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Decreto penale di condanna: 8 cose da sapere.

Il decreto penale di condanna è un provvedimento emesso dal giudice in caso di rinvio a giudizio con formula “ad decretum”.

Ecco 8 cose da sapere sul decreto penale di condanna:

1) Il decreto penale di condanna viene emesso solo in casi di reati di lieve entità, ovvero quelli punibili con una pena pecuniaria o con l’arresto fino a tre mesi.

2) Il decreto penale di condanna viene pronunciato solo se il giudice ritiene che l’accusa sia fondata e che sussistano tutti gli elementi per condannare l’imputato.

3) L’imputato ha la possibilità di presentare una memoria difensiva, ovvero una sorta di difesa scritta, prima che il giudice emetta il decreto penale di condanna.

4) Il decreto penale di condanna è impugnabile dall’imputato, che può presentare opposizione al tribunale entro 15 giorni dalla sua notifica.

5) Se il decreto penale di condanna viene confermato , l’imputato può impugnare per ottenere una nuova sentenza.

6) Il decreto penale di condanna può prevedere la condanna al pagamento di una somma di denaro (ammenda) o la confisca di beni.

7) In caso di condanna al pagamento di una somma di denaro, l’imputato può chiedere il differimento del pagamento, in particolare se non dispone dei mezzi economici per farvi fronte.

8) Se l’imputato non paga l’ammenda prevista dal decreto penale di condanna, può essere condannato a una pena detentiva sostitutiva, ovvero all’esecuzione di una pena detentiva al posto del pagamento dell’ammenda.

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riflessioni

10 cose sulla conservazione dei documenti durante e dopo una pratica legale.

1) É buona norma, per i clienti di una pratica legale, creare una cartella o fisica o digitale o di entrambi i generi in cui inserire man mano i documenti della pratica stessa.

2) I documenti si possono, al limite, conservare anche dentro la mail, ma é preferibile sistemarli, in modo ordinato, all’interno di una cartella apposita.

3) Il rischio, conservando in documenti nella mail o in altri modi non ben ordinati, é quello di non trovare quello che ti serve al momento del bisogno.

4) Avere i documenti in ordine può servire in molti casi e per molteplici aspetti, puoi ad esempio aver bisogno di cambiare avvocato, di rileggere alcune cose, prendere qualche dato e così via.

5) É vero che in teoria si recupera tutto, però: ottenere la copia che ti serve potrebbe richiedere molto più tempo di quello che credi inoltre in alcuni casi potrebbe essere impossibile, come ad esempio in caso di smarrimento o furto del fascicolo.

6) Al termine di alcuni processi si ottiene un documento conclusivo importante e utile in occasioni successive, come una sentenza, un decreto di omologa di una separazione e così via: esso va conservato con cura e attenzione.

7) Mi sono già capitati diversi casi in cui, al momento di fare il divorzio, era impossibile trovare una copia del verbale di
separazione: non si trova più in tribunale, non ce l’ha più l’avvocato che ha seguito la separazione, non ce l’ha nemmeno il cliente e nemmeno l’ufficio di stato civile, dal momento che in fase di separazione il tribunale non manda una copia del provvedimento ma solo uno schema riassuntivo.

8) In tribunale queste situazioni sono molto più comuni di quel che si può pensare e possono accadere sia per smarrimento che per furto dei fascicoli che per incendio o altro.

9) La digitalizzazione dei procedimenti civili ha avuto inizio solo nel 2014: se il tuo documento é anteriore devi fare ancora più attenzione, perché in caso di smarrimento può essere anche più difficile trovarlo.

10) Conserva sempre con cura sia i documenti digitali che quelli cartacei che ti passa il tuo avvocato: in caso di smarrimento si può in alcuni casi fare la ricostruzione del fascicolo, ma non è sempre possibile e comunque non é così semplice.

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diritto

Cancellazione dal registro dei falliti: come procedere?

Vorrei avviare una pratica per la cancellazione di un fallimento dal casellario, essendo un fallimento del 1990. Vorrei indicazioni da Voi come cominciare la procedura ed un contatto

Per la cancellazione di un nominativo dal registro dei falliti, abbiamo pubblicato un apposito post che spiega come funziona la relativa pratica, che puoi trovare qui e che ti invito a leggere attentamente.

