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Malato terminale: come tutelarne il patrimonio?

Recentemente ho avuto brutta notizia di salute nei confronti di mia zia, che è attualmente in ospedale e versa in condizioni irreversibile con un tumore maligno in metastasi in tutto il corpo, e lucida ma molto debole. Ora vi è una sua vecchia conoscenza (collega) che le vuole sottrarre la casa con pochi soldi, casa che ha comprato dopo una vita di sacrifici. Lei vuole delegarmi per poter svolgere vendita di proprietà, pagamenti bollette, e cose di ogni tipo. E per pensare a lei e a suo marito ormai 93enne. Per poter sbrigare ogni cosa a suo favore, e allontanare i soliti avvoltoi intorno a lei, cosa posso fare? Come posso senza dare enormi fastidì a lei sbrigare tutto ciò che devo fare, per darle gli ultimi giorni il più sereni possibili. Voglio solo poter tutelare i suoi sacrifici, e aiutarli ad avere serenità fino al giorno in cui purtroppo non ci saranno più.. cosa devo fare? Datemi un idea per favore.. o almeno ditemi come posso aiutarli e tutelarli da malintenzionati?

Direi che il sistema migliore sia farti conferire una procura notarile.

Devi sentire da un notaio per i costi e le modalità più in particolare.

In questi casi, il notaio si reca in ospedale per raccogliere e autenticare la firma.

In alternativa, c’è il procedimento di nomina di amministratore di sostegno, ma, da quanto mi racconti, temo che non faresti in tempo ad ottenere la nomina.

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Rumori e odori dall’unità sottostante: che fare?

sono proprietario di uno stabile che ho adibito a b&b da circa 2 anni e mezzo, al primo piano è rimasta una coppia di anziani che vive lì da tantissimi anni in questa casa che ho acquistato e loro hanno regolare contratto di affitto…. lui ha 89 anni lei 86 con qualche problema fisico .
il problema è che i parenti hanno messo una badante che assiste gli anziani, questa grida ha vocione e spesso risulta volgare con il suo linguaggio…. ho allertato i parenti, ma non è servito a nulla… Altro problema sono gli odori che fuoriescono dall appartamento , alcune volte urina ,altre volte di cibo….
Mi trovo in una situazione tale che non posso mandarli via perchè anziani , i parenti mi pagano regolarmente l affitto, ma il disagio è notevole. Cosa posso fare ?

È un classico problema di immissioni, di base, con in più un aspetto «locatizio» che può in effetti anche essere utile o comunque utilmente sfruttato, secondo le circostanze.

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Come dico sempre, il primo passo per trattare questo tipo di problema è l’invio di una diffida tramite avvocato in cui si chiede, sotto pena, in difetto, di azioni successive più importanti e impegnative, tra cui, al limite, anche una causa giudiziaria, di cessare o far cessare i comportamenti di disturbo.

Oltre a questo aspetto, riguardante appunto le immissioni, nel nostro caso di rumori e odori, che, come tali, possono essere dannose per l’attività economica esercitata nello stesso stabile, c’è il rapporto locatizio, in seno al quale, forse (è un aspetto da valutare con il dovuto approfondimento e la dovuta oculatezza), si può contestare un uso diverso da quello convenuto o contrario a buona fede, tale da determinare, al limite, anche la risoluzione e cioè lo scioglimento del contratto.

Consulta questa pagina per valutare l’acquisto di una diffida.

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Anziano con demenza senile: come gestirlo?

siamo tre sorelle con una mamma di 88 anni affetta da demenza senile e quindi vive a casa con la badante. Da quando è morto nostro padre tutta la questione economica viene svolta da una delle sorelle che ha il conto cointestato con mamma per il ritiro della pensione ed effettuare tutti i pagamenti. Ma io non conosco l’entità del patrimonio economico, non conosco quanti soldi ci sono nel conto corrente non so le spese non so quanto prende mia madre non so niente, né lei ritiene che lo debba sapere perché quando gliel’ho chiesto si è arrabbiata dicendomi tu non ti fidi. L’altra sorella pur stando nella mia stessa posizione mi ha gridato che voglio depredare i soldi di mamma.Cosa posso fare?

