Introduzione.
La legge di stabilità per il 2016 ha apportato importanti modifiche alla legge Pinto (i cui estremi esatti sono quelli di legge 24 marzo 2001, n. 89, “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile.”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.78 del 3–4–2001 ).
L’equa riparazione, per un approfondimento sulla quale rimandiamo alla scheda relativa, è stata profondamente modificata, con effetto a partire dal 1° gennaio 2016.
La chiave di lettura delle modifiche.
Prima di passare in esame le singole novità, è giusto fornire la “chiave di lettura” dell’insieme globale delle stesse, o, per chi preferisce, il punto di vista, giusto o sbagliato, dal quale sono state da me affrontate e valutate. Per fare questo, è necessario richiamare brevemente alcune circostanze.
I procedimenti giudiziari – civili, penali, amministrativi, tributari, contabili – nel nostro paese non funzionano, sono gravemente inefficienti, con ritardi esprimibili in termini di anni, quando non decenni, tanto che in alcuni casi si può parlare di un vero e proprio collasso di interi settori della giustizia. La volontà politica di far funzionare i procedimenti non c’è, considerato che lo Stato non effettua investimenti seri, e spesso anche meno seri, in questo settore, non si sa bene per quale ragione, anche se c’è il sospetto che, in fondo, una situazione in cui diventa molto difficile se non impossibile applicare le regole faccia comodo a molti, mentre le aziende, quando hanno vertenze da risolvere, si rivolgono a sistemi alternativi come l’arbitrato.
Questo sistema fallimentare, i nostri politici non possono lasciarlo semplicemente collassare del tutto, come fanno con tante altre cose, perchè l’Italia ha aderito alla Convenzione Europa dei diritti dell’uomo o CEDU, tra i quali diritti si annovera, per espressa disposizione della convenzione stessa, vincolante per l’Italia, anche quello ad una durata ragionevole dei processi.
Siccome sono decenni che l’Italia non garantisce processi di durata ragionevole a nessuno, tutti coloro che ne sono rimasti coinvolti hanno potuto chiedere il risarcimento danni allo Stato italiano per la violazione di questo obbligo. Molte di queste persone sono state seguite dal nostro studio, per cui si tratta di un fenomeno che conosco bene e da vicino. L’Italia ha speso somme enormi per pagare questi risarcimenti, in ogni caso molto di più di quello che avrebbe speso se avesse investito nell’efficienza del sistema giudiziario, anche per questo io resto profondamente convinto che l’inefficienza della giustizia risponda ad un preciso interesse di chi ci comanda davvero, altrimenti la cosa non avrebbe veramente alcun senso.
La legge Pinto rappresenta l’attuazione nell’ordinamento italiano delle disposizioni previste dalla convenzione CEDU. Essa è stata limitata in un primo modo dal governo Monti, proprio per evidenti esigenze di contenimento del bilancio pubblico, mentre viene ora stravolta completamente dal governo Renzi sempre con il medesimo obiettivo: pagare meno soldi possibile e risparmiare più che si può.
Il punto è che i nostri politici farebbero davvero di tutto pur di non far funzionare come si deve il sistema giudiziario, che deve rimanere così: un disastro al collasso.
Le nuove modifiche hanno l’evidente scopo di mettere quanto più possibile i bastoni tra le ruote a tutti coloro che, rimasti vittima della grave inefficienza del sistema giudiziario italiano, intendono conseguire il giusto risarcimento, come previsto dalla convenzione CEDU.
Buona parte di queste modifiche sono di dubbia legittimità, sia con riguardo alla Costituzione italiana, sia con riguardo all’obbligo dell’Italia al rispetto delle convenzioni internazionali, ma sino a che non ci sarà l’intervento ufficiale della Corte costituzionale o della CEDU esse rappresentano la legge vigente e devono essere applicate.
Passiamo adesso, per singoli punti, all’esame delle principali novità introdotte.
Le principali novità.
Le prese in giro preventive.
La prima novità è l’onere per la parte di un giudizio se vuole puoi chiedere l’equa riparazione di adottare appositi rimedi preventivi. Non facciamoci ingannare e diciamo le cose come stanno: è una grande presa in giro, a partire dal termine stesso. Qui non c’è nessun rimedio, perchè questi “rimedi” non rimedieranno proprio niente. Sono solo formalità burocratiche inutili che servono allo Stato per denegare beffardo a chi non le avrà poste in essere il suo diritto ad un giusto risarcimento. E su chi ricadrà il peso di questa buffonata? Ovviamente sugli avvocati difensori: la parte che si vedrà denegata l’equa riparazione, potrà valutare di chiedere un risarcimento al proprio avvocato che non ha esperito i prescritti “rimedi” o non gliene ha mai nemmeno parlato.
