É la lontananza dalla verità una delle principali cause di sofferenza dell’uomo.
Le principali dottrine e tradizioni sapienziali sottolineano con estrema chiarezza il ruolo centrale della verità per il benessere spirituale dell’uomo.
Gandhi ha elaborato la dottrina del satyagraha, che significa «devozione alla verità», mentre il nostro buon maestro Yeshua ha detto chiaramente di essere «via, verità e vita», espressione molto più ricca di quel che potrebbe sembrare in prima approssimazione, perché ci fa capire che la strada dell’uomo, la sua via, e la sua vita, che in fondo coincidono, non possono essere mai disgiunti dalla verità.
Certo, giustamente é stato detto che esistono molteplici verità, la verità stessa é stata definita come «colei che mi si crede»; ciò non senza ragione, tuttavia queste pur ragionevoli considerazioni non ci devono far sprofondare nel relativismo.
É vero, e mai come oggi evidente, che ogni uomo ha sue proprie verità diverse dagli altri; é vero anche che a volte si crede di aver raggiunto la verità, salvo poi doversi ricredere, ma tutto ciò non toglie che la verità, che è unica e infungibile, esista e sia assoluta e non relativa.
La verità insomma non è come Atlantide, una terra della cui esistenza si dubita. É, al contrario, una terra che esiste per certo, anche se non è detto che si riesca a raggiungerla.
Quello che importa, infatti, é la devozione alla verità, cioè il non smettere mai di cercarla, perché questo fa bene all’uomo e al suo benessere spirituale, quando invece crogiolarsi nel relativismo taglia e fa cadere questa importante tensione, o devozione, verso la verità, un obiettivo tanto difficile quanto necessario.
Vedo e leggo tutti i giorni persone baloccarsi con la menzogna, che però è un veleno tossico per l’anima.
O per conformismo, o per mancanza di adeguare capacità cognitive, o per sciatteria o per apparente convenienza politica, leggo persone anche considerevoli sostenere conclusioni sfornite di ogni logica e palesemente lontane da un sia pur minimo collegamento con la realtà fattuale esteriore ed interiore.
Questo significa appunto avvelenarsi e imbruttirsi perché quanta più distanza mettiamo tra noi e la verità, tutte le volte in cui onestamente smettiamo di cercarla, quanto più ci facciamo del male e precipitiamo.
Oggi, in una società fortemente lontana dalla verità, diventa fondamentale il tema della solitudine, perché la disponibilità a rimanere soli, in tutto o in parte, é necessaria per poter continuare la ricerca della verità in un mondo che non la gradisce e, anzi, spesso la detesta, con notevole insofferenza per chi, nonostante tutto, vuole continuare il proprio percorso spirituale.
Non così di rado, oggigiorno, si è costretti a scegliere tra quella che appare la verità e il consenso degli altri uomini, che però sono nella menzogna.
Il lavoro, dunque, é come sempre molteplice: sulla devozione alla verità, sul disgusto per il conformismo, sulla rinuncia al giudizio – altro veleno spirituale – per chi sembra sbagliare e sull’accettazione dell’eventuale solitudine come male minore rispetto alla deviazione da «via, verità e vita».
Un abbraccio.
Conclusioni
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sono mamma di un bambino di quasi due anni. Convivo col mio compagno (padre del bambino) e la situazione in casa è sempre più tesa. Credo che il bambino stia risentendo di questa ostilità da parte del mio compagno nei miei confronti. Ostilità fatta di urla ogni giorno e frasi svalutanti ogni minuto. Il rapporto è sempre stato parecchio burrascoso ma se un tempo ero in grado di tollerare, ora ho raggiunto il limite. Sono in uno stato di ansia perdurante visti anche episodi violenti accaduti all’inizio della relazione. Posso andarmene col bambino senza temere qualcosa?
Se ti devo rispondere col cuore, ti devo dire di no, che non puoi assolutamente.
Quello che non si può non temere, in questi casi, è quello di sfasciare una famiglia, quella del tuo bambino, ancora molto piccolo, privarlo del bene per lui assolutamente più importante al mondo, più importante del cibo, dei beni materiali, delle case – tutte cose che oggi generalmente abbondano – e cioè una famiglia unita con una mamma e un papà che si vogliono bene e collaborano davvero per lui.
Privarlo, inoltre, della nonostante tutto assolutamente essenziale figura del padre, che ha senso solo se vive con il bambino, nonostante, di nuovo, una sterminata letteratura modernista tenti disperatamente di dimostrare il contrario, cioè che si può fare il padre anche part-time o a distanza, tramite Skype – molto petaloso!
Un padre, infatti, che ha come compito quello di proteggere i suoi figli e la loro madre sino al sacrificio, anche con la sua autorità e la sua forza – che non sono tossiche come vorrebbe il cattivo femminismo, che non sarà mai abbastanza maledetto, ma benedette e indispensabili – non può farlo al telefono o magari da duecento chilometri di distanza, dove si è magari trasferito nel vano tentativo di rifarsi una vita, quando invece la vita è una sola e quello che hai fatto da quando sei nato non lo puoi impacchettare e chiudere in un cassetto per aprirne un altro, perché poi quel cassetto continua a riaprirsi.
Un altro rischio è quella della tua trasformazione da donna in donnoide, che ho visto accadere davvero tantissime volte. O, se vuoi, da donna e mamma felice, sia pure coi suoi dolori, a donna solare che indossa sempre un sorriso, cioè una nevrotica irrisolta.
Adesso sei una mamma, una compagna, una persona con una situazione, una missione, uno scopo, un senso, sia pure con tanta sofferenza e un certo disagio.
