1) Le specializzazioni, nella trattazione dei problemi legali, né hanno senso né funzionano nella pratica, per diversi motivi.
2) Un primo limite é che gli utenti, coloro che hanno un problema legale, non sono nemmeno in grado di dire a quale specializzazione attiene il loro problema: ad esempio, di fronte ad un abuso edilizio, non sanno se cercare un civilista, un penalista o un amministrativista.
3) Un secondo grande limite delle specializzazioni é che i problemi in cui incorrono le persone sono estremamente indisciplinati e spesso non si fanno inquadrare in un solo ramo di specializzazione, ma in due o anche più.
4) Un esempio di situazioni del genere é proprio l’abuso edilizio, che deve essere trattato sia dal punto di vista civilistico, per i rapporti coi vicini, sia penale, se costituisce reato, sia amministrativo ed urbanistico, per i profili relativi.
5) Ci sono innumerevoli altri esempi: una coppia che si separa e deve dividersi un’azienda che possiede beni immateriali, un’aziona di rivendica della proprietà contro una procedura concorsuale, persino un banale sinistro stradale può presentare aspetti civilistici, penali e amministrativi per l’impugnazione delle sanzioni.
6) Le specializzazioni non sono previste nemmeno dalla legge degli avvocati: ogni avvocato può seguire qualsiasi tipo di pratica, valutando lui stesso se ne possiede la competenza.
7) Un avvocato, comunque, deve essere in grado di dare una risposta e di indicare una strada per tutti i problemi che gli portano i clienti; ciò anche per una ragione di posizionamento nella mente dei clienti, un concetto e uno strumento di markering fondamentale.
8) Un avvocato, peraltro, non conosce neanche il 2% dello scibile attinente alla materia di cui si occupa più frequentemente e riesce ad occuparsi bene ugualmente del resto semplicemente per il fatto che sa dove andare a cercare le informazioni e le soluzioni che gli servono.
9) Il metodo migliore per poter dare sempre una risposta a tutti i problemi legali é quello di collaborare volta per volta con altri avvocati dotati di competenze specifiche, facendo rete con loro in modo snello e leggero sui singoli casi.
10) L’unico avvocato che devi cercare quando hai un problema legale non é un avvocato «specializzato» ma un avvocato che non abbia la testa piena di segatura e che sia onesto con te e con la gestione delle sue competenze e di quelle della sua rete.
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1) C’è una norma applicabile ad ogni situazione, la legge é un catalogo di soluzioni, basta solo sfogliarlo e trovare quella giusta. In realtà non è così, la legge prevede, spesso in maniera peraltro incompleta, non chiara, se non addirittura maldestra, un numero limitato di casi, per affrontare una situazione occorre lavorare di interpretazione e tutto diventa molto meno tassativo di quello che si pensa.
2) Un avvocato conosce tutte le leggi, sentenze e c.. No, un avvocato nella migliore delle ipotesi conosce meno del 5% del diritto, la sua professionalità consiste nel sapere sempre dove andare a cercare quello che non sa e che gli serve per il caso in questione.
3) Meglio prendere un avvocato specializzato nel mio problema. Una cosa senza alcun senso: il cliente non sa nemmeno, da un lato, a quale ramo del diritto sarebbe attinente il suo problema e, dall’altro, le specializzazioni per gli avvocati non esistono. Bisogna solo cercare un avvocato che non abbia la testa piena di segatura, e che sia un minimo corretto, mentre se non è competente sarà lui a dirtelo e a muoversi in modo che il tuo caso sia seguito in modo efficiente e funzionale, andando ad associare al fascicolo i colleghi che dispongono delle competenze necessarie. Con il mio ormai famoso hashtag, insomma, megliochiamaretiz
4) É giusto coltivare questa vertenza per una questione di principio! É una delle motivazioni meno indicate per decidere di investire su una situazione di conflitto di natura legale. Per evidenti motivi e per il fatto che il sistema giudiziario non distribuisce giustizia, ma applica la legge, una cosa che non così di rado é diversa.
5) Gli avvocati sono dei privilegiati. No, gli avvocati si alzano tutte le mattine per andare a lavorare come tutti gli altri e pagano le stesse tasse degli altri – anzi probabilmente anche di più. Possono stare in giudizio, a differenza degli altri, solo ed esclusivamente per motivi di competenza tecnica. Anche a me piacerebbe pulirmi la caldaia da solo ogni anno, ma devo farlo fare, per legge, a un tecnico che dispone della competenza relativa: é la stessa cosa.
