Il 7 gennaio 2016 ti scrivevo, in questo post che ti invito a rileggere attentamente, che la nuova legge sul matenimento dei figli pagato dallo Stato in caso di genitore inadempiente era pura fuffa.
Oggi, dopo un anno e mezzo, si conferma che purtroppo anche questa volta ho avuto completamente ragione e ci avevo visto giusto sin dall’inizio.
Quello che va sottolineato non è però tanto questo, ma il fatto che allora fui l’unico a scrivere come stavano davvero le cose.
E non capisco come l’informazione giuridica nel nostro Paese possa versare in una situazione così tragica.
Qui fanno cilecca innanzituto le testate generaliste come Repubblica e Corriere, dove comunque dovrebbero avere i mezzi per assoldare redattori in grado di «leggere» adeguatamente le riforme normative e dare una informazione corretta ai loro lettori, ma dove ciò purtroppo non avviene.
Fanno poi cilecca anche i blog giuridici – tutti tranne questo, e questa è la cosa che fa più piangere, perché la rivoluzione dei blog ha senso solo se, tramite il blogging, la gente può avere accesso ad informazioni che nel giornalismo tradizionale non poteva riuscire a trovare, informazioni preziose, vere, importanti – strumenti che ti mettono in grado di capire davvero la realtà, non farti fregare, non subire fregature, false illusioni, assurdità.
Anche oggi, a distanza di tempo da quella falsa riforma, nessuno dice nulla, tutti fanno finta di niente.
Solo questo blog torna a parlare di questa vicenda, non solo per confermare che la riforma non è mai partita, come anche un bambino avrebbe potuto capire allora, ma per denunciare di nuovo la scarsa qualità dell’informazione giuridica in Italia.
Capisci in che situazione ci troviamo?
Il governo, sia esso presieduto da Renzi, come allora, da Gentiloni, come oggi, o chissà da chi un domani, vara leggi che sono vere e proprie prese in giro.
Tutti i giornali, tutti i blog ne parlano come se fossero cose serie – provate ad aprire i link che ho messo nel post precedente, provate a fare una ricerca su google a riguardo.
L’unico che di fronte a queste stronzate spacciate per cose serie ha la capacità di dire che il re è nudo sono sempre solo io.
Ma questo non va bene perché questo è un blog solo e, per quanta diffusione e seguito possa avere, non sarà mai abbastanza per evitare che la maggior parte della gente riceva cattiva informazione, vera e propria disinformazione, rimanga cullata in una ignoranza dalla quale può ricevere solo danni.
Al di là del caso specifico di questa riforma ridicola, sono in gioco cose più grandi, che attengono alla stessa utilità della rete internet come strumento di conoscenza e di crescita.
Ogni grande mezzo tecnologico – radio, televisione, telefono – quando è stato introdotto avrebbe potuto comportare progressi notevoli, ma in realtà è stato spesso piegato ad esigenze politiche: per rendersene conto basta guardare un qualsiasi ignobile telegiornale italiano per vedere come i fatti davvero importanti siano relegati in secondo o terzo piano dopo le insulse e mortalmente noiose dichiarazioni dei politici di turno.
Ma così si finisce per innestare nella testa della gente idee e notizie prive di senso, con i bei risultati che sono sotto agli occhi di tutti.
Cerca di dare un senso a internet, ai blog, ai social network.
Segui e condividi la roba che vale davvero.
Le notizie del governo, di Corriere, di Repubblica, di molti blog giuridici sono le vere fake news.
Ormai sapete che l’unico che, quando c’è una novità legale, ne dice, con estrema chiarezza (e magari qualche parolaccia), la verità in Italia, tra giornali (e questo è anche comprensibile), blog (e questo è molto meno comprensibile), ma anche altre fonti di informazione giuridica, è Solignani.
Per cui, ogni volta che arriva qualcosa di nuovo, presentato come un grande sconvolgimento, mi tocca prendere il computer e scrivere, anche per rispondere a tutti quelli che mi scrivono in privato e vogliono sapere cosa c’è di vero e non si fidano di altri che di me.
