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Dispositivi Huawei e Honor: come fare il downgrade.

Downgrade che soddisfazione.

Come noto, preferisco di gran lunga Android ad iOS, per i motivi che ho spiegato in questo post, e nell’intervista radiofonica collegata, che ti invito, rispettivamente, a leggere e ad ascoltare.

Anche Android, però, specialmente nelle ultime versioni ha iniziato a lasciare molto a desiderare.

L’ultima versione bella, pulita e libera di Android è la 8, Oreo. Dalle 9 compresa in poi, Google ha iniziato a togliere funzioni e a chiudere cose, rendendo Android sempre più convergente con il sistema operativo per bimbiminchia di iOS. Nella 9, ad esempio, ha tolto la possibilità per applicazioni di terze parti di registrare le telefonate, cosa fondamentale per mille motivi, soprattutto a me, come avvocato, ma anche come podcaster.

Andare indietro

Per questi motivi, ho effettuato spesso il downgrade di Android nei miei dispositivi. Attualmente, utilizzo un Note 10 plus, che ritengo essere ancora il terminale migliore e che spero Dio mi conservi più a lungo possibile perché, per la prima volta, non ho proprio cuore di cambiarlo. Sul mio note, ho fatto il downgrade dalla versione 10, dove non funzionavano più molte mie automazioni fondamentali costruite con Automagic, alla 9 (Pie).

Più recentemente, mi sono trovato di fronte ad uno dei miei dispositivi che utilizzo da «server», cioè lascio sbloccati e «unattended» a svolgere compiti come il backup, la pubblicazione sui social e così via, che non funzionava più a dovere, per colpa dell’aggiornamento ad Android 10.

Si tratta di un Honor 10 lite view, in passato appartenuto a mio figlio Davide, il distruttore, come spiego meglio in questo post, che infatti ha tutto il vetro rotto e che quindi è perfetto per questo tipo di utilizzi tipo «server», dove lo lascio lavorare da solo e mi ci collego, quando ne ho bisogno, con TeamViewer.

Come si fa il downgrade.

Il downgrade di un dispositivo come questo si effettua tramite il programma HiSuite di Huawei.

Purtroppo, come spesso accade, questo programma, che esiste sia per Windows che per Mac, per quest’ultimo, il sistema che uso io, presenta solo un insieme ristretto di funzioni; tra quelle che manca, anche quella per fare il downgrade.

Per questo motivo, ho dovuto utilizzare la versione Window, all’interno di una macchina virtuale Vmware Fusion, che, devo dire, ha funzionato egregiamente.

Quando connetti il telefono al Mac, Fusion ti chiede se vuoi collegarlo al mac stesso o alla macchina virtuale Windows sita al suo «interno». Ovviamente, devi scegliere la macchina Windows. 

Spartizione periferiche USB

A quel punto, puoi lanciare HiSuite e prevedere il ripristino del software. 

Qui magicamente Huawei consente di installare anche versioni anteriori, non solamente l’ultima uscita, per cui basta scegliere la versione precedente e procedere all’installazione.

Reset del telefono

Ovviamente, la procedura cancella tutti i dati del telefono.

Al termine, la situazione dovrebbe essere la seguente.

software di sistema EMUI

Dopo il ripristino, bisogna fare alcune impostazioni per evitare di essere disturbati dal sistema che richiede di essere aggiornato, come ad esempio disattivare le notifiche dell’utility di aggiornamento.

Huawei software update

Conclusioni.

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Un sistema operativo che non ti consente di s …

Un sistema operativo che non ti consente di scegliere le applicazioni di default é inaccettabile, soprattutto per chi deve lavorarci. Inaccettabile, niente di meno apple ios android

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Scrivener: rinominare un progetto.

Scrivener per gli scrittori.

Con questo post, inizio a parlarti di Scrivener, un software per mac, windows e iOS, con una versione in corso di sviluppo per Android, per scrivere progetti complessi e cioè solitamente libri.

scrivereAdoro Scrivener, letteralmente, perché mi ha consentito di diventare molto più produttivo come scrittore. Oggi non entrerò in dettagli a riguardo, avendo deciso di trattare un singolo aspetto per post. Mi limiterò a dire che la caratteristica più interessante di questo software, che lo differenzia da un comune elaboratore di testo come Microsoft Word ad esempio, è che ti consente di lavorare allo stesso tempo sulla struttura globale del testo, visibile a sinistra in una zona chiamata raccoglitore o binder, e sulle singole porzioni di testo. Chi scrive può in questo modo andare in continuazione «su e giù» dalla struttura globale del testo alla scrittura di singole parti e di nuovo alla struttura, ogni volta in cui lo desidera: questo rende estremamente più facile gestire testi complessi come un libro, specialmente di saggistica, ma anche di narrativa, dal momento che non sempre anche un libro di narrativa viene scritto in sequenza ma, proprio come un film, si scrivono prima scene che in realtà sono poste cronologicamente in seguito…

Scrivener, pur essendo un prodotto molto valido ed efficace per tutti coloro che, come me, scrivono, presenta una curva di apprendimento impegnativa all’inizio, proprio perché le funzionalità offerte sono tantissime ci sono altrettanti aspetti che è bene considerare e cercare di comprendere il più possibile. Ad esempio, con Scrivener posso lavorare sui miei progetti di scrittura, sui miei libri, da qualsiasi mac, e persino dal mio cellulare Android, grazie alla sincronizzazione dei progetti tramite Dropbox e ad un’ulteriore funzione, nativa di Scrivener, che è la sincronizzazione bidirezionale verso il formato, ad esempio, txt – che è ciò che mi consente di intervenire sui miei testi anche da cellulare o tablet android, per cui non sarebbe prevista un’applicazione nativa, al momento. Questo è un aspetto fondamentale per tutti gli scrittori, cui dedicherò un post a parte.

Tutti i post che scriverò prenderanno in considerazione gli ambienti in cui opero, che sono il Mac per il desktop e Android su mobile. Probabilmente quasi tutte le cose che scriverò si applicano anche alla versione Windows e iOS, ma è ovvio che è preferibile verificare volta per volta.

Come ridenominare un progetto.

Oggi parliamo di un aspetto più semplice, che riguarda come ridenominare un progetto, un’operazione che può capitare di compiere specialmente durante la scrittura di un libro quando ti vengono in mente titoli migliori per un contenuto che è rimasto invariato oppure il contenuto che inizialmente andava in una direzione ha preso poi un’altra «piega» per cui il titolo scelto originariamente non è più adatto.