Nel post, troverai anche un esempio di ricorso e di provvedimento emesso, in seguito, di cancellazione.

Per questo tipo di pratica, abbiamo definito un apposito «prodotto» nel nostro store legale, la sezione ecommerce del sito, che puoi trovare qui. Da questa pagina, puoi vedere cosa costa attualmente questo pacchetto, o servizio, e, nel caso ti possa interessare, procedere direttamente all’acquisto.

Non importa dove risiedi tu e quale sia il tribunale competente: possiamo svolgere queste pratiche in ogni parte d’Italia grazie ai nostri corrispondenti. Ovviamente, il costo è sempre quello indicato nella scheda prodotto, essendo il corrispondente a carico nostro e quindi compreso nel preventivo.

Se vuoi maggiori chiarimenti, chiedici pure, altrimenti valuta la documentazione che ti ho «linkato». Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Galeotto fu l’aeromobile: e mo’?

Il padre del bimbo è cittadino italofrancese che vive in Francia. Conosciuto in aereo nel posto a fianco, in viaggio dalla Francia in Italia e frequentato in Italia. È poi ripartito per la Francia dopo una settimana. Dalla breve relazione nasce un bimbo. Del padre si conosce solo nome di battesimo e numero di telefono che poi è cambiato quindi non si riesce a contattare. Come ottenere i dati anagrafici dalla compagnia aerea conoscendo numero del volo e posto in aereo per poter contattare il padre ed eventualmente ottenere riconoscimento del bambino? Abbiamo scritto alla compagnia aerea ma fa resistenza per la privacy. Possibile che il diritto di un bimbo di sapere chi è suo padre sia superato dalla privacy? C’è un modo per tutelare questo bimbo?

Ci sono svariati modi per riuscire ad individuare le generalità precise del padre del bambino, cosa necessaria per le azioni a tutela dello stesso, che dovranno essere dapprima stragiudiziali e, in seguito, in caso fosse necessario, anche giudiziali.

Innanzitutto, si può tentare molto semplicemente tramite un’agenzia di investigazioni che a volte riesce ad avere accesso a informazioni come queste, sia pure solo di fatto, cioè senza poter produrre un documento ufficiale, ma ciò nel tuo caso sarebbe sufficiente.

Un altro sistema è il ricorso al garante per la privacy contro il diniego della compagnia di volo. Prima di inoltrare questo ricorso, tuttavia, occorre esaminare con attenzione sia la richiesta originaria che hai inviato alla compagnia, specialmente se l’hai formulata senza adeguata assistenza legale, sia la risposta della compagnia stessa. Insomma, bisogna continuare la trattazione, ma facendola in modo tecnicamente corretto. Queste sono cose delicate in cui non ci si può affatto improvvisare, non so se tu abbia tentato di fare la richiesta da sola, nel caso a mio modo di vedere non hai fatto bene, avresti dovuto farti seguire fin da subito da un avvocato.

Una terza possibilità è ottenere un provvedimento del giudice che obbliga la compagnia aerea o gli altri soggetti in possesso delle informazioni necessarie alla comunicazione dei dati relativi. Per questa terza strada, si può pensare ad un ricorso d’urgenza. Oppure forse si potrebbe pensare anche all’azione di accertamento della paternità, che tuttavia nell’impossibilità al momento di identificare il convenuto andrebbe fatta nei confronti di un curatore speciale, una cosa tutto sommato troppo complicata.

In conclusione, il mio consiglio è quello di provare a trattare stragiudizialmente ancora con la compagnia aerea, riscontrando la lettera di diniego dei dati, sulla base delle normative applicabili alla situazione e delle circostanze di fatto. Solo in caso tale trattativa non avesse esito positivo, si può tentare con il ricorso al garante. In entrambi i casi non puoi assolutamente fare da sola, devi farti seguire da un bravo avvocato.

Se vuoi un preventivo da parte nostra per questo lavoro, puoi chiedercelo compilando il modulo apposito nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Vicino chiede di passare per raggiungere la fogna: che fare?