Ciò non è dovuto al fatto che io sia un genio, niente affatto, ma semplicemente al fatto che gli altri mezzi di informazione o non sanno quello che dicono o vi raccontano bugie.
Si potrebbe dire vabbè, che sarà mai, in fondo in Italia la verità non la dice mai nessuno, si sa…
In realtà, io vi dico che, sulla base di questa informazione marcia e putrida fornita da tutti – nessuno escluso – al riguardo, ci saranno persone che butteranno soldi, che magari non hanno, per fare ricorsi che saranno con alta probabilità rigettati, con, altrettanto probabilmente, condanna alle spese legali. È la famosa «seconda inculata» di cui parlo spesso nel blog: gente che lo ha già preso nel culo, che fa di tutto per prenderlo di nuovo, senza che nessuno l’avverta dei rischi.
Tutta questa lunga premessa non per incensarmi. Io sono solo un avvocato di provincia, sto sul campo tutti i giorni a parlare alla gente e aprire loro gli occhi con i fatti, per evitare loro le fregature che in campo legale sono sempre ben diffuse e disponibili. Non ho niente di speciale, mi limito solo a dare notizie e fare considerazioni vere, anche quando vanno contro il mio interesse economico, perché la mia professione, da tutti considerata composta da disonesti, in realtà ha senso solo se può essere davvero utile a qualcuno e svolta, tutto al contrario, in modo onesto.
Non sono peraltro affatto un santo: i miei clienti sanno che se non mi pagano, e lo fanno in anticipo, io non prendo neanche in mano la penna. Ma sanno anche che, sia prima che dopo che sono diventati miei clienti paganti, io non dirò loro altro che la verità, anche contro il mio interesse. Se facessi il raduno della gente che ho dissuaso a fare cause non convenienti, rinunciando ai relativi compensi, penso che ci potrei ormai riempire uno stadio.
Voglio comunque che focalizziate bene il fatto che su questa merdata mediatica costruita sulla sentenza 11504 in tutta Italia, anzi in tutto il mondo, c’è rimasto solo un avvocato a dirvi la verità, perché solo questa che segue è appunto la verità.
Tutti gli altri vi stanno mentendo. Non so perché lo facciano, per me non sono tanto gli interessi economici, propendo più per l’idiozia e la mancanza di preparazione, che è il vero problema dell’Italia, molto più grosso della mafia stessa.
Bene, adesso che ci siamo leggermente preparati a sgombrarci la mente dal diluvio di cazzate piovuto in questi giorni sulla 11504, è ora di dirvi la mia.
Mettetevi comodi e prendete i pop corn.
Ma prima prendiamo un mass merda a caso e vediamo come ha presentato la sentenza:
Corriere, 11/5/17:
Divorzio, è rivoluzione: per l’assegno non conta più il tenore di vita matrimoniale ma l’autosufficienza. Sentenza della Cassazione che stravolge una regola in vigore da 30 anni: da oggi il «parametro di spettanza» sarà basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. la causa riguardava il divorzio di Vittorio Grilli, ministro dell’economia nel governo Monti
Cambio radicale sull’assegno di divorzio che fino a oggi, con 30 anni di indirizzo costante, era collegato nella sua entità al parametro del «tenore di vita matrimoniale», una pietra miliare che da oggi va in soffitta e lascia il posto a un «parametro di spettanza» basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede…
Stigrancazzi, davvero. Difficile trovare una congerie con ammassate più boiate di questo scampolo di articolo.
Vi anticipo un po’ di cose, poi vi spiego tutto meglio:
non c’è e non ci sarà nessuna «rivoluzione»;
non c’è una regola in vigore da 30 anni che è stata «stravolta»;
non c’è nulla che vada in soffitta, tantomeno «da oggi»
soprattutto non è affatto vero che, tantomeno «da oggi», il «parametro di spettanza» (non esiste nemmeno una cosa del genere!) sarà basato sull’autosufficienza ecc. ecc.
