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diritto

10 cose sulla impugnazione delle delibere condominiali.

1) Puoi impugnare, innanzitutto, solo se sei stato assente o contrario: ovviamente, se hai votato a favore non puoi più farlo, anche se ci hai ripensato.

2) Il termine per impugnare é di 30 giorni dalla deliberazione, se eri presente, o dalla comunicazione della stessa, se assente.

3) Se però la delibera anziché annullabile é nulla o addirittura inesistente, l’impugnazione é sempre possibile, anche oltre il termine di 30 giorni.

4) Concettualmente, una delibera é nulla o inesistente, piuttosto che annullabile, quando presenta una magagna molto più grossa del solito.

5) Siccome non puoi sapere in anticipo se il giudice valuterà la delibera che intendi impugnare come nulla o inesistente piuttosto che annullabile, ti conviene per prudenza rispettare sempre il termine di 30 giorni.

6) Se il termine, viceversa, é già scaduto, impugna solo se hai ragionevoli possibilità che la tua delibera sia ritenuta nulla o inesistente: sarà fondamentale il tuo avvocato per aiutarti a capire questo.

7) In materia di condominio, é prevista la mediazione obbligatoria, per cui prima di impugnare in tribunale devi proporre l’istanza di mediazione.

8) La presentazione dell’istanza di mediazione interrompe il termine per impugnare, che ricomincia a decorrere per l’intero al termine della procedura di mediazione.

9) Un preventivo valido per tutte le ipotesi in cui si impegna una decisione assembleare condominiale é impossibile da formulare perché gli oggetti possono essere i più disparati: va fatto caso per caso.

10) Se sei vittima di una decisione condominiale che non condividi, prendi appuntamento immediatamente con un avvocato, perché il termine é molto breve, specialmente considerando il lavoro che c’è da fare, quasi sempre importante e non trascurabile.

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diritto

10 cose sul decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

1) Il decreto é provvisoriamente esecutivo quando chi lo riceve ha un termine di 40 giorni per fare opposizione ma intanto deve pagare la somma portata del decreto altrimenti gli fanno un pignoramento.

2) Un decreto può essere ottenuto provvisoriamente esecutivo sia all’origine, al momento della sua emissione, sia in occasione della prima udienza del giudizio di opposizione.

3) Quando viene apposta la clausola di provvisoria esecutorietà, il debitore deve pagare, nonostante vi sia o vi possa essere opposizione, altrimenti rischia un pignoramento.

4) Una volta che la clausola é stata ottenuta, se ne può chiedere la sospensione, ma non anche la revoca: se prima della sospensione sono stati fatti atti esecutivi, gli stessi restano validi fino alla fine dell’opposizione – se ti hanno pignorato i soldi in banca, ad esempio, rischi di non poterli più usare per anni.

5) Se ricevi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, di solito insieme allo stesso ricevi anche il precetto: da quel momento hai 10 giorni di tempo per pagare, salva la riduzione o elisione del termine del precetto stesso.

6) Appena ricevi un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo devi chiamare il tuo avvocato o comunque un avvocato: sospendi tutto quello che stavi facendo e dedicati al decreto finché non hai messo la materia in mano ad un avvocato.

7) Se hai un’azienda, la notifica del decreto ti arriva via PEC, quindi: non stare mai più di due o tre giorni senza controllare la PEC!

8) Per legge, le notifiche di atti giudiziari devono riportare una particolare dicitura nell’oggetto della mail: con questa stringa, puoi settare un alert per essere avvisato subito quando tra le PEC in arrivo c’è una notifica giudiziaria.

9) L’opposizione al decreto provvisoriamente esecutivo si fa con l’atto di opposizione più un ricorso a parte, per innestare un subprocedimento sull’inibitoria, cioè la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva del decreto.

10) Se non fai il ricorso a parte, rischi che il creditore ti faccia un pignoramento prima della prima udienza del giudizio di opposizione!

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diritto

10 cose sull’insinuazione allo stato passivo.

1) La devi fare quando hai un credito nei confronti di una società o altra impresa commerciale che é stata dichiarata fallita.

2) Sei tu che devi attivarti per chiedere che il fallimento paghi il tuo credito, se non lo fai nessuno te lo pagherà, anche se risulta dai libri contabili: é lasciato alla tua iniziativa.

3) L’istanza di insinuazione deve essere fatta categoricamente entro un certo termine, che di solito é 30 giorni prima quello fissato per l’udienza di verificazione dello stato passivo.

4) Di solito, impari che la società da cui devi avere dei soldi é fallita da una lettera che ti manda il curatore, che ha trovato il tuo credito nei libri contabili.