In scrivener, per ridenominare un progetto bisogna chiudere l’applicazione, o almeno il progetto, quindi, se è attiva la sincronizzazione con Dropbox attendere che la sincronizzazione termini per prevenire potenziali conflitti ed errori.

Una volta terminata la sincronizzazione – chi usa Dropbox sa che di questo ci si può accertare tramite l’aspetto dell’icona dell’applicazione di Dropbox, nel mac in alto a destra – si può procedere tranquillamente a rinominare il file. Il file di progetto, con estensione .scriv, è in realtà, in macos, una directory di pacchetto, che contiene al suo interno una pluralità di files. Comunque, questo non è rilevante in questa fase, si può procedere a denominarla come se fosse un comune file.

Sempre in Scrivener, di ogni progetto viene effettuato un backup automatico. In occasione di una ridenominazione del progetto, i precedenti backup, quelli anteriori alla ridenominazione, non cambieranno nome, non esiste una funzione per procedere in questo senso. Occorre, pertanto, ricordarsi, in caso di bisogno di accedere ad un backup, quale fosse il precedente nome del progetto di cui si vogliono ripristinare i dati – questo, naturalmente, accade solo quando ci sono stati problemi di perdita dati, cosa che nel mio caso ad esempio non si è mai verificata.

Da ciò consegue che la operazione di ridenominazione di un progetto non deve essere abusata ed è meglio che non venga svolta troppe volte, pena l’ingenerare una certa confusione con i file. Tendenzialmente, a seconda poi anche delle dimensioni del progetto, si può procedere due o tre volte ad esempio per un romanzo intorno alle 200 cartelle.

I miei progetti in corso.

Spero che questo primo post su Scrivener ti abbia interessato e ti sia stato utile.

Se vuoi vedere i miei progetti di scrittura in corso, puoi collegarti a questa pagina, dove potrai anche iscriverti per essere avvisato quando i libri saranno disponibili, oltre che godere di altri vantaggi riservati ai sottoscrittori.

Iscriviti al blog per non perdere i futuri post su Scrivener, in cui parlerò degli altri aspetti interessanti di questo fantastico programma di scrittura.

Se hai domande, lasciamele, se relative all’argomento di oggi, sotto questo post con un commento, oppure mandamele, se nuove, dall’apposito modulo che trovi nel menu principale del blog.

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Want my RSS: interessante estensione per Firefox.

Browser acchí?

Ho scoperto un’estensione per Firefox che mi piace molto.

Prima di parlartene, però, è necessaria una premessa, un breve riepilogo per capire su cosa verte il discorso.

Il programma, il software o l’applicazione che usi per navigare su internet, cioè ad esempio fare ricerche con google, leggere un quotidiano on line e così via, si chiama browser o appunto navigatore.

I browser principali al momento sono tre: Chrome, Safari, Firefox.Quello che devi usare, se dai ascolto a me, è Firefox.

Firefox e le sue estensioni.

Ora non c’è modo di parlare compiutamente dei vantaggi di questa scelta, cui magari dedicherò un post a parte; tra questi, tuttavia, ce n’è uno abbastanza interessante per me: il fatto di consentire di usare le estensioni anche nella versione mobile per Android – forse anche per iOS, che però non conosco e su cui non ti posso dire.

Le estensioni, o add-on in Inglese, sono dei componenti che puoi installare per munire il tuo navigatore di funzionalità aggiuntive in molti casi davvero interessanti e utili.

Ad esempio, una estensione tra le più utilizzate, e che io tengo sempre installata da anni, è AdBlock, che rimuove la pubblicità dalle pagine che stai leggendo, rendendole infinitamente più piacevoli.Un’altra meno conosciuta si chiama «I don’t care about cookies» e consente di rimuovere il banner fastidioso che ti chiede, ogni volta che entri in un sito nuovo, di accettare i cookies – un altro incantevole regalo dell’Unione Europea, sia bestemmiata in eterno.

Want my RSS: aggrega che ti passa.

L’estensione che ho scoperto in questi giorni si chiama «want my RSS» e consente di vedere di nuovo, immediatamente, se per il sito che stai visitando sono disponibili flussi informativi utilizzabili in un aggregatore, un software, che io utilizzo, e di cui ti parlerò meglio in un prossimo post, per raccogliere e leggere insieme tutte le informazioni dalle fonti che mi interessano.

Al momento, sugli aggregatori puoi leggere questo post.

Mettiamo che, facendo una ricerca con google, io «atterri» su un sito che mi sembra interessante e che penso mi possa essere utile seguire, al di là del post singolo che in quell’occasione mi ha attirato.

Posso aggiungerlo alla raccolta di quelli che seguo nel mio aggregatore.

Questa estensione mi mostra un’icona nella barra del browser con il simbolo dei feed RSS o atom, cliccando la quale posso aggiungere il feed del sito che sto visualizzando all’elenco di quelli che seguo.

Il vantaggio è, dunque, di sapere immediatamente che quel sito dispone di un feed, che quindi posso aggiungerlo al mio aggregatore e di farlo in un unico passaggio immediato.

Conclusioni.

Il messaggio da portare a casa è, dunque, il seguente:
– se hai un iPhone, buttalo e prenditi un terminale da uomo, anche se sei una donna;
– sul tuo nuovo dispositivo Android, installa e usa come browser predefinito Firefox
– installa le estensioni più interessanti, tra cui quella oggetto del post e le altre menzionate;
– usa un aggregatore – io suggerisco Inoreader, ma ce ne sono tanti altri – per gestire tutte le fonti di informazioni utili per te, tra l’altro – te ne riparleró – usare un aggregatore consente di ridurre la dipendenza da social e la FOMO, acronimo di fear of missing out; – iscriviti al mio blog, tramite mail o – appunto – feed RSS, per non perdere informazioni importanti e utili per la tua strategia di vita quotidiana.

Engioi!

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Usi Android di Google o iOS di Apple? Sec …

Usi Android di Google o iOS di Apple? Secondo te qual è meglio per lavoro e/o divertimento? Comincio io: questo status è stato scritto e pubblicato con Android…

La mia esperienza di storico utente iOS ed Apple con Android e le cose che il robottino fa decisamente molto meglio di iPhone e iPad.
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pillole

Ho finalmente recuperato, col downgrade ad …

Ho finalmente recuperato, col downgrade ad Android 9 Pie, l’uso del copia e incolla. Ho perso tutto il pomeriggio, passato dei momenti di ansia quando il mio cellulare non si avviava più, ma alla fine è andato tutto bene.

