se cancello la prenotazione su booking.com di una camera devo pagare lo stesso?

A Ottobre ho prenotato tramite booking.com un week end in Austria (non era richiesta carta di credito o altri dati…). Ho avuto un problema imprevisto che mi ha impedito di andare e il giorno prima ho disdetto. Era scritto chiaramente che avrei dovuto pagare l’intera cifra (330€), ma io ho telefonato tempestivamente dicendo che potevano affittare la camera i quei giorni (ponte del 1° novembre c’erano molte richieste). Ora mi stanno sollecitando il pagamento, dicendo che si muoveranno tramite avvocato. Vi chiedo cosa possono fare e se alla fine sarò costretta a pagare. Mi dicono che avviare una pratica tramite avvocato costa circa € 500 e che nn ne vale la pena x loro….ma col fatto che sono austriaci….magari vanno fino in fondo… e non vorrei vedermi costretta a spendere il doppio! Potete consigliarmi in merito? Per me 330€ sono davvero tanti….ho uno stipendio basso…

Per poter dire cosa prevede la legge nel tuo caso, bisognerebbe esaminare con precisione quel tuo «era scritto». Innanzitutto, dove era scritto? Nelle condizioni generali di booking.com? In una mail che ti è arrivata dopo la prenotazione da booking.com? In una comunicazione che ti è arrivata direttamente dall’albergo? Come dico sempre, quando c’è qualcosa di scritto, per capire come è regolata una cosa, è a quello che bisogna far capo, tutto il resto sono osservazioni e discorsi destinati a rimanere in secondo piano. Oltre alla collocazione, bisogna vedere anche che cosa c’era scritto di preciso, cioè se era una clausola generale, una vera e propria clausola penale, se nelle condizioni generali ad esempio erano fatti salvi i casi di forza maggiore e così via.

Detto questo, come ti hanno detto anche le tue controparti, si tratta a mio giudizio di una di quelle vicende che mal si prestano ad essere gestite con riferimento al diritto in senso stretto e che andrebbero valutare con il ricorso all’equità, cioè lasciando perdere i criteri precostituiti nelle leggi e cercando di raggiungere un punto d’incontro. Io, se fossi al posto tuo, insomma offrirei una somma tipo 100/150€ per chiudere tutto e, se accettassero, gliele mandarei. Non è pensabile di poter discutere di un caso come questo, con tutte le sue possibili variabili (anche il tuo «imprevisto» sarebbe da approfondire, ma anche l’effettivo uso della camera che hai lasciato vuota, magari sono riusciti a riaffittarla e di fatto non hanno avuto nessun danno…), per un valore di 300€, come vai da un legale per una consulenza ne spendi 100 e questo è solo il primo passo, penso che sia sufficiente per darti l’idea della sproporzione, non è che uno possa andare a caccia di zanzare con un trapano a percussione…

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quando si prenota una vacanza per fare immersioni ma una volta sul posto si scopre che non si possono fare

Un uomo decide di comperare un pacchetto turistico presso una società di organizzazione viaggi con l’intento di effettuare, presso l’isola selezionata per la vacanza, delle immersioni subacquee in mare. Come espressamente dichiarato all’agenzia di viaggi, l’attività di immersione costituisce per l’uomo motivo determinante per la conclusione del contratto. Nonostante ciò, una volta sopraggiunto nell’isola, tale richiesta si rivela per il consumatore impossibile: in quei luoghi, infatti, l’attività subacquea risulta essere vietata. L’uomo decide, così, di evocare in giudizio la società di viaggi: ove, il giudice di primo grado accoglie la domanda limitatamente alla richiesta di risarcimento del danno morale, rigettando ogni altra istanza di contenuto economico; a seguire, il Tribunale investito del gravame principale, proposto dall’uomo, e da quello incidentale, proposto dalla società di viaggi, assolve quest’ultima da ogni pretesa risarcitoria. La sentenza viene così impugnata dall’uomo con ricorso in Cassazione, sede in cui viene accolto!

