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10 cose sull’insinuazione allo stato passivo.

1) La devi fare quando hai un credito nei confronti di una società o altra impresa commerciale che é stata dichiarata fallita.

2) Sei tu che devi attivarti per chiedere che il fallimento paghi il tuo credito, se non lo fai nessuno te lo pagherà, anche se risulta dai libri contabili: é lasciato alla tua iniziativa.

3) L’istanza di insinuazione deve essere fatta categoricamente entro un certo termine, che di solito é 30 giorni prima quello fissato per l’udienza di verificazione dello stato passivo.

4) Di solito, impari che la società da cui devi avere dei soldi é fallita da una lettera che ti manda il curatore, che ha trovato il tuo credito nei libri contabili.

5) La lettera del curatore contiene tutte le indicazioni per presentare la tua istanza di ammissione.

6) Appena ricevi la lettera o hai in qualsiasi altro modo notizia certa del fallimento della società che deve pagarti é bene che tu prenda un appuntamento con il tuo avvocato di fiducia per mostrargli la documentazione e chiedergli di occuparsi dell’istanza.

7) Può anche darsi che non convenga procedere con la formazione e l’invio dell’istanza: questo é un aspetto fondamentale che potrai valutare insieme al tuo avvocato nel primo incontro e prima di procedere oltre.

8) Alcune persone hanno un privilegio, cioè il diritto di essere pagati coi soldi presenti o ricavabili nel fallimento prima di tutti gli altri, anche a discapito degli stessi altri.

9) L’esempio più conosciuto di persone con privilegio é quello dei lavoratori dipendenti per retribuzione, TFR, interessi e tutte le altre voci connesse al rapporto di lavoro.

10) L’esistenza del privilegio deve essere dichiarata nell’istanza, altrimenti si viene ammessi in via chirografaria, cioè senza privilegio, e si rischia di non prendere quasi niente.

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Accettare un’eredità con beneficio d’inventario: cosa comporta?

Mio marito è deceduto nel 2016, era un lavoratore dipendente, aveva accumulato dei debiti. Ho rinunciato all’eredità col beneficio dell’inventario. Ho un figlio che a maggio scorso ha compiuto 18 anni, prima ero suo tutore, ora ho da riscuotere il suo TFR e il corrispettivo di alcuni mensili arretrati + ferie non godute. Posso disporre liberamente di quest’ultimi o mi saranno pignorati.

Quella con beneficio d’inventario non è certo una rinuncia, ma una accettazione. Se uno rinuncia all’eredità non c’è bisogno, naturalmente, di fare nessun inventario.

L’accettazione con beneficio d’inventario comporta che si risponda dei debiti gravanti sull’eredità, e quindi i debiti che aveva contratto tuo marito prima di morire, solo nei limiti delle sostanze contenute nell’eredità stessa.

Lo prevede l’art. 490 del codice civile, secondo cui «l’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede

Conseguentemente:

1) l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;
2) l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti;
3) i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede…»

In sostanza, l’erede risponde nei confronti dei creditori dell’eredità, ma la sua è una responsabilità limitata al patrimonio che si trova nell’eredità stessa, un po’, se vuoi, come una società di capitali che risponde limitatamente al capitale sociale.

I creditori, comunque, potrebbero sottoporre a pignoramento le somme dovute dal datore di lavoro a favore degli eredi di tuo marito, tra l’altro si tratta di quella particolare forma di pignoramento particolarmente agevolata che è il pignoramento presso terzi.

Probabilmente la situazione potrebbe essere approfondita maggiormente con una apposita consulenza, valuta se è il caso di procedere in questo senso o meno.

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TFR al fondo complementare mai versato: lo posso chiedere?

non è mai stato versato il mio Tfr al f.do complementare da me scelto, ma riportato sul Cud di ogni anno. Ho chiuso il f.do attraverso una lettera di un Legale, e di conseguenza fatto i conteggi per tutto: risultato complessivo (tra TFR- Ferie e permessi) circa 30000.00€ sono in causa. Posso pretendere che il mio TFR mai versato al fondo mi venga erogato anche se non c’è chiusura di rapporto lavorativo?

Se sei in causa, il tuo avvocato dovrebbe avere fatto delle conclusioni precise nell’atto di citazione o nel ricorso, in cui sono contenute le richieste dispiegate e dispiegabili nel tuo caso.

In questo caso, dunque, devi fare riferimento a quelle conclusioni, che saranno state formulate dal tuo legale dopo aver studiato il caso ed aver valutato qual è la cosa da chiedere più conveniente per te.

Se, invece, per «causa» intendi genericamente che è aperta una vertenza, al momento solo stragiudiziale, il problema relativo deve essere ancora affrontato.

Sarà, ovviamente, cura del tuo legale approfondire adeguatamente la questione, in generale posso fare le considerazioni che seguono.

Purtroppo, la conferibilità del trattamento di fine rapporto a fondo complementare non sta dando buona prova nella pratica, come abbiamo già segnalato più volte nel blog (puoi fare una ricerca nei vecchi post), dando luogo ad una serie di problemi pratici e applicativi, in parte legati alla novità dell’istituto e in parte anche alle solite problematiche di ingegnerizzazione del medesimo – purtroppo la tecnica legislativa è sempre più scadente.