Ci sono due possibili approcci per trattare una situazione del genere, uno più morbido e uno più «pesante».

donna anzianaQuello più morbido consiste nel trattare, rigorosamente tramite un bravo avvocato, con le tue due sorelle per trovare un accordo, da formalizzare poi magari per iscritto, per la gestione di vostra mamma.

Questo può essere un primo modo con cui puoi tentare di lavorare sulla situazione, per poi passare all’altro in caso non sia sufficiente.

L’altro è ovviamente quello di depositare un ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, con tutto ciò che ne consegue naturalmente.

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Donazione soldi di un incapace: si può fare?

lo zio materno è disabile al 100%, vive con mia madre, che è la tutor e percepisce una pensione d’invalidità. Mia madre è l’amministratrice dei soldi dello zio e annualmente deve renderne conto presentando i giustificativi di spesa. La pensione di invalidità viene accreditata mensilmente su un conto dello zio, cointestato con mia madre e mia sorella. In diversi anni (circa 7) su questo conto sul quale gli unici soldi sono quelli relativi alla pensione d’invalidità si sono accumulate alcune migliaia di euro. Mia madre vorrebbe donarmene una parte ma essendo soldi derivanti dalla pensione non sa se può utilizzarli in tal senso. Inoltre esiste il tema della donazione. Questa va comunicata alle agenzie delle entrate anche se si tratta di un regalo da parte di un genitore a un figlio?

Il caso non è descritto con sufficiente chiarezza, purtroppo.

Non so cosa sia una «tutor» e non si capisce bene chi sia a percepire la pensione di invalidità, anche se immagino che sia lo «zio».

Se questi soldi che tua madre ti vorrebbe donare fossero, come sembra, dello zio, allora per fare questa donazione occorrerebbe l’autorizzazione del giudice tutelare, che non credo proprio che il GT potrebbe mai concedere dal momento che quei denari potrebbero da un momento all’altro servire all’incapace.

Non trovo molto igienico nemmeno far transitare i soldi dell’amministrato su un conto corrente intestato anche ad altre persone.

Questo è quello che posso dire al momento, se intendi approfondire valuta eventualmente di acquistare una consulenza.

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Faccio tante denunce ma nessuno mi ascolta…

lavoro come badante da 12 anni ho fatto in Italia tante denunce,nessuno non fa niente ,carabinieri,questura,ispetorato del lavoro ,non ho ne meno il dirito ad un processo, ne i diriti come comunitaria,nula,ho bisogno di informazioni,

Questo che ti serve, credo, non sono informazioni. Ti serve assistenza per far valere i tuoi diritti.

Per questo, la figura professionale insostituibile, come dico da decenni ormai, è l’avvocato.

Per quanto la categoria sia guardata con diffidenza, a volte anche magari comprensibilmente, un onesto e competente avvocato resta insostituibile per poter coltivare qualsiasi vertenza, qualsiasi diritto riconosciuto dalla legge.

Riferisci di aver fatto tante denunce, anche se non si capisce bene nemmeno per che cosa.

Ti serve innanzitutto un legale che ti ascolti e ti aiuto ad esprimere compiutamente quello che ti serve, ciò che lamenti e quello che chiederesti. Una volta fatto questo, l’avvocato potrà aiutarti ad adottare le iniziative stragiudiziali e giudiziali valutabili come più opportune.

Non sempre, infatti, sono le denunce gli strumenti da utilizzare. Soprattutto, nei casi in cui lo sono, devono essere redatte da un professionista del diritto, una persona che è munita di una preparazione sistematica in materia giuridica, di una esperienza nella pratica legale, sia giudiziale che stragiudiziale e della capacità di ascolto.

