Ormai sapete che l’unico che, quando c’è una novità legale, ne dice, con estrema chiarezza (e magari qualche parolaccia), la verità in Italia, tra giornali (e questo è anche comprensibile), blog (e questo è molto meno comprensibile), ma anche altre fonti di informazione giuridica, è Solignani.
Per cui, ogni volta che arriva qualcosa di nuovo, presentato come un grande sconvolgimento, mi tocca prendere il computer e scrivere, anche per rispondere a tutti quelli che mi scrivono in privato e vogliono sapere cosa c’è di vero e non si fidano di altri che di me.
Ciò non è dovuto al fatto che io sia un genio, niente affatto, ma semplicemente al fatto che gli altri mezzi di informazione o non sanno quello che dicono o vi raccontano bugie.
Si potrebbe dire vabbè, che sarà mai, in fondo in Italia la verità non la dice mai nessuno, si sa…
In realtà, io vi dico che, sulla base di questa informazione marcia e putrida fornita da tutti – nessuno escluso – al riguardo, ci saranno persone che butteranno soldi, che magari non hanno, per fare ricorsi che saranno con alta probabilità rigettati, con, altrettanto probabilmente, condanna alle spese legali. È la famosa «seconda inculata» di cui parlo spesso nel blog: gente che lo ha già preso nel culo, che fa di tutto per prenderlo di nuovo, senza che nessuno l’avverta dei rischi.
Tutta questa lunga premessa non per incensarmi. Io sono solo un avvocato di provincia, sto sul campo tutti i giorni a parlare alla gente e aprire loro gli occhi con i fatti, per evitare loro le fregature che in campo legale sono sempre ben diffuse e disponibili. Non ho niente di speciale, mi limito solo a dare notizie e fare considerazioni vere, anche quando vanno contro il mio interesse economico, perché la mia professione, da tutti considerata composta da disonesti, in realtà ha senso solo se può essere davvero utile a qualcuno e svolta, tutto al contrario, in modo onesto.
Non sono peraltro affatto un santo: i miei clienti sanno che se non mi pagano, e lo fanno in anticipo, io non prendo neanche in mano la penna. Ma sanno anche che, sia prima che dopo che sono diventati miei clienti paganti, io non dirò loro altro che la verità, anche contro il mio interesse. Se facessi il raduno della gente che ho dissuaso a fare cause non convenienti, rinunciando ai relativi compensi, penso che ci potrei ormai riempire uno stadio.
Voglio comunque che focalizziate bene il fatto che su questa merdata mediatica costruita sulla sentenza 11504 in tutta Italia, anzi in tutto il mondo, c’è rimasto solo un avvocato a dirvi la verità, perché solo questa che segue è appunto la verità.
Tutti gli altri vi stanno mentendo. Non so perché lo facciano, per me non sono tanto gli interessi economici, propendo più per l’idiozia e la mancanza di preparazione, che è il vero problema dell’Italia, molto più grosso della mafia stessa.
Bene, adesso che ci siamo leggermente preparati a sgombrarci la mente dal diluvio di cazzate piovuto in questi giorni sulla 11504, è ora di dirvi la mia.
Mettetevi comodi e prendete i pop corn.
Ma prima prendiamo un mass merda a caso e vediamo come ha presentato la sentenza:
Corriere, 11/5/17:
Divorzio, è rivoluzione: per l’assegno non conta più il tenore di vita matrimoniale ma l’autosufficienza. Sentenza della Cassazione che stravolge una regola in vigore da 30 anni: da oggi il «parametro di spettanza» sarà basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. la causa riguardava il divorzio di Vittorio Grilli, ministro dell’economia nel governo Monti
Cambio radicale sull’assegno di divorzio che fino a oggi, con 30 anni di indirizzo costante, era collegato nella sua entità al parametro del «tenore di vita matrimoniale», una pietra miliare che da oggi va in soffitta e lascia il posto a un «parametro di spettanza» basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede…
Stigrancazzi, davvero. Difficile trovare una congerie con ammassate più boiate di questo scampolo di articolo.
Vi anticipo un po’ di cose, poi vi spiego tutto meglio:
- non c’è e non ci sarà nessuna «rivoluzione»;
- non c’è una regola in vigore da 30 anni che è stata «stravolta»;
- non c’è nulla che vada in soffitta, tantomeno «da oggi»
- soprattutto non è affatto vero che, tantomeno «da oggi», il «parametro di spettanza» (non esiste nemmeno una cosa del genere!) sarà basato sull’autosufficienza ecc. ecc.
Bene, vediamo adesso un po’ di cose a riguardo, cominciamo a fare informazione vera.
