentale parentesi per vedere che cosa si può dire nel vostro caso.

Innanzitutto, non è chiaro se si tratti di una obbligazione solidale o parziaria – sarebbe parziaria se derivasse, ad esempio, da una successione, solidale con ogni probabilità negli altri casi, considerato che la solidarietà è la regola. Questa è una distinzione in linea di principio molto importante, perché in caso di obbligazione solidale si può chiedere l’intero capitale ad una persona, viceversa in caso di parziarietà. Può anche darsi, peraltro, che la natura dell’obbligazione non arrivi ad avere rilevanza, se tutti e tre i debitori non sono solvibili.

«Nessuno si è presentato» è un’espressione che non consente di capire che tipo di pignoramento sia stato tentato in prima battuta, forse un pignoramento presso terzi avente ad oggetto i conti correnti bancari. Purtroppo qui non posso che confermare che se queste persone non hanno consistenze bancarie il pignoramento non avrebbe potuto finire in altro modo…

Per quanto riguarda il pignoramento immobiliare, per fortuna ultimamente le spese di pubblicità si sono abbassate molto, dal momento che solitamente la pubblicità avviene tramite la rete internet e non più mediante giornali specializzati, ma si tratta pur sempre di una procedura molto lunga e farraginosa, per non dire del fatto che bisognerà poi anche vedere che valutazione verrà fatta della casa da parte del CTU incaricato dal giudice e quali saranno le reali possibilità di collocazione sul mercato della stessa. Al riguardo, purtroppo, molti creditori spesso rimangono delusi.

In generale, bisogna dire che tutte queste valutazioni sarebbero state da fare prima di cominciare la causa per ottenere il titolo. Ora però può anche darsi che approfondendo maggiormente la situazione dei debitori si riesca a trovare qualche sostanza aggredibile. Vi consiglierei di fare una ricerca tramite un’apposita agenzia investigativa per vedere se ci sono sostanze più facilmente aggredibili in capo ai debitori.

Se volete un preventivo per questo lavoro, potete chiedercelo compilando la voce apposita nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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diritto roba per giuristi

Kafka: un civilista.. in fila

C’è un avvocato che frequenta poco il tribunale e quelle poche volte che partecipa ad un’udienza civile prova la stessa strana sensazione: quella di essere l’unico ad accorgersi che … qualcosa non va.

Si chiede come sia possibile passare una mattinata intera per fare 5 minuti di verbale… E “produrre”, magari, solo 2 o 3 verbali in una mezza giornata lavorativa..

Tutti gli avvocati a fare la fila parlando del più e del meno; qualcuno scrolla stancamente lo schermo del telefono vagabondando sui social network, quasi nessuno con un computer o un tablet, magari per controllare le email, leggere
documenti o sentenze, aggiornarsi…

Una intera massa di professionisti che avanza alla velocità di un bradipo verso un giudice sopraffatto dai fascicoli e dalla ressa.

Si chiede – sorpreso ed anche un po’ preoccupato il nostro – come si possano passare giornate del genere. “Ma che produttività si ha in questo modo? I  clienti per cosa pagano, davvero, gli avvocati..?

Questa situazione genera irrequietezza, conducendo infine ad una allarmata constatazione: tutti quelli che sono in fila sembrano quasi… “assuefatti” …!

Non può credere che si possa godere a stare in quella situazione ed a sentirsi realizzati; non riesce a vedere la loro autostima che cresce. E nemmeno il loro conto in banca: ormai gli avvocati si pagano a “fasi” e non a minuti (tranne che si sia pattuita una parcella con tariffa oraria..).

Eppure stanno tutti lì, come se ci fosse un qualcosa di ineluttabile, immodificabile; quasi un arrendersi ad una realtà che non si può cambiare.

Ad ascoltarne i discorsi, tutti si lamentano delle performance della giustizia civile, eppure tutti continuano a farne parte, volenti o nolenti: la metafora che va per la maggiore in questi casi è quella del tribunale che sarebbe una sorta di autobus con gli avvocati come passeggeri e non autisti o proprietari delle strade…

Dunque tutti si lamentano, ma tutti continuano a prendere lo stesso autobus. Se non ogni giorno, probabilmente ogni settimana.

