Categorie
diritto

10 cose sulla modifica condizioni di separazione, divorzio, affido.

1) La legge dice che in qualsiasi momento si può chiedere di cambiare le condizioni di una separazione, divorzio, affido.

2) Quindi, in teoria, si potrebbe sempre chiedere al giudice di cancellare, ridurre o aumentare un assegno di mantenimento oppure di variare il regime di gestione dei figli.

3) Nella realtà, i giudici non amano molto che venga chiesto loro di rivedere una situazione già regolamentata.

4) Questo è particolarmente vero se separazione, divorzio o affido sono frutto di una soluzione consensuale e non è nemmeno passato molto tempo dalla firma.

5) Infatti, se hai firmato e accettato tu quelle condizioni, come fai adesso a ricorrere alla magistratura per farle cambiare? I meri ripensamenti sono molto poco bene accetti dai giudici, che in questi casi non solo rigettano la tua domanda, ma ti condannano anche alle spese.

6) Per poter presentare una domanda giudiziale di modifica delle condizioni, é necessario che ci sia un fatto nuovo di una certa importanza.

7) Sono esempi di fatti rilevanti la perdita incolpevole del posto di lavoro, il matrimonio e l’uscita dalla famiglia di un figlio, un problema sanitario grave e così via.

8) Al di fuori di questi casi, la modifica delle condizioni a mio giudizio può avvenire solo consensualmente, tramite una convenzione di negoziazione assistita.

9) In caso di modifica consensuale, tuttavia, occorre che entrambe le parti siano d’accordo.

10) Per tentare di raggiungere un accordo, si può usare un percorso di mediazione familiare oppure si può dar corso ad una trattativa tra avvocati.

(1) Condividi ora questo contenuto, se pensi che possa essere utile ad altri (2) Iscriviti subito al blog, al podcast, al canale youtube e tiktok e all’account instagram degli avvocati dal volto umano per ricevere altri contenuti gratuiti come questo (3) Se ti serve assistenza legale professionale, chiama ora il n. 059 761926 e prenota il tuo appuntamento.

Categorie
diritto

Facebook: mettergli il sale sulla coda.

La maggior parte della gente pensa che «mettere il sale sulla coda» a facebook quando compie violazioni e abusi nei tuoi confronti – come rimozione di contenuti, sospensioni, cancellazioni pagine e account e così via – sia difficile, se non impossibile.

Bird

In realtà, le cose non stanno così.

La società che opera per l’Italia nella gestione del popolare social network è Facebook Ireland e i giudici italiani hanno ritenuto di esser dotati di giurisdizione e quindi di poter intervenire nei confronti appunto di Facebook Ireland, a volte difendendo i cittadini e gli utenti italiani da abusi e soprusi perpetrati da questo social network, come cancellazione arbitraria di contenuti, pagine, profili, per lo più a causa di stupidi algoritmi e spesso senza nemmeno intervento umano e tantomeno preavvertimento.

Ti allego di seguito, ad esempio, un’ordinanza del mio tribunale di Bologna in cui il magistrato condanna facebook ad accogliere le richieste di un utente ed al risarcimento del danno.

Tribunale-Bologna-ord.-10-marzo-2021.pdf

Iscriviti subito al blog per ricevere gratuitamente contenuti come questo.

Se ti serve assistenza professionale, chiama il numero 059 761926 e prenota il tuo appuntamento.

Categorie
diritto

Oggetti di proprietà o rubati: come distinguerli?

Avrei una domanda riguardante il taccheggio: chi stabilisce se un oggetto che ho in tasca o addosso è rubato o comprato in precedenza. Esempio: la mia ragazza esce da decathlon, il vigilante la ferma e decide di perquisirla, la mia ragazza consapevole di non avere nessun obbligo a farsi mettere le mani nella borsa dal vigilante acconsente per evitare inutili disguidi, quí arriva il bello, all’interno della borsa la mia ragazza porta sempre con sé una borraccia decathlon, la domanda è; chi stabilisce se quella borraccia sia stata rubata o acquistata in precedenza? Lo stesso dubbio può venire a me se venissi beccato con un paio di guanti in tasca, o con il pedale di una bici o con una barretta energetica o con un moschettone da arrampicata o con qualunque altro improbabile oggetto, che per quanto improbabile ne resta comunque impossibile stabilire se sia rubato o meno

Se non c’è il dispositivo antitaccheggio, sono circostanze che vengono lasciate alla valutazione della situazione in concreto, con le nozioni di esperienza che rientrano nella conoscenza di tutti.

