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Sistemi di videoconferenza: qual è il migliore?

Premessa.

Come ti ho già detto tante volte, spesso, per via anche della pandemia, mi capita di «ricevere» clienti, sia per problemi legali che per il counseling personale, tramite metodi di videoconferenza. Oltre che ovviamente gli studenti del mio coaching per avvocati.

Ormai fare l’appuntamento «a video» anziché in presenza è diventata una delle modalità «correnti» o normali di lavorare.

Si riesce, peraltro, a lavorare molto bene. Io che faccio sempre le lettere, gli atti processuali e gli altri scritti che servono per la gestione della pratica insieme al cliente, con gli appuntamenti a video riesco a farlo partecipare come se fosse presente, anzi forse anche meglio. Gli apro una condivisione dello schermo, così vede in diretta quello che scrivo e può fare, come se fosse presente, le sue osservazioni, domande e così via.

La sessione, poi, può essere registrata, cosa che offre diversi vantaggi. Pensa alla possibilità di riascoltarla, rivederla (magari a velocità leggermente aumentata per fare prima), per poter comprendere meglio tutto quello che è stato detto. Oppure farla vedere a qualche altra persona, ad esempio.

videocall su amaca

I sistemi a riguardo sono diversi, ognuno con sue proprie caratteristiche, pregi e difetti.

Oggi te li presento anche per cercare di capire quale può essere il più adatto a seconda del lavoro che c’è da fare.

Una osservazione di tipo generale è che è preferibile fare sessioni di videoconferenza usando una macchina desktop e cioè non da periferiche mobili, quando possibile.

Sedendosi ad una scrivania si ha un maggior raccoglimento, si possono usare entrambe le mani per cercare ad esempio documenti o files, fare ricerche e così via, mentre se si è costretti a reggere un cellulare in mano la qualità della sessione è deteriore, inoltre si è limitati nei movimenti.

videocall mobile sul divano

I singoli sistemi.

Skype.

Quello più utilizzato, per la sua diffusione, è Skype. Questo sistema a me piace molto per la possibilità che offre di registrare la sessione di videochiamata, che è una cosa che può essere molto utile sia quando si parla di problemi legali, che di problemi personali.

Nel primo caso, la sessione può essere condivisa con altre persone, sia in corso di vertenza che magari nel caso in cui si cambi avvocato, nel qual caso può essere utile capire le valutazioni che erano state fatte precedentemente. Nel caso, invece, del counseling, è molto utile come «ripasso» di tutte le considerazioni svolte durante la seduta, è veramente uno strumento molto efficace per rendere la seduta ancora più interessante.

Per utilizzare Skype bisogna scaricare un software, che è disponibile per tutte le principali piattaforme, comprese quelle mobili, e bisogna registrare un account.

Un’altra cosa che mi piace di Skype è che consente agevolmente di condividere lo schermo intero o parti dello schermo, cioè finestre singole, cosa che io utilizzo molto spesso, dal momento che durante le sessioni quasi sempre scrivo della lettere, che poi sono quasi sempre ormai mail, oppure dei veri e propri atti giuridici; in questi casi, condivido la finestra della composizione di una nuova mail o di Word, in modo che il mio assistito veda insieme a me quello che sto scrivendo, proprio come faccio nelle riunioni «in presenza» dove uso un grande monitor che metto in mezzo tra me e il cliente in maniera che lui veda in diretta quello che scrivo – è il mio metodo collaborativo in tempo reale di redazione di lettere e atti della pratica legale, che ormai utilizzo da anni con soddisfazione sia mia che dei miei clienti.

Meet.

Meet è il servizio di videoconferenza offerto da google tramite browser, sicuramente funziona meglio con il suo Chrome, anche se personalmente lo utilizzo abbastanza bene anche con il mio browser preferito che è Mozilla Firefox.

Il grande vantaggio di Meet è che non serve né scaricare un software né creare un account per usarlo. Chi prende l’iniziativa crea la videoconferenza poi passa il link alle altre persone che devono entrarci ed è già fatta.

Personalmente, dunque, preferisco usare Skype per i vantaggi di cui sopra, ma se il mio cliente è poco avvezzo all’uso della tecnologia, apro una sessione con Meet e gli mando il link per whatsapp o email e si può cominciare comunque, mancano alcune funzioni ma intanto il lavoro viene fatto.

Per Android, e credo anche per iOS, esiste una app di Meet, ma non credo sia indispensabile. In generale, peraltro, sconsiglio di fare sessioni di lavoro tenendo in mano un cellulare.

Zoom.

Zoom è probabilmente il sistema più evoluto di tutti. Richiede, come Skype, l’installazione di un software e la creazione di un account. Offre davvero tante opzioni, col rischio anche di perdercisi.

Forse investire nell’apprendimento di un software e un servizio del genere può essere utile se veramente si lavora per la maggior parte del tempo in videoconferenza o con la trattazione di dati particolarmente sensibili, altrimenti credo che possano andar bene gli altri sistemi più semplici.

