Sono una cooperante, italiana. Fino all’anno scorso vivevo in Ciad con il mio compagno, francese e nostra figlia, di 3 anni e mezzo. Insieme decidiamo di trasferirci a Dakar, in Senegal. Lui parte ad ottobre io avrei dovuto raggiungerlo alla fine del mio lavoro con la pupa che resta con me in Ciad. Trasferiamo tutte le nostre cose a Dakar. Poi fine novembre, il giorno prima della nostra partenza dal Ciad per l’italia prima e Dakar poi mi chiama e mi dice che la storia è finita. Baratro. Dopo mesi di decisioni decido, per il bene di mia figlia di raggiugerlo comunque a Dakar per fare in modo che la pupa possa stare con il padre. Arrivo a Dakar a fine febbraio 2020, adesso siamo a Dakar. Io sono alla ricerca di lavoro sul posto ma se non trovo nulla vorrei partire con la bimba. Ognuno vuole che la bimba resti con se. Io ho fatto questo sforzo di venire qui per agevolare la vicinanza. Ma è chiaro che se partissi vorrei farlo con lei. Ho bisono di aiuto per capire come agire.
Ti serve più un percorso di counseling che un percorso di tipo legale, almeno al momento.
A livello legale ci sono degli aspetti che si possono, e per certi versi è opportuno, gestire, ma in questa fare, come hai correttamente intuito tu stessa, devi «capire come agire» e cioè come puoi comprendere che cosa è più opportuno per te e per tua figlia, in una situazione non facile, spalmata tra tanti paesi del mondo, con due genitori di nazionalità diverse e tendenzialmente portati anche a stabilirsi di conseguenza in paesi diversi, anche una volta terminato il lavoro all’estero.
A livello fattuale si gestiscono, e mi è anche capito di gestire diverse volte, separazioni di genitori che sono poi andati a vivere addirittura in due continenti diversi. È chiaro che in quei casi, le possibilità di progettare la separazione si restringono notevolmente, concretandosi sostanzialmente nel far stare i figli con un genitore durante il periodo scolastico e con l’altro per quello delle vacanze estive, con tutte le complicazioni del caso.
Tua figlia peraltro è molto piccola, è al limite – di 4 anni – per cui si considera praticabile il pernotto nell’ordinamento italiano, non è ipotizzabile, prima di qualche anno ancora, che possa trascorrere periodi molto lunghi col padre – questo te lo dico io che, pur essendo un noto maschilista, ritengo che i bambini, quando sono molto piccoli, è opportuno, naturale, innegabile che stiano con la mamma, salvo ovviamente casi di mamme gravemente disfunzionali.
A monte di tutto questo, c’è la necessità di definire da parte tua un adeguato progetto di vita, perché se è vero che nelle separazioni, come si ripete stancamente e un po’ burocraticamente, va valutato per di più l’interesse dei minori, come se fosse scollegabile da tutte le persone che ruotano attorno a loro, in realtà l’interesse dei genitori resta fondamentale perché i minori godono del benessere dei genitori e purtroppo ne soffrono inevitabilmente l’eventuale mancanza.
Quindi le domande per te funzionali potrebbero in ipotesi essere le seguenti: – dove, cioè in quale Stato, stabilisco la mia residenza definitiva? – se mi stabilisco all’estero, poniamo a Dakar, quale potrà essere il mio lavoro? – nella medesima ipotesi, quali saranno i rapporti di mia figlia con eventuali miei parenti tra cui nonni, zii, cugini, ecc.? – quali saranno le possibilità di istruzione, tra poco, lavoro, tra qualche anno, formazione, sviluppo, sanità, ecc. per mia figlia a seconda di dove andrò a stabilirmi? – se decido di tornare a stabilirmi in Italia come potranno funzionare in concreto i rapporti con il padre che per mia figlia sono preziosi?
Queste ed altre domande a corollario delle stesse sono pre-giuridiche e vanno approfondite appunto con un percorso di counseling.