5) La lettera del curatore contiene tutte le indicazioni per presentare la tua istanza di ammissione.

6) Appena ricevi la lettera o hai in qualsiasi altro modo notizia certa del fallimento della società che deve pagarti é bene che tu prenda un appuntamento con il tuo avvocato di fiducia per mostrargli la documentazione e chiedergli di occuparsi dell’istanza.

7) Può anche darsi che non convenga procedere con la formazione e l’invio dell’istanza: questo é un aspetto fondamentale che potrai valutare insieme al tuo avvocato nel primo incontro e prima di procedere oltre.

8) Alcune persone hanno un privilegio, cioè il diritto di essere pagati coi soldi presenti o ricavabili nel fallimento prima di tutti gli altri, anche a discapito degli stessi altri.

9) L’esempio più conosciuto di persone con privilegio é quello dei lavoratori dipendenti per retribuzione, TFR, interessi e tutte le altre voci connesse al rapporto di lavoro.

10) L’esistenza del privilegio deve essere dichiarata nell’istanza, altrimenti si viene ammessi in via chirografaria, cioè senza privilegio, e si rischia di non prendere quasi niente.

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riflessioni

10 cose sulla condanna alle spese legali.

1) Quando si perde, in tutto o in parte, una causa il giudice ti può condannare a rimborsare le spese legali dell’altra parte.

2) La sentenza é di solito provvisoriamente esecutiva, questo significa che puoi anche impugnarla, ma intanto devi eseguirla, cioè pagare le spese legali.

3) Se non paghi le spese legali al tuo avversario, lui può agire esecutivamente nei tuoi confronti, facendoti un pignoramento.

4) Il pignoramento deve sempre essere preceduto dalla notifica di un atto, chiamato di precetto, ricevuto il quale hai dieci giorni di tempo per pagare.

5) É comunque meglio pagare prima di aver ricevuto il precetto, perché il precetto comporta spese ulteriori.

6) Di solito il tuo avvocato, quando sei condannato alle spese legali, chiede al legale avversario i conteggi del dovuto, in modo da pagare prima di ricevere il precetto e avere ulteriori spese.

7) Per il pagamento delle spese legali avversarie non è previsto nessun termine: devono essere pagate subito, salvo solo il precetto.

8) A volte si può trattare sulla condanna alle spese legali ad esempio con un accordo che prevede la rinuncia di controparte alle spese legali contro la tua rinuncia, ad esempio, a impugnare.

9) Le spese legali di solito comprendono anche le spese di
registrazione della sentenza o del provvedimento finale: é una tassa da versare allo Stato e, a seconda del valore della causa, può essere anche alta.

10) L’unico modo per non pagare le spese di soccombenza é avere una polizza di tutela legale adeguatamente e tempestivamente attivata.

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diritto

Ricettazione: dopo quanto si prescrive?

nel 2004 trovai un telefonino in mezzo alla via ,non sapevo di chi era ,dopo un po di giorni lo feci vedere a un tipo lui mi didde dammelo lo aggisto e mi diete 15 euro dopo sei mesi l anno rintracciato xke se la venduto a un altro ragazzo, e siamo stati denunciati col il padrono del tel ho buoni rapporti p,anche se non sapevo che la aveva smarrito vorrei chiedere una cosa nel 2005 ci siamo presentati al tribunale ed era sciopero dei avvocati , nel 2006 ci siamo presentati ed e stata rinviata poi di nuovo adesso mi viene di nuovo una citazione che debbo presentarmi 11 gennaio 2019 ma e normale dopo tanti anni

Purtroppo è possibile.

Può darsi che questo reato, probabilmente di ricettazione, finisca in prescrizione, ma per effettuare il calcolo del termine relativo bisognerebbe conoscere esattamente i termini della contestazione che è stata formulata.

Sfortunatamente, devi eseguire la richiesta di presentarti contenuta nella citazione. Se credi, puoi approfondire con un avvocato ma immagino che siano soldi buttati, onestamente.

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diritto

Decreto ingiuntivo: si applica la prescrizione presuntiva?

DECRETO ING. FINE LUGLIO 2018 SU FATTURA DEL 2008 EMESSO DA UN’AZIENDA VERSO UN CONSUMATORE FINALE. SI APPLICA LA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA DI CUI ALL’ART. 2956 C.C.?

Purtroppo è una domanda che ha poco senso.

Come dico da vent’anni ormai, nel porre un quesito giuridico non bisogna fare astrazioni, ma limitarsi a raccontare il fatto puro e semplice, lasciando che sia poi il giurista a decidere quali sono le regole generali che eventualmente si applicano.