D’altronde è il loro lavoro – continua a pensare – poi si ferma chiedendosi: “Ma è davvero così?
Non è che, invece, i veri passeggeri sono i clienti e che gli avvocati sono più o meno i bigliettai (nel senso che vendono e controllano il titolo di viaggio)?
E non è forse vero che, senza biglietto, sull’autobus in effetti non si sale (o non si dovrebbe salire…)?”
Non è che si potrebbe prendere, insieme ai clienti, un altro autobus?

La fregatura è che per fare i bigliettai per questo autobus, ci sono voluti anni di studi universitari, di pratica, impegno, soldi, “sottomissione” ai dominus, alle cancellerie ed alle fotocopiatrici..per non parlare dell’ufficio notifiche..

Dunque visto che si è sudato tanto, non si può riconoscere a se stessi che … non ne è valsa la pena e quindi, obtorto collo, tutti ordinatamente in fila sapendo che (purtroppo?) domani.. ricominceranno.

Non l’ha ordinato il medico di fare l’avvocato, sia chiaro, e per giunta “civilista”, ma ad un certo punto, qualcuno con una voce un po’ soffocata insinua: “O la smettiamo di lamentarci del sistema che critichiamo, oppure smettiamo di usarlo, …almeno quando è possibile…

Il fatto è che gli avvocati non pensano a verificare quali pratiche potrebbero essere risolte fuori dal tribunale: non solo quelle da chiudere in transazione col collega, perché quelle sono le più facili, ma quelle che invece si sarebbe voluto definire con un accordo che non si è raggiunto e che invece di finire sul tavolo
del giudice, dovrebbero andare altrove…

L’alternativa è costituita da uno dei diversi sistemi ADR che per comodità possiamo identificare in due procedure; la mediazione e l’arbitrato.

Quest’ultimo assicura tempi brevi e certi (specie se irrituale), una decisione vincolante e un decisore esperto della materia; per converso è più costoso (ma solo nell’immediato..) del processo in tribunale e potenzialmente “pericoloso” se i soggetti nominati come arbitri non sono completamenti autonomi e all’altezza del compito. Nel nostro Paese non ha sinora dimostrato di essere un’alternativa ad alto impatto. Evita di certo quasi tutti i problemi di burocratizzazione descritti sinora.

La mediazione che in altri paesi ha una grande efficacia, in Italia soffre un problema culturale e in parte ideologico: gli avvocati che non sono riusciti a trovare un accordo – ritenendosi esperti in materia di negoziazione – pensano che nessun altro sarà in grado di trovare una soluzione stragiudiziale. Non viene dunque riconosciuta alla mediazione alcun valore aggiunto anche perché, purtroppo, talvolta nemmeno mediatori sono all’altezza. L’obbligatorietà in questo senso ha creato l’effetto opposto a quello che si cercava di raggiungere: un cambiamento di paradigma, soprattutto mentale, non può essere generato a colpi di decreto.

La soluzione c’è, ma richiede una piccola rivoluzione:

  • riconoscere che il processo dovrebbe essere l’ultima spiaggia, non la prima;
  • l’atteggiamento avversariale tipico del processo è controproducente al tavolo negoziale
  • negoziare in tre è meglio che in due
  • i problemi delle persone non sono puri problemi giuridici
  • le decisioni umane (dei clienti e degli avvocati) hanno una base emotiva
  • senza etica il diritto è in grado di produrre risultati nefasti.

Rivoluzione che passa per la formazione continua: quel che è stato insegnato all’università può e deve essere superato. Certo se poi ai convegni e seminari si va solo per prendere crediti e tutti escono con le stesse identiche idee che avevano quando sono entrati, ogni cambiamento è impossibile…

La colpa non sta ovviamente tutta da una parte: dunque c’è la responsabilità degli organizzatori che continuano ad offrire solo convegni su contenuti giuridici e processuali e quella dei partecipanti che hanno quasi paura a cambiare da soli, magari leggendo qualcosa in materia di comunicazione, gestione del conflitto, negoziazione, problem solving, decision making.

Ricordando Blade Runner: “Io ne ho viste cose che voi avvocati non potreste immaginarvi.. oltre i bastioni di codici e giurisprudenza. E’ tempo… di cambiare.

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diritto

Cosa devo fare se non si capisce cosa ha previsto la sentenza che ha chiuso il mio caso?