Molte donne, molti uomini che si separano per la situazione di disagio che vivevano nella coppia poi si ritrovano, con loro sommo stupore, che anche dopo dieci, venti anni sono daccapo: non riescono a stabilire una relazione che sia significativa e appagante. Broken flowers: si guardano indietro e vedono una teoria ben nutrita di partner uno più improbabile dell’altro. L’unica sicurezza che hanno è che col coniuge non erano felici e quindi non tornerebbero più indietro… E forse hanno anche ragione, il punto era non mollare illo tempore ma continuare a lavorarci, su quella coppia.
A una minima parte di loro viene in mente che forse il problema riguarda loro stessi e andrebbe affrontato con un loro scatto evolutivo, un lavoro di crescita personale, perché le tue inquietudini, le tue disfunzionalità, ti seguono in ogni luogo in cui tu possa andare, con ogni partner che tu possa avere.
Questo è quello che mi sento di dirti con tutto il cuore, mia buona amica.
So che per te la situazione non è facile.
Non so perché Dio abbia affidato alla donna il compito di fare, dapprima, e, poi, tenere insieme la famiglia, non so neanche se sia giusto o meno, però siete voi donne che avete questo compito e questa possibilità.
È un discorso molto sessista, ma la realtà è che la verità è sessista, la biologia, la creazione e, infine, Dio sono tutti sessisti (nella Genesi c’è scritto chiaro: «maschio e femmina» ci creò; se ci avesse voluto uguali, non ci avrebbe creato diversi, è molto semplice, ma il mondo attuale vuole contestare pure questo).
Comunque, se voi donne rinunciate a questo, le famiglie si sfasciano.
Noi uomini, noi maschi, le famiglie possiamo solo proteggerle, ma siete voi che le fate e che le tenete insieme.
Considera che nessuna donna è ancora sposata o accompagnata col padre dei suoi figli perché costui è perfetto.
Quelli perfetti sono solo i nuovi compagni delle donne che si sono divorziate e che devono giustificare il macello che hanno fatto pubblicandone l’elogio sui social, a comprova che hanno fatto bene a sfasciare la famiglia dei loro figli perché poi hanno trovato un vero mago, un uomo perfetto, il «nuovo compagno» cui dare in pasto i figli fatti con un precedente uomo che nel frattempo dorme altrove perché indegno ma che è l’unico uomo che sarebbe davvero pronto a sacrificarsi per l’uomo, mentre il nuovo compagno è ovviamente e oggettivamente lì per altro.
A tutte queste cazzate, se ci vuoi credere tu, va bene anche a me.
Non ti giudico, per me il giudizio è tossico, io voglio solo darti un punto di vista, poi decidi tu e amici come prima.
Ho parlato con tante donne che dovevano decidere se tenere il loro bambino o abortirlo, loro mi hanno ascoltato e poi hanno fatto come hanno creduto, ma il nostro rapporto è rimasto non scalfito in ogni caso. Per me infatti l’importante è solo questo, che quando una donna deve prendere una decisione importante le sia servita su un piatto anche la verità da ascoltare, non ci sia solo il coro del mondo fatto di cazzate, di alcune delle quali ti ho fatto esempio.
Per me la realtà, dunque, è molto diversa. Ognuno di noi, me e te compreso, presenta delle disfunzionalità.
Chi resta ancora in coppia ha semplicemente imparato a relazionarcisi e a volte persino a sopportare, nonostante che il dolore e la sofferenza oggi siano decisamente fuori moda.
Sul tema è uscito peraltro da poco l’ultimo libro di un’autrice che stimo molto, che guarda caso si intitola «Niente di ciò che soffri andrà perduto»: guarda che diversità di prospettiva rispetto al mondo di oggi, dove ognuno si sbraccia a dimostrare quanto sta bene o, appena ha una puntina di mal di testa, corre a prendere un Aulin. Se vuoi dare un’occhiata, clicca qui.
La sofferenza va evitata a tutti i costi o è qualcosa di funzionale, di cui essere persino grati?
Pensa al disagio che stai vivendo attualmente nella tua coppia. Possibile che sia addirittura qualcosa di positivo?
La risposta è che dipende sempre da noi cosa vogliamo fare del nostro dolore, delle nostre sofferenze, dei nostri disagi.
È proprio in questo che si vede, ancora oggi, in un modo di persone che esibiscono un benessere che spesso in realtà non hanno nemmeno, finendo per il confondersi ancora di più, la differenza tra una persona e l’altra: il modo in cui affronta le difficoltà della vita, difficoltà che, quando sei genitore, riguardano anche il tuo essere padre o madre.
Perché non iniziare un percorso di counseling con il tuo compagno per vedere se possibile lavorare sulle disfunzionalità che vi impediscono di essere felici?
Ti assicuro che ci sono alcune consapevolezze importanti, a volte basta poco, addirittura pochissimo, basta acquisirle e si inizia a vedere tutti in un modo nuovo.
Il mio consiglio sarebbe di valutare prima e provare questa eventualità. Può anche darsi che sia praticabile una separazione «temporanea», terapeutica per la coppia, in cui per te sia possibile uscire dal disagio del momento e ricominciare a vedere tutto con una prospettiva diversa.
Se vuoi prenotare, intanto per te, un’ora di counseling, contattami dalla pagina apposita o chiama lo studio al numero 059 761926.
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L’uomo contemporaneo rifiuta la bellezza, a volte sino a detestarla, perché non si sente adeguato alla promessa di felicità di cui é portatrice.
Egli teme di arrivare in quella situazione, che lo terrorizza nel profondo, in cui avendo tutto per essere felice, tranne che la felicità, finirebbe per incolpare e condannare se stesso.
Per questo, spesso finisce per scegliere una consolatoria bruttezza, da cui si sente finalmente assolto e approvato.