Questo mi fa riflettere sul decadimento di sistemi operativi un tempo molto validi come Android e macOs, quando gli idioti che li
gestiscono, nel silenzio generale e anzi nell’esaltazione giuliva della pressoché totalità dei blogger, tolgono funzioni fondamentali per presupposte ragioni di sicurezza, come un pieno accesso alla clipboard di sistema.

Questa è la storia delle ultime versioni di Android, dove le cose che sono state tolte sono state molto di più di quelle aggiunte, togliendo i margini di vantaggio rispetto ad iOS.

Vedremo se la tendenza si invertirà, ma non credo proprio. Io andrò sempre più verso il retrocomputing, ma non per passione, semplicemente per il bisogno di lavorare con piena efficienza.

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FeedMe per Android: finalmente un client feed decente.

Dopo essere passato ad Android provenendo da iPhone, uno dei pochi svantaggi di una scelta di cui sono ad oggi molto soddisfatto riguarda le applicazioni, che nel mondo Android sono generalmente meno presenti e meno rifinite di quanto accada nell’ecosistema Apple, dove probabilmente gli sviluppatori sono più tutelati nei loro investimenti, in quanto gli utenti della mela sono più abituati a sborsare per usare applicazioni belle e funzionali.

Uno delle applicazioni che non riuscivo a «trovare» era un decente lettore di feed rss o atom che fosse compatibile con feedly, il server dove inserisco i feed che voglio seguire.

Ho spiegato in un altro post cosa sono i feed e perché sono, ancora oggi, il sistema migliore per seguire fonti di notizie e aggiornamenti su internet, sicuramente di gran lunga preferibile ai social network che sono molto più disorganizzati, confusionari e dove l’utente viene lasciato sostanzialmente in balia dei suoi gestori – è di questi giorni la notizia che gli amministratori di facebook stanno rivedendo i criteri per la scelta delle cose da mostrare agli utenti nella loro timeline.

Purtroppo, siamo rimasti in pochi ad usare i feed, le nuove generazioni non sanno nemmeno che cosa siano e trascorrono buona parte del tempo a scorrere timeline abbastanza curiose come quelle di instagram, snapchat o dentro a gruppi privati su whatsapp, che spesso, rispetto a contenuti di qualità come si possono trovare sul vero web, sono vere e proprie cianfrusaglie.

Polemiche a parte, finalmente ho trovato un client di feed che mi soddisfa e che quindi ho installato sia sul mio Note 8 che sul tablet.

Si tratta di FeedMe, che si può scaricare, se avete Android ovviamente, a questo link.

Di questo client, compatibile non solo con feedly ma anche con altri server di feed, mi ha colpito la pulizia dell’interfaccia grafica, la sua semplicità e intuitività, che mi ha fatto finalmente riscoprire fonti che con le applicazioni precedenti non riuscivo più a vedere e consultare.

Inoltre presenta una configurabilità piuttosto granulare da parte dell’utente.

Una cosa che non mi è piaciuta molto è il supporto ai podcast, dal momento che a mio giudizio ogni applicazione deve essere focalizzata su una e una sola cosa, e farla bene, ma ovviamente la disponibilità di queste funzioni non guasta.

La documentazione di sviluppo di FeedMe è disponibile su GitHub a questo indirizzo.

Una funzione piuttosto avanzata è quella dei filtri, che personalmente trovo abbastanza utile, dal momento che tra tutte le fonti che seguo ci sono sempre articoli di poco interesse, che puoi quindi «tagliare fuori» dall’elenco delle notizie in modo che non ti vengano nemmeno mostrate. Questa funzionalità, che feedly ad esempio implementa anche a livello di server (ma per configurarla bisogna collegarsi con un computer da scrivania), è descritta qui.

In conclusione, consiglio di nuovo a tutti di imparare ad usare i feed rss o atom per seguire i contenuti più interessanti che vengono pubblicati su internet, lasciando perdere i social network, che sono una trappola ben organizzata dai loro gestori per mostrarvi solo quello che vogliono loro, mentre dovete essere voi ad andarvi a cercare i contenuti che volete seguire davvero.

Se voleste, ad esempio, seguire anche questo blog via feed, l’indirizzo sarebbe questo.

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tecnologia

Avvocati e strumenti informatici: quali sono i migliori?

Sono un avvocato. Da un po’ di tempo cerco un modo di liberarmi nella gestione del mio studio da gestionali vari. Il mio obiettivo è quello di fruire dei servizi Google, anche se non so come fare. Ad oggi utilizzo solo Google Drive per il salvataggio e la condivisione con i colleghi di studio delle cartelle con gli atti e Gmail per la corrispondenza.
Stamattina, mi sono imbattuto qui: https://groups.google.com/forum/#!topic/legalit/skbPiBYhZjM e ho visto che anche tu come me apprezzi molto i servizi Google. Ma il forum è di 5 anni fa. Vorrei chiederti come sei organizzato oggi e se utilizzi ancora gli applicativi google

Google drive l’ho abbandonato per una marea di problemi demenziali mal gestiti da parte dell’assistenza di google, come ho spiegato meglio in questo post che ti invito a leggere con attenzione. Magari in seguito l’affidabilità di questo servizio è migliorata, a suo tempo era assolutamente indecente, specialmente da parte di una multinazionale informatica come google.

Nemmeno io uso, né ho mai usato, dopo la dismissione di quello che mi ero scritto da solo con Microsoft Access 97, un gestionale, ma un sistema di servizi web sincronizzati in locale tramite cui riesco a gestire tutto quello che mi serve.

Per i files e le loro condivisione uso Dropbox versione business.

Per la posta elettronica, per gli account più importanti, uso fastmail, una compagnia australiana che fornisce uno dei miglior servizi di email a livello mondiale. Sempre fastmail anche per la rubrica comune degli indirizzi, che, a parte qualche configurazione strana, funziona abbastanza bene, con sincronizzazione anche sui cellulari Apple e Android.

Per calendario, fogli elettronici (tra cui ad esempio l’agenda di tutte le udienze di tutte le pratiche dello studio) utilizzo i servizi di google: google calendar, che non mi ha mai dato alcun problema, anche se ci sono alcuni limiti strani (non puoi da mobile ad esempio cambiare il calendario una volta che hai inserito un evento), Fogli e documenti di google.