Polizia, Carabinieri, Ispettorato del lavoro e tutte le altre istituzioni potenzialmente interessate agiscono in base alle leggi dello Stato e si possono attivare solo con iniziative che siano «coerenti» con esse.

La prima cosa che ti serve, a mio giudizio, il vero punto di partenza è la presa di consapevolezza dei tuoi limiti e della disfunzionalità di un metodo con cui si vorrebbero maneggiare da sé situazioni giuridiche, per le quali invece è necessaria l’assistenza di un bravo avvocato.

Quindi il tuo prossimo passo dovrebbe a mio giudizio proprio essere questo: mettiti alla ricerca di un bravo avvocato.

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La violenza di genere: la violenza assistita.

La violenza di genere ha un risvolto particolare che tocca le basi ancestrali della nostra cultura: i minori; spesso assistono alla violenza e per questo sono violati e oggetto di violenza, chiamata nel gergo giuridico “violenza assistita”.

Va detto subito che i bambini non possono nulla, anche se sentono, vedo, percepiscono e subiscono le conseguenze della violenza in ambito familiare.

Queste violenze continuano a non essere considerate nella loro completa accezione; frequentemente, se emergono, vengono minimizzate e questo, a mio modesto avviso, è perché i minori non hanno una vera completa tutela e non mi so veramente spiegare il motivo di questa mancanza.

Se è vero che ogni persona viene al mondo “con il suo fagottino” ed è capace di badare a sé o di imparare a farlo; nulla giustifica l’abuso su minori.

Ecco alcune definizioni di abuso su minori:

OMS 2002 PER ABUSO “DEBBONO INTENDERSI TUTTE LE FORME DI MALTRATTTAMENTO FISICO E /O EMOZIONALE, ABUSO SESSUALE, TRRASCURATEZZA O NEGLIGENZA O SFRUTTAMENTO COMMERCIALE CHE COMPORTINO UN PREGIUDIZIO reale o potenziale per la salute del bambino per la sua sopravvivenza per il suo sviluppo o per la sua dignità nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia, potere”.

CISMAI (Coordinamento Italiano del Servizi contro il Maltrattamento ed l’Abuso all’Infanzia) : “per violenza assistita da minori in ambito familiare si intende il fare esperienza da parte del bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso: –violenza fisica (percosse con mani od oggetti, impedire di mangiare, bere dormire, segregare in casa o chiudere fuori, impedire l’assistenza e le cure in caso di malattia) violenza verbale e psicologica (svalutare insultare, isolare dalle relazioni parentali ed amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, di uccidere…) –violenza sessuale (stuprare ed abusare sessualmente)  –violenza economica( impedire di lavorare, sfruttare economicamente, impedire l’accesso alle risorse economiche, far indebitare);VIOLENZA COMPIUTA DA FIGURE DI RIFERIMENTO O SU ALTRE FIGURE SIGNIFICATIVE, ADULTE O MINORI.

WITNESSING VIOLENCE: “si indicano tutti quegli atti di violenza compiute su figure affettive di riferimento di cui il bambino più fare esperienza e di cui può patire successivamente gli effetti”

Consideriamo che subire e vedere impotenti, percepire la distruzione (anche fisica) delle figure di cui il bambino si fida ed alle quali affida la propria vita, da cui -da 0 a 3 anni- riceve accudimento essenziale per la sua sopravvivenza; non è un piccolo battito d’ali di farfalla, ma un enorme solco che viene tracciato nel cuore di un bambino (inerme) da un gigantesco aratro: l’aratro  trascina il vomere  creando il solco in uno spazio spesso molto largo ed in un tempo spesso molto lungo; più la terra è fresca, più il solco si fa profondo.

Il bambino crescerà e si adatterà, ma ciò non significa che non vi sarà una compromissione di elementi essenziali che riguardano la sua crescita.