Per sapere se all’obbligazione dedotta in decreto ingiuntivo si applichi o meno la prescrizione presuntiva, bisogna infatti vedere la natura dell’obbligazione stessa, di cui non si fa alcuna menzione nella formulazione della domanda.

Potrebbe inoltre applicarsi il termine ordinario di prescrizione decennale, ovviamente solo nel caso in cui oltre al decorso del termine non vi siano stati atti di interruzione.

Per quanto riguarda il tema del consumatore, è un aspetto che può avere numerose conseguenze sia in tema processuale, mi riferisco ad esempio alla competenza territoriale, sia in tema di diritto sostanziale, dal momento che ai consumatori si applica una disciplina di tutela, ma anche qui bisognerebbe approfondire molto di più.

Ti consiglio di andarne a parlare di persona con un avvocato o comunque di acquistare una consulenza in cui approfondire adeguatamente la situazione. Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

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Controricorso per cassazione: che cos’è?

Oggi parliamo del controricorso in cassazione, dal momento che ricevo sempre molte domande al riguardo sia dai miei cliente che dai lettori del blog.

Il controricorso è l’atto con il quale chi ha ricevuto la notifica di un ricorso per cassazione può svolgere le proprie difese ed opporsi all’accoglimento del ricorso, presentando anche eventualmente un suo proprio ricorso (ricorso incidentale).

Con il controricorso, chi ha ricevuto il ricorso (chiamato resistente), si limita a chiedere il rigetto del ricorso. Con il ricorso incidentale, che, in pratica, viene quasi sempre contenuto, nei casi in cui viene presentato, nello stesso atto, si chiede che la sentenza venga cassata ma per motivi diversi da quelli richiesti nel ricorso dall’altra parte.

Il controricorso per cassazione, come il ricorso, non può essere presentato direttamente dal resistente, ma può essere presentato attraverso un avvocato munito di procura speciale e iscritto nell’apposito albo dei difensori presso la cassazione (avvocato cassazionista).

Il termine per presentare il controricorso è di venti giorni, decorrenti dal giorno in cui scade il termine per il deposito del ricorso principale.

Esso si presenta, come il ricorso principale, notificandolo all’altra parte e cioè al ricorrente «originario». Poi, entro ulteriori venti giorni successivi alla notifica, va depositato con i documenti e la procura speciale presso la cancelleria della cassazione.

Chi non presenta il controricorso, non potrà più presentare alcun altro atto a sua difesa e avrà solo il diritto a partecipare all’udienza.

Il controricorso, insomma, è lo «spazio» messo a disposizione dal codice di procedura civile per chi riceve un ricorso per cassazione e intende dire la sua a riguardo. Se non lo fa nei termini consentiti, in seguito non può depositare altri documenti, può solo intervenire all’udienza di discussione.

Il ricorso incidentale si presenta, sempre all’interno del controricorso, quando la sentenza impugnata contiene parti sfavorevoli anche al resistente, nei casi di soccombenza reciproca.

Il ricorso incidentale potrà essere proposto separatamente dal controricorso o può essere inserito nel controricorso stesso, che è la cosa più comoda. Infatti i termini per presentare il ricorso incidentale sono gli stessi previsti per il controricorso.

L’introduzione del giudizio davanti alla cassazione dunque passa attraverso le seguenti fasi:

  • notifica del ricorso da parte del ricorrente originario
  • deposito del ricorso presso la cancelleria della cassazione
  • eventuale controricorso e/o ricorso incidentale da parte del resistente
  • deposito di eventuale controricorso e/o ricorso incidentale da parte del resistente
  • fissazione dell’udienza da parte della corte
  • udienza
  • decisione
  • comunicazione della sentenza
  • eventuale giudizio di rinvio

Per altre informazioni, rimando alla scheda relativa al ricorso per cassazione.

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il comodato di un terreno può essere stipulato con un termine minimo?

Il mio quesito riguarda il comoda d’uso di un ipotetico terreno, su cui insieme ad altre persone, vorremmo usufruirne poichè non abbiamo denaro nell’immediato per poterlo acquistare. Ho letto che il comodante, al di là degli accordi stipulati circa la durata, può riappropriarsi del bene in qualsiasi momento: cosa mi suggerisce a livello di garanzie per stipulare un accordo durevole e senza sorprese, considerando che vorremmo metterci anche delle abitazioni?

Non è così, al comodato può essere benissimo apposto un termine prima della scadenza del quale il comodante non può chiedere indietro il bene. Al di là di questo dettaglio, vi conviene rivolgervi prima possibile ad un legale per verificare tutti i profili giuridici dell’operazione che volete compiere, specialmente se oggetto del comodato è un terreno sopra cui intendete addirittura edificare delle abitazioni, con un investimento, dunque, non certo trascurabile.