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Consorzio strada vicinale: qual è la sua natura giuridica?

DOMANDA – Sono segretario di un consorzio strade vicinali. Vorrei chiederle se Il Consorzio Strade Vicinali è un Ente dipendente dal Comune. Le chiedo questo perchè la minoranza dell’amministrazione comunale, citando l’art 43 del TUEL, ha chiesto tutta una serie di documentazione, (bilanci, verbali, ecc.ecc.) per controlli (così dicono, ma soprattutto per altri scopi tra le due parti maggioranza e minoranza). La delegazione del Consorzio ha consigliato il sindaco, per ora, di non procedere alle richieste della minoranza perché prima ci saremmo informati.

— RISPOSTA – I consorzi per la manutenzione delle strade vicinali sono enti pubblici quando hanno per oggetto strade di uso pubblico; ex multis, Cassazione, Sezione unite, 7 luglio 1986, n. 4430, in Repertorio Foro Italiano, 1986: «il consorzio stradale di …, costituito a norma del D.L.Lgt. n. 1446/1918, il quale persegue, senza fini di lucro e con struttura priva di connotati imprenditoriali, finalità di ordine generale per la sistemazione e manutenzione di strade vicinali assoggettate ad uso pubblico, con il contributo e sotto il controllo dell’autorità comunale e governativa, ha natura di ente pubblico non economico».

I consorzi delle strade sulle quali non è esercitato l’uso pubblico sono invece stati ritenuti di natura privatistica. In tali casi, a mio giudizio il consorzio strade vicinali ha natura giuridica di società commerciale o comunque quella delle società commerciali mi pare la figura più analoga a quella del consorzio, che può essere visto appunto come una società avente per oggetto la gestione e manutenzione di una o più strade vicinali, con la compartecipazione sia dei proprietari sia dell’ente territoriale.

Mi sentirei di escludere che il consorzio, comunque, possa mai essere considerato un ente «dipendente» dal comune, trattandosi più di un ente pubblico o di diritto privato, come abbiamo visto a seconda dei casi, cui il comune partecipa secondo le regole dello stesso diritto privato e non secondo le modalità del diritto amministrativo.

Da queste considerazioni non so, tuttavia, se possiamo sciogliere il dubbio che sta alla base della tua domanda, anche se a mio giudizio per una ragione di trasparenza di attività che in qualche modo hanno, anche se sia pure solo in parte, rilevanza pubblica, forse potrebbe essere opportuno estendere la consultazione di tali documenti – parlo qui più a livello politico che giuridico.

C’è anche da dire che buona parte di quei documenti sono pubblici, almeno per quanto riguarda le attività commerciali.

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Green pass per entrare al lavoro: serve anche agli autonomi?

Il decreto 127 sul greenpass per l’accesso ai luoghi di lavoro si
applica anche ai lavoratori autonomi?

É controverso.

Controverso significa che una parte dei giuristi ritiene non si
applichi, un’altra parte invece che, al contrario, si applichi.

Cosa significa nella pratica?

Bisogna vedere che orientamento prenderà piede e quale interpretazione
seguirà il prefetto cui le autorità intervenute manderanno la loro
relazione di servizio.

Ti spiego meglio.

Il decreto 127 ha previsto che nessuna delle autorità che intervengono
presso l’azienda possa fare direttamente una multa: esse possono fare
solo una relazione di servizio in cui viene riportato chi c’era in
azienda, che titoli aveva o meno e ogni altra circostanza rilevante.

Questa relazione di servizio viene poi mandata al prefetto per
l’applicazione delle sanzioni del caso.

Questo meccanismo é favorevole perché offre due vantaggi.

Il primo è che nessuno può venire nella tua azienda a tentare di
truffarti dicendo che è venuto per un controllo, che siccome tu o
altri siete dentro senza green pass gli dovete dare del denaro.