In primo luogo, si vede abbastanza bene se un oggetto è completamente nuovo o anche solo un poco usurato, ad esempio.

Nei casi dubbi, inoltre, possono sopperire le telecamere di sorveglianza interna.

Insomma, non ci sono risposte definitive, ma ci sono diversi elementi, oltre a questi due citati a titolo di esempio, che possono aiutare a capire se un oggetto fa parte delle dotazioni di una persona o se è stato appena sottratto.

Naturalmente, in ultima istanza, nei casi dubbi, decide un giudice, sulla base della relazione delle forze dell’ordine intervenute, chiamate dalla sicurezza, per lo più, anche se ovviamente una persona cui fosse infondatamente contestato un saccheggio potrebbe chiamare dei testimoni a riprova del precedente acquisto legittimo o addirittura produrre documentazione, come nel caso in cui l’acquisto fosse avvenuto on line o su amazon.

Iscriviti al blog per ricevere il fondamentale post del giorno.

woman in beige coat talking on phone in furniture shop
Photo by Anthony Shkraba on Pexels.com
Categorie
diritto

Arresto dell’altro contraente: si può recedere per giusta causa?

Posso recedere dal contratto di agenzia per giusta causa considerato che il contraente è stato arrestato questo martedì per frode, evasione, danni all’erario ed il suo deposito petrolifero sequestrato?

Come spiego meglio in questa scheda dedicata, che ti invito a leggere con attenzione, la «giusta causa» è una «clausola aperta»: ciò significa che la ricorrenza o meno della stessa viene valutata da un interprete che, alla fine, è sempre, nei casi in cui viene sollevata una contestazione, un giudice.

Non esiste un catalogo di cose che costituiscono sicuramente «giusta causa», anche se è vero che ci sono situazioni che sono già state giudicate dalla magistratura e ritenute tali, costituendo un precedente, che, tuttavia, per svariati motivi, non è mai vincolante nel nostro sistema giudiziario, sia perché i giudici devono rimanere liberi, sia perché in realtà è molto difficile che si presentino due casi assolutamente congruenti ed identici, ma ogni situazione è diversa.

Quindi la decisione di recedere o chiedere la risoluzione o comunque lo scioglimento o l’uscita da un contratto per «giusta causa» è sempre basata su di una valutazione di massima che poi può rivelarsi tanto azzeccata quanto non condivisa dal giudice.

È estremamente importante, di conseguenza, che la lettera o diffida con cui si comunica la decisione di «tirarsi fuori» dal contratto sia ben formulata e argomentata perché, nell’incertezza ineliminabile circa la sussistenza o meno della giusta causa, è bene che almeno le motivazioni addotte siano articolate nel modo migliore possibile.

Nel tuo caso, può darsi benissimo che ci siano i presupposti per ritenere, ragionevolmente, sussistente la giusta causa, anche se bisognerebbe capire meglio di che tipo di contratto si tratta e soprattutto in quale settore economico interviene, per vedere se gli eventi che hanno colpito l’altra parte sono così determinanti.

Occorrerebbe quindi fare questo approfondimento poi, in caso la probabile sussistenza della giusta causa sia verificata, procedere con la lettera in cui tale circostanza viene formalmente comunicata e denunciata alla controparte.

Se vuoi procedere, il prodotto da valutare è questo.

Categorie
diritto

Divorzio e trasferimento da USA a Italia: si può fare?

Mia figlia risiede in Florida, Stati Uniti, divorziata legalmente, con doppia cittadinanza, ha una bambina di 5 anni, purtroppo ha nostalgia della famiglia, essendo sola, vorrebbe tornare in Italia vicino ai propri genitori, chiedo: può il marito, essendo stato lui a volere il divorzio perché accompagnatosi con altra persona, impedire che madre e figlia possano venire stabilmente in Italia, preciso che nulla osta che lui possa venire a trovarla o la piccola se accompagnata andare dal padre come avviene attualmente.

Il presupposto implicito del problema è che il marito di tua figlia è statunitense e, se lei si trasferisse in Italia, le visite e le frequentazioni della figlia con il padre sarebbero notevolmente compromesse.

Prima ancora di fare considerazioni di merito su una situazione di questo genere, bisogna dire che la problematica non è di facile trattazione, perché probabilmente in materia si ha innanzitutto comunque la giurisdizione dei giudici degli Stati Uniti, prima ancora che quella dei giudici italiani, che va verificata attentamente.