Ebbene, la causa è elemento essenziale del contratto, ex art. 1325, nr. 2 c.c.: essa risulta essere ‘’il perchè del contratto, ossia l’elemento essenziale che giustifica ogni spostamento di ricchezza all’interno della singola operazione negoziale’’. In tal senso, la causa assume le vesti di mero strumento di verifica che lo stesso ordinamento mette a disposizione del giudice per controllare che il singolo contratto sia meritevole di tutela, ex art. 1322.2 c.c.. La recente teoria ‘’della funzione economico-individuale’’ o ‘’causa in concreto’’ sostiene espressamente che la causa del contratto sia la ‘’sintesi degli interessi reali’’ che il contratto stesso è diretto a realizzare. Specificatamente, tale teoria fa riferimento ‘’alla concreta composizione di contrapposti interessi’’, che mediante il congegno contrattuale vengono contemporaneamente soddisfatti. Alla luce di quanto espresso, la causa viene analizzata ‘’caso per caso’’, non potendosi individuare a priori, in maniera secca, ma mediante il singolo e specifico contratto.

Nel contratto di viaggio vacanza ‘’tutto compreso’’ (cd ‘’pacchetto turistico’’ o ‘’package’’), disciplinato attualmente dagli artt. 82 et ss., d.lgs. nr. 206/2005 (cd. ‘’codice del consumo’’), la ‘’finalità turistica’’ connota la sua causa concreta ed assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche relativamente alla sorte del contratto, con la conseguenza che l’impossibilità della prestazione da parte del consumatore-creditore, per causa a lui non imputabile, è da considerarsi causa di estinzione dell’obbligazione (…).

A fronte di tale situazione, ‘’la Corte di Cassazione nel corso degli ultimi anni ha cominciato a mantenere l’idea di dovere giungere ad applicare i dettami della giovane teoria della funzione economico-individuale’’. Nella prassi diviene essenziale la gestione della vicenda contrattuale: eventuali fattori sopravvenuti, idonei ad incidere sulla concreta funzionalità del rapporto (interesse del creditore compreso), finiscono per essere qualificati quali fattori patologici sopravvenuti dell’elemento causale del contratto, idonei, quindi, a condurre all’estinzione del medesimo vincolo negoziale. Con la sentenza nr. 4372 del 20 marzo 2012 la Cassazione afferma, nuovamente!, che: la causa va intesa come ‘’funzione economico-individuale’’ del singolo, specifico negozio (sia sotto il profilo genetico che funzionale). L’obbiettivazione (quale quella verificatasi nel caso di specie!) di un motivo, di cui la controparte sia resa espressamente partecipe, è destinata ad integrare l’elemento causale della convenzione negoziale nella misura in cui esso risulta determinante nella formazione del consenso. La prassi rivolge, quindi, l’attenzione agli interessi reali che il contratto, di volta in volta, è diretto a realizzare a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto (Corte di Cassazione, sentenza nr. 10490/2006). Nel caso di specie, il ricorso, dell’uomo, viene pertanto accolto dalla Suprema Corte con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza. Il procedimento viene, così, rinviato al Tribunale, in altra composizione, che provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Insomma, la teoria, in quaestio, brilla per la sua capacità di guardare sempre all’interesse concreto che il contratto realizza ed è proprio nella materia in oggetto che più agevolmente si riesce a scorgere la distinzione fra il ‘’tipo’’ contrattuale astratto e la ‘’ragione pratica’’ del contratto, finalità turistica. Ma ci si domanda: la nuova visione, di rivalutazione della funzione concretamente svolta dal contratto, potrebbe nella prassi risultare ‘’troppo ampia’’? O meglio, potrebbe sorgere il rischio di valorizzare ‘’un pò troppo’’ le finalità, dalle quali può desumersi l’utilità della prestazione e il suo valore d’uso? Volendo dare una risposta affermativa a tali quesiti: la causa finirebbe per coincidere coi motivi della concreta volizione, rendendo del tutto relativa una realtà contrattuale che invece ”preserva il suo valore solo se dotata della massima invariabilità e certezza strutturale”.

I dubbi interpretativi permangono…