Innanzitutto, bisogna capire come lavora davvero la Cassazione, giudice che in questi giorni è stato eretto al rango di vero e proprio «legislatore», dopo il cui pronunciamento tutti gli altri magistrati sarebbero tenuti ad adeguarvisi passivamente.
Intanto, non siamo in un sistema a precedente vincolante, come ad esempio c’è nel Regno Unito o negli Stati Uniti. Là una sentenza costituisce un precedente che si può invocare in altri processi con efficacia vincolante. In Italia no. Nel nostro Paese, come in molti altri del mondo, la Cassazione può decidere un determinato caso in un certo modo, poi il Giudice di Pace di Caniccattì può pensare «Per me quelli della Cassazione sono 5 stronzi seduti a Roma che non capiscono un cazzo, io decido a modo mio». A parte le ingiurie, che ovviamente il bravo magistrato di Canicattì terrà solo nel pensiero, è una cosa perfettamente legittima.
Nessun giudice è obbligato a conformarsi a quello che scrive la Cassazione, ogni giudice è libero di vedere la cosa come gli pare. In altri termini, non c’è alcun rapporto gerarchico tra giudici di altri ordini e la Cassazione. Questi altri giudici faranno come predica la Cassazione solo ed esclusivamente se lo condividono, altrimenti faranno come pare a loro.
La cosa bella, per capire, è che nemmeno la Cassazione stessa è obbligata a conformarsi ad una precedente sentenza della medesima Cassazione. Decidendo un caso analogo può formulare un principio di diritto diverso. Tant’è vero che questo accade regolarmente, fenomeno per arginare il quale esiste la possibilità di decisione a Sezioni Unite, solo che poi accade che anche le pronuncie a Sezioni Unite a volte si contraddicono tra loro perché la Cassazione a Sezioni Unite in un caso opina in un modo e in un altro caso del tutto analogo in un altro.
Quindi, cari lettori, andate pure a fare un ricorso per modifica condizioni di divorzio basandolo su questa «rivoluzionaria» sentenza al vostro amichevole tribunale di quartiere.
Se incontrete un magistrato che vi dirà «Per me la 11504 è come la corazzata Kotiomkin: una cagata pazzesca», lo prendetere dritto nel culo come un siluro, anzi due: ricorso rigettato e magari anche condanna a rimborsare le spese legali a favore della vostra ex (il sistema giudiziario italiano è sempre delizioso quando lo prendi in culo, ci aggiunge sempre del suo).
La cosa bella è che quel magistrato sta solo facendo il suo dovere. Non condivide la sentenza, applica la legge per come la vede lui. Vi sta facendo un danno che non è assolutamente risarcibile, anzi. Il danno è dovuto alla informazione marcia e balorda che vi hanno dato.
Chi vi dovrebbe avvertire di questo forte rischio? Il vostro avvocato. Alcuni, onesti, lo faranno. Altri, meno onesti, penseranno di più al loro compenso. C’est la vie.
Ma continuiamo pure.
A volte può anche capitare addirittura che la Cassazione decida in modo difforme lo stesso, identico caso. Ebbene sì, il giudice che dovrebbe insegnare agli altri come si interpreta il diritto (funzione di nomofilachia) quando giudica due volte, per errore, lo stesso caso, lo decide una volta in un modo e un’altra nel modo esattamente opposto. È accaduto davvero, ne parlo in questo post, che tanta fortuna ha avuto dalla sua pubblicazione ad oggi.
Onestamente, se fossi un magistrato, con una Cassazione che lavora così, cioè che enuncia principi di diritto man mano diversi nel tempo, anche quando giudica a Sezioni Unite, che addirittura decide lo stesso identico caso in modo opposto, se fossi un magistrato, dicevo, io non guarderei alla fine così tanto alla Cassazione come a un punto di riferimento.
Leggerei qualche massima, qualche sentenza, per avere un’idea, ma poi valuterei con la mia testa cercando di applicare la legge, che rimane sempre il primo punto di riferimento. A quel che ho potuto vedere, il 90% dei magistrati lavora così. Ho sentito diverse volte anche rispondere ad alcuni avvocati che dicevano «Ma la Cassazione ritiene» con un bel «Faccia pure ricorso in Cassazione allora».
Procediamo.
Qualcuno ha notato che parte del processo deciso dalla 11504, e più precisamente il marito, cioè la parte favorita da questo innovativo principio di diritto, è un ex ministro della Repubblica, cioè un politico così rilevante da essere entrato nel governo, addirittura come ministro dell’economia (parliamo di una persona molto potente)? Io non voglio nè pensar male nè farvi pensar male, ma voi comunque chiedetevi, prima di presentare un ricorso per modifica condizioni: sono un ministro della Repubblica? Sono almeno un politico di importante rilievo a livello nazionale? Insomma, fatevi delle domande e datevi delle risposte. Non sto insinuando nulla, solo che il caso concreto anche se non dovrebbe è alla fine impossibile che non abbia dei riflessi sulla elaborazione del principio di diritto.