Con alcuni clienti particolarmente evoluti, o magari quando devo collaborare con colleghi sulla redazione di un atto, utilizzo Google documenti che, come sai, è una applicazione di editing contemporaneo, dove tutti gli autori possono modificare allo stesso tempo il documento senza che si generi alcun conflitto. Altrimenti uso Word o Open office su files locali che poi vengono sincronizzati tramite dropbox.

Per le comunicazioni al team di lavoro, ho una vecchia mailing list tramite google groups (interfaccia e sistema completamente assurdi, ma funzionano), più un gruppo WhatsApp per le cose più leggere e immediate o quando magari può essere più veloce un messaggio vocale.

In generale, sono molto contrario ai gestionali proprietari, preferisco usare servizi che si spalmano su standard già esistenti come ad esempio dropbox, che lavora sui cari vecchi files che trovi in locale, lasciandoti la libertà di organizzare come ti pare la gerarchia delle cartelle, i modelli, senza dipendere dall’assistenza tecnica di un produttore.

La mia macchina, anzi le mie macchine, sono dei portatili mac, un Air da 11 (favoloso come portabilità, lo puoi mettere nello zaino e portarlo: da non sottovalutare, perché nonostante tutto un computer desktop è ancora necessario per molti tipi di lavori, non è vero che ormai si lavora meglio da mobile); un macbook pro di qualche anno fa. Che, quando sono in studio, tengo attaccati a monitor esterni (in uno standing desk in studio, in una postazione a sedere a casa); mentre quando devo andare via stacco e porto con me.

Ovviamente, ogni macchina ha un disco esterno per il backup con time machine più un altro disco per la copia clone del disco. La copia clone è una figata assoluta che si può fare solo con i mac, non si può fare né con windows né, a quanto ne so, con Linux. Praticamente ogni giorno (o anche più di frequente) c’è un software (io uso Carbon Copy Clone, ma c’è anche SuperDuper) che copia l’intero disco fisso del mac su un altro disco fisso esterno. Se il disco fisso interno si rompe, anzi togliamo il «se» e mettiamoci un bel «quando», dunque quando il disco fisso interno si rompe devi solo fare il boot dal clone esterno e in 15 minuti sei di nuovo pronto a lavorare, praticamente – se stavi lavorando un files contenuto in dropbox – senza perdite.

Questo il è genere di efficienza che dobbiamo ai nostri clienti. Mi fanno davvero ridere quegli avvocati che su Facebook si lamentano che hanno preso un virus, o che hanno cambiato il cellulare e «perso tutti i contatti», quindi chiedono di «rimandarli», che hanno perso i dati e non avevano un backup. Se tu fossi un potenziale cliente di quei professionisti, gli daresti un incarico sapendo che sono dei dati imbranati che possono perdere il lavoro di una settimana svolto per te solo perché si rompe un disco fisso? Sticazzi, sono venti anni che si sa che bisogna fare i backup perché i dischi prima o poi si rompono. O che non riescono a richiamarti per darti una notizia importante perché hanno perso il tuo numero..? Ma le rubriche che si sincronizzano non esistono? E come fai ad essere sicuro che i terminali di questi avvocati non prenderanno mai un virus che poi farà la copia di tutti i dati personali e inizierà a mandarti dello spam? Al contrario, è una sicurezza…

Non siamo più negli anni 50, adesso la organizzazione informatica e digitale di un qualsiasi professionista, ma in particolare modo di un avvocato, che conserva quasi sempre dati sensibili è assolutamente fondamentale. Nessun avvocato può romanticamente vantarsi di essere ancora legato alla carta e alla penna come scusa per non curare queste cose, il mondo è andato avanti e – volenti o nolenti – non ci si può comportare a cazzo su queste cose!

Per quanto antipatia si possa nutrire verso certi strumenti e ti assicuro che ad esempio alcune cose del processo civile telematico hanno fatto venire l’itterizia anche a me pur con tutta la passione ch ehi sempre avuto per queste cose.

Questi che ti ho dato sono solo alcuni spunti, quando il post sarà pubblicato sul blog potremo eventualmente lasciare dei commenti, magari potrebbe diventare la pagina di riferimento per la discussione degli strumenti informatici da implementare nello studio legale.

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Android vs. iOS: qual è il sistema migliore?

È meglio iOS o Android?

Parlare delle differenze tra sistemi operativi rischia di essere ozioso, perché in buona parte la scelta di un sistema piuttosto che un altro è dovuta al caso, all’abitudine, alla tradizione, ai consigli degli amici e, in qualche ipotesi, anche ai propri gusti personali; inoltre c’è il rischio di scadere nella tifoseria, esattamente come avveniva ai vecchi tempi, quando si assisteva, nei forum di discussione, a dispute interminabili tra utenti dei sistemi Windows e utenti Apple.

Oggi, che siamo nell’era post-pc, si rischia appunto di riproporre lo stesso confronto, non più tra i vecchi contendenti da scrivania, ma tra i sistemi operativi mobili, quindi iOS di Apple da un lato e Android di Google dall’altro.

In questo post, tuttavia, cerco di dare un contributo di tipo costruttivo, con riguardo principalmente alla maggior o minor produttività di una scelta rispetto all’altra e quindi alle cose in più che si possono fare con una periferica rispetto all’altra o alle cose che si possono fare meglio e viceversa.

Io stesso consiglio sempre di provare, e di farlo per un certo range di tempo (non è sufficiente giocarci per qualche minuto, occorre un uso in qualche modo di «produzione» per settimane o mesi), i vari sistemi disponibili, confrontandoli, paragonandoli tra loro e vedendo come ognuno di essi offra una soluzione o un punto di vista alle esigenze che gli utenti volta per volta manifestano.

Recentemente, mi sono riavvicinato al mondo Android che mi interessa sempre sperimentare per vedere quali soluzioni implementa e se può garantire una maggiore produttività rispetto agli ambienti Apple; devo dire di esserne rimasto impressionato. Anche perché i difetti di iOS sembrano ormai qui per restare e non essere superati o in qualche modo risolti da Apple, anche alla luce delle ultime presentazioni di prodotti e aggiornamenti software.

Ancor più tempo addietro, avevo avuto un Nexus 4 che avevo poi rivenduto, trovando il sistema all’epoca abbastanza immaturo, anche se ad Android non avevo detto addio, ma semplicemente arrivederci, proprio perché in alcuni punti avevo intravisto delle buone potenzialità.