Se credi, puoi valutare l’acquisto da questa scheda prodotto. Le sedute, ovviamente, si possono fare anche tramite Skype, come spiego meglio in questo post.
sono separata ancora non legalmente possono togliermi mia figlia di 10 mesi ed AFFIDARLA a lui solo perché vivo con mia madre e non abbiamo reddito? E un altra cosa così piccola può richiedere il pernotto le spetta? Io so che un minore può pernottare dal padre solo dai 3/4 anni
Sono domande purtroppo che non hanno molto senso.
La decisione circa l’affido di un figlio viene presa dal giudice considerando tutte le circostanze del caso concreto e, comunque, non è prevedibile, per cui la prima considerazione utile da fare è che in prima battuta conviene, per questo e mille altri motivi, tentare di raggiungere, con l’aiuto di un avvocato bravo e con una grande propensione alla negoziazione, una soluzione di tipo consensuale.
Ovviamente, l’assenza di reddito non è una circostanza dirimente, non può mai esserlo, specialmente da sola, va considerata l’intera situazione dei genitori alla luce dell’interesse del minore. Anche se ti consiglio di attivarti per superare questa condizione, mettendoti alla ricerca, se possibile, di un’occupazione o chiedendo comunque ai servizi sociali se ci sono dei sussidi o degli aiuti.
Anche per quanto riguarda il pernotto è un po’ il solito discorso, dipende sempre dall’interesse del minore, dalla situazione concreta e da come lo vede il giudice. Ci sono sentenze che stabiliscono a quattro anni il momento in cui può avvenire il pernotto presso il padre, ma altre sentenze, a mio giudizio più azzeccate, sostengono che dipende sempre dalla maturità del figlio.
In conclusione, ti serve un progetto completo per la gestione della crisi familiare, da far gestire ad un avvocato scelto molto oculatamente e, se possibile, anche da un mediatore familiare. Finché ti focalizzerai su singoli aspetti non realizzerai molto di costruttivo.
Il primo passo per te è scegliere un avvocato. Se non disponi di sostanze per compensarlo, forse puoi chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello stato.
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Pernotto dei figli di genitori separati presso l’altro genitore: secondo il tribunale di Roma, a differenza di altre sentenze precedenti, può avvenire anche a partire dai 18 mesi di età del bambino.
Un altro passo avanti per la realizzazione più piena di un vero affido condiviso viene da una recente sentenza del tribunale di Roma [1]. L’affido condiviso, infatti, introdotto con una legge recente legge [2], ha sin da subito incontrato diverse difficoltà ed ostacoli per una sua piena applicazione, scontrandosi il giusto principio alla base della riforma con le esigenze concrete di molti minori di avere una casa riguardabile come principale e loro punto di riferimento con tutti i loro oggetti, libri, arredi e così via.
Per i bambini più piccoli, che sono più attaccati alla madre, una ulteriore difficoltà alla realizzazione di un pieno affido condiviso, con parità di tempi di permanenza e con la possibilità per ognuno di vivere la sua genitorialità, era rappresentato dal pernotto, cioè la possibilità per il bambino di pernottare appunto anche durante la notte presso l’altro genitore, quello cui usualmente spetta meno tempo col figlio, che di solito, nella maggior parte dei casi, è il padre.
Come viene regolato il pernotto.
La legge non esclude espressamente il pernotto, la realtà è che non affronta affatto la questione, non ne parla in modo esplicito, lasciando che siano i giudici a stabilire quando questo può avvenire, sulla base delle circostanze del caso, tra cui, soprattutto, l’età, la maturità, l’autonomia e la serenità del minore coinvolto.
Alcune prime sentenze, al riguardo, parlavano ad esempio di quattro anni come un minimo di età per potersi far luogo al pernotto presso l’altro genitore. Una recente sentenza del tribunale di Roma [1], tuttavia, ha notevolmente ridotto questo termine portandolo a diciotto mesi.