Ma non basta ancora.
C’è anche da dire, infatti, che il criterio proposto dalla 11504 in molti casi, se applicato, sarebbe profondamente ingiusto. Il criterio – che si suppone radicalmente diverso, mentre in realtà a mio giudizio non lo è affatto, almeno in questa misura, del mantenimento dello stesso tenore di vita – è nato con lo scopo di tutelare quei coniugi che, svolgendo per lo più lavoro casalingo, avevano dedicato la loro vita per decenni a favorire la carriera dell’altro coniuge, per ritrovarsi poi sulla strada a favore di una ventenne di bell’aspetto. Il caso tipico è quello della moglie casalinga ad esempio di un dirigente. Il dirigente, in questi casi, può andare al lavoro a guadagnare tanti soldini perché c’è una che resta a casa a mandare avanti tutta la baracca, quindi è giusto che la solidarietà si estenda anche al periodo successivo al divorzio, almeno per un po’. È ovvio che il caso effettivamente giudicato dalla 11504 è radicalmente diverso, un ex ministro della Repubblica che divorziava da una imprenditrice degli Stati Uniti.
Crediamo davvero che il divorzio tra un idraulico e una casalinga italiani possa essere regolato dagli stessi principi di diritto?
Per questo non c’è nessuna rivoluzione e la 11504 non consoliderà nemmeno con il passare del tempo. Certo, non scomparirà, ce ne sarà qualche sparuta applicazione, o più o meno stringente riferimento, che renderà il quadro del diritto vivente applicato ancora più incerto, con la sola conseguenza che sarà ancora più impossibile prevedere quale potrebbe essere l’importo dell’assegno prima di iniziare il giudizio di divorzio.
Qual è allora il messaggio da portare a casa?
I messaggi questa volta sono tre.
- L’unica fonte di informazione che vi dice la verità sulle cose giuridiche è questo blog, almeno finchè ci sarò io a gestirlo. Può darsi che ci sia qualche altro collega sul territorio che, alle persone che incontra, dice le stesse cose. Di fatto, non c’è nessun altro che le scrive in modo che rimangano e possano essere disponibili per tutti. Iscrivetevi al blog, o via mail o tramite feed rss. Seguitemi sui social. Vi potrebbe risparmiare parecchie fregature.
- Non fate nessun ricorso per modifica condizioni o per divorzio confidando solo sull’applicazione della 11504. Certo, ne potreste tenere conto, specialmente se ad esempio un ricorso per divorzio siete comunque costretti a presentarlo, e la potrete citare e far ben argomentare. Non dico che è una sentenza da buttar via, resta interessante, ma va assolutamente ridimensionata rispetto a tutte le boiate che ne sono state dette. Scegliete un bravo ed onesto avvocato che sia in grado di fare questo e non alimenti illusioni al riguardo. Se subite un ricorso per modifica condizioni, ugualmente non datevi per vinti, valutate, insieme sempre ad un bravo avvocato, che sia bravo e onesto davvero.
- Almeno non fate mai profili facebook in comune!
Evviva noi.
8 risposte su “Sentenza 11504 della Cassazione: tutta la verità.”
Buongiorno Avvocato.
Sono d’accordo con quello che Lei dice.
Direi però che è innegabile che si stia delineando una tendenza giurisdizionale a non allinearsi al tenore di vita per la determinazione dell’assegno divorzile. Le segnalo al riguardo questa ordinanza del Tribunale di Milano http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2017-05-25/diritto-all-assegno-divorzile-sotto-1000-euro-reddito-220602.shtml?uuid=AEwlAETB
Certamente due rondini non fanno primavera, ma in un ragionevole lasso di tempo (5/10 anni?) e NON GIA’ OGGI probabilmente il criterio del tenore di vita verrà accantonato.
Vi è però un altro caveat da segnalare con riferimento alla sentenza della Cassazione: qualora sia già stato fatto un divorzio, questa sentenza non può essere invocata, dato che l’assegno può essere modificato solo se cambiano le condizioni economiche delle parti!!!
Probabilmente questa sentenza farà aumentare il numero dei divorzi giurisdizionali, dal momento che il coniuge economicamente più forte difficilmente accetterà, sulla base di questa sentenza, un accordo, a meno che la cifra non sia veramente irrisoria. Forse aumenteranno i divorzi chiusi con una una tantum, in modo da chiudere per sempre la vicenda: al coniuge più forte converrebbe per non avere problemi in futuro; al coniuge più debole converrebbe per ottenere comunque una piccola cifra, data l’incertezza di ottenere un assegno fisso
Aggiungo un’altra riflessione: la sentenza della cassazione fa riferimento solo ai divorzi, ove il legame tra i coniugi non esiste più, e non alle separazioni, ove il legame è solo sospeso e quindi l’assegno ben può riferirsi al tenore di vita.