6) Sono un cliente e come tale ho sempre ragione. No, il cliente degli avvocati é l’unico cliente che non ha sempre ragione. In una vertenza tra due persone, é evidente che una ha ragione e l’altra no, quando sono invece clienti di avvocati entrambe.
7) Se vinco le spese le paga chi perde. Forse… Intanto le devi comunque anticipare tu, poi devi a) vincere b) ottenere una condanna alle spese c) riuscire a recuperarle. Inoltre la misura in cui le recuperi potrebbe essere minore rispetto a quello che hai pagato.
8) Non serve scrivere alla controparte tanto é un idiota / pensa solo ai soldi / é un delinquente. Prima di iniziare qualsiasi vertenza, salvo casi molto particolari, bisogna sempre scrivere alla controparte dichiarando le proprie richieste, non foss’altro che per fare vedere al giudice, cui eventualmente si finisce davanti in seguito, che non si è dei cani. Inoltre molto spesso a una diffida seguono risultati inaspettati.
9) Un avvocato deve rispondere sempre al telefono quando lo chiamo. Un avvocato sempre disponibile a prendere le telefonate sarebbe uno che non fa un razzo tutto il giorno e un legale del genere non sarebbe affatto desiderabile. O, in alternativa, uno che interrompe un appuntamento, magari molto delicato, per rispondere in continuazione al telefono: questo sarebbe ancora peggio. Un bravo avvocato lavora tutto il giorno su cose estremamente importanti e delicate e non può essere interrotto.
10) Devo raccontare la mia storia da principio. No, all’esatto contrario devi iniziare proprio dalla fine, altrimenti il tuo avvocato ti ascolta per un’ora senza capire quel che stai dicendo. Guarda il video di approfondimento che trovi sul canale YouTube degli avvocatidalvoltoumano.
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Era da tempo che volevo scriverti un post come questo, per farti vedere di quante e quali cose mi può capitare di occuparmi in un solo giorno preso del tutto casualmente.
Ho preso appunto come esempio una giornata a caso di quelle che, da venticinque anni, affronto dal lunedì al venerdì, senza barare, senza modifiche, limitandomi a riportare solo quanto effettivamente svolto, proprio per dare l’idea di come le cose si presentano nella realtà.
Questo mi servirà anche per fare alcune considerazioni più generali su questa professione e sulla trattazione dei problemi legali.
Ho aspettato che trascorresse un po’ di tempo anche per rendere «ancor più impossibile» identificare i protagonisti delle singole situazioni, in ossequio sia al segreto professionale sia ad una esigenza di garbo e delicatezza.
Una mia giornata.
Ecco le cose che mi è capitato di fare nella giornata di cui ho scelto di riportare il lavoro, rigorosamente in ordine di svolgimento.
Nella prima ora, ho fatto una separazione con figli, con il sistema degli accordi in house. Con questo sistema, se i coniugi sono già d’accordo sulle condizioni, in un’ora si scrive direttamente l’accordo, si sottoscrive e lo si può passare per il deposito in Procura, previsto dalla legge.
In seguito, consulenza via zoom per valutare un ricorso cautelare per interruzione di fornitura di energia elettrica in un box auto in un condominio a Celle Ligure, con copertura di tutela legale e necessario coordinamento con la compagnia relativa.
Appuntamento in studio per un procedimento penale per guida in stato di ebrezza e causazione di un incidente stradale con impossibilità, per tale motivo, di accedere ai lavori socialmente utili. Purtroppo, quando si cagiona un incidente non si possono fare i LSU e si deve necessariamente pensare ad altre strategie per la gestione della situazione.
Appuntamento in studio per una situazione in cui valutare la composizione crisi da sovraindebitamento. Per questo tipo di pratiche, negli Stati Uniti ad esempio esiste una categoria di avvocati specializzata, si chiamano bankruptcy lawyers. Questi avvocati fanno solo pratiche di sovraindebitamento. Hai visto il film «The civil action», quello con John Travolta? Lui alla fine finisce davanti a un tribunale del sovraindebitamento.
Consulenza telefonico in merita al pagamento di una quota associativa per i membri di un club che non hanno potuto partecipare e frequentare lo stesso a causa delle restrizioni per i non vaccinati.
Incontro presso i servizi sociali di Vignola per trattare la situazione di una bambina rimasta senza genitori per conto degli altri parenti della stessa, in presenza di un provvedimento del giudice tutelare.