Vediamo di capire bene i termini del discorso. Lo Stato dovrebbe fornire ad ogni cittadino un’automobile in grado di viaggiare a 80 km/h. Gliene fornisce una che corre a 3 chilometri orari, così che il cittadino non riesce ad arrivare in tempo da nessuna delle parti in cui gli serviva di arrivare. Lo Stato è responsabile di ciò, ma si solleva dalle sue responsabilità dicendo al cittadino: “se non chiedi all’auto di andare a velocità superiore a 3 chilometri orari, la colpa è tua”. Questo quando il motore dell’auto non fa per costituzione più di 3 chilometri all’ora anche quando l’accelerazione è al massimo.
Lo Stato ha la colpa di tutto, ma la scarica sul cittadino, che è la vittima. Questo è il magnifico governo che abbiamo in Italia. E ci mettiamo in mezzo anche i media: avete sentito qualche giornalista o blogger che vi ha parlato di questo e lo ha denunciato come avrebbe dovuto fare?
Anche qui come al solito aspetto che qualcuno mi dimostri che ho torto. Potete lasciare anche un commento qui sotto.
Comunque è un’ottima idea, che credo nell’Italia di Renzi farà successo. La prossima che mi aspetto è che Trenitalia sostenga che i treni non arrivino in ritardo perchè i viaggiatori non hanno incitato a sufficienza il conducente, viaggiatori che quindi sono colpevoli dell’inefficienza relativa.
Torniamo, comunque, a noi. Quindi lo Stato chiede all’utente del sistema giustizia di fare cose inutili, che non possono avere alcuna rilevanza per la durata dei processi (che non è nelle mani del cittadino, che è solo un utente) che però hanno un valore burocratico – legale, tanto che se non le fai poi non puoi chiedere il risarcimento che ti spetta.
Vediamo quali sono queste cose. Le “prese per il culo preventive” – credo sia preferibile questo termine – sono definite dal nuovo art. 1 bis della legge Pinto in modo diverso a seconda del tipo di procedimento, se civile, penale, amministrativo, contabile, di legittimità e così via. Rimandando alla lettura completa della disposizione, mi concentrerò qui su quelle previste per i procedimenti civili, che sono quelli più numerosi, anche in sede di equa riparazione.
La prima cosa che dovrebbe fare chi vuole preservare il suo diritto all’equa riparazione sarebbe introdurre il giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui all’art. 702 bis del codice di procedura civile, una delle altre grandi invenzioni degli ultimi anni, che in realtà ha dimostrato di non essere in grado di sveltire molto. Ricordo che in un caso, dopo adeguato studio con un collega, tentammo di usarlo per una usucapione da incardinare davanti al tribunale di Napoli, ma il giudice non gradì affatto e fece un provvedimento in cui, senza dare motivazione di sorta, disponeva il cambiamento del rito da quello sommario a quello ordinario.
In sostanza, il nostro governo finge di pensare che i giudici possano essere più efficienti se il giudizio viene introdotto con il sistema del ricorso piuttosto che con quello della citazione, ma è evidente che è anche questa solo una presa in giro. Piuttosto, il problema si pone nei confronti degli avvocati, nei termini che accennavo prima: tutte le volte in cui un legale non introduce col ricorso sommario una causa in teoria assoggettabile a questo rito (lo sono le cause non collegiali), preclude il diritto del proprio cliente ad una futura equa riparazione, esponendosi così ad una richiesta di risarcimento danni.
Questo ci porta subito, peraltro, ad un’altra questione: le prese per il culo preventive devono essere esperite tutte, per poter conservare il diritto all’equa riparazione, o è sufficiente anche una sola di esse? Ciò in quanto almeno per il civile le prese per il culo preventive sono molteplici e non riguardano solo l’introduzione del giudizio, ma anche altre fasi dello stesso.
Ad ogni modo, è bene esaminare i rimedi e, nel dubbio, porre in essere tutti quelli che si può. Rimando per maggiori approfondimenti a questo post, dove, sia pure affrontando l’argomento da un altro angolo visuale, quello della responsabilità dell’avvocato, mi soffermo sui rimedi e su quello che si potrebbe fare in concreto per integrarli e soddisfarli nella pratica forense quotidiana.
La competenza territoriale.
Un’altra novità molto importante è relativa alla competenza territoriale. Mentre prima della legge di stabilità la corte d’appello veniva individuata sulla base delle regole del codice di procedura penale, come meglio illustrato in questo post, attualmente la corte è quella dello stesso distretto in cui si è svolto il procedimento presupposti.
Ciò risulta dal nuovo comma 1 dell’art. 3 della legge Pinto, che riporto di seguito: «1. La domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente della corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si e’ svolto il primo grado del processo presupposto. Si applica l’articolo 125 del codice di procedura civile».
La riduzione della misura dell’indennizzo.
Poteva mancare?