Carabinieri, polizia di Stato, polizia locale, guardia di finanza e
altre autorità possono entrare, ma non possono farvi direttamente la
multa.

Questo significa che puoi anche risparmiarti di chiedere tesserini: la
presenza di un falso membro delle forze dell’ordine é inutile, quindi
questo tipo di truffe é difficile che si diffonda – ovviamente se le
persone avranno le informazioni giuste, come quelle di questo post, e
non le vaccate.

Il secondo vantaggio di questo duplica passaggio accertamento più
applicazione della sanzione é che crea uno spazio per difenderti.

Una volta che avrai subito un controllo da parte delle autorità, che
avranno spedito al prefetto la loro relazione di servizio, prima
dell’irrogazione della sanzione da parte dello stesso potrai
intervenire nel procedimento e dare la tua versione dei fatti.

Se ti avranno ad esempio fatto la multa come autonomo potrai scrivere
e depositare – rigorosamente con l’aiuto di un avvocato, non fare il
costituzionaleso – una «memoria», cioè uno scritto a tua difesa in cui
sostieni, con dovizia di argomenti, che la normativa del 127 non si
applica agli autonomi.

Anche per le aziende in cui, come consiglio di cercare di fare, sono
previsti controlli a campione, ci possono essere discreti spazi di
difesa dopo un controllo da parte delle autorità.

Se il documento ex decreto 127, che ogni azienda deve redigere entro
il 15 di cui ti ho parlato nel precedente post, prevede i controlli
all’ingresso, é ovvio che se un dipendente viene trovato all’interno
senza titolo ci sono pochi cazzi.

C’è molto più margine se il metodo dei controlli é invece quello a
campione, per evidenti motivi: i dipendenti controllato sono stati
altri o il controllo doveva ancora essere eseguito.

Per questo ti ripeto se hai un’azienda è bene che il documento ex
decreto 127 lo scrivi con l’assistenza di un avvocato, dopo aver ben
ponderato ogni aspetto in relazione alla situazione della tua azienda
stessa.

Ok, adesso ci fermiamo un attimo io e te.

Spero che tu sia riuscito a seguirmi bene fino a qui, perché le cose
che ti ho detto sono molto importanti e rilevanti in molti casi.

Ora ti chiudo la necessaria parentesi e torno alla questione iniziale.

Il lavoratore autonomo per entrare nella sua azienda deve avere il
green pass come devono averlo i dipendenti?

É controverso, come ti dicevo.

Non manca chi ritiene di sì, ma io penso di no e ti spiego quali sono
i motivi che mi fanno propendere per questa tesi.

Innanzitutto, c’è un argomento letterale. Il decreto 127 parla
espressamente di «datore di lavoro». Questa é inequivocabilmente
un’espressione che si riferisce al lavoro dipendente. Gli autonomi –
imprenditori, liberi professionisti – non hanno mai un «datore di
lavoro».

Sì, su facebook le teste fresche scrivono che sono il datore di lavoro
di loro stessi, ma questa è solo una battuta priva di qualsiasi
significato tecnico, per dire che uno fa il dj o la rappresentante di
pentole.

Nel mondo del diritto, quello vero, non quello dei decretolesi, il
datore di lavoro ce l’hanno solo i lavoratori dipendenti.

Oltre a questo argomento, ce n’è un altro molto significativo. Se
ipotizzassimo che anche gli autonomi fossero soggetti alle regole del
decreto 127, chi dovrebbe fare i controlli al momento dell’accesso?

Un funzionario del governo, che evidentemente quel giorno aveva
mangiato pesante, e magari da piccolo era pure caduto dal seggiolone,
ha scritto una FAQ – si scrive effe,a,qu e si pronuncia fuck, proprio
come vaffanculo – sul sito del governo dove giulivamente sostiene che,
sì, il decreto 127 si applica anche agli autonomi e, poi – che
problema c’è? – che i controlli all’accesso sono fatti dagli stessi
soggetti incaricati dall’imprenditore di fare i controlli
all’ingresso.