Sono proprietaria di un fondo e il mio vicino e anche confinante mi ha chiesto di collegarsi alla rete fognaria passando attraverso il mio terreno. Cosa mi consiglia di fare?

Come si fa a rispondere ad una domanda del genere senza conoscere lo stato dei luoghi e ogni altra circostanza?

Si possono fare solo alcune osservazioni di carattere molto generale.

Appunto in linea generale, è vero che sono previste dalla legge, in alcuni casi, servitù coattive.

Le servitù coattive sono servitù che possono essere costituite con un provvedimento del giudice in presenza di determinati presupposti. In altri termini, in determinate situazioni la legge riconoscere al proprietario di un fondo o di un bene immobile il «diritto» di imporre ad un altro proprietario la costituzione di una servitù.

Un esempio classico di servitù coattiva è quella di passaggio, che il proprietario di un fondo intercluso, cioè senza accesso, o comodo accesso, alla strada pubblica, ha «diritto» di imporre al proprietario del fondo, o dei fondi, sui quali ha la necessità di passare per accedere alla via pubblica.

È evidente che le servitù non possono sempre dipendere dal consenso dei privati, se ragionassimo in questo modo, seguendo sempre il nostro esempio, ci potrebbero essere fondi inaccessibili, cosa che ovviamente è inammissibile, dal momento che ogni terreno è giusto che possa venire sfruttato, per esigenze abitative o di produzione, non solo agricola ma anche industriale.

Detto questo, si può dire ulteriormente che può darsi che il tuo vicino, che al momento si è limitato a chiederti amabilmente il permesso di poter passare con le sue tubazioni, abbia, in caso di mancanza di consenso da parte tua, il diritto ad uno scarico coattivo.

Questo significa che, in caso di negazione del consenso, potresti subire una causa alla fine della quale la servitù verrebbe comunque costituita e tu potresti anche essere condannata a pagare le spese legali.

Per dire se questo è il caso, ovviamente bisognerebbe approfondire molto di più la situazione.

Ancor prima di questo, anche perché un approfondimento del genere richiederebbe un lavoro di un certo tipo e di conseguenza un certo investimento, in generale va detto che un accordo è sempre comunque preferibile, quando si può raggiungere senza troppo incomodo e anzi magari con alcuni vantaggi.

Se vuoi approfondire, come ti consiglierei, la situazione, ti suggerirei di valutare l’acquisto di una consulenza, scegliendo la relativa opzione nel menu principale del blog. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Divorzio consensualizzato: si può impugnare?

ieri mi sono recato in tribunale con la mia ex moglie per la prima Udienza Presidenziale di divorzio giudiziale da me richiesto.
Il giudice ha deciso che la ns. non era una causa per la quale si dovevano discutere mantenimenti o condizioni all’inifinito, pertanto ci ha proposto di raggiungere un accordo in sede di udienza per chiudere il tutto quel giorno (accordo sfavorevole per la mia ex visto che chiedeva un mantenimento elevato sia per lei che convive che per ns. figlia che lavora, a tempo determinato, ma lavora).
Tale accordo però è stato accettato sia da me che dalla mia ex.
Avrei due domande:
In pratica è come se il divorzio da giudiziale si fosse trasformato in consensuale?
Nonostante lei fosse d’accordo e non sia stato fatto firmare l’atto di aquiescienza, potrebbe comunque impugnare la sentenza entro 30 gg dalla notifica del ns. avvocato?
Il mio avvocato dice di no, ma non lo vedo molto convinto.

Purtroppo non posso darti maggiori informazioni di quelle che può darti il tuo avvocato, che ha partecipato all’udienza, ha visto il provvedimento del presidente e conosce sia il fascicolo che il tuo caso.

In generale, c’è da dire che sei stato molto fortunato a trovare un giudice del genere, che si è prodigato per farvi consensualizzare subito il divorzio: ti sei risparmiato anni inutili di lite, che purtroppo molte altre persone si devono sorbire.

Come sia avvenuta la consensualizzazione di preciso non lo so, può darsi che vi abbia fatto andare a conclusioni congiunte come avviene nella maggior parte dei casi, in questa ipotesi deve comunque ancora essere scritta e depositata la sentenza relativa.