Consulenza in studio relativamente alla successione testamentaria che ha nominato erede un minorenne con nomina di curatore speciale.
Consulenza in studio sul diritto di visita e frequentazione dei nonni di un nipote
Consulenza via zoom per un procedimento penale di diffamazione su instagram, dove la persona offesa è un noto virologo…
Quando si cerca un professionista, si tende a focalizzarsi sulla, vera o presunta, «specializzazione».
Anche le nostre istituzioni forensi sono da anni, con davvero poca fortuna, alla ricerca di percorsi che consentano di definire delle specializzazioni, tendenzialmente un po’ come quelle dei medici, in modo che il «consumatore» o «cliente» possa ad esempio rivolgersi ad un familista, un giuslavorista, un penalista, un amministrativista e così via.
La «mania» della specializzazioni è frutto e corollario della tecnicizzazione della professione forense, cioè del passaggio da una situazione in cui l’avvocato era per lo più un umanista, con doti oratorie, di convincimento, di diplomazia, di trattativa, a quella in cui l’avvocato è o si vorrebbe che fosse più un tecnico: non importa la capacità di negoziare e di trovare soluzioni, magari anche innovative, per una determinata situazione, ma per ogni caso si presuppone che ci sia una norma e tutto quello che deve fare l’avvocato è … saperla o, nei casi meno fortunati, essere in grado di andarla a recuperare, per poi proporla ed applicarla.
Questa concezione della trattazione dei problemi legali, che è quella che oggigiorno va per la maggiore, sia presso i profani del diritto, cosa in fondo comprensibile, sia presso i professionisti del diritto, cosa invece meno comprensibile, ricorda la concezione illuminista secondo cui les Juges son la bouche de la loi.
Insomma, un avvocato sarebbe una specie di juke-box o catalogo in cui tu inserisci un problema legale e che relativamente al quale ti fornisce la «soluzione».
In realtà, le cose non stanno affatto così.
Per fortuna e grazie a Dio, il diritto non è quasi mai il modo in cui vengono definiti i conflitti tra gli individui e non mi riferisco solo ai casi conclusi con un accordo o transazione, ma anche a quelli definiti con sentenza – i provvedimenti dei giudici, infatti, sono sempre più creativi e reggono contro eventuali impugnazioni solo perché le parti, nonostante i buoni motivi per ricorrere, non hanno più voglia – e c’è ben da capirle – di essere ancora utenti del sistema giudiziario, dopo aver visto, a loro detrimento, come funziona.
Tagliare la quota di umanità.
Soprattutto, la tecnicizzazione, la pretesa che i problemi e le situazioni della vita siano risolvibili con un «prontuario» dove sarebbero elencate tutte le rispettive soluzioni, in realtà è un movimento, una pulsione o tendenza per rinunciare, scartare e tagliare definitivamente fuori la nostra quota di umanità.
Perché disturbarsi ad ascoltare gli altri, magari proprio quegli «altri» con cui siamo meno in sintonia o addirittura in aspro conflitto, quando ci sono dei codici e delle leggi che dicono a tutti cosa bisogna fare e ci sono degli avvocati che si possono pagare per ottenerne l’applicazione?
La tecnicizzazione, e quel suo corollario che è la specializzazione, trascura che in ogni problema legale, prima di venire all’applicazione del diritto, che deve sempre essere lasciata come ultima risorsa utile, si può parlare, ci si può confrontare, si può negoziare, in modo garbato e diplomatico.
L’avvocato con le palle è solo un coglione.
Anzi, la capacità di trattare in modo educato, delicato ed estremamente diplomatico è la prima qualità che deve avere un avvocato, tutto al contrario di quello che sembra credere la generalità delle persone che quando ha bisogno di un legale, cerca il famoso «avvocato con le palle», che poi è un presuntuoso, arrogante, indisponente che si è reso antipatico a tutti da decenni e che non può ottenere nulla di buono perché la buona cooperazione altrui è sempre necessaria per risolvere i problemi, anche e forse soprattutto quando ti rivolgi a un giudice.
Il grande, e a mio giudizio irrinunciabile, valore della mediazione è proprio questo, che prima di andare a combattere utilizzando strumenti comunque estremamente spuntati come il diritto e il processo civile italiani, si deve passare da una terra di ascolto reciproco, creatività nella definizione di soluzioni di compromesso, dove le tensioni finalmente hanno un’occasione per stemperarsi, dove si scopre che dietro alle posizioni del nostro antagonista ci sono motivazioni specifiche che meritano, se non condivisione, almeno comprensione, considerazione e appunto ascolto e dove, nei casi più fortunati, la questione viene definita con un buon accordo.