Un minore che ha vissuto l’esperienza della violenza ed anche quella assistita, sarà un adulto con delle difficoltà: non è mio compito individuarle, ma il mio compito è sottolineare fermamente il nesso di causalità fra violenza assistita e compromissione di elementi essenziali per la crescita del minore: un danno da far emergere nelle aule di tribunale.

Aggiungo un aspetto che necessita di sottolineatura: un minore è solo, non ha potere, non sa di avere tutela, al di là delle mura di casa; ha il grave problema di aver consapevolezza della violenza proveniente da una persona da cui dipende totalmente e di manifestarla anche se non sa farlo da adulto ed è atroce pretendere che lo faccia o impari a farlo da solo, invece di imparare tutti i gusti del gelato.

Desidero infine che questo mio post sia una piccola, ma ferma, luce che illumina sopra tutto i minori che sono senza mamma perché il papà l’ha uccisa.

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Natante di un incapace: come liberarsene?

mi sono trovata coinvolta indirettamente in un’operazione di inventario di beni di una persona che non ha più facoltà di intendere e di volere.
Questa persona ha lasciato un natante nella mia proprietà e non riesco a liberarmene.
Ora vorrebbero inventariare il natante e venire da me con un cancelliere, ma non vorrei che accettando che venga inventariato nella mia proprietà (ovviamente il tutore non mi ha detto questo) risulti registrato al mio indirizzo e io sarei costretta a tenerlo finché non viene venduto….
Come posso tutelarmi?
Ho chiesto di firmare una scrittura dove si impegnano a liberare la proprietà entro 30 giorni, ma ammesso che la firmino, temo di dover comunque fargli causa e che questo inventario sarebbe un punto a mio sfavore…

[la risposta è nel podcast]

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L’amministrazione di sostegno: aspetti tecnico pratici.

Riprendo il discorso sull’amministrazione di sostegno introdotto nel blog di Tiziano Solignani con gli esaurienti dati tecnici previsti dalla L 6 – 2004, ai quali rimando per la chiarezza espositiva;

vorrei soffermarmi su ulteriori risvolti che derivano dalla funzione di amministratore di sostegno e, prima del 2004, dalla funzione di tutore e curatore:

innanzitutto, si tratta di una funzione gratuita, e prevede un lavoro in relazione ai bisogni della persona, e non in relazione al suo patrimonio.

Spesso questo ruolo è svolto da parenti della persona ma può accadere che serva una specifica competenza, contabile o giuridica ad es., oppure può accadere che nessuno dei parenti sia idoneo alla funzione nel “qui ed ora” della persona;

così l’amministratore di sostegno- e, prima, il tutore- viene scelto dal Giudice Tutelare fra una rosa di professionisti, anche fra avvocati.

Spesso le questioni legali da seguire come amministratore di sostegno sono le più variegate: ad esempio spaziano dal sovraindebitamento alla gestione strettamente giuridica di ingenti patrimoni; situazioni delle quali però la persona non ha piena consapevolezza.

La principale funzione di amministratore di sostegno è gestire gli interessi -anche patrimoniali- della persona e prevedere il supporto alla persona nel potenziare la consapevolezza della sua situazione;

spesso capita che la persona non sia più in grado di gestire con sufficiente stabilità la corrispondenza fra ciò che vuole e ciò che dice di volere, in tutti gli ambiti della sua vita; detta corrispondenza è alla base del negozio giuridico come concepito dal nostro codice civile: corrispondenza fra volontà e dichiarazione.

In questa situazione ha un ruolo delicato l’amministratore di sostegno che deve impegnarsi a comprendere nel modo migliore possibile quale scelta dichiarativa sia la più idonea a conformarsi alla volontà della persona ed alla sua tutela.