Al di là della impugnabilità o meno della sentenza o dell’altro provvedimento che si è formato nel tuo caso, di cui potremmo discutere a lungo, ma comunque poco utilmente, se solo sapessimo di preciso cosa è accaduto, è estremamente improbabile che un coniuge possa impugnare una soluzione di tipo consensuale e, soprattutto, è ancor più improbabile che la sua impugnazione possa mai venire accolta.

A naso, direi che abbia dunque ragione il tuo avvocato e che tu possa stare tranquillo ed essere grato per come sono andate le cose.

Ovviamente per poter dire di più bisognerebbe vedere il verbale, il provvedimento e il fascicolo, cosa per fare la quale dovresti acquistare una consulenza, ma non credo proprio, onestamente, che ne potrebbe valere la pena.

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Possibile condanna per falso: posso emigrare?

mi ritrovo a vivere un problema sconvolgente per un’eventuale condanna a due anni con la condizionale, per una firma apposta per sbaglio su un registro scolastico. A parte il fatto che dopo una condanna o un patteggiamento c’è il licenziamento dal posto di lavoro o una sospensione di due anni mail fatto è che dopo questo fatto voglio andare in GB e ricominciare lì con la precisa intenzione di fare stage, lavorare, mantenermi l’, nn importa che tra poco ho 60 anni e vorrei sapere se ciò è possibile e come muoversi in tal senso.Inoltre, vorrei sapere se è possibile il nn luogo a procedere per motivi psichiatrici e se questo dopo potrebbe crearmi dei seri problemi per un eventuale reinserimento nel pubblico. Come muoversi in tal senso?

Mi sembra che tu stia facendo davvero troppa confusione.

Intanto, parli di una «eventuale» condanna, ma sei certa (non si capisce bene per quale motivo) che, nel caso, questa condanna sarebbe con la condizionale, con il ché mi pare davvero che si mescolino fatti con ipotesi. Immagino che ci sia un procedimento penale pendente, quindi la prima cosa sarebbe vedere effettivamente come questo procedimento si concluderà.

Non descrivi nemmeno in modo utile i fatti che sarebbero alla base del procedimento, parlando solo di «firma apposta per sbaglio»… In generale, per i reati è richiesto solitamente il dolo e cioè la volontarietà della condotta, ragion per cui questo potrebbe essere un primo, importante elemento.

Qualora fosse, peraltro, tuo interesse definire prima possibile questo procedimento pendente, potresti comunque valutare i riti alternativi, come ad esempio il giudizio abbreviato o il patteggiamento, anche se devi tenere presente che il patteggiamento oggigiorno, per effetto di una specifica riforma legislativa, è equiparato ad una sentenza di condanna.

I motivi psichiatrici non li commento neanche, si tratta di un aspetto che meriterebbe ben maggiore approfondimento, sempre che vi sia un minimo di plausibilità di rilevanza dello stesso in una vicenda del genere.

Per quanto riguarda l’emigrazione nel Regno Unito, purtroppo non dipende dalla legislazione italiana ma da quella del Regno Unito stesso, per cui, ma questo – di nuovo – solo quando avrai un provvedimento più o meno definitivo, potrai chiederlo ad un legale che opera in Inghilterra o all’ufficio pubblico inglese a ciò preposto.

Vista la importanza dei progetti che hai, e il livello di confusione che denoti, credo che ti converrebbe incaricare al più presto un bravo avvocato con il quale definire la strategia giusta per affrontare questi problemi.

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Criteri erronei per occupazione alloggi della Difesa: come rimediare?

siamo utenti “sine titulo” di alloggi del Ministero Difesa per i quali è stato emanato il DM 16 marzo 2011 “Rideterminazione dei canoni di occupazione…..”.L’art.2 comma 1 di tale DM prevede, tra le altre cose che la superficie convenzionale dell’alloggio ai fini della rideterminazione del canone ,venga calcolata ai sensi del DPR 138/98..art.3 comma 1 all.”C”.Tale allegato stabilisce le percentuali di superficie da applicare per i i “gruppi R” che ,tra l’altro sono chiaramente individuati dall’All. “B” allo stesso DPR : 100% vani principali,50% vani accessori indiretti comunicanti con i vani principali, 25% per quelli non comunicanti; le stesse percentuali sono indicate dall’Agenzia del Territorio in ambito nazionale.Il Ministero Difesa, applica ai box degli utenti( gruppi R/4 All.B del DPR) la percentuale del 100% con danno economico per gli utenti.E’ commesso abuso d’ufficio o cos’altro?