La tensione sia della società civile che degli avvocati stessi però non va in questo senso, non c’è una corsa ad aprire le finestre del dialogo, ma una specie di «corsa agli armamenti»: gli utenti vogliono l’avvocato «più bravo», il miglior fico del bigoncio, mentre gli avvocati studiano, studiano, studiano, prendono master, corsi di specializzazione, arrivano a spaccare il capello in quattro però alla fine il risultato è che diventano sempre più ignoranti.
«Più studiano e più diventano ignoranti».
È una cosa che si dice dalle mia parti, a Vignola.
Ignoranti in questo azzeccatissimo motto è usato non nel senso tecnico, relativo all’intelligenza logico razionale, ma fa riferimento a quella emotiva.
Una «ignorantata» a Modena non è una cosa che non si è saputa per mancanza di conoscenza, ma uno sgarbo, un comportamento inopportuno, che è considerato molto peggio, perché l’ignoranza nel senso proprio del termine, come mancanza di conoscenza, è scusabilissima, mentre il comportarsi da presuntuosi, l’essere maleducati, gratuitamente sgarbati, inopportuni è meno scusabile perché a capire come ci si deve comportare – «come si sta al mondo», sempre a Vignola – ci possono e ci debbono arrivare tutti in teoria, compresi quelli che non hanno potuto o voluto studiare.
Questa tradizionale considerazione è molto vera, perché a forza di studiare l’essere umano sale letteralmente dal cuore alla testa, si mentalizza e perde sempre più di vista la sua quota di umanità, con detrimento suo – la mentalizzazione è alla base della maggior parte dei problemi spirituali delle persone oggigiorno – e di tutti coloro che gli stanno intorno.
La Matrix è tutta intorno a te.
Insomma, è sempre la solita tendenza a far assomigliare sempre più l’uomo ad un robot, che poi è la profezia di molti romanzi di fantascienza da decenni a questa parte che, in qualche modo, si realizza.
Molte opere distopiche prevedevano un futuro a tinte fosche in cui gli uomini sarebbero stati dominati dalle macchine. È il classico tema, ad esempio, di Matrix, film meraviglioso che tutti conosciamo.
Questo si sta realizzando, con la sola differenza che non ci sono macchine fuori dall’uomo che stanno prendendo il dominio sullo stesso, ma che è l’uomo medesimo a trasformarsi sempre più in macchina, da un lato, o che si tende a dare il potere agli uomini più mentalizzati e più simili a robot o macchine, dall’altro, come ad esempio quando anziché cercare un avvocato che non abbia testa e cuore pieni di segatura, come si dovrebbe fare, se ne cerca uno che sia «specializzato» cosa che non vuol dire nulla.
Meglio un coglione specializzato di uno che non lo è?
Quando uno è un coglione, che sia specializzato non fa altro che ridurre l’ambito dei problemi in cui può dire o fare una cazzata. Può frequentare mille corsi di aggiornamento, prendere cento master, dozzine di laurea, leggere mille libri, tutti intorno al suo argomento di elezione (e che due maroni, peraltro!), ma non uscirà mai da questo, perché un coglione specializzato resta sempre un coglione.
Per non dire poi del fatto che gli utenti della giustizia non sanno capire qual è la specializzazione che in teoria a loro servirebbe – ad esempio cercano un amministrativista per il processo penale scaturito a seguito di un abuso edilizio – e che un problema legale:
a) spesso è multifattoriale (esempio tipico gli abusi edilizi appena citati, che spesso vanno affrontati dal punto di vista civilistico dei rapporti coi vicini, penalistico dei reati commessi e amministrativo urbanistico per eventuale sanatoria o comunque ricostruzione del relativo regime giuridico);
b) può nascere come pertinente ad un determinato ramo del diritto e finire per sconfinare in un altro (esempio separazione tra coniugi – richiederebbe un familiarista – che come asset hanno una società che detiene beni immateriali – richiederebbe un consulente in proprietà intellettuale).
Ripartire da San Paolo.
«Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza» (Paolo di Tarso, 2 Cor 11,16-33)
San Paolo ci ha lasciato una tradizione di concetti, considerazioni, costruzioni che sono fondamentali anche per l’uomo di oggi e tali resteranno per qualsiasi uomo, persino del futuro, perché cambiano le epoche, e l’uomo può venire sempre più alienato, ma le esigenze del suo cuore restano sempre le stesse.
Questa sua frase, contenuta nella seconda lettera ai Corinzi, è ciò da cui dovremmo ripartire tutti, come individui e come professionisti, in una società dove ci si vanta di continuo, dove sistematicamente si cerca, tramite i social ma non solo, di costruire un’immagine di sé diversa dalla realtà, con risultati rovinosi, dove la cifra del relazionarsi con gli altri è quella della presunzione e del giudizio, che è un vero e proprio veleno per chi lo pratica.
Si può ripartire dalla debolezza se non altro perché la debolezza è la realtà vera della condizione umana: siamo così deboli nel corpo e nello spirito che basta un niente – spesso un pensiero, un ricordo, un momento di stanchezza – per gettarci nello sconforto e nel malessere sia dell’anima che del corpo.
La medicina, e soprattutto la scienza, cui oggi molti guardano con ebete fiducia, se non addirittura con fede (del tutto malriposta: la fede può essere solo in Dio, non certo un metodo dell’uomo), non è riuscita a cambiare questo, non è riuscita a cambiare la nostra debolezza: a parte i milioni di persone che tutti i giorni muoiono, è sufficiente pensare alla qualità della vita di chi appunto resta in vita, soggetta a stress, difficoltà, angustie, problemi che lo abbattono.
Se partiamo dalla nostra debolezza, e riconosciamo che è una realtà, diventa tutto più facile: sia le relazioni fisiologiche, sia i problemi legali, che nella pressoché totalità dei casi sono solamente relazioni andate a male, per motivi che ormai dovrebbero esserti chiari.
Ecco come faccio a trattare con soddisfazione e successo problemi di natura così eterogenea come hai visto che mi capitano anche solo in una singola giornata, senza considerare tutte le altre.
Innanzitutto, rinuncio a sapere tutto, poi – prima di andare ad utilizzare la tecnica, e cioè, per un avvocato, il diritto – apro tutte le volte in cui è possibile una fase di dialogo, di ascolto, di confronto, che è tanto più feconda quanto più sono in grado di curarla e attenzionarla e che spesso mi conduce alla soluzione del problema senza bisogno di andare oltre.
San Paolo aveva molte più palle dell’avvocato con le palle.
La prossima volta che cerchi un avvocato cercane uno che sappia e condivida queste cose, non un luminare con quattro lauree con cui poi non riesci a parlare e che non ti ascolta.
Conclusioni.
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Come sa bene chi mi segue e gli avvocati iscritti alla mia Solignani Law Academy, non credo molto nella specializzazione: credo, certamente, nella competenza, ma penso che le specializzazioni non siano lo strumento giusto per raggiungerla, anzi spesso servono per allontanarsene.
Uno strumento che utilizzo molto nella mia pratica forense sono le indagini difensive, che farebbero parte del mondo del diritto penale, ma che invece possono essere molto utili in tante situazioni che ne esulano per la raccolta e la formazione delle prove, che, come ognuno può immaginare, sono fondamentali in ogni tipo di procedimento.
Uno dei tipi di indagini difensive praticabili è quello della richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, che mi capita sempre più spesso di utilizzare, anche perché è di solito più efficace della richiesta di accesso agli atti – naturalmente deve essere configurabile un reato, non può utilizzarsi indiscriminatamente in ogni situazione.
Per questo motivo, ho deciso di rendere disponibile il modello che utilizzo, a beneficio dei colleghi che seguono il blog.
ricordati che alla domanda deve sempre essere allegata la nomina di difensore, eventualmente con copia della carta d’identità del cliente che l’ha conferita.
Riferimenti
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«Quando deve scegliere un avvocato, la gente lo cerca specializzato in questo o quello, mentre dovrebbe solo accontentarsi di non trovarne uno con la testa piena di segatura» (ts)
Il problema.
Ecco un messaggio che riceviamo spesso:
Ho un problema legale e devo incaricare un avvocato, ma non so come devo fare dal momento che non mi è mai capitato di averne avuto bisogno prima, ho alcuni amici che mi consigliano, blandamente, ma ho sentito anche tante storie davvero spaventose. Come posso fare per trovare il professionista che fa al caso mio? Voi cosa consigliereste?