Personalmente, l’ho utilizzato perché era il sistema scelto da alcuni miei clienti e io credo che si debba essere in grado appunto di usare qualsiasi piattaforma.

Può essere configurato per salvare le registrazioni su Dropbox, come spiego meglio in questo altro post.

Microsoft Team.

Ho conosciuto questo sistema perché è quello che utilizzano i tribunali e gli uffici giudiziari italiani per le udienze da remoto, che personalmente preferisco di gran lunga rispetto a quelle a trattazione scritta.

Il vantaggio, dunque, di questo strumento per me risiede anche nel fatto che molti avvocati lo hanno dovuto imparare, per cui posso usarlo quando ad esempio devo fare una riunione con un altro legale, cosa che nella pratica forense capita abbastanza spesso, potendo quindi confidare su una «base tecnologica» e culturale comune.

Dal punto di vista del funzionamento, è piuttosto semplice. Esiste un client per i principali sistemi operativi, la sessione parte sempre da un link che viene fornito dall’organizzatore della riunione, che nel caso dei tribunale è il giudice stesso, che inserisce questo link all’interno del provvedimento che dispone la trattazione da remoto, mentre nel caso di una riunione privata può essere uno qualsiasi dei due.

Non mi risulta che con Team si possa registrare la sessione, che del resto nel caso delle udienze da remoto è rigorosamente vietata. Il funzionamento appunto è molto semplice e questo credo sia un pregio, specialmente in questa prima fase in cui molte persone si approcciano a questi sistemi che per loro sono inediti, ci sarà poi tempo in futuro magari per dedicarsi ad affinare, il momento attuale è più quello in cui bisogna rompere il ghiaccio.

Conclusioni.

Ovviamente, se vuoi un appuntamento con me, per problemi legali, counseling personale, coaching o altro, io sono a disposizione in tutte le forme. Innanzitutto in presenza, se vuoi venire presso lo studio sei sempre il benvenuto.

Se, invece, preferisci la videoconferenza, possiamo utilizzare il sistema che ti piace o a cui sei più abituato, naturalmente io ho volentieri imparato ad utilizzarli tutti e mi sono organizzato di conseguenza.

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La tranquilla giornata di un avvocato.

Voglio raccontarti la mia giornata professionale di ieri, un po’ perché penso possa essere utile ai più giovani che stanno ancora, nonostante tutto valutando questa carriera lavorativa, un po’ per quelli che svolgono già la professione e possono esserne incuriositi (a loro consiglio di aprire e leggere bene ogni link inserito nel testo) e infine anche per quelli che ogni tanto si azzardano ancora a chiedermi quale sarebbe la mia specializzazione…

numeri

Il primo appuntamento del mattino è stato col legale rappresentante di una spa per definire un contratto annuale di assistenza. Sono contratti che facciamo da sempre come studio in cui includiamo a fronte di un pagamento appunto annuale, eventualmente frazionabile in rate mensili, un «pacchetto» di prestazioni di assistenza, ovviamente al netto delle spese e definendo quali tipi di lavori rientrano (tipicamente ad esempio rientrano le diffide per recupero crediti) e quali no.

Il secondo appuntamento cambia completamente scenario e riguarda la situazione di una strada, oggetto di proprietà privata, ma sulla quale insiste un diritto di servitù di passaggio a favore di altri. Come purtroppo non di rado accade in ipotesi di questo genere, si generano dei conflitti e dei dissidi relativamente all’uso e alla manutenzione del bene oggetto di servitù, in questo caso la strada. I «diritti reali» sono una delle materie per cui è prevista la mediazione obbligatoria, per cui, preso atto del fallimento delle trattative, di cui ho comunicato per deontologia l’interruzione al legale avversario, abbiamo valutato di promuovere la fase di mediazione civile davanti ad un organismo appunto di mediazione. La mia idea riguardo alla mediazione è sempre quella di cercare di sfruttare questa fase, che può essere particolarmente interessante in diverse ipotesi in cui magari le posizioni delle parti non sono particolarmente distanti tra loro. Di solito, la mia istanza di mediazione, proprio per questi motivi, nonostante non sia obbligatorio, è molto circostanziata ed articolata, venendo a costituire la base dell’atto introduttivo del giudizio che andrò a fare successivamente.

Col terzo appuntamento, di due ore, il quadro cambia completamente di nuovo. In questo incontro, scrivo, insieme al cliente, la comparsa di risposta in un procedimento in cui sono stati richieste, contro il mio cliente, degli ordini di protezione. Questi ordini, di cui ho parlato anche nel mio libro Come dirsi addio, sono stati mutuati dall’esperienza statunitense: hai mai visto un telefilm in cui un adulto divorziato dice una cosa come «non posso avvicinarmi ad un raggio di 250 metri da lui/lei»? Sono i restraining orders, servono per proteggere le vittime di violenze in famiglia prescrivendo appunto un divieto di avvicinamento all’altra persona. Sono un po’ un’americanata.