Prima il tetto massimo era 1500 euro, attualmente la legge prevede una «forbice» tra 400 e 800 euro massimi per ogni anno o frazione di anno (art. 2 bis, comma 1°, legge Pinto).
Sono poi previsti una serie di criteri correttivi in più e in meno che rendono sostanzialmente impossibile predeterminare quale potrà essere il risarcimento che liquiderà il giudice, interamente lasciato alla discrezione del medesimo, anche se è prevedibile che le corti si assesteranno su standard locali di riferimento che utilizzeranno nella maggior parte dei casi, più che altro per pigrizia.
Altre limitazioni dell’indennizzo.
Le modifiche naturalmente si sperticano nel limitare il più possibile il ricorso effettivo all’equa riparazione.
Sono così previsti casi in cui non è riconosciuto alcun indennizzo, ad esempio per lite temeraria e cioè partecipazione al processo in mala fede, id est consapevolezza del mancato fondamento delle proprie richieste e pretese, espressamente estesi anche «al di fuori» dei casi previsti dall’art. 96 del codice di rito (art. 2, comma 2-quinquies, legge Pinto), tanto che si arriva a ricomprendervi espressamente «ogni altro caso di abuso dei poteri processuali».
Sono poi previsti casi di presunzione legale di insussistenza del danno da ritardo nel processo, che ammettono la prova contraria, anche se è poi tutto da vedere con quali modalità, specialmente in un procedimento avente struttura sostanzialmente monitoria, si potranno fornire queste prove (art. 2, comma 2-sexies, legge Pinto).
Modalità di pagamento.
Qui c’è il vero capolavoro. Facendo finta di cercare di rendere efficiente il sistema dei pagamenti a coloro che, dopo aver percorso tutta la trafila, sono riusciti a vedersi riconosciuto un risarcimento, in realtà le nuove disposizioni mettono loro i bastoni tra le ruote, limitando per l’ennesima volta il loro diritto di agire esecutivamente e mettendoli in sostanza in balia dell’amministrazione.
La disposizione di riferimento è il nuovo art. 5-sexies della legge Pinto, alla cui lettura rimando chi volesse approfondire, purtroppo anche in questo caso si tratta di disposizioni che, per quanto contrarie alla CEDU e probabilmente anche alla costituzione costituiscono, sinchè non saranno formalmente espunte dal nostro ordinamento, diritto positivo con cui fare i conti.
Conclusioni.
Continueremo a praticare l’equa riparazione, anche se è evidente che il nostro governo non vuole assolutamente che questo genere di pratiche vengano esperite.
Peraltro è ancora presto per capire quale sarà la portata effettiva delle nuove norme, così come accade per ogni riforma, ragione per cui vale la pena, senza rischiare e con la solita prudenza, continuare a depositare ricorsi, anche per vedere quali saranno gli orientamenti e le prassi delle corti.
Nel momento in cui ci troveremo di fronte ad ostacoli o limitazioni illegittimi, valuteremo ogni volta il ricorso alla CEDU, considerato che ormai la contrarietà nazionale all’istituto è divenuta intollerabile e probabilmente anche illegittima, come cennato più volte.
3 risposte su “Equa riparazione: le novità della legge di stabilità 2016.”
tutto questo è vero, ma è anche vero che non ci siamo mai organizzati seriamente per far valere i nostri diritti. Pensa solo a tutti quei ragazzi che pensavano di lavorare dopo la laurea e oggi si ritrovano a combattere con un esame di abilitazione che li svilisce e demotiva.Mentre quelli che superano il concorso in magistratura vengono messi a fare danno indisturbatamente …….tanto poi c’è l’appello!!!!! Ho avuto un decreto x E.R. per una causa durata dal 1989 al 2007. Ci hanno riconosciuto solo 10,000,00 euro nel 2011 ma ancora oggi il cliente non è stato pagato.
Gentile avvocato, da imputato in attesa della prima udienza (fissata a 4 anni e 3 mesi dai fatti) sono arrivato alle stesse conclusioni sue. Queste modifiche alla legge Pinto sono un chiarissimo segno della mancanza di responsabilita da parte dei nostri politici. Ciò che mi sorprende molto pero’, e’ la totale passività di tutti voi operatori della giustizia, e’ chiaro che il problema e’ politico ma la vostra totale accettazione silenziosa delle problematiche della giustizia non contribuisce in nessun modo ad un miglioramento. Quali sono secondo lei i motivi di questo atteggiamento passivo?
I poteri che vogliono che la giustizia non funzioni sono immensamente più grandi di quello della categoria degli avvocati. La gente comune pensa che gli avvocati abbiano potere e privilegi, crede alla favola degli avvocati che siedono in Parlamento (quelli di avvocato hanno a malapena il titolo, ma sono in realtà dei politici che degli avvocati veri se ne fregano), invece la categoria è politicamente debolissima e te lo potrei dimostrare in mille modi.