E’ un problema classico. Quando una persona ha un problema che richiede necessariamente l’intervento di un legale, non sa non tanto a chi affidarsi, ma che metodo seguire per trovare un avvocato. Quasi sempre si finisce per chiedere un po’ in giro nella cerchia dei parenti, amici, conoscenti e quindi ad usare il passaparola, con tutti i limiti che questo può avere. E’ comunque un problema che, nella sua interezza, non siamo assolutamente in grado di risolvere, ma possiamo comunque dare qualche indicazione che può essere utile.
Una cosa che si può dire subito è che scegliere un avvocato è un po’ come scegliere un qualsiasi altro artigiano o imprenditore, con alcune peculiarità che vedremo meglio subito dopo. Quando portiamo la macchina dal carrozziere o dal meccanico, quando chiamiamo l’idraulico o il tizio dell’aria condizionata vogliamo tutti essenzialmente due cose: che il lavoro sia fatto bene e che il costo sia giusto e non esorbitante e magari anche chiaro, cioè comunicato in anticipo.
La prima cosa, la cosa fondamentale nel rapporto avvocato cliente è comunque la fiducia. Occorre che la persona che si rivolge ad un professionista abbia fiducia, cioè senta di aver riposto la sua questione e i suoi interessi nelle mani della persona che meglio di altre può curarla, che questa persona è di sufficiente onestà, correttezza e diligenza per portarla avanti con serietà e impegno.
Su tale importante premessa, si può fare una serie di osservazioni.
Alcuni suggerimenti.
La «specializzazione» e i suoi limiti.
Alcune persone cercano l’avvocato per specializzazione, molto spesso magari sbagliandola anche, come ad esempio quando si cerca un penalista per una costituzione di parte civile in una vertenza il cui “succo” è il risarcimento del danno, magari da trattare con una compagnia di assicurazioni, cose alle quali è molto più avvezzo, e abile, un civilista. Ad ogni modo, alcune persone infatti pensano che la specializzazione, come per i medici specialisti, possa essere un primo criterio per scegliere il legale e quindi si mettono alla ricerca, ad esempio, di un civilista, un amministrativista, un “esperto di recuperi crediti”, un “parafangaio”, come viene chiamato scherzosamente chi si occupa quasi esclusivamente di sinistri stradali, o un novello “Jack lo sfrattatore” da lanciare contro l’inquilino.
Questo metodo può essere buono o no, a seconda dei casi. Infatti la specializzazione, nel campo delle professioni legali, è, almeno ad oggi, una realtà intanto scarsamente realizzata e comunque anche controversa nella sua opportunità. Io stesso sono da sempre più anti che pro specializzazione, per una serie di motivi.
Il problema, poi, è che molto spesso, anzi quasi sempre, l’utente sbaglia a individuare la specializzazione che gli serve.
Nel caso dei medici, è il medico di base che, dopo una prima consulenza, rimanda allo specialista o ad una struttura dove sono presenti più specialisti diversi per fare degli esami. Nel caso, invece, dei problemi legali è l’utente che presumendo di sapere cosa gli serve si rivolge ad un amministrativista, quando invece gli serve un civilista o viceversa. Anche in questi casi, dunque, il criterio della specializzazione non aiuta. E’ meglio rivolgersi ad un avvocato verso cui si possa pensare di avere fiducia, il quale avvocato, se la fiducia sarà stata ben riposta, sarà in grado di confermare la capacità di occuparsi del problema ovvero di indicare a quale altro professionista l’utente si può rivolgere o che è necessario associare nella gestione del problema. C’è una prima fase, quella in cui l’utente deve limitarsi a raccontare quello che gli è successo, i suoi problemi o “sintomi” se vogliamo continuare con l’esempio medico, e un professionista deve capire come questi si inquadrano. Per esperienza, in più del 50% dei casi l’utente da solo non è in grado di capire qual’è la natura tecnica del suo problema, se civile, penale o amministrativo o magari multiprofilo.
L’avvocato: che tipo è?
Un altro aspetto sempre collegato alla fiducia è quello relativo al carattere stesso dell’avvocato. Questa è una materia molto soggettiva e che va molto a seconda dei gusti individuali.