 

Capita di affiancarsi a persone che sono nella fase finale della loro vita e che faticano molto a sostenere il passo con i tempi; anche per quanto concerne i propri interessi; allora che fare della casa costruita con grossi sacrifici che ora deve essere ristrutturata? Per la persona in parole povere: “perché devo proprio ora che voglio stare un po’ in pace, e sono in pensione, cambiare o revisionare i miei termosifoni che mi riscaldano come sempre la casa anche se non sono più a norma?”

non sempre è facile spiegare e scegliere;

in questo caso, il criterio da seguire è quello di tutelare la persona e non l’immobile: la casa avrà si bisogno di ristrutturazione, ma è da sempre il luogo in cui vive la persona, il luogo dei suoi affetti: giunta alla fine della sua vita, la persona vorrebbe restarvi, in serena pace. L’amministratore è allora chiamato a valutare anche questi aspetti e decidere il da farsi con la persona.

Interpreto il codice civile, nelle norme sulla tutela e sul sostegno della persona, nel senso di mettere al centro dell’attenzione di un gruppo di persone -fra le quali i familiari, il giudice tutelare l’amministratore di sostegno ecc. ecc.- , la persona così come è; il fine della normativa è aiutare la persona a continuare dignitosamente la sua esistenza; tollerando e comprendendo in lei  la discrepanza fra dichiarazione e volontà; la persona viene accettata, si convive con le sue contraddizioni, facendo del proprio meglio  per comprendere ciò che meglio desidera, senza che ciò diventi troppo oneroso e pesi sul suo patrimonio e sulla qualità della sua vita, senza che sia sola.

Mi piace pensare che la funzione di amministratore di sostegno non si riduca ad una mera funzione di rendicontazione numerica ma dia resoconto annuale della vita della persona, delle sue scelte anche nella semplice routine quotidiana; nel decreto di nomina di amministratore di sostegno del giudice tutelare, viene indicato spesso il tetto massimo di spesa libera della persona, le così dette “spese bagatellari”; mi permetto di sottolineare che per la persona sono le spese bagatellari che  segnano i confini della propria dignitosa libertà; l’andamento dei titoli investiti in borsa, non sempre interessa come al momento dell’investimento; la persona intende godere di un po’ di tranquilla vita, fondata anche sulle quattro chiacchiere scambiate con il panettiere o con l’ amministratore di sostegno o con le persone che vivono a lei accanto e, appunto, si prendono cura di lei, disinteressatamente; questo l’ho appreso con molta serietà come amministratore di sostegno stando accanto a  persone come Silvia, Loretta, Nicola, Davide ( soccorritori 118, o.s.s.- operatorisociosanitari- assistenti sociali-  psicologi, medici ) che assistono, magari sottopagati, le persone, insieme ai familiari. A loro ed ai familiari, va tutta la mia stima, anche professionale, per ricoprire un ruolo e svolgere un lavoro poco remunerativo a livello economico o di possibilità di carriera, magari in luoghi sperduti, fra montagne o valli, difficili da raggiungere anche logisticamente, ma talmente belli per gli ultimi attimi che restano della propria vita.

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Amministrazione di sostegno: cosa c’è da sapere.

Di Amministrazioni di sostegno si parla molto, forse troppo e spesso nemmeno in modo preciso. Cosa è l’amministrazione di sostegno? Quali sono i presupposti per la sua applicazione? E soprattuto cosa implica nelle vite delle persone che in qualche modo hanno a che fare con questo strumento, ancora oggi non del tutto compreso e “digerito”, come beneficiari, parenti, o anche operatori dei servizi principali di cui tutti usufruiamo come ospedali, banche o uffici postali, solo per fare un esempio?

Definizione: La legge sulle Amministrazioni di sostegno (ADS per brevità) è la n° 6 del 2004, presente nel nostro ordinamento da ormai quattordici anni. Ancora molti però sono i dubbi e le incertezze che ha creato con la sua entrata in vigore.
L’ADS Ha principalmente “la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente (Art 1).La caratteristica fondamentale di questa misura di tutela è la possibilità che possa essere disposta anche in modo temporaneo. L’Ads infatti può essere disposta in modo “elastico” per permettere alla persona di riuscire a recuperare le capacità e le autonomie che avesse temporaneamente perduto (ad esempio a seguito di infortunio).