Questa sentenza non significa che ogni padre (o madre) di figlio di età superiore ai diciotto mesi abbia «diritto» al pernotto, ma che possa ottenerlo se le circostanze lo consentono. È, insomma, un precedente favorevole, che consente di poter legittimamente chiedere modalità di affido che consentano il pernotto, anche se il giudice dovrà sempre valutare l’autonomia e la maturità del minore, se del caso avvalendosi di un apposito CTU.
##Come procedere per ottenere il pernotto. Il pernotto non è un diritto di ciascun genitore. Il discorso è diverso: è il minore ad avere diritto ad essere gestito nel modo più conforme al suo interesse e alle sue esigenze.
La prima valutazione da fare, pertanto, è quella di vedere se effettivamente si ritiene che per il proprio figlio il pernotto, per una o più giornate durante la settimana o il fine settimana, sia un bene e che solo per «colpa» dell’altro genitore questo pernotto non si sia potuto, sinora, praticare.
Se si ritiene che il pernotto sia la cosa migliore per il minore, ma l’altro genitore, nemmeno a seguito magari di apposite sedute di mediazione familiare, è disposto a «concederlo», l’unico modo è richiederlo al giudice, all’interno del procedimento, se già pendente, di separazione o divorzio ovvero presentando un ricorso per la modifica delle condizioni.
Nella propria richiesta, il genitore che intende ottenere il pernotto dovrà evidenziare al giudice tutti i fatti che sono a favore di tale soluzione, a cominciare dalla maturità e dall’autonomia del minore, chiedendo anche che il tribunale nomini, se lo ritiene, un consulente tecnico d’ufficio per valutare appunto la situazione, a cominciare dalla personalità del minore.
Ovviamente, prima di arrivare a questo, è bene tentare in tutti i modi possibili di raggiungere una soluzione consensuale, sia perché meno dispendioso sia perché poi garantirebbe molte maggiori probabilità di venire rispettata nella pratica, che si potrebbe anche formalizzare con una convenzione di negoziazione assistita.
[1] Tribunale di Roma, sez. I, 11.03.2016 [2] Legge n. 54 del 2006.
Ha suscitato un certo interesse una recente sentenza della Cassazione che tocca il tema del pernotto di bambini ancora molto piccoli, un problema che si presenta in alcune separazioni più conflittuali delle altre, dove venendo a mancare un po’ di buon senso, il genitore non affidatario o collocatario pretenderebbe di tenere con sé a dormire bambini ancora molto piccoli. Con questa pronuncia, la Cassazione sembra suggerire come limite per consentire il pernotto l’età di 4 anni, che sembra corrispondere a quello che viene per lo più praticato nelle famiglie disgregate in cui non ci sono conflitti al riguardo. Riportiamo di seguito il testo della sentenza, che magari può essere utile sia a qualche collega che alle persone toccate da questo problema. A queste ultime ricordiamo come sempre che … è solo una sentenza, non una legge dello Stato, vale come eventuale argomento di convincimento o persuasivo per il giudice che si occupa concretamente del caso, ma non è vincolante; questo non significa che non valga nulla, è un argomento a favore di una certa soluzione, anche se non un obbligo a decidere in quel senso.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 giugno – 26 settembre 2011, n. 19594 Presidente Luccioli – Relatore FelicettiSvolgimento del processo1. La sig.ra P.E. con ricorso ex art. 317 bis cod. civ., notificato il 3 agosto 2009 al sig. A.L. – con cui aveva avuto una relazione dalla quale era nato il figlio A. , riconosciuto da entrambi i genitori – chiedeva al tribunale per i minorenni di Perugia di regolamentare il diritto di visita del padre e di determinare l’assegno a suo carico per il mantenimento del minore. Analogo ricorso, che con il primo veniva riunito, veniva proposto dal sig. A.. Il tribunale, con decreto 5 febbraio 2010, disponeva l’affido congiunto del minore, il suo collocamento presso, la madre, le modalità di frequentazione del padre e dei nonni paterni (con diritto anche di quest’ultimi di tenere il bambino presso di sé) con il minore e un assegno di mantenimento a carico del padre di Euro 1000,00 mensili. La sig.ra P. proponeva reclamo avverso tale provvedimento alla Corte d’appello di Perugia, sezione per i minorenni, chiedendo la modifica