Grazie del tuo ricco contributo.
Buonasera avv. Solignani,
Vorrei sapere anch’io cosa fa dire ai suoi colleghi delle cose completamente senza senso. Il giorno 09/05/2017 è stata depositata la mia sentenza di divorzio e il mio avvocato, per giustificarsi del totale insuccesso, nessuna divisione del patrimonio e assegno divorzile diminuito, il giorno 11 Maggio mi ha inviato la sentenza 11504.
L’ho letta e la mia risposta all’avvocato è stata la seguente:
Gentile avv. …..,
a seguito Sua mail del 11 maggio 2017 ho letto la sentenza di Cassazione 11504/17 che mi ha inviato e mi par di capire che non cambierebbe molto per me: non ho casa, nessuno trova lavoro alla mia età (ho 52 anni) e non ho altri redditi.
Per quantificare il mio assegno di mantenimento, non hanno certo tenuto conto ne del valore del patrimonio ne dell’effettivo reddito in quanto ne l’uno ne l’altro son stati correttamente quantificati. Cosi ha scritto anche Lei nella memoria conclusionale e di replica.
Seguono altri dettagli…
Nei giorni successivi ho letto di tutto, delle persone importanti (autorità del paese) mi hanno chiesto se avessi sentito parlare di questa sentenza e mi hanno detto che l’hanno fatta perchè molti mariti vengono ridotti “alla fame” e costretti a rivolgersi alla Caritas per via delle sentenze che li costringono a mantenere le ex mogli. Perciò, a loro, sembrava una sentenza giusta. Ho replicato che, secondo me, per quelli che vanno alla Caritas non cambierà proprio nulla perché se ci vanno è perché non hanno nulla. E non lo avevano neanche prima.
Ieri il primo articolo che confermava quanto pensavo.
Poi son venuta sul suo blog a cercare qualcosa che parlasse di questo argomento perché, lo confermo, qui si trova la verità. Consigli anche per NON avviare le cause.
Oggi ho ricevuto la newsletter ed ho trovato questo articolo.
E il mio è il caso da Lei descritto, ovvero io 52enne, che ho contribuito a far crescere più del 50% il patrimonio e i redditi del mio ex marito.
Mi troverei quasi “sulla strada” grazie alla classica 20enne rumena che gli è passata davanti.
Ma non è l’unica che debbo ringraziare; devo ringraziare più di tutti i miei “DIFENSORI” se cosi si possono chiamare, che come ho scritto sopra, nemmeno si degnano di quantificare “l’effettivo reddito e l’effettivo patrimonio riconducibile al marito”.
Le definizioni date dal mio avvocato per quantificare il patrimonio è: un patrimonio impressionante, un reddito altissimo…. e cosa vuol dire? 10.000 € o 100.000 € ?
Però, in compenso, vogliono il pagamento maggiorato della parcella. Quasi tre volte quanto liquidato dal Giudice. E’ possibile una cosa del genere?
Veramente non so più cosa fare.
Ho capito benissimo che quella sentenza non è adatta al mio caso, non sono la moglie di un ex Ministro ma nemmeno di un semplice operaio. Ed io non ho solo fatto la casalinga, ho curato i figli ed ho lavorato nelle aziende di famiglia fino a che mi è stato permesso, per incrementare il patrimonio e il reddito che è solo in minimissima parte intestato a me.
Come vada a finire non lo so, so solo che mi sento di confermare in toto quanto scritto nell’articolo ma essere nelle mani di difensori che cercano di convincerti a pensarla diversamente è a dir poco sconvolgente!
Mi dispiace per la tua vicenda, per dire di più ovviamente bisognerebbe approfondire molto di più… Anche se ho l’impressione che ormai non si possa fare granché.
Collega è stato un piacere leggerTi
Grazie. È ora di dire le cose come stanno.
Non metto in dubbio la sua sincerità , a clienti per dissuaderli da fare cause che poco gli servirebbero, ma il suo dpecificare che se non pagano in anticipo non orrende neanche una penna , e quanto di più scadente la sua categoria faccia, ci sono Avv. e la cronaca ci illumina che senza parcella difendono aiutano . L umanità prima dei soldi sarebbe cosa buona. Poi per carità e tanto x dire.
Tanto per dire una cazzata… Quale è la sostenibilità di una impresa che non incassa corrispettivi dai suoi utenti? Si può lavorare pro bono una volta all’anno e per motivi particolarissimi, in tutti gli altri è bene che i clienti paghino e lo facciano in anticipo. Anche per il loro stesso bene, i consigli dati da avvocati gratuiti non vengono poi seguiti…