Personalmente, tendo molto a preferire i legali che a loro volta tendono a sminuire le mie pretese, a valutarle rigorosamente, a mettere più in evidenza i pericoli e i rischi che si corrono piuttosto di quelli – ce ne sono non pochi – che tendono a darmi ragione, anzi a soffiare sul fuoco. Preferisco le persone posate, riflessive, che ascoltano e paiono comprendere piuttosto che quelle che fanno scenate, gli urlatori e le grancasse. Qui, comunque, come dicevo, è questione di gusti individuali, ci sono molte persone che hanno gusti diversi dai miei ed è giusto che si scelgano il legale con il temperamento che li fa sentire tutelati.
Meglio intendersi.
Un altro profilo molto importante è che tra l’utente e il suo patrocinatore si stabilisca una certa intesa, che serve non solo per sentirsi tranquilli ma anche per poter comunicare adeguatamente. Questa è una cosa fondamentale: l’utente deve scegliere un avvocato con il quale può parlare e che lo può capire. Qui entrano in gioco molti fattori, anche prettamente umani e indipendenti dalla capacità professionale in senso stretto, però rimane almeno a mio giudizio un aspetto importante e fondamentale. L’utente deve sentire che quando si siede nello studio del legale ha di fronte una persona che, per carattere, età, esperienze, intuito o altro, è in grado di ascoltarlo e capirlo. Non si può più andare, come si faceva fino a poco tempo e come in alcuni casi si fa tuttora, davanti all’avvocato come ci si reca di fronte ad un oracolo, che rimane distante, sibillino, avulso dai problemi e comunque sfuggevole. L’avvocato, insomma, richiamando quello che è oramai diventato un po’ il nostro slogan deve, a mio giudizio, avere un “volto umano”, non solo per la piacevolezza dei contatti con lo stesso ma anche per la efficacia nella trattazione della vertenza che solo un dialogo vero può conferire.
Usare la pubblicità?
Relativamente alla pubblicità, naturalmente gli utenti sono perplessi di fronte alla opportunità di scegliere un legale tramite la reclame, anche se c’è da dire che se questa contiene informazioni sullo studio o sul professionista e non è solo uno slogan commerciale privo di significato può essere utile. Ad esempio, in molte pubblicità di studi legali sono indicati, come anche nelle nostre, i mezzi di pagamento accettati, cosa che sotto il profilo dei costi, che vedremo subito dopo, può essere molto utile sapere. Anche di questi aspetti si parla comunque nelle risposte di yahoo.
Sì ma quanto mi costa?
Per quanto riguarda i costi, innanzitutto chi ha diritto al gratuito patrocinio deve sapere che può scegliere il suo legale solo all’interno dell’elenco appositamente previsto e tenuto dal Consiglio dell’Ordine. In base alla legge attuale, può sceglierlo in qualsiasi parte d’Italia. In ogni caso, è importante anche in questi casi che la scelta non avvenga solo in base al fatto che il legale è inserito in un certo elenco, ma in base, ancora una volta, alla fiducia che in lui si può riporre. Meglio quindi anche in questo caso informarsi, come si può, tramite il passaparola, anche in quella sua forma moderna che è internet, per poi scegliere.
Per tutti coloro che non hanno diritto al gratuito patrocinio, o non dispongono di una forma di tutela giudiziaria, il consiglio può essere quello di valutare per bene le varie alternative. Oggigiorno, in seguito alle riforme Bersani, non esiste più un unico sistema tariffario, basato sulle tariffe forensi da applicarsi alle attività esercitate, ma più regimi alternativi, tra cui ad esempio il forfettone o il patto di quota lite o anche sistemi misti tra i due. In particolare, il forfettone consente sempre di sapere quello che si va a spendere e quindi soddisfa il requisito della chiarezza di cui si diceva all’inizio. Una idea può essere quindi quella di considerare gli studi o i professionisti verso cui si pensa di poter avere fiducia e che sono disposti a praticare questi regimi tariffari relativamente nuovi ma convenienti per gli utenti, non solo per gli importi ma soprattutto sotto il profilo della chiarezza dei costi, che consente agli utenti di programmare per bene i propri impegni, senza ricevere poi “sorprese” come spesso purtroppo avveniva con il sistema tariffario classico.
In conclusione.
In conclusione, l’utente deve scegliere accuratamente il proprio legale, anche perchè si tratterà di un professionista destinato ad accompagnarlo, vista la lunghezza abnorme dei nostri processi, anche per sei, sette, otto anni e forse anche di più.
