Inizio in questo periodo, con un primo post in programma già per domattina, ad occuparmi di un tema che mi sta particolarmente a cuore e cioè la normativa e, più in generale, il diritto in materia alimentare.
Come alcuni di voi, che mi seguono anche sui social network, sanno, negli ultimi tempi ho personalmente adottato abitudini più attente a tavola e ho approfondito il tema dell’importanza del cibo per la nostra salute e la pienezza delle nostre vite, soprattutto sulla scorta dei libri del dr. Filippo Ongaro e delle sue osservazioni sulla nutrigenomica nonché delle esperienze di utilizzo dei succhi vivi di frutta e verdura.
In questo «percorso», mi sono reso conto che la nostra tradizione alimentare è per lo più sbagliata e addirittura nociva e che la colpa di ciò non è tanto della nostra golosità, come a molti fa comodo far credere, ma delle grandi corporazioni in campo farmaceutico e alimentare, che contribuiscono a mantenere vivo il desiderio di cibi eccessivamente raffinati, salati, zuccherati e/o ulteriormente addizionati, che generano una vera e propria dipendenza negli utenti, soprattutto nei bambini, che a lungo andare è – a quanto pare – responsabile delle più diffuse patologie del mondo occidentale.
Il cibo, come dice il dr. Ongaro, è il carburante del nostro corpo. Mettereste della benzina contenente sabbia nella vostra auto? In realtà, è quello che state facendo tutti i giorni con il vostro corpo se mangiate secondo la tradizione occidentale contemporanea.
Oggigiorno, mangiamo per lo più cibi raffinati, privati delle componenti che la natura aveva previsto vi rimanessero incorporate e che aveva dotato di una particolare funzione in seno al loro metabolismo nel corpo umano. Questo ci porta ad avere gusti distorti e falsati: crediamo di essere attratti, e in realtà lo siamo davvero, da porcherie immonde e dannosissime per le nostre cellule come merendine avvolte nella plastica, biscotti confezionati, marmellate addizionate di tutto e di più, mentre in realtà basterebbe alimentarsi in modo sano e naturale per due settimane o un mese per aggiustare le nostre bocche e provare il giusto ribrezzo per il cibo spazzatura.
I consumatori, e soprattutto i bambini, di fronte a tutto ciò sono indifesi. Non esiste per loro nessuna «par condicio»: quando un modello di una nota marca di prodotti alimentari si presenta in televisione, infilato in mezzo ad un cartone animato, con tanto di camice bianco per dire che le merendine prodotte dal suo datore di lavoro sono studiate per garantire il futuro a tutti i bambini, non c’è nessun pediatra che compare in video per dire che quelle merendine, secondo lui, intossicano il corpo e predispongono al diabete e a tante altre patologie, mentre sarebbe assai preferibile mangiare cacao puro, una fetta di pane integrale col miele o un frutto.
Quando vengono pubblicizzati latte e latticini, pestando ogni volta sul luogo comune per cui il latte sarebbe il principale fornitore di calcio per il corpo umano, quando invece secondo molti studiosi non esiste una abitudine più dannosa per l’uomo che bere il latte di vacca, tant’è vero che l’osteoporosi è più diffusa nei paesi in cui si consumano più latte e derivati, nessuno si alza per dire niente. Così i messaggi continuano a passare a tutti, genitori e figli. 1 o 2 persone su 1000 vanno a leggere un libro di alimentazione o un articolo serio su internet, tutti gli altri si lasciano guidare dalla pubblicità.
Forse è ora di metterci un freno.
Quando stavo in Francia, già più di dieci anni fa oramai, tutti i formaggi, per legge, dovevano avere una grossa etichetta riportante la percentuale di materia grassa contenuta nel prodotto. Ricordo che l’etichetta si vedeva bene da lontano, anche solo girando con il carrello tra le corsie del supermercato. Spesso era scritta con caratteri più grossi di quelli utilizzati per il nome del prodotto. Siccome non ce n’era uno che avesse meno del 50% di grasso (ma spesso molto di più), in quel periodo, smisi semplicemente di mangiare formaggi, perchè mi era assolutamente evidente che stavo ingurgitando grasso animale a quattro palmenti. Tornato in Italia, con le nostre etichette «nascoste», poi ripresi regolarmente, rovinandomi – come ho realizzato solo in seguito – la salute.
Questo per dire che la legge può fare molto a questo riguardo, perchè i desideri senza limiti e senza rispetto di profitto delle multinazionali possono essere frenati e limitati solo da un provvedimento dell’ordinamento generale, adottato a tutela di tutti i cittadini. Da questo punto di vista, siamo ancora molto indietro, perchè da noi il consumatore è sempre trattato come l’ultima ruota del carro, il parlamento italiano è prono alle lobbies di tutti i tipi e l’Unione europea qualche volta ci aiuta e qualche volta invece ci danneggia (come nella nota vicenda del cacao puro). Ma penso che, come Italiani, nonostante le nostre istituzioni sgangheratissime, possiamo, se vogliamo, sfoderare qualcosa di interessante da dire in campo alimentare, che può tradursi in provvedimenti e comportamenti concreti a vantaggio di tutti.
Insomma, vale la pena di seguire il diritto alimentare, quantomeno quanto il diritto ambientale, dal momento che si tratta evidentemente di due cose strettamente collegate: quello che mettiamo nel nostro stomaco è importante almeno quanto l’aria che respiriamo.
2 risposte su “hai pensato a cosa può fare la legge per la tua alimentazione e per i tuoi figli?”
Che bello leggere queste riflessioni! In effetti molte pubblicità presenti in Italia, soprattutto quelle del binomio latte-calcio e yogurt-calcio sono illegali in altri paesi. In Italia non vengono nemmeno sanzionati, sebbene l’informazione sia deviata con una certa evidenza (e dolo, aggiungerei). In qualche caso la sanzione è arrivata ma sono sanzioni ridicole per gruppi come la Danone, che semplicemente ha cambiato il nome del composto chimico spacciato per lactobacillo ed è andata avanti a fare la stessa identica cosa. C’è molta strada da fare in questo Paese.
Qualcosa si sta muovendo, anche se con sanzioni ridicole come dici tu: 170.000 € alla Danone, come nel caso di Danaos, di cui parlerò domani. Ma meglio che niente, è un inizio. Sui latticini, comunque, raccontano le frottole peggiori; io ho smesso di consumarne da prima dell’estate e non tornerei indietro nemmeno se mi pagassero (ovviamente la risposta individuale può variare), il beneficio maggiore l’ho riscontrato a livello respiratorio.