Ad ogni modo, come sai il mio metodo di scrittura degli atti è collaborativo col cliente, li scrivo con lui presente, o in studio o via Skype, come ho spiegato meglio in quest’altro post che ti invito a leggere. In questo modo, io scrivo mentre lui mi fornisce direttamente i chiarimenti, se ci sono decisioni da prendere, relativamente a strategie difensive da adottare o meno, si prendono immediatamente, si valutano insieme i documenti avversari e i propri. A mio giudizio, un metodo molto veloce e molto superiore a quello classico che usano tutti gli avvocati di redigere una prima bozza e mandarla al cliente per eventuali osservazioni.

Soprattutto, è un metodo che è molto compatibile e tagliato su di me, compresi i miei difetti: quando ho in mano un caso, preferisco fare tutto quello che c’è da fare prima di metterlo via. A volte ho messo via un fascicolo con l’intento di riprenderlo dopo pochi giorni, finendo invece per tornare a lavorarci dopo oltre un mese, per un motivo o per l’altro. Siccome mi conosco, cerco di prevenire le mie stesse possibili inefficienze, e di trovare strade per concludere le cose senza parcellizzare in lavoro in più fasi se non quando è strettamente necessario.

Naturalmente, una volta terminato l’atto l’ho passato alla mia assistente per il deposito telematico. In questo modo, ho completato questa parte di lavoro. Il prossimo momento in cui tornerò sul caso sarà il giorno dell’udienza, che, per la mia grande gioia, si svolgerà telematicamente, quindi il mio cliente verrà presso il mio studio e ci collegheremo insieme via Microsoft Team. Ovviamente, ho già segnato data e ora nell’agenda di studio, che è google calendar, in modo che non mi mettano altri appuntamenti.

Regolare e definire tutti gli aspetti possibili di un caso finché lo si ha in mano credo sia fondamentale per una efficiente cultura e pratica del lavoro.

Nota anche un altro principio organizzativo: io delego tutto quello che posso delegare. Non faccio i depositi telematici, li faccio fare alla mia assistente. Ovviamente, gli atti non li posso far scrivere ad altri, li devo scrivere io, così come io devo tenere i rapporti con la parte assistita. Ma tutto il resto viene delegato, così ho più tempo per poter fare bene le cose che posso fare solo io.

Conclusa in questo modo la mattina, ho ripreso il lavoro dopo la pausa pranzo alle quindici.

Il primo appuntamento del pomeriggio riguardava la regolazione di un affido. Quando le coppie di fatto, i conviventi, con figli si disgregano, bisogna a mio giudizio, specialmente se ci sono dei problemi nella gestione dei figli stessi o dei rapporti pendenti tra le parti, come spiego meglio nella scheda appunto sull’affido che ti invito a consultare. Naturalmente, il primo passo è sempre quello di inviare una lettera all’altro genitore con un invito a contattare lo studio, personalmente o tramite un suo legale di fiducia, per vedere eventuali possibilità di consensualizzazione della situazione, che potrebbero consentire di depositare un ricorso a firma di entrambi i genitori, che come tale garantisce risparmio di tempo, spese e soprattutto una maggior speranza di adempimento delle condizioni di affido una volta emesso il decreto del tribunale o comunque raggiunto l’accordo.

Ovviamente, insieme alla questione dell’affido, c’erano delle questioni patrimoniali di cui ho tentato ugualmente di impostare la gestione. Il metodo migliore, almeno all’inizio, è sempre quello della negoziazione, qualsiasi sia la situazione o il comportamento mantenuto da una o più parti bisogna sempre tentare di trattare, per mille motivi.

Nel secondo appuntamento del pomeriggio, quinto ed ultimo della giornata, ho fatto un divorzio per convenzione di negoziazione assistita (accordo in house) di un diplomatico straniero, in servizio presso la sua sede estera, quindi impossibilitato se non con grave difficoltà a tornare in Italia, tramite Skype, come spiego meglio in questo altro precedente post.

Dopo questa simpatica trafila sono andato a casa ad allenarmi…

E così è terminata la mia giornata.

Credo sia stato interessante raccontartela per farti capire che tipo di cose, in realtà abbastanza eterogenee, fa un avvocato al giorno d’oggi, come è cambiata la pratica, rispetto anche solo a qualche anno fa, e quali principi e regole organizzative e funzionali utilizzo nel mio lavoro.

Una regola di cui non ho parlato nel post, ma che è in qualche modo sottesa a tutto, è che la mia agenda è gestita completamente dalla mia assistente. Io non ci metto assolutamente mano. Fa parte di quelle cose delegabili, per cui l’affidamento alla mia assistente è in realtà un corollario della regola del delegare tutto il delegabile, che nel caso dell’agenda vale ancora di più perché riuscire a trovare e combinare momenti che vadano bene a tutti non è affatto facile. Poi ci sono gli spostamenti, la gente che disdice: non avrei tempo di tener dietro a queste cose