A naso direi che tu possa chiedere che questa somma sia versata direttamente a te, anche in considerazione della probabile natura non retributiva dell’istituto, di cui ho parlato in questo precedente post.

A livello strategico, se io fossi il tuo legale comunque, anche a prescindere, chiederei al giudice di condannare il convenuto a pagare questa somma immediatamente al termine della causa, ovviamente in caso di esito positivo, nei tuoi confronti.

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Mantenimento simbolico per la reversibilità e TFR: glielo daranno?

Mia moglie, ATA scolastico con 1300 € mensili, da consensuale poi ritirata ha avuto la totalità dei risparmi, circa 30 mila €, vive nella casa di proprietà comune completamente pagata con la nostra figlia universitaria di 25 anni per cui verso (alla madre) 250 €. L’altro ns figlio di 28 anni vive all’estero lavorando non ancora ufficialmente e per cui verso altri 250 € (sempre alla madre) come da decisone del presidente della prima udienza che ha anche disposto di non dare nulla alla madre. Ora siamo alla giudiziale e mia moglie vuole il mantenimento, anche “simbolico”, pur di poter aver poi almeno il 40 % del mio TFR, militare con stipendio di 1900 ed a 4 anni circa dalla pensione. Posso sperare di evitarmi questa beffa?

Ovviamente, non posso né sapere né prevedere che cosa deciderà il giudice al termine del procedimento, specialmente senza vedere il fascicolo e solo sulla base di una sommaria descrizione della situazione.

Questi mantenimenti «simbolici» di solito si fanno nelle soluzioni consensuali: si mette una cifra molto bassa, che poi magari non viene nemmeno pagata, per acconsentire, ovviamente dopo apposita negoziazione sul punto, all’altro coniuge di godere dei benefici collegati alla percezione di un mantenimento dopo la separazione o il divorzio, tra cui segnatamente la pensione di reversibilità.

Se in sede d’urgenza il presidente non ha riconosciuto nulla, è difficile che la cosa torni a fare capolino in sede di merito, ma non è detto.

Per il resto, bisognerebbe vedere come è stata motivata la richiesta.

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TFR al fondo complementare: se l’azienda non versa.

Avendo deciso di destinare il mio TFR ad un fondo privato (Mediolanum) come e cosa posso fare per sollecitare la ditta per la quale lavoro a versare le quote, premetto che che da quando ho aderito nel 2009 non è stata versata neppure una rata, avendo sempre nella stessa un TFR lasciato in azienda abbastanza cospicuo sono abbastanza preoccupata in quanto ha difficoltà economiche e attualmente ci sono venti di cambiamento.vorrei tutelarmi per tempo, altri colleghi non più in forza stanno aspettando altri stanno agendo legalmente. Cosa devo fare?

La prima cosa che devi fare è scrivere, o far scrivere da un legale, una diffida tramite raccomandata a ricevuta di ritorno, o posta elettronica certificata, sia alla ditta che al fondo privato che dovrebbe percepire le quote, che, ti ricordo, avrebbero un termine di corresponsione mensile, ma rispetto alle quali il «vero» termine è comunque quello annuale, cioè al più tardi devono essere versate entro l’anno.

Il fenomeno che si ha in questi casi, infatti, è una specie di cessione di credito per cui il fondo privato è titolare del diritto a percepire le quote di tfr direttamente nei confronti del datore di lavoro, ma tu hai l’onere di avvertirlo quando non avvengono i pagamenti così che si possa attivare e valutare il da farsi.

Ad ogni modo, tu sei tutelato dall’INPS che, con la circolare 23 del 22 febbraio 2008, ha chiarito le sue modalità di intervento:

  • se il datore di lavoro è assoggettabile a procedure concorsuali, sarà lo stesso istituto ad intervenire, rifondendo ai fondi pensione le somme non versate dal datore di lavoro colpito da fallimento o assoggettato ad altra procedura concorsuale (concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria). Non è tuttavia prevista la corresponsione delle somme direttamente al lavoratore, proprio perchè, come dicevamo prima, c’è una specie di cessione del credito in tutto il sistema.
  • se il datore, invece, non è assoggettabile a fallimento o altre procedure concorsuali, il fondo di garanzia dell’INPS interviene previo esperimento da parte del lavoratore di una procedura esecutiva individuale a seguito della quale il credito del lavoratore per i contributi omessi sia rimasto in tutto o in parte insoddisfatto. Come nel caso del «vecchi» tfr, insomma, bisogna fare un primo tentativo di esecuzione individuale.

Il fondo di garanzia presso l’INPS è stato istituito dal Decreto Legislativo 80/1992, adottato in recepimento della direttiva 80/987/CE del 1980. Le disponibilità del fondo sono integrate dalle stesse aziende tramite un contributo pari al 10% delle somme destinate alla previdenza integrativa. La garanzia riguarda i lavoratori subordinati che, all’atto della presentazione della domanda, risultino iscritti a una delle forme pensionistiche complementari iscritte all’albo Covip oppure a una forma pensionistica complementare individuale.