Il mio mite parere é che questa FAQ non valga un cazzo.

Ti faccio subito il mio esempio.

Io, grazie a Dio, ho un’impiegata, che Dio davvero me la conservi.

Quindi io dovrei scrivere il documento ex decreto 127, incaricare lei
di fare i controlli di chi entra (non sarebbero i clienti, ma gli
artigiani che venissero a lavorare presso il mio studio, ad esempio il
tecnico della caldaia).

Dunque, la mia impiegata, al mattino, dovrebbe controllare il mio
diritto di entrare nel mio studio? E se non ho il green pass perché
non ho il tampone o é scaduto mi lascia fuori dal mio studio,
lavorando nel quale prendo i soldi per pagarle lo stipendio?

Ma io butto a mare Draghi e tutta l’Unione Europea piuttosto di
sposare una conclusione così demenziale.

Dunque la prima ragione per cui il decreto 127 non si applica agli
autonomi é che accogliere l’interpretazione contraria porterebbe a
conseguenze inique e paradossali, cosa che, se le leggi devono avere
un senso, anche pratico, non può mai essere.

E la FAQ allora? É scritta sul sito del governo, é una fonte ufficiale.

Ti dò una notizia.

Le uniche fonti ufficiali sono quelle normative. Le FAQ, legalmente,
non hanno alcun valore.

Hanno lo stesso valore delle circolari: atti scritti da buoni
funzionari che cercando di aiutare le persone a capire come devono
essere interpretate le leggi, ma che non sempre purtroppo raggiungono
esiti lusinghieri e apprezzabili.

Le uniche fonti giuridiche valevoli per i magistrati e i prefetti sono
i testi normativi, cioè, detto in altri termini, un giudice o un
prefetto può sbattersene altamente sia di circolari che tanto più di
FAQ e decidere i casi che gli sono sottoposti facendo riferimento a
come secondo lui e lui solo devono essere interpretati i testi
normativi.

Diciamo che circolari e FAQ propongono un’interpretazione che gli
operatori giuridici sono liberi di seguire, se la trovano convincente,
o, al contrario, disattendere se la trovano poco convincente ovvero,
come la trovo io in questo caso, una vera e propria cazzata.

Quindi in conclusione cosa devi fare tu che sei un lavoratore autonomo?

In conclusione, devi scegliere tu.

Sai che se entri nella tua azienda senza green pass e viene un
controllo, il prefetto della tua zona potrebbe sposare la tesi
sfavorevole, secondo cui il green pass si applica anche agli autonomi,
e farti una multa – che ovviamente poi puoi tentare di impugnare per
vedere se la magistratura é di diverso avviso.

Oppure potresti trovare un prefetto che segue l’interpretazione
opposta e non ti fa nessuna multa.

La garanzia non ci può essere, per cui ognuno deve scegliere cosa
fare, sulla base delle informazioni corrette che ti ho qui fornito.

Io di sicuro non vado a farmi un tampone ogni due giorni per farmi poi
controllare dalla mia impiegata se posso entrare nel mio studio,
Draghi, Speranza e Brunetta hanno visto un film alla radio.

Io entro nel mio studio tutti i giorni per fare il mio lavoro e vaffanculo ?

Tra l’altro noi avvocati per espressa previsione del decreto 127
possiamo andare in tribunale, che é letteralmente un mercato con gente
ammassata in ogni dove, senza green pass, quindi dovremmo viceversa
averlo per ricevere una o due persone alla volta in studio?

Due colleghi del CNF hanno pubblicato uno “studio” in cui sostengono
candidamente questo, ma, di nuovo, questo studio, come tutti gli
studi, non vale un cazzo: come le FAQ, come le circolari, propone solo
un’interpretazione, che può benissimo non essere condivisa e io non la
condivido affatto perché è una boiata ed è per di più in
contraddizione col resto del decreto 127, anche sotto il profilo
teleologico di cui all’art 12 delle preleggi.

