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Contratto di assistenza: quand’è che simula una donazione?

siamo 3 figli e quando è morto nostro padre ,vedovo, io e mio fratello abbiamo scoperto che nostra sorella aveva ereditato la casa dove abitava nostro padre con un atto in cambio di assistenza. Cosa che non è avvenuta in quanto nostro padre era in grado di fare tutto. In pratica secondo noi si tratta di una donazione mascherata. La mia domanda è se il rogito si può impugnare e come si fa a dimostrare che in realtà nostra sorella non ha servito nostro padre?

Atti di questo genere, parlando genericamente, si possono impugnare ed è abbastanza consueto vedere cause di questo genere nei nostri tribunali, anche perché l’intento di eludere le disposizioni sulle successioni necessarie purtroppo non così di rado emerge concretamente.

Nel vostro caso, ti sembrerà incredibile, ma per poter valutare se questo contratto di assistenza sia effettivamente impugnabile, cioè se vi siano adeguate basi legali, fattuali e probatorie per poter dimostrare che è una simulazione, occorre necessariamente esaminare il contratto stesso e più in generale la situazione familiare e personale di tutti i protagonisti, raffrontando tutte queste cose tra loro, in modo da «leggere» questo contratto in modo contestualizzato.

Visti i valori in ballo, che non sono trascurabili, e la particolare «antipatia» di una vicenda del genere, vi suggerirei, quantomeno, di acquistare una consulenza da un avvocato, per avere maggiori delucidazioni e chiarimenti, cosa che rappresenta intanto comunque un valore in sé, perché è giusto sempre, in queste cose, sapere cosa si deve pensare, cosa si potrebbe fare o meno, per poi decidere in seguito se fare o meno davvero l’azione.

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Rinuncia all’eredità o a impugnare il testamento: le differenze.

sono debitore verso una banca, ma per il momento non ho soldi da restituire. ero separato dalla moglie che è deceduta nel 2013, nel testamento lasciava tutto a mio figlio , ma non essendo divorziati mi spettava una quota anche a me da ereditare, siamo andati dal notaio e ho fatto la rinuncia alla mia eredita lasciando tutto al figlio. Vorrei sapere se la banca può rivalersi sulla mia parte a cui ho rinunciato nei confronti del figlio.

Tu non hai affatto rinunciato all’eredità, che non ti è mai stata devoluta, ma – ed è tutto un altro paio di maniche – hai rinunciato invece ad impugnare il testamento fatto da tua moglie per far valere la tua quota di legittima.

Se tu avessi rinunciato all’eredità, i creditori avrebbero potuto impugnare tale rinuncia in base all’art. 524 cod. civ..

Infatti, i creditori di chi ha rinunciato possono farsi autorizzare dal Tribunale ad accettare l’eredità in nome e luogo del loro debitore, per poter soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Questo diritto di impugnazione si prescrive in cinque anni, decorrenti dalla data della dichiarazione di rinuncia.

In realtà, tu all’eredità di tua moglie non sei mai stato chiamato e non hai mai rinunciato. Il testamento che viola la quota di successione necessaria spettante ai legittimari è infatti perfettamente valido ed efficace sino a che qualcuno degli aventi diritto non lo impugna.

Tu hai davanti al notaio espressamente rinunciato a fare questa impugnazione, con la conseguenza che, rimanendo definitivamente valido il testamento in questione, è diventato erede direttamente solo tuo figlio, senza che tu sia mai stato chiamato a questa eredità.

Per questo non credo proprio che la banca possa coltivare iniziative al riguardo.

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Posso dimostrare che la vendita di una casa da mio padre a mio fratello dissimula una donazione?

il papà muore senza testamento lasciando 25000 di eredità ai 3 figli A,B,C.
Circa 40 anni fa il papà, tramite compravendita fittizia (da dimostrare), aveva ceduto la sua casa a A (valore oggi 160000), dove da allora abita. B,C quindi all’apertura della successione devono accettare l’eredità con beneficio d’inventario e anche proporre un’azione di simulazione della compravendita con domanda di riduzione (ripristino legittima) per usufruire della prova per testimoni.
Ma la domanda di riduzione fa decadere l’accettazione beneficiaria trasformandola in semplice e impedendo l’azione di riduzione.
Di fatto B,C perdono la possibilità di avere quanto gli spetta o sbaglio? Come si esce da questo loop…? Ovvero esiste un iter (sequenza cronologica) corretto per garantire la legittima a B,C con prova per testimoni in questa situazione?

La prima causa che devono fare B e C, se vogliono coltivare la posizione, è quella di simulazione, cui, solo se vittoriosa, potrà conseguire quella di riduzione.

Il divieto di provare la simulazione per testimoni, previsto in generale per evidenti motivi per le parti di un contratto, che possono pertanto farlo solo tramite la famosa controdichiarazione scritta, non vale per gli eredi delle parti, che a tale fine sono considerati terzi.

Almeno così sembra ragionare la giurisprudenza, secondo cui i legittimari assumono la qualità di terzi ex art.1417 cod. civ. in quanto si attivano per la realizzazione di un diritto proprio: in questo senso Cass. Civ. Sez.II, 6031/95; Cass. Civ. Sez. II, 20868/04; Cass.Civ. Sez.II, 9956/07.

Non c’è dunque nessun loop, ma è un percorso piuttosto lungo e impegnativo e dove non c’è alcuna garanzia di risultato, per tali motivi a mio giudizio sarebbe assolutamente preferibile un approccio di tipo negoziale, sia prima che eventualmente anche dopo la notifica dell’atto di citazione.

Da verificare se le due azioni possano essere proposte in via gradata all’interno dello stesso processo per ragioni di economia processuale e anche… personale.