A prescindere dal merito, non credo che un problema del genere possa essere trattato opportunamente chiedendo l’applicazione di norme penali, che presenterebbero peraltro, in un caso del genere, il problema di non poco conto della individuazione del soggetto responsabile.

Mi pare che sia, piuttosto, un problema da trattare con gli strumenti previsti per le tematiche di tipo amministrativo, per cui, in prima battuta, intervento nel procedimento amministrativo e, qualora questo non conducesse ad un risultato soddisfacente, impugnazione al TAR, tribunale amministrativo regionale, competente e, in caso di provvedimento negativo, impugnazione, dopo le debite valutazioni ovviamente, al Consiglio di Stato.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe esaminare il provvedimento o la prassi, risultante sicuramente da relativa documentazione, con cui il ministero della difesa applica ai vani tecnici la percentuale del 100%; qualora i termini per l’impugnazione del provvedimento fossero già spirati, si potrebbe forse valutare di tentare di presentare una istanza di rimborso della differenza, vedendo se possibile intervenire su quella.

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Il giudice si è «riservato»: ma che significa esattamente?

Il mio avvocato mi ha scritto una lettera per informarmi di come è andata l’ultima udienza del mio processo, civile, e mi ha detto che il giudice al termine si è riservato. Ma che cosa vuol dire?

E’ molto semplice, vuol dire che il giudice si è limitato a prendere atto di quanto hanno scritto o fatto le parti, ma non ha ancora deciso niente e lo farà solo in seguito con un provvedimento, che di solito è una ordinanza, a parte.

E’ un sistema che i giudici usano molto spesso, quando c’è da decidere una questione, o una serie di questioni, più complicate del solito, oppure quando si prevede una decisione più spiacevole del solito, oppure anche semplicemente come metodo di lavoro standard.

Una udienza dove solitamente i giudici si riservano è quella prevista dall’art. 184 cod. proc. civ., dove si dovrebbe decidere sulle prove da ammettere e da raccogliere nel corso del processo. A questa udienza si arriva dopo che ciascuna parte ha depositato le tre memorie previste dall’art. 183, comma 6°, cod. proc. civ. quindi è naturale che il giudice voglia leggersi tutto per bene prima di decidere ed è molto difficile che possa prendere questa decisione all’udienza. Un’altra udienza in cui solitamente c’è la riserva è la prima o seconda udienza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quando c’è da valutare se concedere o meno la provvisoria esecutorietà del decreto opposto. Oppure le udienze dei procedimenti cautelari urgenti, tra cui anche la CTU preventiva. Ma non solo, questi sono solamente alcuni esempi.

Non è possibile sapere in generale quali sono i tempi che il giudice impiegherà per “sciogliere la riserva” cioè per fare il provvedimento, perchè questi variano da giudice a giudice e, anche per lo stesso giudice, da momento a momento, si può solo rimanere in attesa. Purtroppo, non ci sono tempi standard di riferimento.

Alcuni giudici fanno in un paio di settimane, altre in alcuni mesi, altri purtroppo possono impiegare anche più di un anno, anche fino a tre mi è capitato, senza che abbia rilevanza al riguardo nemmeno la complessità delle questioni che devono vedersi, ma il loro carico complessivo di lavoro. Quando il giudice decide, comunque, e fa l’ordinanza, questa viene notificata, oggigiorno di solito tramite pec o fax, all’avvocato, oppure tramite ufficiale giudiziario. Vedrai che quando l’ordinanza gli verrà notificata, il tuo avvocato ti aggiornerà.

Noi, come studio, controlliamo anche tutti i giorni l’eventuale scioglimento delle riserve all’interno del sistema polis web, dove risulta appunto quando i giudici fanno i provvedimenti, quindi possiamo venire a conoscenza dello scioglimento della riserva anche prima che ci sia notificato il provvedimento.