Spiace che le nostre istituzioni forensi abbiano perso un’occasione
per aiutare la categoria, cogliendone invece una oer dimostrarsi
conformiste come da lunga tradizione.

Ti chiudo anche questa parentesi, che però serviva per darti un
ulteriore dettaglio circa l’assurdità di quella tesi che vorrebbe il
green pass applicabile anche agli autonomi.

Queste sono le osservazioni corrette in diritto, se conosci qualche
autonomo mandagli pure il post perché nel marasma attuale, in cui
ognuno fa a chi la spara più grossa, é importante avere informazioni
fondate, di qualità e soprattutto sulle quali fare affidamento.

Evviva noi

Riferimenti

Conclusioni

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Fallimento risultante dopo recesso da amministratore: che fare?

Ho un problema con la banca che non mi vuole aprire più un conto corrente perché mi risulta un fallimento un una azienda in cui io non ero unico amministratore e in cui avevo il 25% delle quote, la società è stata messa in liquidazione perché è stato fatto un decreto ingiuntivo d parte di un fornitore che vantava un credito, premesso che io non ero più amministratore da diversi anni e che mi ero dimesso mandando come previsto dallo statuto una comunicazione (raccomanda) alla sede legale alla camera di commercio allo studio che gestiva la contabilità e alla sede operativa. Questa non è stata presa in carico per alcuni motivi, poi la stessa cosa è stata fatta in un secondo momento presso un’altra camera di commercio dove l’amministratore in carica e di fatto aveva spostato la sede legale, fatto sta che io risulto ancora in carica e mi risulta un fallimento con un procedimento in corso con problemi sulla mia attività imprenditoriale. Come posso fare? mi può essere di aiuto?

Ci possiamo sicuramente guardare, approfondendo la situazione in diritto e soprattutto in fatto, ovviamente senza alcuna garanzia, purtroppo, di riuscire ad ottenere un risultato perché dipende proprio da quello che troveremo mentre ricostruiamo quello che è successo.

Tu dici che la prima raccomandata di dimissioni o recesso non è stata presa in carico per «alcuni motivi», senza però dire di quali motivi si tratterebbe, quando invece è proprio questo l’aspetto che si dovrebbe iniziare ad approfondire.

Può darsi che tu risulti ancora in carica per motivi corretti, oppure che questa risultanza sia un errore dovuto alla mancata annotazione del tuo recesso esercitato correttamente.

Per cui la prima cosa da fare è esaminare la documentazione del caso, in modo completo, e vedere che cosa se ne può inferire.

Se credi, valuta l’acquisto di una consulenza per fare questo lavoro, da noi o da un altro avvocato di tua fiducia.

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Che succede se muore il socio di una snc piena di debiti?

mio fratello è in società con la compagna ed il cognato (hanno un bar) formando una “S.N.C.”; nell’eventualità del decesso di uno dei soci i debiti a chi vanno? A qualche erede esempio i figli?
Inoltre, c’è possibilità degli eredi di rinuncia all’eredità per quanto riguarda la società? Se si come?

La snc, o società in nome collettivo per esteso, è una società di persone.

Ciò significa che, a differenza delle società di capitali, è priva di propria soggettività giuridica e tutti rapporti societari fanno in realtà capo ai singoli soci.

Questo significa che, in caso di decesso di un socio, chi, tra i chiamati all’eredità, accettasse la successione, si troverebbe a subentrare in tutte le posizioni giuridiche del morto, compresi i debiti.

Naturalmente, si può sempre valutare la rinuncia all’eredità.

Visti i valori in ballo, però, e trattandosi di un’attività commerciale, vi consiglio, quando sarà eventualmente il momento, di investire un po’ di soldi per farvi seguire da un avvocato.