Presupposti dell’ADS: Necessita dell’ADS La persona che, “per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi (Art 2)” Elemento essenziale è che vi sia un interesse attuale e concreto al compimento di atti per i quali è fondamentale l’amministratore di sostegno e che il soggetto interessato non sarebbe in grado di compiere da solo. (ad esempio, gestione delle pratiche per assunzione di badante, o per inserimento in case di riposo, contratti di utenze o di locazione, gestione quotidiana delle spese per la casa o dei risparmi, qualora ve ne siano). Importante anche è sottolineare che il “sostegno” dato sarà previsto solo per determinate attività. Non si avrà una totale sostituzione del soggetto debole da parte dell’ads in tutte le attività ma un aiuto specifico ove vi sia reale necessità Questa specificità è indicata specificamente nel decreto di nomina di amministratore di sostegno emesso dal giudice tutelare competente per territorio.

Chi può chiedere l’ADS:
1)lo stesso beneficiario, cioè la persona che ne avrà poi bisogno (anche se minore, interdetto o inabilitato); Il coniuge; la persona stabilmente convivente; i parenti entro il 4° grado, che sono poi i genitori, i figli, i fratelli o le sorelle, i nonni, gli zii, i prozii, i nipoti e i cugini; gli affini entro il 2°grado, che sono i cognati, i suoceri, i generi,le nuore;
Possono chiedere l’ADS anche il pubblico ministero; il tutore o il curatore del soggetto fragile.

Il procedimento per avere un ADS:
L’ads si ottiene sulla base di un ricorso presentato all’Ufficio del giudice tutelare del Tribunale competente per territorio, cioè del luogo in cui la persona è residente.
Per ottenere la nomina di un amministratore di sostegno ci si deve rivolgere quindi al Tribunale competente ma per avere informazioni e maggiori indicazioni si possono contattare senza dubbio i distretti sociali di zona. Infatti i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, se sono a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.
Il procedimento vero e proprio viene introdotto con un ricorso, la modulistica può essere reperita presso gli uffici URP dei Tribunali di zona o reperita sui rispettivi siti internet di riferimento sotto la voce “volontaria giurisdizione”. Per la presentazione del ricorso non è necessaria l’assistenza di un avvocato. Il procedimento è esente dal pagamento del contributo unificato ma è richiesto il versamento di una marca da bollo che ad oggi è di 27 euro. L’amministratore di sostegno viene nominato con un decreto del giudice tutelare. Tuttavia in particolari situazioni più complesse in cui vi siano difficoltà trasversali nella gestione dei soggetti, come ad esempio per esposizioni debitorie del beneficiario, dichiarazioni di successione, gestioni di beni immobili o situazioni di carattere di disagio sociale o economico, è bene chiedere consulenza legale per comprendere se lo strumento dell’ads sia quello più idoneo per la propria situazione. Molte amministrazioni di sostegno infatti nascono perchè vengono considerate necessarie ed urgenti in carenza di rete familiare o sociale ma spesso una attivazione di queste reti possono evitare questo strumento che è si di tutela ma anche limitativo delle attività della vita quotidiana del beneficiario, il quale non sempre ha necessità di essere vincolato. L’Ads nominato dal giudice tutelare, infatti, anche se provvisoriamente, ha poteri di fatto concreti della vita del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, che vanno dal controllo e gestione del conto corrente bancario e dei risparmi nel precipuo interesse dello stesso, ad esempio scegliendo di assumere una persona che lo aiuti in casa, occupandosi del pagamento delle utenze e delle tasse, delle assemblee di condominio…oppure, ove ve ne siano i presupposti, scegliendo di farlo vivere in una casa di riposo e aiutandolo a fare scelte sulle cure alle quali sottoporsi o sugli specialisti da consultare per le determinate patologie. Tutti i poteri dell’ads su tutto quel che può fare o anche che lo stesso amministrato può fare con l’aiuto dell’amministratore o anche da solo sono espressi chiaramente nel decreto di nomina del giudice tutelare.