Ultimamente, mi sono comprato, reperendolo sul mercato dell’usato ad un prezzo molto conveniente, un Nexus 6, quindi un terminale di penultima generazione – attualmente è disponibile il Nexus 6P, e tra poco dovrebbero uscire i nuovi Nexus – ed è quello che sto utilizzando in questo periodo, ed anche in questo momento per la redazione di questo articolo (per lo più tramite dettatura vocale).

Le differenze in generale.

In generale i dispositivi iOS sono meglio rifiniti, più eleganti, più stilosi e piacevoli da guardare e utilizzare; per contro però sono più ingessati, più chiusi, più costretti in scelte che provengono direttamente da Apple. Anche a livello di interfaccia, la libertà concessa all’utente è sicuramente minore (mancano, su iOS, i widget, che sono invece comodissimi per un accesso diretto ad alcune funzioni personalizzate o alla ricerca su google).

Per converso i dispositivi Android, che appaiono anche icto oculi meno rifiniti e meno eleganti, nonostante tutto, di iPhone e iPad, offrono una versatilità molto maggiore, senza – almeno nella mia esperienza – che a questa maggior versatilità faccia da contraltare negativo una maggiore instabilità, dal momento che oggigiorno i dispositivi con sistema operativo Apple e quelli con sistema operativo Google sono, appunto a mio giudizio, abbastanza equivalenti da questo punto di vista (chiaramente il discorso può variare a seconda del terminale che si utilizza).

Se, comunque, in generale i prodotti destinati all’utilizzo in mobilità di Apple sembrano ancora finiti meglio rispetto ad Android, il robottino presenta tuttavia alcuni aspetti dove c’è la possibilità di essere molto più produttivi e che possono essere interessanti per tutti, specialmente per i professionisti.

Vediamo quindi le cose che mi sono piaciute molto di Android, quelle dove il robottino sembra migliore di iOS.

Le cose che mi sono piaciute di Android.

Il voip su Android.

Una cosa ad esempio che a me piace moltissimo di Android è la gestione del VoIP, la telefonia vocale tramite internet, che invece su iPhone è davvero carente e pressochè inutilizzabile, nonostante la disponibilità di applicazioni di pregio come groundwire. Da anni usiamo VoIP in studio, con molti vantaggi, di cui ho parlato in questo vecchio post di cui consiglio la lettura.

Su Android, la gestione di VoIP è integrata nel sistema operativo ed è del tutto trasparente per l’utente. Una volta che hai configurato il tuo account VoIP, nel momento in cui effettui una chiamata il cellulare ti chiede, alzando una apposita finestra di dialogo, tramite quale account vuoi fare questa chiamata: se vuoi chiamare tramite la sim installata sul cellulare oppure tramite l’account VoIP configurato. Personalmente spesso, anche quando sono in giro e quindi fuori dallo studio, chiamo tramite l’account VoIP, perché questo mi consente di non esporre il numero del mio cellulare ma di chiamare clienti, prospetti e altri destinatari con il numero fisso dello studio: cioè loro vedono come ID del chiamante il numero di telefonia fissa dello studio, anche se io li sto chiamando usando come terminale il mio celluare. Questa è una cosa davvero molto comoda.

Su iPhone invece l’implementazione del VoIP è assolutamente inutilizzabile. A livello di sistema operativo non è per niente implementato: e qui devo dire che sospetto motivi «politici» legati alla convenienza economica degli operatori di telefonia mobile. Se vuoi utilizzare il VoIP, devi per forza installare un’applicazione di terze parti e ce ne sono al riguardo di davvero molto buone, come la già citata groundwire. Il problema però è che non sono coordinate con l’ambiente in cui operano, a causa di ciò succedono cose molto poco simpatiche come, ad esempio, quando tu stai facendo una telefonata tramite VoIP e ti chiamano al cellulare. In quel caso la telefonata VoIP viene bruscamente sbattuta giù a favore della chiamata entrante sul cellulare, senza che tu possa avvertire in alcun modo il tuo interlocutore. Mi sembra un sistema sostanzialmente inutilizzabile, specialmente per un professionista.

La dettatura vocale.

Un’altra cosa che mi sta piacendo moltissimo di Android, o quantomeno del mio Nexus 6 visto che non so se a riguardo ci sono differenze significative con altri terminali, è la funzione di dettatura che ho trovato, a parte alcuni aspetti strani di cui dirò dopo, straordinariamente accurata, utile e foriera di tanta produttività in più. Come cennavo, anche il «grosso» di questo articolo è stato redatto tramite dettatura, con rifiniture finali al Mac.

La prima differenza con iPhone, ed è una differenza a mio giudizio fondamentale, è che, con il dispositivo di Apple, la dettatura ha per forza una durata limitata: tu puoi dettare per qualche secondo, poi il dispositivo ti avverte che il tempo a tua disposizione è finito; allora devi smettere di dettare e lasciare che l’iPhone traduca in testo quello che tu hai dettato per poi riprendere di nuovo, quindi facendo questo gioco finché non hai finito di scrivere quello che devi scrivere.

Con Android, invece, la dettatura non ha nessun confine temporale e può proseguire per tutto il tempo necessario. Puoi continuare a dettare finchè vuoi e lui continuerà sempre a effettuare il riconoscimento.

Questo credo sia dovuto al fatto che il dizionario per interpretare il parlato nel caso di Android è scaricato in locale mentre, nel caso di iPhone, ogni volta che si effettua una dettatura il telefono si collega ai server di Apple ai quali fa svolgere il lavoro di riconoscimento del testo.

Il punto tuttavia è che – nonostante questo sistema, che nel caso di Apple dovrebbe riconoscere e garantire un risultato migliore in termini appunto di dettatura e quindi di riconoscimento dei termini impiegati dall’utente – il riconoscimento funziona molto meglio su Android, anche con nomi propri di persona, termini della lingua inglese di uso corrente, nomi di prodotto e cose di questo genere.

Prove alla mano, mi capita molto meno di correggere Android rispetto ad iPhone e devo dire che la funzione di dettatura su Android ha aumentato moltissimo la mia produttività consentendomi ad esempio sia di rispondere a molte più mail sia di farlo in modo più dettagliato ed esaustivo.

In generale, sono davvero impressionato dal funzionamento della dettatura su Android ed all’aumento di efficienza che questo mi ha regalato. Al confronto, la funzione analoga su Apple sembra quasi una implementazione amatoriale.