del provvedimento del tribunale, in particolare restringendo gli orari di visita del padre ed escludendo il diritto a tenerlo presso di sé anche la notte fino al compimento del quarto anno di età, nonché escludendo il diritto di visita dei nonni. Il sig. A. chiedeva il rigetto del reclamo e l’ampliamento della propria frequentazione con il minore, confermando quello dei nonni. La Corte d’appello, con decreto depositato in data 25 marzo 2010, limitava il diritto del padre a tenere presso di sé di notte il minore e revocava il diritto autonomo di visita dei nonni. Il sig. A. ricorre a questa Corte avverso il decreto, con atto notificato alla controparte il 23 aprile 2010, nonché al P.G. presso la Corte d’appello di Perugia. La parte intimata resiste con controricorso notificato il 19 maggio 2010 e memoria. Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 317 bis c.p.c., nonché della legge n. 54 del 2006 e delle Convenzioni internazionali. Si deduce al riguardo che le limitazioni agl’incontri fra il ricorrente e il figlio, con l’autorizzazione al l pernottamento una sola notte a settimana, sono state motivate con la tenera età del bambino e la mancata convivenza del gruppo familiare dopo la sua nascita, che gli impedirebbe la piena identificazione della figura paterna quale figura di riferimento. Tale motivazione si fonderebbe sull’erroneo presupposto che non vi sia stata convivenza fra i genitori del minore, mentre il ricorrente in effetti dormiva nella casa familiare, anche dopo la sua nascita, quattro notti su sette e dopo la separazione dalla madre del bambino aveva affittato una casa a pochi chilometri di distanza da quella. Comunque detta convivenza non poteva essere assunta dalla Corte di merito quale motivo per la sua decisione, non prevedendolo alcuna legge, così come non è valido motivo per la su detta decisione la tenera età del bambino. 1.2. Il motivo è inammissibile. Vero è che in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio la legge n. 54 del 2006, dichiarando applicabili ai relativi procedimenti le regole da essa introdotte per quelli in materia di separazione e divorzio, ha reso impugnabili con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., i provvedimenti emessi dalla Corte d’appello, sezione per i minorenni, in sede di reclamo avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 317-bis relativamente all’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio ed alle conseguenti statuizioni economiche (Cass. 30 ottobre 2009, n. 23032). Ma la relativa impugnazione deve essere mantenuta nei precisi limiti previsti dall’art. 360 c.p.c., cosicché dinanzi a questa Corte non possono essere rimessi in discussione né gli accertamenti di fatto compiuti dalla Corte d’appello, se non con precise censure di ordine motivazionale, né le valutazioni di stretto merito, che sono del tutto estranee al giudizio di legittimità. Nel caso di specie, sotto il profilo formale della violazione di legge, in effetti si contesta, senza indicare risultanze probatorie delle quali sia stato omesso l’esame, ovvero vizi di ordine logico nella motivazione, l’accertamento della Corte d’appello secondo il quale “nel caso in esame una reale convivenza fra i genitori non vi è mai stata in quanto, a prescindere da alcuni punti di divergenza nelle relative versioni, è pacifico che l’avv. A. svolge la sua attività lavorativa professionale a Milano e che alcuni giorni si intrattiene anche a Firenze, ove risiedono i suoi genitori, cosicché la convivenza è stata non solo sicuramente breve ma anche del tutto sporadica se non occasionale”. Parimenti si contesta la valutazione di merito della Corte d’appello secondo la quale, tenuto conto dell’assenza di una convivenza del padre con il bambino prima della rottura del rapporto con la madre, nonché della situazione lavorativa, con i su detti spostamenti, del padre, la permanenza notturna del minore presso di lui andava ridotta, sino all’età di quattro anni,ad una sola notte la settimana. Ne deriva che, essendo gli accertamenti compiuti di mero fatto e i criteri usati dalla Corte d’appello finalizzati a una valutazione di opportunità, il motivo va dichiarato inammissibile, risolvendosi nella censura di valutazioni riservate in via esclusiva alla Corte di merito in relazione alle quali non vengono prospettati vizi motivazionali. 