Voglio raccontarti la mia giornata professionale di ieri, un po’ perché penso possa essere utile ai più giovani che stanno ancora, nonostante tutto valutando questa carriera lavorativa, un po’ per quelli che svolgono già la professione e possono esserne incuriositi (a loro consiglio di aprire e leggere bene ogni link inserito nel testo) e infine anche per quelli che ogni tanto si azzardano ancora a chiedermi quale sarebbe la mia specializzazione…
Il primo appuntamento del mattino è stato col legale rappresentante di una spa per definire un contratto annuale di assistenza. Sono contratti che facciamo da sempre come studio in cui includiamo a fronte di un pagamento appunto annuale, eventualmente frazionabile in rate mensili, un «pacchetto» di prestazioni di assistenza, ovviamente al netto delle spese e definendo quali tipi di lavori rientrano (tipicamente ad esempio rientrano le diffide per recupero crediti) e quali no.
Il secondo appuntamento cambia completamente scenario e riguarda la situazione di una strada, oggetto di proprietà privata, ma sulla quale insiste un diritto di servitù di passaggio a favore di altri. Come purtroppo non di rado accade in ipotesi di questo genere, si generano dei conflitti e dei dissidi relativamente all’uso e alla manutenzione del bene oggetto di servitù, in questo caso la strada. I «diritti reali» sono una delle materie per cui è prevista la mediazione obbligatoria, per cui, preso atto del fallimento delle trattative, di cui ho comunicato per deontologia l’interruzione al legale avversario, abbiamo valutato di promuovere la fase di mediazione civile davanti ad un organismo appunto di mediazione. La mia idea riguardo alla mediazione è sempre quella di cercare di sfruttare questa fase, che può essere particolarmente interessante in diverse ipotesi in cui magari le posizioni delle parti non sono particolarmente distanti tra loro. Di solito, la mia istanza di mediazione, proprio per questi motivi, nonostante non sia obbligatorio, è molto circostanziata ed articolata, venendo a costituire la base dell’atto introduttivo del giudizio che andrò a fare successivamente.
Col terzo appuntamento, di due ore, il quadro cambia completamente di nuovo. In questo incontro, scrivo, insieme al cliente, la comparsa di risposta in un procedimento in cui sono stati richieste, contro il mio cliente, degli ordini di protezione. Questi ordini, di cui ho parlato anche nel mio libro Come dirsi addio, sono stati mutuati dall’esperienza statunitense: hai mai visto un telefilm in cui un adulto divorziato dice una cosa come «non posso avvicinarmi ad un raggio di 250 metri da lui/lei»? Sono i restraining orders, servono per proteggere le vittime di violenze in famiglia prescrivendo appunto un divieto di avvicinamento all’altra persona. Sono un po’ un’americanata.
Ad ogni modo, come sai il mio metodo di scrittura degli atti è collaborativo col cliente, li scrivo con lui presente, o in studio o via Skype, come ho spiegato meglio in quest’altro post che ti invito a leggere. In questo modo, io scrivo mentre lui mi fornisce direttamente i chiarimenti, se ci sono decisioni da prendere, relativamente a strategie difensive da adottare o meno, si prendono immediatamente, si valutano insieme i documenti avversari e i propri. A mio giudizio, un metodo molto veloce e molto superiore a quello classico che usano tutti gli avvocati di redigere una prima bozza e mandarla al cliente per eventuali osservazioni.
Soprattutto, è un metodo che è molto compatibile e tagliato su di me, compresi i miei difetti: quando ho in mano un caso, preferisco fare tutto quello che c’è da fare prima di metterlo via. A volte ho messo via un fascicolo con l’intento di riprenderlo dopo pochi giorni, finendo invece per tornare a lavorarci dopo oltre un mese, per un motivo o per l’altro. Siccome mi conosco, cerco di prevenire le mie stesse possibili inefficienze, e di trovare strade per concludere le cose senza parcellizzare in lavoro in più fasi se non quando è strettamente necessario.
Naturalmente, una volta terminato l’atto l’ho passato alla mia assistente per il deposito telematico. In questo modo, ho completato questa parte di lavoro. Il prossimo momento in cui tornerò sul caso sarà il giorno dell’udienza, che, per la mia grande gioia, si svolgerà telematicamente, quindi il mio cliente verrà presso il mio studio e ci collegheremo insieme via Microsoft Team. Ovviamente, ho già segnato data e ora nell’agenda di studio, che è google calendar, in modo che non mi mettano altri appuntamenti.
Regolare e definire tutti gli aspetti possibili di un caso finché lo si ha in mano credo sia fondamentale per una efficiente cultura e pratica del lavoro.
Nota anche un altro principio organizzativo: io delego tutto quello che posso delegare. Non faccio i depositi telematici, li faccio fare alla mia assistente. Ovviamente, gli atti non li posso far scrivere ad altri, li devo scrivere io, così come io devo tenere i rapporti con la parte assistita. Ma tutto il resto viene delegato, così ho più tempo per poter fare bene le cose che posso fare solo io.
Conclusa in questo modo la mattina, ho ripreso il lavoro dopo la pausa pranzo alle quindici.
Il primo appuntamento del pomeriggio riguardava la regolazione di un affido. Quando le coppie di fatto, i conviventi, con figli si disgregano, bisogna a mio giudizio, specialmente se ci sono dei problemi nella gestione dei figli stessi o dei rapporti pendenti tra le parti, come spiego meglio nella scheda appunto sull’affido che ti invito a consultare. Naturalmente, il primo passo è sempre quello di inviare una lettera all’altro genitore con un invito a contattare lo studio, personalmente o tramite un suo legale di fiducia, per vedere eventuali possibilità di consensualizzazione della situazione, che potrebbero consentire di depositare un ricorso a firma di entrambi i genitori, che come tale garantisce risparmio di tempo, spese e soprattutto una maggior speranza di adempimento delle condizioni di affido una volta emesso il decreto del tribunale o comunque raggiunto l’accordo.
Ovviamente, insieme alla questione dell’affido, c’erano delle questioni patrimoniali di cui ho tentato ugualmente di impostare la gestione. Il metodo migliore, almeno all’inizio, è sempre quello della negoziazione, qualsiasi sia la situazione o il comportamento mantenuto da una o più parti bisogna sempre tentare di trattare, per mille motivi.
Nel secondo appuntamento del pomeriggio, quinto ed ultimo della giornata, ho fatto un divorzio per convenzione di negoziazione assistita (accordo in house) di un diplomatico straniero, in servizio presso la sua sede estera, quindi impossibilitato se non con grave difficoltà a tornare in Italia, tramite Skype, come spiego meglio in questo altro precedente post.
Dopo questa simpatica trafila sono andato a casa ad allenarmi…
E così è terminata la mia giornata.
Credo sia stato interessante raccontartela per farti capire che tipo di cose, in realtà abbastanza eterogenee, fa un avvocato al giorno d’oggi, come è cambiata la pratica, rispetto anche solo a qualche anno fa, e quali principi e regole organizzative e funzionali utilizzo nel mio lavoro.
Una regola di cui non ho parlato nel post, ma che è in qualche modo sottesa a tutto, è che la mia agenda è gestita completamente dalla mia assistente. Io non ci metto assolutamente mano. Fa parte di quelle cose delegabili, per cui l’affidamento alla mia assistente è in realtà un corollario della regola del delegare tutto il delegabile, che nel caso dell’agenda vale ancora di più perché riuscire a trovare e combinare momenti che vadano bene a tutti non è affatto facile. Poi ci sono gli spostamenti, la gente che disdice: non avrei tempo di tener dietro a queste cose