Gli aspetti della dettatura su Android che non funzionano così bene di cui accennavo prima riguardano l’uso della punteggiatura. Anche nei terminali gestiti dal robottino si possono, ovviamente, inserire segni di interpunzione, però la dettatura a riguardo non funziona molto bene, o forse non ho ancora capito fino in fondo bene io come si deve fare. Una cosa di cui mi sono accorto è che il riconoscimento funziona molto meglio se la dettatura del segno di interpunzione la facciamo subito dopo la dettatura della parola, ad esempio se dobbiamo mettere un punto è bene che la parola relativa la pronunciamo subito dopo l’ultima parola della frase, altrimenti Android non metterà il segno di interpunzione ma scriverà la parola «punto».

Ad ogni modo, questo è poco male nel senso che l’inserimento dei segni di interpunzione, tra cui segnatamente le virgole, è un’operazione che spesso tradizionalmente si fa in sede di seconda revisione di un testo. Nel caso delle mail, poi, dove è socialmente ammesso un linguaggio più traballante e scritto di getto, si può anche scrivere appunto di getto, senza essere troppo esigenti con i segni di interpunzione. Se si scrive, invece, un testo più lungo, come ad esempio un articolo per un blog, si può benissimo dedicare una seconda fase del lavoro a rilettura e revisione della punteggiatura.

Torrent.

Un’altra cosa che mi piace molto di Android è che si può usare per scaricare file torrent, cosa che nell’ambiente Apple è assolutamente impensabile, proprio per la mania di controllo della casa della mela che sicuramente non apre i propri dispositivi a possibilità del genere (nonostante siano potenzialmente utilizzabili anche per scopi completamente legittimi).

La prima cosa positiva è che nel Play Store esistono applicazioni torrent che invece nello store di Apple sono da sempre completamente assenti. Io, per chi ne fosse interessato, uso, dopo averne provate alcune, Flud.

Oltre a ciò, il sistema operativo mi sembra anche strutturato in modo da consentire veramente l’esecuzione di processi in background, tanto è vero che sono riuscito a scaricare perfettamente un file, di dimensioni notevoli, che mi interessava tramite il circuito torrent, svolgendo altri lavori nel frattempo sul cellulare.

Le applicazioni che sono in esecuzione in background in modo fisso sono segnalate nel mio Nexus nella stessa barra in cui ci sono le icone delle notifiche in alto a sinistra; ovviamente quelle applicazioni si possono e anzi si debbono, quando non sono utilizzate, chiudere per evitare un eccessivo consumo di batteria dal momento che non dobbiamo mai dimenticarci che questo rimane un dispositivo mobile con la batteria di ridotte dimensioni e quindi non possiamo lasciare processi in esecuzione in background come faremo in un Mac anche portatile.

Registrare le telefonate.

Un’altra cosa che sono riuscito a fare bene con Android e che con l’iPhone è pressoché impossibile da fare in modo efficace è registrare le telefonate.

Le telefonate ovviamente non le registro perché devo spiare chissà chi e chissà che cosa, ma solo ed esclusivamente per motivi di maggior efficienza sul lavoro. Mi capita molto spesso di fare consulenze per telefono, consulenze che durano anche quasi un’ora se non a volte anche di più: in questi casi preferisco, dopo averlo chiesto al cliente ed aver ottenuto il suo consenso, registrare la conversazione in modo da avere un riferimento per poter recuperare qualche dettaglio che mi potrebbe a volte sfuggire o di cui mi potrei in seguito dimenticare.

In tali ipotesi, dunque, registro un file audio, che poi salvo nella cartella della pratica in Dropbox, che è il mio sistema di archiviazione dei file per tutte le pratiche dello studio, per poterla riascoltare tutte le volte in cui dovessi averne bisogno, anche dal computer da scrivania.

Anche qui esiste un applicazione che rimane in esecuzione in background e si attiva nel momento in cui parte una telefonata; può essere impostata in modo da chiedere all’utente cioè a me al momento in cui la telefonata è terminata se si vuole conservarne la registrazione oppure no.

In sostanza, questa applicazione può essere impostata appunto per registrare tutte le telefonate in entrata ed in uscita dopodiché offre all’utente la possibilità di valutare se conservare la registrazione o meno.

L’applicazione che uso io per registrare le chiamate si chiama ACR ma nel Play Store ce ne sono diverse altre; in questo caso sono stato fortunato perché si tratta della prima che ho provato e l’ho trovata soddisfacente per le mie esigenze.

OK google. Assistente vocale migliore.

I terminali Android hanno un assistente vocale che si chiama «Ok google», corrispondente a «Siri» su iOS. Ok google è stata una sorpresa positiva per me.

Si può usare innanzitutto anche con applicazioni di terze parti, ad esempio funziona benissimo con whatsapp e telegram (io lo uso spesso per mandare nuovi messaggi). Siri avrebbe dovuto essere aperta alle applicazioni di terze, ma sono anni che queste intenzioni sono rimaste sulla carta e Siri, man mano che passa il tempo, sembra sempre più limitata e «stupida».

L’assistente vocale dei dispositivi Android, comunque, si può attivare senza bisogno di premere niente e questo è abbastanza logico anche perché nei dispositivi Android i tasti hardware sono ridotti veramente al minimo. Per attivare l’assistente, basta dire ok Google.

La cosa bella comunque è che questo assistente funziona con quasi tutte le applicazioni; a differenza di Siri, che funziona per lo più con le applicazioni di sistema, quasi solo con le applicazioni di sistema, quelle fornite da appple, con l’assistente invece di Android si possono mandare ad esempio tranquillamente dei messaggi di WhatsApp o anche di telegram, una cosa che con l’iPhone non si può fare assolutamente.

Si possono poi fare tranquillamente le altre cose che si fanno di solito con Siri come ad esempio lanciare le applicazioni ma anche in questo l’assistente è superiore, perché riconosce molto agevolmente il nome di quasi tutte le applicazioni che si vogliono lanciare anche quando queste sono denominate con termini della lingua inglese e la pronuncia di chi le invoca non è affatto perfetta.

Dropbox funziona meglio.

Come accennavo, il mio file system, da anni, è Dropbox. La sua fruibilità su Android è maggiore che su iOS e anche questa è stata una piacevole sorpresa.

Grazie ad una utility che si chiama Dropsync e grazie al fatto che su Android esiste un file system locale, a differenza di iOS, Dropbox si riesce ad utilizzare molto meglio, quasi come se si avesse a disposizione una macchina desktop.