Bene, vediamo adesso un po’ di cose a riguardo, cominciamo a fare informazione vera.
Innanzitutto, bisogna capire come lavora davvero la Cassazione, giudice che in questi giorni è stato eretto al rango di vero e proprio «legislatore», dopo il cui pronunciamento tutti gli altri magistrati sarebbero tenuti ad adeguarvisi passivamente.
Intanto, non siamo in un sistema a precedente vincolante, come ad esempio c’è nel Regno Unito o negli Stati Uniti. Là una sentenza costituisce un precedente che si può invocare in altri processi con efficacia vincolante. In Italia no. Nel nostro Paese, come in molti altri del mondo, la Cassazione può decidere un determinato caso in un certo modo, poi il Giudice di Pace di Caniccattì può pensare «Per me quelli della Cassazione sono 5 stronzi seduti a Roma che non capiscono un cazzo, io decido a modo mio». A parte le ingiurie, che ovviamente il bravo magistrato di Canicattì terrà solo nel pensiero, è una cosa perfettamente legittima.
Nessun giudice è obbligato a conformarsi a quello che scrive la Cassazione, ogni giudice è libero di vedere la cosa come gli pare. In altri termini, non c’è alcun rapporto gerarchico tra giudici di altri ordini e la Cassazione. Questi altri giudici faranno come predica la Cassazione solo ed esclusivamente se lo condividono, altrimenti faranno come pare a loro.
La cosa bella, per capire, è che nemmeno la Cassazione stessa è obbligata a conformarsi ad una precedente sentenza della medesima Cassazione. Decidendo un caso analogo può formulare un principio di diritto diverso. Tant’è vero che questo accade regolarmente, fenomeno per arginare il quale esiste la possibilità di decisione a Sezioni Unite, solo che poi accade che anche le pronuncie a Sezioni Unite a volte si contraddicono tra loro perché la Cassazione a Sezioni Unite in un caso opina in un modo e in un altro caso del tutto analogo in un altro.
Quindi, cari lettori, andate pure a fare un ricorso per modifica condizioni di divorzio basandolo su questa «rivoluzionaria» sentenza al vostro amichevole tribunale di quartiere.
Se incontrete un magistrato che vi dirà «Per me la 11504 è come la corazzata Kotiomkin: una cagata pazzesca», lo prendetere dritto nel culo come un siluro, anzi due: ricorso rigettato e magari anche condanna a rimborsare le spese legali a favore della vostra ex (il sistema giudiziario italiano è sempre delizioso quando lo prendi in culo, ci aggiunge sempre del suo).
La cosa bella è che quel magistrato sta solo facendo il suo dovere. Non condivide la sentenza, applica la legge per come la vede lui. Vi sta facendo un danno che non è assolutamente risarcibile, anzi. Il danno è dovuto alla informazione marcia e balorda che vi hanno dato.
Chi vi dovrebbe avvertire di questo forte rischio? Il vostro avvocato. Alcuni, onesti, lo faranno. Altri, meno onesti, penseranno di più al loro compenso. C’est la vie.
Ma continuiamo pure.
A volte può anche capitare addirittura che la Cassazione decida in modo difforme lo stesso, identico caso. Ebbene sì, il giudice che dovrebbe insegnare agli altri come si interpreta il diritto (funzione di nomofilachia) quando giudica due volte, per errore, lo stesso caso, lo decide una volta in un modo e un’altra nel modo esattamente opposto. È accaduto davvero, ne parlo in questo post, che tanta fortuna ha avuto dalla sua pubblicazione ad oggi.
Onestamente, se fossi un magistrato, con una Cassazione che lavora così, cioè che enuncia principi di diritto man mano diversi nel tempo, anche quando giudica a Sezioni Unite, che addirittura decide lo stesso identico caso in modo opposto, se fossi un magistrato, dicevo, io non guarderei alla fine così tanto alla Cassazione come a un punto di riferimento.