Può anche valere la pena chiedere alcune consulenze prima di conferire l’incarico, in modo da conoscere direttamente il professionista e vedere se si può avere fiducia in lui, sia sondandone la preparazione, per quel poco che è possibile, e il possesso di un certo know-how nella materia a cui è interessato l’utente, nonchè la capacità di avere idee magari innovative o particolari al riguardo piuttosto che no, sia per vedere se il suo carattere si adatta a quello dell’utente stesso e alle sue aspettative.
Dopo dieci anni: addedum (del 12.7.2017).
Torno, dopo quasi dieci anni, su questo nostro fortunatissimo post, che hanno letto in molti, che è stato linkato da molti altri blog, anche di colleghi, proprio perché credo abbia riguardato un tema poco affrontato e di cui invece gli utenti sentono molto il bisogno, perché, posto di fronte alla necessità di trovarsi un legale, non sanno bene come muoversi.
Che cosa è cambiato in questi 10 anni e che cosa si può dire di nuovo adesso?
Direi sostanzialmente il fatto che anche questo ambito è diventato più «social». Cosa fate voi ad esempio spesso quando dovete scegliere un ristorante, un albergo o una struttura? Guardate su tripadvisor. Che è diventato un sito di riferimento, tanto che a noi già sono capitate alcune questioni e vertenze legali legate a recensioni lasciate su questa piattaforma, sia per conto di utenti che avevano ricevuto diffide o addirittura querele dai locali, sia da parte dei locali che avevano ricevuto recensioni ingiuste.
Per il campo dei servizi legali, non esiste ancora un sito paragonabile a tripadvisor, almeno nel nostro paese. Ci sono alcuni piccoli esperimenti, ma a mio modo di vedere al momento non ancora significativi. Però c’è modo ugualmente di lasciare una recensione per un avvocato e, soprattutto, leggere quella che ha ricevuto.
Innanzitutto, c’è Google My Business. Questo servizio, essendo offerto dalla grande G, è già diventato un po’ il punto di riferimento (e tutto lascia pensare che lo diventi sempre più), per tutti quei tipi di attività per cui non esiste una piattaforma più focalizzata, come ad esempio per quelle di ristorazione per cui esiste tripadvisor. Il fatto è che, ricercando un’azienda o un’attività, google presenta come primo risultato la voce della sua directory My business.
Anche gli avvocati cominciano ad avere le loro prime recensioni. Quelle del mio studio ad esempio si trovano qui (e sono orgoglioso di constatare che ad oggi sono tutte a cinque stelle su cinque…). A proposito, se anche tu volessi lasciarmene una, lo apprezzerei.
Ovviamente, non potete pensare di cercare un avvocato con le recensioni di google my business, anche perché non è strutturato come tripadvisor e non si può ottenere ad esempio «l’avvocato con più stelle della zona» come si può ottenere invece per i locali.
Però può essere un buon strumento per controllare, dopo aver fatto le prime ricerche e considerazioni, quei due o tre professionisti verso cui ci si sta orientando.
Ovviamente, ci vuole la consapevolezza dei limiti di questo strumento, come di tutti gli strumenti social. Come ci sono eccellenti ristoranti che ricevono pessime recensioni, per colpa di qualche cretino, ci saranno anche bravi avvocati che magari rimediano una recensione negativa solo perché la causa è stata persa, non per colpa loro… Chi legge deve sempre valutare l’attendibilità di una recensione. Ad esempio, personalmente tendo a fidarmi poco o pochissimo delle recensioni anonime e ancor meno di quelle scritte con un linguaggio che definire traballante è dir poco… Insomma, questi strumenti social sono belli e utili, ma vanno utilizzati cum grano salis. Va anche valutato l’intervento del gestore dell’attività e la sua eventuale assenza. Personalmente, tendo a rispondere sempre ad ogni recensione, se non altro per ringraziare. Se, invece, un avvocato si trovasse con 20 recensioni senza aver risposto a nessuna di esse, se ne potrebbe forse dedurre una scarsa dimestichezza – per quel che può valere – con questi tipi di strumenti.
Un altro strumento che si può consultare, che però nella mia esperienza è meno attendibile di Google My Business, sono le fan page facebook dello studio legale. Qui però più che le recensioni suggerirei di guardare i contenuti pubblicati, perché gli utenti di facebook sono poco abituati a lasciare recensioni e infatti ne lasciano pochissime, inoltre le recensioni non sono allo stesso livello qualitativo di My Business.
Ancor oggi, di avvocati c’è bisogno e ce ne sarà sempre. Scegliere bene è importante.