Praticamente, si può configurare questa utility per tenere sincronizzata in modo bidirezionale una coppia di cartelle, da un lato locale e dall’altro di Dropbox.

In questo modo, si possono usare programmi sempre di tipo desktop, come ad esempio Microsoft Word o Excel, per editare e creare dei documenti in locale, che poi verranno sincronizzati su Dropbox.

Con iOS non sono mai riuscito a fare questa cosa perché avendo un abbonamento Dropbox business, Microsoft vorrebbe che acquistassi anche Office Online, cosa che però io non sono disposto a fare perché l’uso è troppo sporadico per giustificare una spesa di questo tipo. Con questo sistema invece, è come se modificassi dei documenti in locale, che però poi mi ritrovo all’interno di Dropbox, nelle cartelle condivise con tutta la mia squadra di lavoro dello studio legale; questo è molto comodo e mi hai reso davvero molto più produttivo, perché ad esempio posso creare lettere o diffide direttamente dal mio terminale Android, usando i modelli che trovo dentro Dropbox e creando nuovi file per la bisogna.

Una cosa, inoltre, che puoi fare con la versione Android di Dropbox – la app ufficiale – ma non con quella iOS è creare un file di testo nella cartella corrente, molto utile per creare note e appunti, anche nelle pratiche nelle quali si sta lavorando.

Questo mi ha fatto capire che i terminali iOS per certi versi sono davvero una «prigione dorata», molto bella per consumare media, molto più «stupida» per lavorare…

Su iOS si ha l’impressione di essere come quegli utenti che hanno solo i permessi di lettura, mentre su Android ti sembra di poter anche scrivere, davvero come se avessi a disposizione un computer desktop in miniatura, mentre un iPhone ne riproduce solo un limitato insieme di funzioni per lo più limitate alle fruizione di contenuti e media, con buona pace della creatività che è sempre stata in connubio con i prodotti Apple.

Stampa su PDF.

La stampa su PDF è una cosa che mi trovo davvero molto spesso a fare quando sono al mio Mac. Un caso tipico è quando trovo un articolo che mi interessa, ma anche quando devo approfondire una mail che mi ha spedito un cliente tipicamente per una consulenza. In quei casi, sono abituato ad avere un file PDF che poi evidenzio nelle parti più interessanti è più significative e che annoto mettendo i riferimenti che mi interessano e alla fine salvo dentro alla pratica, sempre dentro il mio Dropbox. Con iOS per fare la stampa su PDF bisogna sempre ricorrere a utility di terze part,i salva la possibilità di mandare un articolo trovato sul web all’applicazione iBooks dalla quale tuttavia questo articolo poi potrà uscire solo tramite posta elettronica non essendo in iBooks supportato il menù di condivisione; anche la stampa da email su PDF, quindi il voler stampare una semplice mail su PDF in iOS, è un’operazione abbastanza difficoltosa e per la quale occorre comunque un client di posta alternativo dal momento che il client ufficiale, quello stock Apple, supporta solo la stampa AirPrint verso una stampante che prevede questo standard, anche se è vero che con i più recenti dispositivi della serie S, intendo l’iPhone 6S e l’iPhone 6S plus, sempre con la particolare tecnologia del tocco prolungato c’è un workaround per la stampa su PDF, di cui si è parlato nei blog (io però dispongo di un 6 plus normale, non S).

Tutte queste difficoltà, comunque, non esistono nel mondo Android dove la stampa su PDF è supportata in modo nativo. La stampa avviene verso la cartella speciale download, dalla quale tuttavia il file può essere copiato dove uno preferisce: nel mio caso la copia avviene verso una di quelle cartelle che io tengo sincronizzate con il mio Dropbox, in modo da avere sempre un ponte con il resto dello studio e il resto del mio del mio team.

È multiutente!

Una cosa molto carina dei terminali Android è che sono multiutente come i computer desktop, così diventa facile condividerli con altri membri della famiglia, una cosa utile per lo più nei tablet, ma che potrebbe servire anche nei cellulari per gestire progetti diversi o aspetti diversi della propria vita (molte persone hanno account professionali contrapposti a quelli personali).

La multiutenza è gestita in modo piuttosto efficiente. Esiste un utente principale, che potremmo definire come amministratore, e possono essere creati altri utenti secondari.

In alternativa alla multiutenza supportata direttamente dal sistema operativo, esiste un’applicazione molto interessante e utile che si chiama Parallel Space.

Con questa app, si può «virtualizzare» un secondo account di molte app installate sul telefono Android: facebook, gmail, buffer, ecc.. Da usare ovviamente con un altro account, diverso da quello principale. Funziona molto bene, molto rapida, anzi più veloce della funzione di sistema, anche per la possibilità di saltare avanti e indietro da un’applicazione all’altra (ad es. dal facebook professionale a quello personale) e di usare funzioni di sistema come il copia e incolla tra loro.

Dopo aver provato sia la funzione di sistema per la multiutenza che Parallel Space, ho tenuto un solo account e usato sempre Parallel Space, che in definitiva trovo molto più comoda.

I widget e altro.

Come cennavo, un vantaggio di Android sono i widget. Mentre su iOS nella home page puoi avere solo icone (salvo abbassare la tendina superiore per avere qualcosa di simile ai widget, ma meno potente e comunque più scomodo), con Android puoi mettere nella home page appunto questi «cosi» con funzioni diverse, a seconda dell’applicazione di riferimento, sempre però molto utili.

Il widget per eccellenza, e che è veramente un punto di superiorità rispetto ad iOS, è quello per ricerche su google… Nell’80% dei casi in cui prendo il mano il mio telefono, voglio fare una ricerca su google. Con iOS devo aprire Safari, aspettare che ricarichi demenzialmente l’ultima pagina che aveva in memoria la volta scorsa, tappare sulla barra di ricerca, aspettare che si selezioni tutto il testo e inserire i termini di ricerca. Con Android è molto più veloce, vado nella home page e comincio a scrivere nel widget di ricerca ed è un vero godimento.

Anche Apple dovrebbe aprire una «finestra» immediata del genere e sospetto che non lo faccia solo per dare a Google, l’eterno rivale, una posizione di preminenza nei propri dispositivi, perché dal punto di vista della produttività non avere questo è davvero assurdo.

Ogni applicazione può esporre i propri widget.