2.1. Il secondo, il terzo e il sesto motivo vanno esaminati congiuntamente. Con il secondo motivo si denuncia ancora la violazione delle medesime norme di legge – applicabili anche ai figli naturali – in quanto queste elevano la bigenitorialità a principio cardine del sistema familiare vigente, in attuazione degli artt. 29 e 30 Cost. e del principio di uguaglianza, in forza del quale il figlio ha diritto ad avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche ove si separino. La motivazione della Corte d’appello violerebbe tale principio. Con il terzo motivo si denuncia la violazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 che impone agli Stati di rispettare il diritto del fanciullo “di mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò sia contrario all’interesse superiore del fanciullo”. Con il sesto motivo si lamenta la violazione degl’interessi paterni e di quelli del minore, costituzionalmente garantiti, compromessi dalla compressione della concreta esplicazione della potestà genitoriale del padre a vantaggio della madre. 2.2. I motivi sono infondati, disponendo l’art. 155 cod. civ. che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, ma la sua attuazione è rimessa al giudice, il quale (art. 155, comma 2) per realizzare la finalità su detta “adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa”, determinando esclusivamente in relazione a tale interesse “i tempi e le modalità” della sua presenza presso ciascun genitore”, prendendo atto solo se non contrari all’interesse del figlio degli stessi accordi fra i genitori. Parimenti la Convenzione citata dal ricorrente indica quale metro di valutazione l’interesse del minore. Ne deriva che la Corte d’appello non ha violato le norme di riferimento nel determinare e limitare – sino al compimento del quarto anno di età – il pernottamento del minore presso il padre nella maniera che ha ritenuto più conforme al suo interesse in relazione all’età, non risultando affatto compromessa da tale limitazione alle disposizioni dettate dal tribunale, per il resto confermate, la realizzazione di un rapporto equilibrato anche con il padre, nei primissimi anni di vita del bambino. 3. Con il quarto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 16 Cost., in quanto il decreto impugnato nel disciplinare i pernottamenti del minore con il padre li limita al territorio della città di Perugia, cosi violando la libertà di circolazione del ricorrente. Il motivo è infondato, nessuna limitazione essendo apportata dal decreto impugnato – con il disporre che i pernottamenti del bambino dovranno avvenire in Perugia, dove il minore risiede – al diritto del ricorrente di spostarsi a suo piacimento sul territorio nazionale, ma avendo detto decreto legittimamente regolato, nell’interesse del figlio in tenerissima età, le modalità di frequentazione del padre, stabilendo il luogo in cui potrà tenerlo con sé anche la notte secondo le modalità previste nel decreto. 4. Con il quinto motivo si denunciano vizi motivazionali su un punto decisivo, deducendosi che la decisione della Corte d’appello sarebbe disancorata dagli accertamenti, compiuti dal giudice di primo grado, con particolare riferimento a quelli dei servizi sociali, basandosi su considerazioni del tutto astratte. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non riportandosi in esso le specifiche risultanze istruttorie che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare. 7. Con il settimo motivo si denuncia la violazione del diritto dei nonni a vedere il nipote, garantito dall’art. 155 cod. civ.. Il motivo è infondato, attribuendo l’art. 155 cod. civ. al minore il diritto di “conservare rapporti significativi” anche con i nonni, pur se nato fuori dal matrimonio, ma rimettendo comunque al giudice di regolarne l’attuazione, tenendo conto dell’interesse del minore, cosa che nel caso di specie la Corte d’appello, con valutazione non incongrua e come tale incensurabile in questa sede, ha fatto regolamentando i suoi incontri con i nonni. Il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte di cassazione Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di Euro duemilasettecento, di cui Euro duecento per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.