Sono stato condannato dal tribunale della città in cui vivo al pagamento delle spese di lite al ricorrente e ad effettuare i lavori che la Ctu ha richiesto nella consulenza sulla mia proprietà.
Ora la ctu prevedeva anche dei lavori nella proprietà del ricorrente, ma nella sentenza non c’è nessun riferimento a questi lavori. Sono obbligato a farli?
E se sono obbligato a farli, in che modo,sostenendo la spesa o effettuando i lavori richiesti?
Le chiedo questo perchè volevo far fare i lavori alla ditta che stava eseguendo le riparazioni sulla mia proprietà, che nel fare anche i lavori sulla proprietà del ricorrente mi avrebbe fatto uno sconto sul computo totale.
Ma il ricorrente si è rifiutato dicendo che lui vuole i soldi.

Ti sembrerà incredibile, ma per poter stabilire cosa occorre fare in esecuzione di una sentenza è assolutamente necessario leggerla.

Purtroppo, a volte, leggerla peraltro non è nemmeno sufficiente, perché è ulteriormente necessario interpretarla.

Sfortunatamente, specialmente negli ultimi periodi, capitano sempre più sentenze scritte male, da giudici poco attenti o svogliati, che chiudono procedimenti durati anche oltre dieci anni con provvedimenti scritti in evidente fretta e senza la necessaria considerazione della materia.

Di fronte a tali eventualità, ci possono essere vari rimedi ufficiali, dalla istanza di correzione all’impugnazione vera e propria, ma spesso è proprio l’attività interpretativa dei legali, e di negoziazione tra le parti proprio al fine di evitare un nuovo giudizio, che risolve la situazione.

Che cosa devi fare dunque?

Devi chiedere indicazioni all’avvocato che ti ha seguito per tutta la fase del giudizio. È lui che conosce il caso meglio di chiunque altro e che ti deve fornire le indicazioni necessarie per «leggere» la sentenza finale.

Se non hai più fiducia in questo legale, puoi ordinare una consulenza da un altro avvocato, cui dovrai tuttavia fornire la documentazione del caso, tra cui necessariamente appunto la sentenza.

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Possibile che per decidere un divorzio giudiziale semplicissimo ci voglia così tanto in Italia?

Sono un ‘italiano residente in Svizzera,ho avuto la separazione consensuale nel gennaio 2009,dopo giusti 3 anni ho fatto domanda di divorzio,che a causa della mia ex è diventato giudiziale.
Non abbiamo figli,lei lavora per un reddito appena inferiore ai 9.000 £.vive con sua madre,ho dimostrato di non riuscire a versare un ass.mensile.Siamo ormai a gennaio 2014,come è possibile che un divorzio a mio parere semplicissimo non sia ancora andato in esecuzione

La giustizia italiana è ridotta in uno stato oggettivamente comatoso, per cui anche per decidere le questioni più semplici occorrono anni, banalmente per il fatto che occorre pur sempre un magistrato che prenda in mano il fascicolo e scriva il provvedimento.

Magari richiede solo un’oretta, ma quando hai migliaia di fascicoli e sei inserito in una situazione di disorganizzazione totale in cui nessuno ti aiuta ma anzi molti ti mettono i bastoni tra le ruote purtroppo anche quell’oretta non è così facile da trovare, anzi.

La colpa di questa situazione è sia della classe politica, che non solo non ha destinato risorse alla giustizia, specialmente quella civile, ma gliene ha sottratte, sia della società italiana, che non è mai stata sensibile a questi temi: nel nostro Paese ci si limita ad incazzarsi terribilmente quando una cosa di giustizia tocca personalmente, ad esempio un vicino o un coniuge ci fa causa, ma quando si parla di leggi in materia, sempre ad esempio, di famiglia, o di riforma del sistema giudiziario, cala il più generale disinteresse, come ha dimostrato il fatto che recentemente vaste fette di popolazione si sono fatte sottrarre il tribunale senza dire assolutamente nulla (solo qualche avvocato ha protestato, ma la gente ha pensato che “ovviamente” lo facesse per mantenere qualche privilegio e così i politici l’hanno fatta franca anche questa volta).

Io spero che il tuo avvocato ti abbia, come onestamente avrei fatto io, bene rappresentato questa situazione quando, per una ragione o per l’altra, la vertenza è stata lasciata scivolare sul versante giudiziale, che è davvero un’eventualità da cercare di scongiurare con tutti i mezzi.