Alcuni widget che uso io e che trovo molto comodi:
– di dropbox, per aprire direttamente una cartella specifica (quella dove tengo tutti i miei ebook e i miei articoli salvati, o le pratiche)
– di play libri, per aprire direttamente un libro specifico; con Android puoi mettere un libro, che stai leggendo o rileggendo, direttamente nella home page!
– di buffer, per creare un nuovo aggiormento di stato da diffondere sui social network
– di Diaro, un app di note e journaling cui sono passato in sostituzione di Day one perché multiutente e perché si sincronizza tramite dropbox

Ce ne sono molti altri, che non ho ancora provato.

Ad ogni modo, la home page di Android è molto più versatile ed elastica di quella iOS. Non solo per i widget, ad esempio puoi inserire anche il collegamento ad un file che si trova altrove nel file system, in modo da averlo sempre a disposizione, allo stesso modo in cui lo si può fare con un computer desktop. Io ad esempio ho un file chiamato appunti.txt per segnare ogni volta cose al volo, che è contenuto in realtà in una dir ancora una volta sincronizzata su dropbox… Puoi anche collegarti ad un file on line, come un foglio o un documento google drive, raggiungendolo direttamente dalla home page.

Gli svantaggi di Android.

Il problema fondamentale del mondo del robottino è l’assenza di applicazioni ben rifinite come quelle che esistono nel mondo Apple. Questo è dovuto probabilmente al fatto che Cupertino è riuscita a tutelare molto di più il lavoro degli sviluppatori, rendendolo maggiormente redditizio; sto dicendo che sviluppare per Apple rende molto di più che farlo per Android, con la conseguenza che molte case produttrici di software preferiscono investire su iOS piuttosto che su Android, che poggia per lo più sulle funzioni di sistema e le eventuali personalizzazioni dei produttori.

Per fare un esempio, non esiste in Android una applicazione decente per leggere i feed, di cui io sono da anni appassionato, come spiego meglio in questo post. Ne ho provate tantissime, annoiandomi anche un po’ come succede in questi casi, per poi ripiegare alla fine sul poco soddisfacente (il classico male minore) client ufficiale di Feedly. Analogamente, non esiste un editor di testo raffinato come Byword (ma anche altri) su iOS; esistono diverse app che fanno cose del genere, ma nessuna con grado di maturità e finitura neanche lontanamente paragonabile. Non esiste, inoltre, una app come 2Do per Apple, un software straordinariamente rifinito, accurato, aggiornato, che ho rimpiazzato, come potevo, con wunderlist, che offre anche il vantaggio di essere multipiattaforma.

Conclusioni.

Spero di avervi dato qualche spunto di natura concreta.

Vi consiglio comunque di fare come me: provate prima di passare dall’uno all’altro sistema. Dipende sempre dalle esigenze di lavoro e dai gusti individuali.

Per quanto riguarda il tipo di terminale da procurarsi per chi è interessato a provare o utilizzare Android in parallelo o in alternativa ai sistemi di Apple consiglio sempre di valutare un Nexus, che rimane mio giudizio il dispositivo più interessante per un motivo fondamentale, che è quello di offrire una versione nativa (stock) di Android così come è stata pensata da Google.

Ciò comporta anche la conseguenza molto importante per cui ogni singola nuova versione di Android è installabile e quindi il telefono rimane sempre aggiornabile con l’ultima versione del sistema operativo, cosa che purtroppo non si verifica con molti altri terminali o comunque non si verifica sempre terminali anche più blasonati e patinati come i Samsung.

Buon mobile computing a tutti.

Aggiornamenti: l’intervista.

La webradio Ius&Law ha trovato molto interessante questo confronto iOS e Android e ha voluto intervistarmi. Potete ascoltare l’intervista qui. Ve la consiglio perché con il collega Andrea Pontecorvo affrontiamo anche altri aspetti interessanti.

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Facebook: come cercare nei vecchi post.

ricerca facebook

Un limite piuttosto sentito della piattaforma di facebook è l’inesistenza di un sistema per la ricerca dei vecchi post, sia i propri che quelli degli altri, amici o pubblici. Quante volte ci torna in mente una battuta, una considerazione, un brano che abbiamo scritto sulla nostra bacheca o letto in passato su quella di altri, e vorremmo recuperarlo, ma purtroppo non è ancora stato implementato un sistema di ricerca.

Per riuscire ugualmente a ricercare tra i vecchi post, almeno tra i propri, si possono usare applicazioni di terze parti sia su Mac che, incredibilmente, sullo stesso iPhone, che è ormai la periferica che si sua per la maggior parte della giornata lavorativa e non.

Su Mac, un software che archivia in locale i nostri contenuti publicati su vari social non solo facebook è digi.me. Funziona, ma è a pagamento, mi pare ci sia un canone annuo, ed è un’applicazione un po’ pesante in termini di download e aggiornamento dei contenuti.

Poi, come dicevo, oggigiorno si lavora per lo più con dispositivi mobili, per cui la soluzione che alla fine ha «attecchito», almeno nel mio caso, è stata quella di un’app per iOS. Si tratta di Search for posts App, un’applicazione dal nome e dalla grafica orribili, senza recensioni sullo store, ma che funziona incredibilmente bene.

Ho scaricato questa app pensando che fosse una mezza fregatura, impressione che non è scomparsa dopo i primi minuti di utilizzo. Infatti, al primo avvio avviene la creazione di un indice locale dei contenuti di facebook, indice che poi viene aggiornato ogni volta che l’app viene avviata.

Avendo impiegato pochissimo tempo a costruire questo indice, ho subito pensato che si trattasse di una delle tante applicazioni idiote di cui è disseminato lo store, ma mi sono dovuto ricredere quando ho fatto le prime ricerche.

Da allora, Search For Posts mi ha sempre trovato tutto quello che cercavo.

L’applicazione è gratuita, ma sino a che non viene sbloccata con un acquisto in app di pochi euro mostra solo un limitato numero di risultati di ricerca. Ovviamente, quando ho visto che funzionava, ho fatto lo sblocco e ne sono soddisfatto.

Una cosa importante da dire è che Search for Posts non salva in locale i contenuti di facebook, ma li indicizza solamente: con l’indice, mostra all’utente i risultati della ricerca, che poi, per vedersi completamente, dovranno essere visualizzati sul server di facebook, nella loro collocazione «originale»; in questo, credo sia diverso da digi.me che invece può essere utilizzato anche a scopo di backup.

Se anche voi avete l’esigenza di cercare nei vecchi post di facebook, provate questa app nella versione base, che è gratuita, dopodiché magari la sbloccate se vedete che vi è utile… Fatemi sapere la vostra esperienza nei commenti.