In generale, gli Stati Uniti interpretano peraltro molto largamente le disposizioni a favore dell’esistenza della loro giurisdizione e spesso emettono provvedimenti in anche in situazioni al limite, o dove ci sono già provvedimenti italiani – mi è capitato svariate volte di assistere a cose del genere.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe un adeguato approfondimento per vedere se sussiste la giurisdizione italiana sul punto, cioè il diritto dei giudici italiani di regolamentare la situazione, cosa che per tua figlia rappresenterebbe molto probabilmente un vantaggio.

Ma chiudiamo questa parentesi molto avvocatesca, ma necessaria e completamente «reale», e parliamo un po’ del merito della vicenda.

Chi abbia chiesto il divorzio e per quali motivi non ha alcuna influenza su dove debba o possa stare la bambina, dal momento che è un aspetto relativo ai rapporti della stessa con i genitori.

Se il padre nega il consenso al trasferimento all’estero della madre, l’unico sistema è ottenere l’autorizzazione da parte del giudice.

Prima di arrivare a questo, con tutti i conseguenti problemi di giurisdizione e costo della giustizia (specialmente negli Stati Uniti), è il caso di fare tutti i tentativi possibili di realizzare questa cosa in via consensuale, magari tramite alcune sedute di mediazione familiare.

In effetti, non è poi un caso così raro: seguo un’altra famiglia disgregata con figli che stanno per la pressoché totalità dell’anno in Italia e per le vacanze estive interamente con l’altro genitore a Miami. Pertanto, una soluzione in qualche modo è sempre possibile trovarla.

Un assetto consensuale avrebbe peraltro molti altri vantaggi cioè molta più collaborazione in seguito tra i genitori nonostante la situazione difficile.

Se, tuttavia, nonostante ogni sforzo prodigato in questo senso, non si riuscisse a raggiungere un accordo, non resterà che valutare il ricorso alla magistratura.

Da questo punto di vista, a mio giudizio il «primo passo» da individuare a riguardo, la prima cosa che è opportuna da fare, è un adeguato approfondimento per vedere se possibile adire, in luogo della magistratura statunitense, quella italiana.

Se vuoi un preventivo per questo lavoro, puoi chiedercelo compilando il modulo nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

Categorie
cultura diritto

I migliori giudici? Quelli che non vogliono farlo.

Oggi voglio proporti uno scampolo di prosa di un celebre autore scomparso oramai qualche anno fa, che a mio modo di vedere centra con precisione chirurgica uno dei tanti problemi del sistema giudiziario italiano, quello cioè relativo alla selezione dei magistrati.

Ma fornisce anche alcune indicazioni parimenti azzeccatissime su come dovrebbe farsi il difficilissimo mestiere di giudice, cioè quasi con imbarazzo, sempre con la porta aperta al dubbio e con tanta umanità.

Torna in mente la preghiera del giudice più famoso di tutti i tempi, Salomone, che chiese a Dio di donargli «un cuore che sa ascoltare», una preghiera che oggigiorno dovrebbero fare tutti i giudici e anche gli avvocati che, secondo una nota formula, restano in fondo, in un sistema fisiologico, i primi giudici dei loro clienti.

«Un giovane esce dall’Università con una laurea in giurisprudenza, senza alcuna pratica forense e con poca esperienza, direbbe Manzoni, del ‘cuore umano’, si presenta ad un concorso; lo supera svolgendo temi inerenti astrattamente al diritto e rispondendo a dei quesiti ugualmente astratti: e da quel momento entra nella sfera di un potere assolutamente indipendente da ogni altro: un potere che non somiglia a nessun altro che sia possibile conseguire attraverso un corso di studi di uguale durata, attraverso una uguale intelligenza e diligenza di studio, attraverso un concorso superato con uguale quantità di conoscenza dottrinaria e con uguale fatica. Ne viene il problema che un tale potere – il potere di giudicare i propri simili – non può e non deve essere vissuto come potere. Per quanto possa apparire paradossale, la scelta della professione di giudicare dovrebbe avere radice nella ripugnanza a giudicare, nel precetto di non giudicare: dovrebbe cioè consistere nell’accedere al giudicare come ad una dolorosa necessità, nell’assumere il giudicare come un continuo sacrificarsi all’inquietudine, al dubbio.» (Leonardo Sciascia, Il giudice, 1987)