Leggerei qualche massima, qualche sentenza, per avere un’idea, ma poi valuterei con la mia testa cercando di applicare la legge, che rimane sempre il primo punto di riferimento. A quel che ho potuto vedere, il 90% dei magistrati lavora così. Ho sentito diverse volte anche rispondere ad alcuni avvocati che dicevano «Ma la Cassazione ritiene» con un bel «Faccia pure ricorso in Cassazione allora».
Procediamo.
Qualcuno ha notato che parte del processo deciso dalla 11504, e più precisamente il marito, cioè la parte favorita da questo innovativo principio di diritto, è un ex ministro della Repubblica, cioè un politico così rilevante da essere entrato nel governo, addirittura come ministro dell’economia (parliamo di una persona molto potente)? Io non voglio nè pensar male nè farvi pensar male, ma voi comunque chiedetevi, prima di presentare un ricorso per modifica condizioni: sono un ministro della Repubblica? Sono almeno un politico di importante rilievo a livello nazionale? Insomma, fatevi delle domande e datevi delle risposte. Non sto insinuando nulla, solo che il caso concreto anche se non dovrebbe è alla fine impossibile che non abbia dei riflessi sulla elaborazione del principio di diritto.
Ma non basta ancora.
C’è anche da dire, infatti, che il criterio proposto dalla 11504 in molti casi, se applicato, sarebbe profondamente ingiusto. Il criterio – che si suppone radicalmente diverso, mentre in realtà a mio giudizio non lo è affatto, almeno in questa misura, del mantenimento dello stesso tenore di vita – è nato con lo scopo di tutelare quei coniugi che, svolgendo per lo più lavoro casalingo, avevano dedicato la loro vita per decenni a favorire la carriera dell’altro coniuge, per ritrovarsi poi sulla strada a favore di una ventenne di bell’aspetto. Il caso tipico è quello della moglie casalinga ad esempio di un dirigente. Il dirigente, in questi casi, può andare al lavoro a guadagnare tanti soldini perché c’è una che resta a casa a mandare avanti tutta la baracca, quindi è giusto che la solidarietà si estenda anche al periodo successivo al divorzio, almeno per un po’. È ovvio che il caso effettivamente giudicato dalla 11504 è radicalmente diverso, un ex ministro della Repubblica che divorziava da una imprenditrice degli Stati Uniti.
Crediamo davvero che il divorzio tra un idraulico e una casalinga italiani possa essere regolato dagli stessi principi di diritto?
Per questo non c’è nessuna rivoluzione e la 11504 non consoliderà nemmeno con il passare del tempo. Certo, non scomparirà, ce ne sarà qualche sparuta applicazione, o più o meno stringente riferimento, che renderà il quadro del diritto vivente applicato ancora più incerto, con la sola conseguenza che sarà ancora più impossibile prevedere quale potrebbe essere l’importo dell’assegno prima di iniziare il giudizio di divorzio.
Qual è allora il messaggio da portare a casa?
I messaggi questa volta sono tre.
L’unica fonte di informazione che vi dice la verità sulle cose giuridiche è questo blog, almeno finchè ci sarò io a gestirlo. Può darsi che ci sia qualche altro collega sul territorio che, alle persone che incontra, dice le stesse cose. Di fatto, non c’è nessun altro che le scrive in modo che rimangano e possano essere disponibili per tutti. Iscrivetevi al blog, o via mail o tramite feed rss. Seguitemi sui social. Vi potrebbe risparmiare parecchie fregature.
Non fate nessun ricorso per modifica condizioni o per divorzio confidando solo sull’applicazione della 11504. Certo, ne potreste tenere conto, specialmente se ad esempio un ricorso per divorzio siete comunque costretti a presentarlo, e la potrete citare e far ben argomentare. Non dico che è una sentenza da buttar via, resta interessante, ma va assolutamente ridimensionata rispetto a tutte le boiate che ne sono state dette. Scegliete un bravo ed onesto avvocato che sia in grado di fare questo e non alimenti illusioni al riguardo. Se subite un ricorso per modifica condizioni, ugualmente non datevi per vinti, valutate, insieme sempre ad un bravo avvocato, che sia bravo e onesto davvero.