Cosa contiene il decreto di nomina?: Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere l’indicazione:
delle generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno
della durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato
dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario
degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno
dei limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità
della periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.

Quali sono i doveri dell’amministratore di sostegno?: L’Amministratore di sostegno deve rendere conto al giudice tutelare, con la cadenza temporale prevista nel decreto di nomina. Con la stessa relazione e rendiconto con allegata la documentazione relativa alla situazione medica, economica e in generale alla situazione di vita del beneficiario, almeno a seconda delle prassi dei singoli tribunali italiani, l’Ads può richiedere il riconoscimento di una indennità per l’attività svolta in quel periodo, che verrà riconosciuta dal Giudice tutelare ove ne vengano identificati i presupposti e sarà a carico del beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Ove l’amministrato non abbia proprie sostanze l’amministratore di sostegno nominato, in linea di massima non potrà ricevere indennità dal giudice e pertanto avrà prestato la sua attività pressochè gratuitamente e spesso anche in perdita data l’impossibilità in determinati casi di poter rientrare delle spese sostenute.

Come si sceglie l’amministratore di sostegno?: La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Qualora vi siano le disponibilità di una rete familiare solida l’incarico può essere assunto da un parente. Ove vi siano contrasti fra le parti o non venga ritenuto nell’interesse del beneficiario che l’ads sia un familiare, l’incarico può essere affidato ad un terzo, anche professionista. La legge dice che, nella scelta della persona da nominare amministratore di sostegno, il giudice tutelare preferisce, se possibile:
il coniuge che non sia separato legalmente
la persona stabilmente convivente
il padre, la madre
il figlio
il fratello o la sorella
il parente entro il quarto grado
il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.

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Fratello invalido: posso andare all’estero?

ho una sorella più vecchia di me sposata da quasi 40 anni con uno schizofrenico che a vOlte diventa anche pericoloso, un fratello anche lui schizofrenico da più di 30 , abita difronte a me, da poco ho saputo che anche l’altra sorella (non ho rapporti con lei da più di 20 anni) sposata da 15, anche lei con qualche problema…è alcolista grave tanto che in questi giorni è stata ricoverata in una comunità di recupero. Bene il marito di questa, quando lei uscirà dalla comunità vuole separarsi e pensa di mandarla a vivere con mio fratello in quanto la casa che per ora usufruisce solo mio fratello è un eredità e tutti noi fratelli abbiamo una quota, il fratello è interdetto e il suo tutore è il sindaco del paese, ora io chiedo se decido di trasferirmi all’estero e non posso più seguire mio fratello vado incontro a qualche grana?

Gli obblighi alimentari che potresti avere nei confronti di tuo fratello ai sensi dell’art. 433 cod. civ. e quelli, più in generale, che ogni persona ha nei confronti degli incapaci non sono tali da impedirti di trasferirti all’estero o altrove.

Si tratterebbe di una limitazione eccessiva della libertà personale di un individuo.

Ovviamente, se hai sempre seguito tu tuo fratello di fatto non puoi interrompere così semplicemente, ma devi trovare una soluzione e cioè un modo con il quale tuo fratello possa continuare ad essere assistito anche dopo che tu non lo farai più, specialmente se il bisogno di assistenza è assoluto.

Ti conviene, se hai questi progetti, iniziare a muoverti sin da subito, interessando gli eventuali familiari che possono essere in grado di farsi carico di questo problema ma soprattutto gli enti pubblici preposti.

Comincia segnalando la situazione e il caso ai servizi sociali.